Vengo portato nelle carceri celesti,dove mi spogliano della parte superiore della divisa.
Cerco di non urlare quando mi aprono a forza le ali e ci piantano degli uncini.
Quelli
nelle carni li sopporto, quelli nelle ali no, fanno male, tirano e
strappano e le mie ali non sono forti come quelle degli altri angeli.
Vengo
messo in ginocchio e legato mani e piedi con delle catene, semplici,
ma so bene che non lo sono, è solo una copertura, sento il
loro
peso.
Tutte
le volte che sento aprire la porta la
speranza di
vederti entrare accende
il mio cuore, ma
per
mia sfortuna
è
sempre la solita guardia, e ad ogni ora la speranza svanisce
così
come svaniscono le mie possibilità di tornare a servirlo.
Il compito di quella guardia è quello di punirmi, picchiandomi, per farmi entrare in testa il buon senso, perché un servo non può alzare la testa, deve restare in silenzio. Chiudo gli occhi quando finisce, cerco di tenere duro perché so qual’è il compito di un servo, ma non tollero che il mio signore venga offeso in questa maniera.
Ho promesso che lo avrei protetto finché avessi avuto fiato.
Sono ridotto proprio male, il mio corpo è coperto da ferite e lividi. Altri uncini sono stati messi nella mia schiena e nelle mie ali.
Ho
così tanta paura di perderle...
Deglutisco
e un brivido freddo attraversa la schiena quando sento la porta
aprirsi nuovamente, oggi doppio
turno?
Rimango
con la testa bassa finché una voce familiare raggiunge le
mie
orecchie.
<”
Povero il mio piccolo Catan, guarda come ti hanno
ridotto.”>
Alzo
la testa beandomi di quella meravigliosa visione.
Inclino
leggermente
la
testa quando la sua mano gentile si posa sul mio volto accarezzandolo
dolcemente.
<”Mio
signore… ”> mi perdo nei suoi occhi.
<”
Mi dispiace di essermi comportato come un ragazzino, l’ho
umiliata
davanti a tutti, non dovevo pormi davanti a lei...”>
Abbasso
nuovamente la testa, mi sento dannatamente colpevole.
Mi
alza la testa e mi dona un bacio che per un attimo mi fa dimenticare
i dolori che mi stanno portando alla pazzia.
<”
Cerca di resistere ancora mio piccolo Catan, sto cercando una maniera
per farti uscire.”>
Lo
guardo <”Sto resistendo solo per lei mio
signore.”>
Mi
doni un piccolo sorriso e un bacio sulla fronte prima di andartene.
Vedo
la mia luce sparire e le tenebre tornano ad
essere le mie sole compagne.
I
giorni passano e il mio corpo si indebolisce sempre di più.
Ma
quelle parole che
risuonano nella mia testa, mi
danno la forza per
andare
avanti.
Una
nuova alba si fa spazio fra le tenebre e io mi perdo a guardarla, mi
ricorda tanto lui.
I miei pensieri vengono interrotti dal rumore della porta che si apre, oggi si inizia presto.
Ma
quando alzo lo sguardo non vedo il solito uomo ma bensì una
ragazza
che in fretta e furia mi comunica che domani verrò
scarcerato.
Questa
notizia torna
a far ardere il mio spirito,domani
potrò tornare a casa da lui.
Potrò
ricominciare
a servirlo devo solo resistere un altro giorno.
Sono
così felice della notizia che non mi accorgo
dell’entrata del mio
aguzzino, solo quando mi sento prendere per i capelli mi accorgo di
non essere più solo anzi oltre a lui ce
ne sono altri
due, tutto questo non mi piace per niente.
Vengo
bendato e questo mi fa allarmare, sento le mani dei
due uomini tenermi ferme le spalle e la schiena ma
non capisco dove sia l’altro uomo.
Quando
sento che
le
ali vengono tirate, realizzo che il mio incubo si sta avverando,
inizio a urlare e a muovermi nonostante gli uncini mi stiano
strappando lembi di pelle.
Sento
il sangue uscire dalle ferite e poi eccolo
il suono che non avrei mai voluto sentire.
Il
suono delle ali che vengono strappate dal mio corpo lasciandomi
ferito e vuoto.
I
miei aguzzini si godono lo spettacolo di un angelo rotto mentre
io mi accascio a terra, umiliato sia fisicamente che
psicologicamente, rotto fin dentro l’anima,
mentre
giorno e notte si confondono davanti ai miei occhi, ormai nulla ha
davvero un senso per me.
Tremo quando vedo i miei aguzzini liberarmi, non mi ricordavo nemmeno che sarei stato scarcerato, mi rivestono di peso, rimettendomi addosso quella divisa che in questo momento odio.
Mi
riscuoto appena quando lo vedo, ma mi allontano appena quando mi
ricordo che cosa mi hanno fatto, sono certo che non vorrà
più un
servo, un giocattolo, rotto, senza ali ed impuro come me.
I
miei carcerieri mi portano davanti a lui, di peso, lasciandomi cadere
ai suoi piedi. Tremo quando vedo che si china accanto a me e mi tira
su.
Quella
che vedo nei suoi occhi...è preoccupato...per me?
<”Sono
così felice di vederla.”> un piccolo
sorriso si fa spazio sul
mio volto.
Mi
aiuti a uscire da quel luogo che ci ha tenuto troppo divisi e che
mi ha fatto cosi
tanto del
male.
Appena
siamo fuori solo
ti sento dire <”Anche tu mi sei mancato
Catan”> un bacio si
posa sulle mie labbra rovinate, io ricambio
senza
pensarci due volte.
<”Posso
chiederle come torniamo a casa? Io non sono in grado di
volare.”>
Mi
guardi dicendo <” Ho già pensato a tutto,
mio caro Catan.
”>
Appena
finisce la frase appare il mezzo che ci porterà a casa,
mi
aiuta a salire ed io mi rilasso ad ogni metro che mi allontana da
quel posto di dolore, anche se scatto, quando le ferite mi riportano
alla realtà.
La schiena non riesco ad appoggiarla, le ferite non mi sono state curate e sento il sangue che ancora bagna la mia camicia.
L’idea di dover dirgli quello che mi è successo mi spaventa da morire, solo che non posso nasconderglielo.
Quando
arriviamo a casa mi faccio coraggio e lo chiamo.
<”
Signor Rosiel devo dirle una cosa ed ho una gran paura a
farlo.”>
Tu
mi guardi non capendo e mi inciti a parlare, così
faccio un sospiro, sentendo la tensione che mi chiude lo stomaco.
Ho
dannatamente paura.
<”Ieri
una ragazza è venuta a dirmi della mia scarcerazione
odierna, ero
così felice finché tre uomini non sono entrati
e… e...”> mi
blocco.
Devo calmarmi, ma è così difficile da dire, tu mi inciti ancora una volta.
Decido per una mossa drastica.
Mi
spoglio del
pezzo sopra mostrando lo scempio che hanno fatto al mio corpo.
<”Mi
hanno strappato le ali per puro divertimento…”
dico con voce
tremante.
Quando
appoggi la
mano sulla
mia schiena mugolo
di dolore.
<”Non
sono più un angelo completo ma sono sempre io, la prego non
mi mandi
via.”> mentre pronuncio queste parole mi giro verso di
lui e
qualche lacrima silenziosa scende sul mio viso.
<”Mio
caro Catan non potrei mai farti un torto
del genere, sei ridotto così per aver aiutato me, non potrei
mai e
poi mai mandarti via.”> mi dici mentre mi abbracci con
delicatezza sentendo delle parole che mai mi sarei aspettato di udire
da te.
<”Ti
amo, mio fedele angelo.”> Sorrido
mentre arrossisco.
<”
Anche io l’amo signor Rosiel.”>
Le
tue labbra si appoggiano alle mie baciandomi, facendomi sentire a
casa.
Devo dire una cosa.
Non bramo il paradiso perché lo vivo tutti i giorni con alti e bassi.