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Autore: fool_dynosaur    15/05/2020    1 recensioni
Melania si trovava in una bolla di sapone. Mentre il mondo girava veloce intorno a lei, il suo cervello inciampava.
La ragazza più derisa della classe per la sua malattia si ritrovava ad affrontare la vita con più ostacoli degli altri. Dall'altro lato, un ragazzo chiamato "problema" attirava tutte le attenzioni della scuola.
Due poli opposti, tre punti di vista e quattro storie intrecciate.
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( Questa storia è ispirata a fatti e persone reali )
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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P r o l o g o

 

 

 

 

 

 

 

Melania Callegari era una di quelle ragazze che, vedendola per strada, si penserebbe sia del tutto normale. Era una semplice diciassettenne, ma non come tutti gli altri. Non come tutti penserebbero. Esteriormente era una persona normale: bassa, capelli scuri che sfioravano le spalle, grandi occhi color ambra, un sorriso genuino e un animo gentile.

Eppure interiormente soffriva. Era una ragazza dislessica, e a causa di ciò venne spesso derisa e umiliata da quelli che conobbero il suo “problema”. D’altronde, per lei, le parole fecero soffrire più dei spintoni e degli schiaffi che ricevette.

“Hey scema! Quanto fa due più due?”

Tipo Sephora. Sephora Agnesi, una delle più popolari ragazze della scuola non per altro se non per i soldi dei genitori. Era molto invidiabile sì, la stessa Melania lo ammise, ma quella bellezza eguagliò la cattiveria. Soprattutto nei suoi confronti. Non fu colpa della ragazza se i suoi genitori ricchi quanto assenti l’avessero educata in una maniera troppo “discriminatoria”. Nonostante ciò, non le mancò nulla. Così come a Melania.

“Non rispondi eh? Non sai nemmeno più parlare?”

Cristina cercò di trattenere le risate guardando la ragazza di fronte a sé. Sephora sbuffò quasi divertita posando con violenza una mano sulla spalla della sua rivale, spingendola via.

“Hey Sephora. Non toccarla, potrebbe contagiarti!”

Le due ragazze risero finché la capa non alzò una mano fermando l’amica.

“Prima di andare Melania, sapresti per caso dirmi che ore sono?”

Risero di nuovo battendo le mani, per poi girarsi e andarsene. La ragazzina sospirò guardando le ragazze attraversare il cancello della scuola. Certe volte rimasse chiusa in bagno durante i corsi pomeridiani. Non poteva andare a casa in quelle condizioni, sarebbe stato un brutto colpo per la madre. Lei non sapeva niente di quello che le accadeva a scuola soltanto perché non voleva farla preoccupare. Si sentiva di troppo già per quello che era. Certe volte aveva intenzioni di suicidarsi. Ma sapeva che anche quello sarebbe stato un brutto colpo per la sua famiglia, perciò sospirava e provava a tirare avanti.

“Meli, alzati. Non stare lì a piangere per la loro stupidità.”

La ragazza sorrise ancor prima di sollevare la testa. Annuì alzandosi dal pavimento e sospirò.

“Le solite stronze. Un giorno andrò dalla preside, o rovinerò la loro reputazione, oppure dalla polizia… Ma sai cosa mi ferma? Il fatto che i loro stupidi soldi insabbierebbero tutto come se si stesse parlando di bambinate.”

La bionda sospirò mettendo le mani in tasca. Melania le diede una leggere gomitata cercando di risollevarle il morale.

“Non sono di certo i loro commenti che mi buttano giù. Ci sono abituata.” - concluse scrollando le spalle.

Lisa, dopo quel commento sospirò, indicandole il livido sull’avambraccio.

“E’ di ieri vero? Quando ti ha spinta contro la cattedra?”

La mora si coprì il braccio sospirando. L’amica sapeva sempre dove colpire per farla sentire in colpa. Ogni volta che accadeva, Melania sentiva la testa vuota e l’unico pensiero che rimbombava era come avrebbe coperto il nuovo livido. Eppure, quando Sephora e le sue amiche si allontanavano, sentiva quei sensi di colpa stringerle lo stomaco. Si fermarono davanti alla casa di Melania e si salutarono come al solito, un batti cinque che faceva sorridere tutt’e due.

“A domani.”

Dall’altro lato c’era Lisa, la sua migliore amica sin dalle elementari, che camminava fino a casa sua con lo sguardo basso. Era ritenuta una bella ragazza dati i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri cielo, ma la sua vicinanza a Melania e la povertà della sua famiglia non l’aveva mai fatta salire in vetta alle classifiche scolastiche. Figlia di gente umile con tre fratelli all’estero e una sorella piccola, aveva vissuto una vita normale finché il padre non aveva perso il lavoro, portandolo a chiedere aiuto ai familiari.

Melania stava messa meglio: era figlia unica di un disoccupato cinquantenne e una ricamatrice di cuscini artigianali in un’azienda di famiglia. Sin da piccola la sua vita era stata bellissima, circondata da amici e affetti che chiunque avrebbe avuto. Finché alle elementari qualcosa si ruppe. Per la precisione, in quinta elementare, dove tutti i compagni si preparavano all’entrata dell’adolescenza e le scuole medie mentre Melania trovava difficoltà a fare le tabelline. Un episodio che le rimase per sempre impreso fu uno di metà febbraio, quando la maestra la fece alzare davanti a tutta la classe a risolvere un problema alla lavagna. Già nel scrivere la questione le lettere si confondevano e il tempo trascorreva, impazientendo la maestra.

“Fannullona.” - le disse prima di mandarla a sedere, ancor prima che finisse di scrivere la domanda.

Melania si sentiva inutile e stupida. Studiava molte ore al giorno, faceva tutti i compiti assegnati, eppure era tre passi dietro gli altri. Sin dalle elementari quando scriveva le prime parole sgrammaticate. Tutti pensarono fosse distrazione della ragazza, o del fatto che non studiasse come gli altri. Eppure ad ogni incontro con gli insegnanti sua madre ribadiva le ore spese sui libri della figlia. Ma ogni volta rimanevano i stessi voti bassi. Solo all’ingresso delle medie la situazione si schiarì, quando l’insegnante chiese alla famiglia di Melania che venissero fatti dei test. Test che portarono in depressione la madre della ragazza, sentendosi in colpa per quella “malattia”.

Da allora il tempo iniziò a passare in maniera lenta e dolorosa. Ogni giorno era un calvario e le medie rimasero come il ricordo più brutto per la ragazza, tra discriminazioni e bullismo. Sapeva che nel mondo non era l’unica, ma nella sua classe lo fu. Il problema della sua dislessia, le difficoltà nelle varie materie e il periodo dell’adolescenza la resero asociale e poco reattiva alla vita. Nemmeno le superiori riuscirono a rialzarle il morale, sapendo che la maggior parte dei suoi compagni li avrebbe ritrovati anche lì.

E se alle medie i neo adolescenti erano stupidi, alle superiori ancor di più. Dai primi insulti arrivarono anche i primi schiaffi, le prime spinte, i primi calci. Lividi che con il periodo freddo facilmente si coprivano, ma difficilmente si dimenticavano.


 

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