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Autore: Fleurs Captives    15/05/2020    0 recensioni
La storia ripercorre in parte alcuni degli avvenimenti originali che vengono mostrati nell'anime (NB: non ho ancora letto il manga) dal punto di vista di un personaggio originale: la mia protagonista, Lydia. Si tratta, però, ugualmente di un universo alternativo.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Wounded Wings
Capitolo 1 – Lividi sul viso

 
Se chiudo gli occhi… riesco a vederlo. Vedo il viso di un angelo… sorride, ma è triste. I suoi occhi sono umidi. Il suo volto è cosparso di contusioni. Formano quasi una costellazione. I suoi capelli sono davvero molto rossi. La sua bellezza toglie il fiato… ma i lividi sul suo viso hanno deturpato quella bellezza, che appassisce prima del tempo. I suoi occhi madidi mi osservano.
Chi è...  quell’angelo?

 
« Lydia! LYDIA! Dannazione, dove diavolo sei finita?! »
 
Oh, già… eccolo. Ecco il motivo… per cui l’angelo dai capelli rossi è triste.
 
Due palpebre alabastrine si schiusero con lentezza, focalizzando una dolorosa realtà. Una giovane dal niveo incarnato e dal volto segnato dalla rassegnazione era stata richiamata a gran voce. I suoi capelli erano davvero molto rossi, folti, lunghi ed animati da un gradevole movimento ondulato. L’uomo che l’aveva richiamata a sé non era affatto compiaciuto in quel momento. Lord Jorgen la fronteggiava, imponente e terrificante come ogni volta.
« Farai meglio a darti una mossa! Abbiamo ospiti a cena, te lo ricordi, ah? Ti consiglio di non mettermi in imbarazzo, questi uomini vogliono mangiare bene! E ora muoviti! » esortò l’uomo dal rugoso e ripugnante viso, spingendo con ben poca grazia la più giovane verso il legnoso tavolo da cucina. Quest’ultima finì bruscamente contro di esso, mentre alle proprie spalle l’anziano signore si allontanava.

Giunse la sera. Copiose gocce di sudore imperlavano la fronte della rossa, che aveva trascorso l’intero pomeriggio a preparare la cena per i tanto attesi ospiti.
La sala, ove il ricevimento si sarebbe tenuto, si riempì rapidamente.
« Ehi, Askeladd! Ti trovo bene. »
« Come sempre, Jorgen! Ma non posso dire lo stesso di te… hai messo su peso, ah? »
« Non mi faccio mancare niente! Mangio bene e resto in salute! »
Un uomo aveva fatto la sua comparsa. Un uomo dai capelli biondi, una barba dal taglio corto che attorniava le sue labbra e due occhi sottili, dall’aspetto scaltro e dalla tonalità cerulea. Dimostrava più anni di quanti ne avesse realmente.
Apparentemente, era lui l’ospite d’onore, fidato mercenario alle dipendenze di Lord Jorgen, sebbene vi fosse una schiera di corpulenti soldati al suo seguito. Lydia poté approssimativamente osservarli tutti, mentre trasportava con ambo le mani un vassoio di aringhe affumicate e lo posava sull’ampio tavolo presente in sala. Ma il proprio sguardo si soffermò sulla figura dell’uomo che stava intrattenendo una conversazione con il proprio padrone. Lo osservò a lungo, finché questi non si accorse di avere due occhioni pregni di amarezza puntati su di sé. Fu allora che il vecchio nobile, come se si fosse inspiegabilmente accorto di quello scambio di occhiate, richiamò l’attenzione della giovane, invitandola con poca gentilezza ad avvicinarsi ai due.
« La vedi questa qui? L’ho acquistata un mese fa. Non dice una parola, sta sempre muta. Mi ha parlato solamente una volta, per dirmi il suo nome. Eppure la lingua ce l’ha, non gliel’ho mica tagliata! E’ vero o no, ah? » chiese, rivolgendosi alla più giovane; la sua voce era roca e feroce. Egli le afferrò ambo le guance con una sola mano, stringendole tra loro.
« E’ carina, no? Non se ne trovano più di così carine in giro. Andiamo, di’ qualcosa, stronzetta. Parla! Saluta Askeladd, è nostro ospite, sii educata. » Jorgen continuava a comprimerle le gote con quelle sue grosse e grinzose mani, forzandola a voltarsi verso l’appena menzionato ospite. Ma dalle labbra di Lydia non fuoriuscì alcun suono, non una parola. Si limitò a fissare lo sconosciuto, con uno sguardo che domandava tacitamente aiuto. Askeladd, a sua volta, rimase in silenzio. Non fece altro che ricambiare nuovamente lo sguardo della rossa. Non stava gradendo in modo particolare quello spettacolo, ma preferì tacere in merito. Non erano affari che lo riguardavano, infondo. Nel mentre, irritato per non aver ricevuto alcuna risposta, Lord Jorgen perse la pazienza, decidendo di allontanare da sé la fonte del suo nervosismo. Con un gesto estremamente brusco, la spintonò violentemente via, facendola finire sul pavimento. Una serie di risate, provenienti da punti disparati della sala, si fece udire. C’era chi aveva gradito quel breve spettacolo. Askeladd, invece, pareva alquanto impassibile, ma c’era qualcosa in lui che lo stava rendendo particolarmente inquieto.
« Sei una schiava inutile, maledizione! Servi il resto delle portate e poi levati di mezzo, Lydia! » gridò Jorgen, sull’orlo di una crisi di nervi. Ma fu all’udire di quel nome che un lieve sobbalzo colse l’animo dello stoico Askeladd, le cui mani si strinsero in pugno. Nel mentre, la fanciulla si limitò a rialzarsi, con fatica, per poter obbedire al comando. E scomparve ancora una volta nelle cucine.
La serata riprese così normalmente, Jorgen si avvicinò nuovamente al suo uomo di fiducia, ma quest’ultimo rimase inspiegabilmente teso per tutta la sera. Comunque, nessuno parve badare troppo alla cosa. Erano tutti troppo ubriachi e paghi della lauta cena, per farci caso.
Calò la notte. Il ricevimento era ormai terminato e gli ospiti si erano ritirati negli alloggi che erano stati loro offerti. Ma non proprio tutti. Askeladd, che quella notte pareva assalito da indecifrabile inquietudine, aveva deciso di fare qualche passo nell’ampio giardino che circondava il palazzo, per rimettere in ordine quel groviglio di pensieri che affollava la sua mente.
Frattanto, esausta, la giovane schiava si trovava ancora nelle cucine, intenta a rassettare e ad ultimare le faccende rimaste. Fu quando decise di abbandonarsi ad un silente sbadiglio, che qualcosa di impetuoso ed inarrestabile le afferrò con ferocia una ciocca di capelli che partiva dalla fronte.
« Sbaglio o ti avevo detto di non mettermi in imbarazzo, mh? Che cerchi di fare?! Di mettermi in ridicolo?!? » Lord Jorgen era lì, alle sue spalle, l’aveva tirata a sé. Lydia percepiva il suo disgustoso respiro sul proprio collo, il suo fiato odorava di alcol.
« Adesso me la paghi. » asserì egli con fermezza, il suo tono non lasciava presagire nulla di buono. Con quella stessa, precedente presa ai ramati capelli della giovane, la trascinò con veemenza, fino a farla scontrare con il vetro di una delle ampie finestre presenti. Lydia tentò di parare il colpo inchiodando ambedue le mani contro quei vetri, ma il corpo dell’uomo premeva ugualmente contro il suo ed ella non aveva scampo.


No… no… sta succedendo ancora. Che cosa posso fare… cosa? Angelo dai capelli rossi… perché resti fermo ad osservarmi e a piangere? Perché… non puoi aiutarmi?


Le villose mani dell’uomo presero a percorrere forsennatamente il corpo della schiava. Con famelico ardore, strapparono via facilmente i logori stracci da ella indossati, ed il suo corpo rimase nudo, vulnerabile, privo di difese.
« Lurida puttanella… mi fai impazzire… » le parole dell’uomo erano viscide, così come la sua lingua, umida e fetida, che percorse avidamente il collo della giovane. Non era certo la prima volta in cui Jorgen prendeva possesso del corpo della fanciulla in quel modo, eppure Lydia non era ancora riuscita ad avvezzarsi all’odore nauseante che la bocca del vecchio nobile emanava. Dovette serrare le palpebre ed afferrare con gli incisivi il proprio labbro inferiore quando lo sentì introdursi in lei. Era doloroso ed insopportabile come la prima volta in cui accadde. Non le rimaneva che attendere che quella tortura terminasse, sebbene alle volte pareva non avesse mai fine.
I minuti trascorrevano e man mano i movimenti dell’uomo si facevano più rapidi ed energici. E mentre la rossa attendeva che la conclusione di quel supplizio giungesse, qualcosa, aldilà dei vetri di quella finestra, catturò la propria attenzione. Qualcuno stava osservando la scena. Qualcuno che ella aveva già visto prima. Degli occhi sottili, scaltri e cerulei erano proiettati verso quel degradante spettacolo. Askeladd, che stava per terminare la sua camminata notturna, si ritrovò involontariamente ad assistere a ciò che si stava consumando dietro i vetri di quella finestra. E così i suoi tentativi di soffocare quei pensieri invasivi andarono totalmente in fumo. C’era qualcosa di inspiegabile in quella fanciulla dalla chioma ramata. Qualcosa che rievocava nell’uomo ricordi dolci, ma al contempo dolorosi. C’era qualcosa in quegli occhi pregni di disperazione che, dall’alto di quella finestra, avevano incontrato i suoi, e che ancora una volta gli chiedevano aiuto. Qualcosa che, dopo attimi di esitazione, lo indusse a distogliere lo sguardo, ed a cambiare strada. Aveva passeggiato abbastanza.
Per l’ennesima volta nella sua vita, Lydia si sentì abbandonata dal mondo intero, mentre guardava lo sconosciuto allontanarsi inesorabilmente.
Nessuno era lì per aiutarla. Nessuno. Neppure l’angelo dai capelli rossi.
Realizzò di non avere via d’uscita, mentre l’uomo alle proprie spalle raggiunse il suo culmine, senza badare a risparmiarsi. Si allontanò da lei con ben poche cerimonie, gettandola via come un vecchio straccio. Lydia si accasciò al suolo, priva di forze e di difese, conscia di non avere nessuno al mondo disposto a combattere per lei.


E’ davvero buffo… ora l’angelo dai capelli rossi non è più l’unico… a star piangendo.
  
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