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Autore: Clotilde    11/08/2009    2 recensioni
Una ff dedicata alla coppia kushian/minato. Questa storia è ambientata ai giorni nostri ed ha luogo nel nostro mondo, non vi sono nè ninja, nè demoni, soltanto due genitori ed il loro figlioletto, Naruto, che dimostrano di amare più di se stessi. Un bacio *.*
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Yondaime
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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amore mio AMORE

La mia prima ff, una Minato/Kushina che spero apprezziate :):)  Se mi chiedeste se vi è un "dove" vi direi che il tutto ha luogo in un posto imprecisato, se mi chiedeste se vi è un "quando", vi direi che il tutto si svolge in un momento qualsiasi della vita.
Siate clementi, ve ne prego... :)
Un bacio *.*
PS Chiedo scusa se ho sbagliato qualcosa con il codice html, dovete sapere che non capisco nulla di queste cose ://





Quella che mi accingo a narrare è una tragica storia ma, anche se tragica, resta comunque una storia d'amore ...

Kushina e Minato erano due splendidi giovani, prediletti dalla dea Fortuna, così dicevano tutti. Dalla vita avevano ricevuto tutto ciò che desideravano: bellezza, ma non solo quella del corpo che così presto sfiorisce, anche quella dell'anima, erano buoni, sinceri, onesti, altruisti, sempre desiderosi di aiutare il prossimo, sempre allegri, sempre vivaci. Avevano avuto successo nella vita e con il successo era sopraggiunta anche la ricchezza, ma  soprattutto avevano trovato l'uno nell'altra ciò che molti cercano, ciò che tutti desiderano, avevano trovato l' Amore, il più puro, il più sincero, il più nobile degli amori. Erano felici, la felicità era un altro aspetto della vita che la Fortuna aveva loro riservato, tuttavia si sentivano incompleti.
Si erano sposati giovani e freschi,
i loro visi erano gioviali ed allegri, i loro sorrisi luminosi, i loro occhi vivi. Trascorsero anni ad amarsi come il primo giorno, come se il loro sentimento fosse qualcosa di nuovo. Ogni giorno le loro labbra si incontravano in una danza che conoscevano a memoria ma che, ogni volta, sembrava arricchirsi di un nuovo passo e di una nuova nota. Ogni notte si incontravano ed i loro corpi si univano, ma non vi era nulla di volgare in questa unione, poichè i loro corpi non facevano altro che da tramite ai loro cuori, che battevano all'unisono come se fossero una sola entità. Conoscevano il corpo dell'altro in ogni dettaglio, ma non erano mai stanchi di riscoprire quelle particolarità che tanto apprezzavano. Ogni bacio era il primo bacio ed ogni carezza la prima.
Kushina sentiva però che mancava qualcosa per raggiungere la perfezione. Il suo cuore traboccava d'amore e sentiva di non poterlo più contenere, il più lo riservava al marito Minato, ma ne avanzava comunque una parte, che sentiva di dover destinare a qualcun altro.
Un figlio era ciò che Kushina desiderava, il figlio dell'uomo che amava, la prova concreta di un amore tanto intenso e sincero.

Una mattina Minato e Kushina stavano seduti a tavola, intenti a fare colazione.  Entrambi sorridevano, ed i loro sorrisi erano raggianti quanto la luce  solare che filtrava prepotentemente dalle finestre aperte. Uno di fronte all'altro, sorridenti e felici. Sembrava un quadro di squisita fattura fatto da un artista dotato,  che, con mano esperta, si era curato dei dettagli ed aveva sfumato quei meravigliosi colori. Il giallo dorato dei capelli di lui e il blu intenso delle iridi, la chioma ramata di lei che faceva pensare ad un fuoco scoppiettante, similitudine da attribuire anche al suo carattere: esuberante e guerriero.
Quel gioco di colori e di luce rendevano quell'umano dipinto eccezionale!
"C'è una cosa che devo dirti"interruppe il silenzio Kushina, la voce tremante dall'emozione.
"Qualsiasi cosa, amore"
"E' successa una cosa straordinaria" gli occhi le brillavano e la facevano apparire, agli occhi di lui, ancora più bella.
"Che cosa?"
"Aspetto un bambino" Kushina non riuscì a trattenere le lacrime, che sgorgavano copiose rigandole le gote rosate.
"Questo è ... è ... " non trovava le parole "fantastico. Speravo accadesse, non potevi darmi notizia più lieta...ma non piangere!" 
Si alzò e le si avvicinò, accarezzando quei folti capelli ribelli sempre in disordine, sorridendo, sinceramente felice.
"Piango per la gioia"
"Se è così ... sono felice, amore mio, non puoi neppure immaginare quanto!" le cinse le spalle e le baciò la nuca.
"E' ciò che desideravo, ora siamo perfetti ... il figlio dell'uomo che amo, TUO figlio"
Kushina si alzò e lo abbracciò, ora ridendo come un bambino che corre festante in un prato.
"E di chi altri doveva essere?" scherzò Minato.
Kushina tirò indietro il capo e rise di nuovo, perchè allegra, perchè divertita, perchè un'ondata di emozioni l'invadeva, poi la risata si spense e fu sostituita da un sorriso soddisfatto e compiaciuto, dettato dalla consapevolezza di portare una creatura in grembo, la creatura che con Minato aveva concepito.
Quel giorno fu in assoluto il giorno più felice della sua vita, dentro il corpo di Kushina vi era il frutto del loro amore, della loro passione, il frutto del seme di lui che nel grembo di lei cresceva e sbocciava, testimonianza di una delle tante notti in cui i due giovani si erano uniti ed amati.

Trascorsero i nove mesi. Per Kushina l'attesa fu snervante, troppa era la voglia di stringere fra le braccia quel bèbè che aveva così a lungo nutrito ed amato.
Impossibile descrivere la gioia dei primi calci e dei primi pugnetti, ancor più impossibile descrivere l'ondata di emozioni provate dalla donna quando potè finalmente vedere con i suoi occhi quel neonato innocente e delicato, dalla pelle candida e vellutata, con graziosi ciuffetti biondi che spuntavano dalla testolina. Lo guardava come se fosse la più bella delle meraviglie e lo stringeva a sè come il più prezioso dei tesori. Era da quando aveva partorito e da quando era stato lavato che non faceva altro che riempirlo di baci. Era entrato poi Minato e le si era seduto accanto sul letto. Erano una famiglia.
Quel pittore dotato dovette aggiungere un terzo elemento al suo quadro, che divenne ancora più mirabile!
"Come vuoi chiamarlo?" le chiese Minato. Era un maschio forte e robusto.
"Non ci ho ancora pensato"
"Davvero?" Minato era sorpreso.
"Si"
"Posso proporne uno?" azzardò.
"No" Kushina scosse il capo "Il bambino l'ho fatto io e sarò io a completare l'opera" disse non ammettendo repliche.
Minato sorrise ed annuì, sapeva quanto testarda e dispotica fosse la moglie e, comunque, l'amava così tanto da accettare qualsiasi cosa e da concederle tutto ciò che chiedeva. Questo era l'amore, accontentare l'altro e renderlo felice.
"NARUTO!" urlò all'improvviso Kushina.
"..."
"Naruto" disse a voce più bassa "sarà il suo nome". Aveva deciso e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea.
"Naruto...ehm...Naruto" Minato era pensieroso "mi piace" dichiarò infine.
"Anche se non ti fosse piaciuto non avrebbe avuto alcuna importanza" Kushina gli sorrise
"Lo so". Minato si chinò su di lei e la baciò con amore e trasporto. Lei, la donna che amava, ora madre di suo figlio.

Da quel meraviglioso giorno ve ne furono molti altri, altrettanto meravigliosi. I giorni, i mesi, gli anni passavano, Minato e Kushina però rimanevano belli come sempre, e come sempre innamorati. A guardarli sembrava che neppure un minuto fosse trascorso, l'unica cosa che, per così dire, li tradiva, era il loro delizioso figlioletto, Naruto.Si faceva sempre più alto, più robusto e più bello.
Il giorno in cui compì cinque anni Kushina e Minato decisero di andare tutti insieme a mangiare del ramen, il cibo che Naruto in assoluto preferiva.
"Prendo la macchina?" chiese Minato.
"E perchè mai? E' una così bella giornata, andiamo a piedi!" esclamò allegra Kushina.
Si avviarono e ben presto si trovarono a dover attraversare la piazza gremita di persone e disseminata di negozi, fino a quando non arrivarono all'incrocio.
Al di là della strada, attraversate le strisce pedonali, c'era il negozio di ramen verso il quale erano diretti.
Scattò il verde luminoso del semaforo, Kushina e Minato quindi furono pronti a passare, presero Naruto per mano e si incamminarono a passo lento, adattandosi a quello del bambino.
Non fecero in tempo a vederla. Non videro la macchina che come una saetta sfrecciava verso la loro direzione, nonostante il semaforo imponesse alle auto di non muoversi.
Mi correggo, Minato e Kushina non videro l'auto in tempo perchè LORO potessero salvarsi.
Appena sentì il rombo vicinissimo del motore Minato afferrò il braccio di Naruto e, non preoccupandosi di essere delicato o di fargli male, lo aveva scagliato dall'altra parte della strada, dove le strisce terminavano, dove sapeva che sarebbe stato al sicuro.
"MINATO" sentì urlare da Kushina.
Si frappose d'istinto tra lei e la macchina, almeno lei doveva salvarsi, almeno a lei doveva essere data la possibilità di vedere il figlio diventare uomo.
Naruto aveva bisogno di lei.
La macchina colpì Minato in piena schiena, l'impatto gli ruppe la colonna vertebrale, morì sul colpo, aveva però avuto il tempo di sorridere nel vedere Naruto vivo, anche se in lacrime. L'impatto fu violento, devastante, Kushina fu colpita indirettamente e scagliata al fianco del marito.
L'autista continuò a guidare senza fermarsi, senza prestare i dovuti soccorsi. Non sarebbe servito comunque a nulla, neppure per lei c'era speranza.
Una folla di curiosi aveva accerchiato la coppia. Kushina stringeva debolmente la mano del marito, e pianse nel vedere i suoi occhi, un tempo brillanti, ora vacui e spenti, privi di vita.
Le orecchie le fischiavano, i suoni divennero lontani, faticava a distinguere addirittura le parole che udiva provenire dalla folla. Riuscì a fatica a captare alcune frasi: " Chiamate l'ambulanza" diceva qualcuno; "Ma che ambulanza, chiamate piuttosto ..." suggeriva qualche altro; " sta per morire, povera donna ... era così giovane, almeno il bambino ...". Il bambino. Naruto.
Kushina riacquistò per un momento lucidità. Dov'era Naruto? Come stava?
Provò a guardarsi intorno, ma la vista era sfuocata, non vedeva altro che sagome indistinte di sconosciuti.
Si stava arrendendo quando udì la flebile voce di un infante e un pianto trattenuto.
"MAMMA" sentì urlare. Era lui che cercava disperatamente di raggiungerla.
"Sono qui" avrebbe voluto gridargli di rimando; "Sto bene" avrebbe voluto rassicurarlo, ma non stava affatto bene, stava per morire, e lo sapeva.
Pianse di nuovo. Non lo fece perchè temeva la morte, era felice che il figlio fosse sopravvissuto e che lei avesse preso il posto che la morte aveva riservato a lui, non piangeva più per Minato, che sapeva avrebbe raggiunto presto, piangeva perchè sapeva che non sarebbe potuta stare con suo figlio, conosolarlo, dirgli che andava tutto bene. Invidiò per un momento Minato, morto sul colpo, senza rimpianti, felice di essersi sacrificato per le persone che amava, per la sua famiglia. Chiuse gli occhi. All'improvviso sentì qualcosa pizzicargli il naso. Li riaprì e vide una folta matassa bionda.
"N-n-aruto" sussurrò.
Il bambino la sentì ed alzò la testa per guardarla. Il viso sempre giocondo ora sfigurato dalle lacrime e dalla disperazione.
Piangeva senza sosta, molti avrebbero potuto credere che di lì a poco avrebbe consumato tutte le lacrime.
Kushina provò a sorridere ma il dolore e lo sforzo tramutarono il sorriso in una smorfia terribile.
"Mamma...oh...mamma" tirò su col naso"Non mi lasciare" la pregò supplichevole.
"Non ti lascio" voleva dirgli, ma sarebbe stata una menzogna e lo sapevano entrambi.
"Mi dispiace" riuscì a dire Kushina.
"Per cosa?" chiese Naruto, che le stringeva la mano e che da lei gli veniva stretta, se pur debolmente.
"Per non essere riuscita a comprarti il ramen che ti piaceva tanto"Una frase così lunga richiese non poco fiato.  Kushina tossì ed un liquido rosso  e caldo le invase la gola. Tra poco l'ora fatidica sarebbe scoccata e la vita di Kushina sarebbe inesorabilmente giunta al termine.
Non sarebbe mai più andata a mangiare del ramen col figlio, non lo avrebbe mai più visto sorridere. Se solo quella mattina avessero preso la macchina come Minato aveva suggerito, questa tragedia non sarebbe successa, sarebbero andati nel negozio di ramen a comprare una ciotola per Naruto.
Quel negozio invece non lo raggiunsero mai e quel ramen non venne mai consumato. Kushina si sentì in colpa, era colpa sua se erano andati a piedi. No, non era colpa sua, lei non centrava nulla. Era stato il destino, o la sfortuna.
"Prediletti dalla Fortuna" diceva chi li conosceva. Se li avessero visti adesso. Kushina aveva sempre creduto nella fortuna, solo ora si accorse di che errore avesse fatto facendovi affidamento.
"Non importa mamma. Ci andremo un'altra votla" si illudeva Naruto.
"Ti voglio bene" Kushina non poteva morire senza dirglielo.
Si girò verso il corpo esamine di Minato. "Finchè morte non ci separi. Insieme nella vita e nella morte, così ho promesso" sorrise debolmente e chiuse gli occhi. Smise di lottare e decise di lasciarsi andare.
Naruto sentì la presa della mano della madre sempre più debole, sino a quando non si trovò a stringere fra le mani un arto morto.
"MAMMA" urlò ripetutamente, fino a quando le lacrime non cessarono e sentì la gola bruciare.
Voleva andarsene via con mamma e papà, quel giorno aveva perso tutto, ma non poteva arrendersi. I suoi genitori erano morti per lui, perchè lui vivesse appieno la sua vita. Si asciugò le lacrime e fissò i genitori. Erano stesi a terra, morti. La morte però non era stata in grado di lenire la loro bellezza, spezzare il loro amore e indebolire il loro sorriso. Si tenevano per mano, sul volto l'ombra di un sorriso, specchio di una vita felicemente vissuta.

Questo è l'amore vero, l'amore più forte, l'amore che tutto può e tutto vince, persino la morte. Kushina e Minato diedero la vita per il figlio che avevano tanto amato, non è forse questo il genere di amore più meraviglioso e sincero che esista? Non è forse questa la più dolce e allo stesso tempo tragica storia d'amore che si possa immaginare? Morire per amore è in assoluto la morte più nobile alla quale si possa ambire, ed il sacrificio per amore della propria famiglia è il gesto degno di un eroe.

"Minato e Kushina Uzumaki. Morti per salvare il figlio. Eroi è l'unica parola che li possa descrivere" così citava il titolo della prima pagina del quotidiano del mattino, che aveva fedelmente riportato la vicenda, affinchè tutti sapessero dove l'amore potesse arrivare!
  
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