Storie originali > Noir
Segui la storia  |       
Autore: Spoocky    16/05/2020    6 recensioni
Durante una piovosa sera d'autunno un detective londinese trova inaspettatamente una pista sul serial killer che lo aveva angosciato per mesi ma di cui si erano perse le tracce.
Dodicesima classificata al contest “Generi a catena” indetto da Dark Sider sul forum di EFP.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccoci giunti al capitolo conclusivo di quest'infausta vicenda.
A causa di un concatenarsi di impegni improrogabili ho dovuto condensare tutto in due capitoli, è una circostanza che rimpiango ma non è stato possibile fare diversamente.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno commentato e in modo particolare chi mi ha aiutato a capire i punti critici di questo racconto affinché possa migliorare in futuro.
A tutti, buona lettura ^^

La mattina seguente mi presentai al lavoro in perfetto orario.
Non mi aspettavo un comitato di benvenuto e non fui sorpreso di non trovarne alcuno: l’improvviso ritorno del Fruttariano aveva colto tutti di sorpresa e tutti erano tanto indaffarati da accorgersi a malapena del mio rientro.

Dal canto mio non persi tempo in convenevoli e giunto all’ufficio che condividevo con Tom mi sorpresi nello scoprire che la sua metà, di solito ordinata con una precisione maniacale, era stata completamente messa a soqquadro: fascicoli, fotografie, libri e ritagli di giornale erano completamente sparpagliati sul suo piano di lavoro e lui stava digitando compulsivamente qualcosa sul suo portatile.
Mi sorprese anche il suo aspetto.
Le occhiaie e le borse sotto gli occhi le avevo previste: aveva fatto le ore piccole per interrogare i testimoni e catalogare la scena del delitto. Non mi aspettavo l’assenza della cravatta ed il maglione blu,  che compariva solo in momenti di grave crisi e da cui spuntava un orlo sospettosamente simile a quello di una T-shirt al posto della consueta camicia. Tanto meno avrei potuto immaginare che indossasse ancora le Converse che di solito toglieva una volta in ufficio.
Era in pieno assetto d’emergenza.

Gli allungai immediatamente il bicchiere di carta con il tè caldo, nero niente latte né zucchero, che gli avevo comprato alla solita caffetteria. Lo accolse come una manna dal cielo insieme ad un muffin ai mirtilli ancora caldo.
Mentre il mio collega spiluccava la sua colazione mi appollaiai su un angolo della mia scrivania e addentai un sublime muffin pera e cioccolato. Con la bocca ancora piena sbiascicai nella sua direzione: “Qualche novità?”

Tom deglutì il boccone e si sciacquò la gola con un sorso di tè prima di rispondere: “Al momento no. Il fruttivendolo, William Burrows, scapolo di quarantacinque anni, è morto come gli altri: avvelenamento da cicuta, ha stabilito il coroner. Siamo ancora in attesa dell’autopsia ma lo stato del corpo e la temperatura del fegato suggeriscono che sia morto qualche ora prima del ritrovamento, poco dopo l’orario di chiusura. Come al solito il Fruttariano dev’essersi introdotto nel negozio dopo la morte della vittima e non ha lasciato nessun’impronta, di nessun genere. La finestra è stata sfondata con… il rapporto preliminare della Scientifica ipotizza un mattone, che non è stato rinvenuto sulla scena né sulle vicinanze e che presumiamo si porti in giro ovunque.”
Trangugiai un sorso abbondante della mia cioccolata calda: “C’è il sospetto che possa trattarsi di un imitatore?"
Masticando lentamente senza smettere di digitare Tom scosse la testa: “L’orario del delitto è di molto antecedente all’orario dell’irruzione: solo il Fruttariano ha una tale conoscenza del veleno e quel particolare non è mai stato comunicato alla stampa. Quindi non può trattarsi di nessun altro.”

Bussarono alla porta ed entrò un agente con un fascicolo: “Adams, ho il fascicolo che avevi richiesto. Ehi, Smith! Bentornato!”
“Grazie, Larry. Tu come te la passi?”
“Non c’è male. Nel periodo in cui sei stato assente il vostro amico è rimasto tranquillo, per cui non ho avuto molto da fare. Ma il divertimento non manca: pensa che due settimane fa una vecchietta di Waterloo ha chiamato perché dall’appartamento del vicino proveniva un odore di verdura andata a male e voleva che intervenissimo.”
Per poco Tom non si strozzò con il suo tè: “Come, scusa?” Balbettò tra i colpi di tosse.
“Come ti ho detto: si lamentava di un forte odore di rancido. Ho pensato che fosse affetta da una qualche forma di demenza e ho lasciato correre. Perché t’interessa?”
“Potrebbe non essere niente, ma…”
Lo sguardo di Tom s’incrociò con il mio ed ebbi la stessa illuminazione:  “Vale la pena di controllare. Larry, ti ricordi per caso l’indirizzo?”
“Come no! Io e Parker ci abbiamo riso sopra per tre giorni: il 42A di Roupell Street.”

Senza aggiungere altro io e Tom agguantammo i cappotti e uscimmo rapidi come fulmini.




La cara signora Darcy aveva ragione: dall’appartamento accanto al suo proveniva un terribile fetore di rancido, come ne avevo sentiti solo nell’angolo dell’orto in cui mia nonna faceva il compost.
Anche Tom era impallidito per il cattivo odore ma dalla sua espressione capii che, come me, era convinto si trattasse del nostro sospettato. La presenza di un mattone e di schegge di vetro davanti alla porta sembrava confermare quest’ipotesi.
Per strada, Larry mi aveva informato via telefono che l’appartamento apparteneva ad un certo Peter O’Doyle, di origini irlandesi.

Peter era rimasto orfano in tenera età ed era stato allevato dalla nonna paterna, che gli raccontava storie della Grande Carestia come favole della buonanotte.
Il bambino aveva dimostrato fin da ragazzo uno strano attaccamento ai vegetali, rifiutandosi addirittura di mangiarli alla mensa scolastica. Durante la ricreazione preferiva conversare con la mela che aveva di spuntino piuttosto che interagire con i suoi compagni.
Da adolescente era stato internato in un istituto psichiatrico prima ed in riformatorio poi, perché era diventato fisicamente violento con i suoi coetanei, in particolare con quelli che mangiavano o cucinavano verdura o frutta in sua presenza.
Gli era stato diagnosticato un disturbo antisociale della personalità ed era stato affidato alla custodia della quasi decrepita nonna, che era deceduta pochi mesi prima dell’inizio della sua lunga sequela di delitti.
Tutto combaciava.


Estraemmo le pistole e ci posizionammo davanti alla porta: “Peter O’Doyle! Polizia! Apri la porta!”
“Ooohhh! Prego! Entrate: è aperto!”
Io e Tom entrammo in sincrono con le pistole spianate e subito fummo investititi da una zaffata di fetore che ci fece quasi perdere i sensi.
Ovunque ci voltassimo ogni anfratto trasudava di vegetali vari ed eventuali: frutta e verdura di ogni genere, forma e dimensione erano accatastate ovunque ed in vari stadi di putrefazione.
Non c’era dubbio che si trattasse del nostro uomo.

Ed eccolo lì, Peter O’Doyle, il Fruttariano in tutto il suo sudicio splendore.
Se ne stava seduto beatamente al centro di tutta quella spazzatura, vezzeggiando e coccolando un cavolfiore come se fosse stato un grazioso animaletto.
Ci sorrise e notammo che gli mancavano diversi denti, mentre i capelli sudici schizzavano da ogni parte, irrigiditi da mesi di lerciume: “Ce ne avete messo di tempo! Vi stavo aspettando! Ora, prima di arrestarmi, credo vorrete sapere perché ho fatto quello che ho fatto, nevvero?”
“Sì, Peter. Ci faresti una cortesia.”
“Ooohhh! Oh! Oh! Bene, bene, bene. Prima di tutto dovete sapere che questo è un arresto politico.”
“Un arresto politico?”

Il Fruttariano annuì tanto violentemente che temetti gli si svitasse la testa dal collo: “Sì, sì, sì, sì. Voi schiavi del sistema oppressivo non  ve ne rendete conto ma io dovevo liberare queste povere creaturine. Io li sento urlare, capite? Pensate cosa può voler dire essere strappati ancora giovani e teneri alle proprie calde casupole, essere scuoiati, spremuti a sangue e tagliuzzati. O essere messi a liquefarsi nell’acqua bollente, o frullati fino a diventare una fanghiglia informe. Anche i vegetali sono creature viventi: hanno dei sentimenti, una dignità.”
Improvvisamente si alzò in piedi e gridò: “Ebbene io vi dico: questa è la mia ora migliore! Ucciderei ancora e ancora quei maledetti trafficanti di schiavi! Farei una strage pur di liberare un solo innocente cavoletto dalle loro luride grinfie. L’umanità deve saperlo: il succo di carota è omicidio! Il purè di patate è omicidio! La zuppa di piselli è omicidio!”
Continuò a strillare per un bel po’, mentre Tom ed io lo ammanettavamo e lo portavamo in centrale.

Non tentò mai di difendersi ed in Tribunale sostenne apertamente la propria causa. Non gli valse a molto: si beccò l’ergastolo in un ospedale psichiatrico criminale.
Quanto a me, non uscii granché cambiato da quell’avventura. O almeno così credevo.
Finché un giorno non mi sorpresi a chiedere scusa ad una carota prima d’infilarla nel frullatore.

 
Carrot juice constitutes murder (and that's a real crime)
Greenhouses are prisons for slaves (let my vegetables go)
It's time to stop all this gardening (it's dirty as hell)
Let's call a spade a spade (is a spade is a spade is a spade)

- The End –
 
 

Note:
Ogni strada e luogo citato, esclusion fatta per il 42A di Roupell Street, esistono sul serio e sono parte della città di Londra.
Il titolo della storia e la strofa finale sono tratti dalla canzone “Carrot Juice is Murders” del gruppo canadese Arrogant Worms, che parla appunto di un pluriomicida che sostiene di voler liberare i vegetali dall’oppressione e che consiste nella principale ispirazione per questo testo:

https://www.youtube.com/watch?v=dII1gqGmyso
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: Spoocky