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Autore: NyxTNeko    17/05/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Louis Charles venne portato, dopo essere svenuto a causa dell'enorme sforzo nel cercare di liberarsi dalle grinfie dei suoi 'rapitori', in un'altra delle stanze che costituivano la Prigione del Tempio. Apparivano identiche, non molto grandi e del tutto prive di ogni comodità, erano diversi agli ambienti a cui il piccolo erede al trono era abituato fin dalla nascita.

Uno dei due municipali bussò con la sua grossa mano ripetutamente, nonostante avesse le chiavi per entrare. Dall'interno si udiva una vocetta stridula gridare - Arrivo... arrivo... - mentre si trascinava sulle gambe quasi rachitiche. Aprì e i due uomini si trovarono l'uomo che cercavano: un piccolo, magro, ciabattino, dal volto scavato, scuro e rugoso, vestito di stracci. - L'avete portato finalmente... - borbottò nel vedere il bambino afferrato per la maglia al pari di un fagotto.

- Come pattuito, Antoine Simon - fece uno di quelli, imponente, osservando dalla testa ai piedi quel piccoletto. Non poteva esserci uomo migliore a cui affidare il compito di attuare la loro vendetta ai danni della regina austriaca - Ora spetta a te educarlo come un repubblicano rivoluzionario giacobino, così potrà testimoniare contro la madre e potremmo ucciderla...

L'altro gli consegnò veloce Louis Charles che dormiva profondamente, era davvero stanco. Per questo Antoine lo prese con estrema cura, era leggerissimo, si era aspettato un ragazzotto pasciuto, rotondo e pesante, ma a quanto pareva, il periodo di prigionia lo aveva incredibilmente spossato - Non preoccupatevi, è ancora piccolo, non ci vorrà molto nel trasformarlo - fu la rapida risposta del ciabattino. Dopodiché li salutò intonando una canzone giacobina e rientrò.

La moglie, raggomitolata per scaldarsi, faceva parecchio freddo, mosse la testa non appena lo udì rientrare e si voltò verso lui e il piccolo - E sarebbe questo ramo secco il principe? A quanto pare non è un maiale come lo era suo padre...

L'uomo la zittì sollevando il palmo - Non vedi che sta dormendo? Vuoi farlo spaventare per caso? - la invitò a far silenzio.

- Non dirmi che ti stai già affezionando a quel coso? - ridacchiò la donna nel vederlo così premuroso nei suoi confronti - E poi si spaventerà nel vedere la tua di faccia - burlò lei. Il marito non le diede retta, lo posò dolcemente sul letto di paglia che aveva fatto costruire appositamente. Nonostante il repentino calo di peso, che lo aveva smagrito, Louis Charles restava un bambino dalla bellezza sfolgorante, l'uomo era rimasto colpito dalla regalità dei suoi lineamenti. Era ancora più bello di come veniva spesso raffigurato nelle stampe e nei quadri. Chiamò e lei eseguì, anch'essa fu folgorata dalla sua grazia innata.

Antoine la fissò e prese la parola - Dobbiamo trattarlo come se fosse nostro figlio, deve dimenticare il suo passato, con la violenza non risolviamo nulla, dobbiamo essere convincenti, capito! - ribadì ancora, ingoiò la saliva. Era un compito difficile e impegnativo, tuttavia per la sua fede giacobina e rivoluzionaria avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino il lavaggio del cervello al delfino di Francia. La moglie annuì e si rimise ai fornelli, preparando da mangiare anche per il bambino.

Nizza, 8 luglio

Il viaggio del capitano Buonaparte era stato abbastanza difficoltoso, a causa del pessimo stato delle strade che, in teoria, avrebbero dovuto collegare perfettamente le varie città del mezzogiorno francese e quello del regno piemontese di Sardegna. Nella pratica quelle vie erano un inferno, pietrose, sconnesse, più volte aveva dovuto fermarsi dai fabbri delle cittadine e far ferrare gli zoccoli del cavallo, a sue spese.

Insomma, la sua nuova vita in Francia non era cominciata nel migliore dei modi. Aveva messo da parte viveri per pochissimi giorni, in quanto convinto che sarebbe giunto a Nizza in breve tempo, invece, aveva speso gli ultimi soldi per placare lo stomaco, inoltre i prezzi non aiutavano nella quantità, per cui doveva accontentarsi del minimo.

Seppur lungo la via avesse perso la pazienza ed era stato sul punto di abbandonare tutto e tornare dai suoi parenti, non la diede vinta al pessimismo e, ricordando le parole incoraggianti di Giuseppe, proseguì, arrivando così, finalmente, a Nizza. Non poteva non notare la grande agitazione che vi era tra le strade della città, fiumi di gente che si riversava nelle piazze e nei mercati.

A molto nizzardi, di conseguenza, non era sfuggita la sua presenza e la sua uniforme francese, alcuni lo acclamavano con inni alla libertà, molti altri, invece, lo osservano silenziosi e torvi. Perciò decise di intraprendere dei percorsi più isolati, in modo da non sentirsi a disagio, come gli era accaduto in Corsica ogni volta che vi tornava. Era una città di frontiera, facente parte dell'area francese da poco più di un anno, seppur facesse ancora parte del regno piemontese, per questo percepiva quella sensazione che ben conosceva. Inoltre come tutti i luoghi di confine vi era un miscuglio tra consuetudini locali e quelli dei Paesi vicini, una sorta di doppia appartenenza.

Lungo il tragitto Napoleone si era informato sul reggimento e aveva scoperto, con enorme sorpresa, che uno dei comandanti che vi prestava servizio era il colonnello Compagnon, lo stesso che pochi anni prima, aveva ingannato, circa il lungo congedo che aveva intenzione di prendersi, al fine di risolvere i problemi familiari in Corsica.

Per qualche istante una leggera paura lo scosse "Come reagirà alla mia presenza?" si domandò tra sé quasi istantaneamente, massaggiandosi il mento. Probabilmente lo avrebbe cacciato via o lo avrebbe accolto con freddezza, reazioni assai naturali, anche lui avrebbe reagito in quella maniera se qualcuno si fosse comportato in maniera tanto meschina. Si rese conto che il suo egoismo, assieme al suo spiccato orgoglio misto ad arroganza, lo avevano portato a compiere delle azioni non proprio lusinghiere.

Specialmente nei confronti di individui a cui doveva rispetto e sincerità, oltre al colonnello. La mente ritornava a suo padre, non riusciva a non pensarci e a immaginare le sue reazioni. Quando peccava di presunzione rassomigliava ad un bambino capriccioso, non certo all'uomo intelligente che era in realtà. "Una volta lì non dovrò fare altro che scusarmi con lui, in maniera non troppo umiliante, sia chiaro" si autoconvinceva, le ferite del passato erano ancora aperte e a queste si erano aggiunte quelle più recenti "E mi metterò a sua completa disposizione".

Il giorno fatidico era dunque arrivato e senza nemmeno prendersi il tempo per aggiustarsi l'uniforme e l'aspetto trasandato, si presentò all'entrata della piccola caserma in cui alloggiavano i militari. Si trovò dinnanzi le solite guardie, con un gesto automatico allungò loro il certificato firmato da Saliceti, solo quando l'ebbero letta fornì loro le credenziali. I due allampanati militari lo fecero passare e piombò al suo interno, il suo passo era cadenzato.

Trovò i corridoi semideserti, sinistramente silenziosi, fatiscenti. La Repubblica Francese era davvero a corto di ufficiali preparati e soprattutto competenti, di soldati ce n'erano fin troppi in giro, tra taverne e bordelli, luoghi che non conoscevano mai crisi, neanche in periodi turbolenti come quelli che stavano vivendo. Incontrata un'altra guardia gli si avvicinò - Sapete dirmi cittadino - esordì rapido il capitano - Dove si trova l'ufficio del colonnello Compagnon?

- Poco più avanti cittadino - gli rispose indicandogli la via puntando il dito - Assieme al generale Du Teil, stanno discutendo in questo momento...

- Il fratello minore del generale ubicato ad Auxonne? - lo interrogò Napoleone, punzecchiato dall'idea di sfruttare questa occasione a suo vantaggio.

- Esattamente, cittadino - rispose l'altro stupito - Non siete proprio un novellino se lo conoscete così bene

- Il fratello è stato il mio superiore ad Auxonne - precisò Napoleone orgogliosamente. Una volta ottenuta l'informazione desiderata si diresse nella direzione indicatagli. Rifletté sul fatto che il Du Teil maggiore avesse sicuramente parlato di lui al fratello. Quindi sarebbe stato più facile, con il suo appiglio e per il fatto che fosse un ufficiale superiore, ottenere un piccolo incarico. Non sperava di averne uno troppo prestigioso, senza neppure aver avuto la possibilità di mettersi alla prova concretamente. Avrebbe avuto poca soddisfazione lui stesso, non aveva di certo studiato per ottenere regali, era qualcosa di intollerabile.

Di botto si fermò, scorse altre guardie e capì che in quella stanza si trovavano i pezzi grossi, proprio come gli aveva detto quel militare. Riprese a camminare e compì esattamente i medesimi movimenti eseguiti con le guardie all'ingresso. Queste bussarono e lo annunciarono - Il capitano Buonaparte è venuto ad offrire il suo servizio

- Buonaparte avete detto? - sbottò balzando in piedi il colonnello, incredulo a ciò che aveva appena udito. Du Teil non si scompose, però rimase colpito dalla reazione del sottoposto. Quando il giovane ventitreenne si mostrò a loro, i due poterono confermare le emozioni che quel nome aveva suscitato loro.

Napoleone, ritto, le braccia allacciate dietro la schiena non parlava, attendeva che fossero loro a cominciare. Osservava ogni cosa meticolosamente, attento, i suoi occhi fulminei balzavano da una zona all'altra, passando dal muro ingiallito, alla grossa finestra alle loro spalle, la cui luce appiattiva i profili dei due ufficiali superiori, rendendoli delle ombre scure. Colto di sorpresa da quella luminosità accecante abbassò lo sguardo sulla scrivania, colma di fogli, cartine, libri.

Infine vi erano delle sedie sparse qua e là, una poltroncina accanto al generale, alla quale aveva preferito un misero sgabello, e di lato un grosso armadio. I secondi di silenzio reciproco, fatti di eloquenti occhiate, parvero minuti e finalmente il colonnello Compagnon si decise a parlare - Osate presentarvi al mio cospetto, dopo quello che avete fatto?

Napoleone gli porse il certificato firmato da Saliceti e aggiunse - Lì c'è scritto il perché del mio atteggiamento, sono a conoscenza dell'ingiustificazione del mio gesto e sono pronto a ricevere le conseguenze se necessario - lo aveva guardato dritto negli occhi, nella sua voce aspra non c'era alcun tentennamento.

Compagnon, afferrato nervoso il foglio e sedutosi nuovamente, alzò lo sguardo e lo fissò intensamente, per la prima volta scorse la limpidezza di quegli occhi grandi ed espressivi, niente intaccava l'uniformità di quel grigio così splendente. S'accorse che era più consumato del solito, quindi diceva il vero, eppure non voleva dargli ragione...

- Colonnello Compagnon non vorrete mica cacciarlo via, lo sapete che abbiamo bisogno di più uomini possibili, nelle nostre condizioni non possiamo rifiutare nessuna offerta - gli ricordò preoccupato il generale. La sua somiglianza con il fratello era incredibile, constatò Buonaparte, così come il suo buonsenso. Sperò con tutto sé stesso che l'aiutasse e lo sostenesse.

- Non dovete dirlo a me, ma a costui - lo  squadrò sdegnoso il collega, riferendosi alla sua abitudine di prendersi concedi nei momenti più utili.

A Napoleone quell'allusione non piacque affatto e per un secondo le sue labbra si contrassero, un lampo attraversò le pupille e correndo verso il tavolo sputò, sbattendo le mani rabbioso - Non ho più alcun motivo di chiedere congedi, cittadino Colonnello, i motivi non li vengo di certo a spiegarli a voi, ma se per voi ciò che vi ho presentato non basta, allora significa che non avete bisogno di me, perciò posso anche andarmene e chiederlo a qualcun altro!

Ecco che Compagnon ritrovò nuovamente quell'occhiata di sfida, quella luce piena di ambizione che aveva intravisto fin dalla prima volta in cui si erano incontrati. Non era cambiato affatto, perché dunque fare affidamento su di lui? Ci avrebbero rimesso tutti. Nel frattempo il generale aveva ascoltato tutto e non era intervenuto, attendendo che entrambi esponessero le loro ragioni. Nel momento in cui percepì l'ostilità toccare punti elevati tra i due s'intromise - Credo che le giustificazioni e il suo desiderio di voler contribuire al bene del Paese siano delle motivazioni più che sufficienti per accogliere la sua richiesta - fece qualche passo e si avvicinò al ragazzo, il quale, intanto, si era calmato un po' e lo seguiva con gli occhi - Abbiamo bisogno di giovani uomini

Il generale lo analizzò e nonostante l'aspetto malaticcio, malandato sapeva che il ragazzo aveva delle potenzialità enormi, suo fratello gliene aveva parlato ed ora che lo aveva vicino non poteva che dargli credito. Bastava incrociare i suoi occhi per capire che quel Buonaparte aveva la stoffa per diventare qualcuno, di rendere il suo nome così strano, noto ai più. 

Non conosceva bene ciò che aveva fatto e certamente i rimproveri del colonnello erano giustificabili. Tuttavia io capitano era un uomo alle prime esperienze, con una carriera militare davanti, aveva diritto ad una seconda possibilità, soprattutto con la Rivoluzione. Era pronto a dargli fiducia. Compagnon sospirò e obbedì al suo superiore, avendo capito che gli avrebbe affidato qualche incarico - Capitano Buonaparte accettiamo la vostra disponibilità - gli poggiò la mano grassoccia sulla sua spalla e lo scrutava - Non deludeteci

Napoleone sorrise con profonda gratitudine e chinò lievemente la testa ad entrambi - Non lo farò, vedrete colonello, vi ricrederete... - poi si rivolse al generale - Allora? Cosa dovrei fare?

- Riposarvi al momento, capitano, siete arrivato da poco e dal vostro stato credo che il viaggio sia stato tutt'altro che agevole, non appena ci sarà bisogno della vostra presenza, vi faremo chiamare

- Ma... - si fermò e sospirò a sua volta, dandogli ragione. Cominciava a sopraggiungere la stanchezza che aveva accumulato in quelle ore, per cui li ringraziò nuovamente. Andò nella stanza affidatagli cordialmente dal generale.

- Mi auguro che non abbiate commesso un errore madornale generale - lo ammonì il colonnello. Buttò all'aria il certificato di Buonaparte e riprese ad analizzare la lista degli ufficiali ancora disponibile da convocare. Il generale era invece sicuro di fare la cosa giusta, scommettendo sul ragazzo, proprio come gli consigliò il fratello.



 

 

   
 
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