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Autore: AdelaideMiacara    17/05/2020    0 recensioni
Questa storia è la dimostrazione che non sempre tutto va secondo i nostri piani, nonostante la precisione a regola d'arte, l'organizzazione, c'è sempre un 1% di probabilità che tutto vada in fumo, è la dimostrazione che giocare con il fuoco ci fa scottare. Ma questa storia è anche rivincita, crescita personale attraverso la comprensione delle sfumature: quando non sappiamo come cambiare una situazione, ciò che ci può aiutare è cambiare punto di vista.
Il nero costituisce l'assenza dei colori e definisce il punto di partenza della nostra storia, al momento inesistente, che prenderà forma durante la lettura con la nascita dei colori, per terminare con il bianco: l'unione di tutti.
Non ci resta che affrontare questo viaggio. E si prega di allacciare le cinture.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Questo martedì, stranamente, inizia con una nota positiva. L’orario delle lezioni è cambiato e gran parte della mattinata la passo insieme a Chiara e Amie grazie alle materie in comune. L’ultima lezione invece, Scrittura Creativa, mi capita con Jay.

Come al solito, ci sediamo per terra nella palestra al coperto in cerchio, questa volta Jay si siede accanto a me. Però, Sam, guarda in una settimana che progressi hai fatto: l’ultima volta era seduto proprio di fronte a te.

La professoressa Overmay si piazza al centro del cerchio, reclamando silenzio, mentre ognuno di noi tira fuori il proprio quaderno. Quello di Jay è giallo come il mio.

«Bene» inizia la professoressa, «oggi lavorerete in coppia. Tema: fogli di carta. Sbizzarritevi». Dopo averci assegnato il compito, si allontana dal cerchio per raggiungere gli insegnanti di educazione fisica che si lamentano del mal tempo. Non ho afferrato esattamente il senso del tema, ma quando sto per proporre a Jay di fare coppia, lui mi precede.

«Noi siamo insieme» dice, poi apre il mio astuccio senza permesso e fruga dentro, per estrarre una penna nera.

«E chi l’ha deciso?» fingo di protestare, strappando il porta penne dalle mani. Oggi che penna scelgo?

«Io, adesso» ammette scrollando le spalle, poi continua «facciamo così: io scrivo qualcosa su di te e tu su di me, e infiliamo qualche paragone forzato con i fogli di carta, che te ne pare?»

«Mi sembra geniale».

Abbasso lo sguardo sul mio foglio e inizio a buttare giù qualcosa:

 

“Fogli di carta. I fogli di carta possono essere paragonati bene alle persone; loro, come noi, hanno una storia. Ci sono i fogli scritti da cima a fondo, rigo per rigo, quelli che non bastano mai per scrivere tutto quello che ti passa per la testa, quelli che finiscono così in fretta che nemmeno te ne rendi conto. Ci sono anche quei fogli scritti per metà, spazi chilometrici lasciati tra una parola e l’altra per prendere spazio, il testo che arriva a metà pagina stentando, perché non si sa proprio cosa scrivere. O almeno, si sa, ma non come farlo.
Infine, ci sono i fogli completamente bianchi. Come quelli di un compito in classe a sorpresa, quando vuoi scrivere qualcosa ma non sai come iniziare, quando preghi tutti i santi esistenti di darti la frase iniziale, che poi da sola ce la puoi fare. I fogli in bianco lasciati così apposta.

Ecco, il mio partner di Scrittura Creativa per questa giornata, Jay Wilson, per me è un po’ come un foglio di seconda categoria. Ovvero un foglio scritto a metà, con scarabocchi ai bordi e gli errori cancellati, un foglio con le parole una distante dall’altra per occupare spazio. Un foglio con i cuoricini agli angoli e gli insulti a fine pagina, con disegnini random nelle parti lasciate in bianco.

Ormai passo ogni giorno con Jay Wilson da una settimana, ma ci sono volte in cui credo di conoscerlo bene e altre dove mancano pezzi.

Jay Wilson è un foglio di carta scritto a metà, perché mi sembra sempre che voglia tenermi nascosto un aspetto X della sua personalità, perché i suoi comportamenti hanno troppe lacune. Che un momento è spiritoso, allegro, coinvolgente, eccentrico, e un momento dopo diventa silenzioso, sempre per conto suo, misterioso, asociale e anti-umanità, un po’ come me.

Sembra voler apparire una persona diversa da quella che è, insicurezza e timidezza che si alternano a vivacità e arroganza. Mi piace ogni tanto osservare le persone e i loro comportamenti, ma da quando ho conosciuto Jay il mio interesse verso il genere umano è diminuito ancora di più, e insieme ad esso anche la voglia di fingersi sociali e non svogliati.

Io, ad esempio. Io non so che tipo di foglio sono. Sono così terribilmente in contrasto con me stessa giorno e notte, con le mie emozioni e pensieri discordanti che mi fanno venire un mal di testa da uscirne fuori e una maggiore avversione nei confronti della società e della sottoscritta. Uno bravo, ma bravo bravo, mi direbbe che sono affetta da ansia o depressione o persino bipolarismo, che dovrei curarmi, parlarne.

Eppure io, ne sono certa, ho un altro problema. Io non ho le palle di fare niente, non mi va, vorrei poter star sempre chiusa in camera mia per non dover affrontare nessuno, niente. Io scoppio di vita, vorrei vorrei vorrei..ma non faccio mai. E allora mi distruggo.
Mi sento come un foglio che potrebbe essere usato per una lettera d'amore capace di cambiare la vita a due persone, e un momento dopo come un foglio su cui, invece, si scrive un numero di ristorante, che non serve a niente. Vorrei dare di più, ma di più di chi? Di quanto? Vorrei essere migliore, ma di chi? Di me stessa? Sarò mai abbastanza? Mi lascerò mai passare?”.

 

Alzo lo sguardo dal foglio contrariata, sbuffando. Come spesso succede quando un minimo mi apro ed esprimo ciò che penso, entro in uno stato di rassegnazione mista a delusione. E soprattutto, il mio egocentrismo non manca mai: dovevo parlare di Jay, e ho finito per parlare di me stessa.

La campanella dell'ultima ora suona e mi costringe a consegnare il quaderno giallo alla professoressa, seguita da Jay.

«Perché questo muso lungo?» mi chiede, mettendosi davanti la mia traiettoria e iniziando a camminare all'indietro. Solo una tua caduta può a questo punto rallegrare la giornata!

«Ho scritto male» rispondo, roteando gli occhi. «Mangiamo insieme?» propongo poi, mentre ci avviamo fuori dalla palestra verso il campus. Lui tentenna.

«A dire la verità... non posso» dice, nascondendo un sorriso furbo. Lo guardo alzando le sopracciglia. Dove ha trovato il coraggio di rifiutarmi? Non replico, mentre mi saluta per andare via, verso l'uscita del college. Beh, tanto meglio, posso passare del tempo con le mie amiche.

Io, Amie e Chiara ci incontriamo davanti la Prima del campus e decidiamo di andare a pranzare da qualche parte fuori dal college per cambiare aria. Passeggiamo per le vie di New Cross in cerca di qualche posto dove fermarci a mangiare, fin quando non ci fermiamo davanti un bistrot.

«Allora, come va con Jay?» mi chiede Amie, accendendosi una sigaretta.

«Jay è abbastanza insopportabile, ma il piano Jay va alla grande!» mento spudoratamente, desiderando che Amie spenga la sua sigaretta proprio nel centro della mia fronte. Il piano Jay non può andare peggio di così. Mancano solo due giorni...

«Sam, guarda» dice Chiara, dandomi una gomitata, la voce tremante. Mi giro verso di lei confusa e la vedo indicare dentro il bistrot.

«Chiara, la devi smettere di guardare il culo ai camerieri, sei molesta» le dico ridendo, mentre mi avvicino alla vetrata per guardare meglio dentro. Quanto vorrei non averlo fatto... sgrano immediatamente gli occhi, poi mi volto verso le mie amiche con la bocca spalancata.

«Dimmi ancora una volta perché sei venuta a pranzare con noi, ti prego» chiede ironicamente, io mi lascio coinvolgere dalle loro risate. Da un lato sollevata, adesso posso giustificare Jay per aver rifiutato il mio invito.

Decidiamo di cercare un altro posto e continuiamo a camminare per le vie del quartiere. Non so perché Jay non mi abbia detto che lavora in quel bistrot stamattina, invece di fare il vago, ma da una parte sto iniziando a rassegnarmi alla mania che questo ragazzo ha di cercare di essere misterioso.

«Devo ammettere che la versione cameriere è molto sexy» inizia Amie.

«Tu non eri tutta presa da Harry?» le chiedo roteando gli occhi, mentre entriamo dentro un altro ristorante incontrato lungo la strada.

«Ma lo sono» replica lei, prendendo posto in un tavolo libero, «forse non ti è chiaro, io e tuo fratello usciamo insieme, ma tu sei troppo impegnata con Wilson per accorgertene».

Alzo le sopracciglia, cercando di nascondere un sorrisino. Sapevo che questi due prima o poi sarebbero finiti insieme.

«Di pomeriggio andiamo al parco» annuncio, sviando il discorso di Amie, «dovete aiutarmi a studiare per il nuovo articolo».

 

Nonostante le mie amiche siano delle autentiche rompipalle, accettano sempre di aiutarmi nella stesura degli articoli. Non che abbiano scelta, in verità.

Quando arriviamo al parco il tempo è della nostra parte: il cielo limpido senza traccia di nuvola e la temperatura calda creano l'atmosfera perfetta tra i grandi alberi che popolano lo spazio verde, e decidiamo di sederci per terra all'ombra di uno di questi. Tiro fuori dalla solita borsa la macchina fotografica, che Chiara afferra subito, e una videocamera presa in prestito dalla scuola per fare qualche ripresa.

«Sam, qua c'è una foto tua e di...» inizia Chiara, ma subito si interrompe fissando un punto non tanto lontano da noi. Con la videocamera ancora appoggiata sul mio occhio destro mi volto in quella direzione, e quasi la lascio cadere per terra soffocando un gridolino.

«Jay!» esclamo, scoppiando a ridere subito dopo. Le ragazze, un attimo prima con la bocca spalancata, mi seguono a ruota davanti allo spettacolo gratuito offerto da Jay che si fa trascinare correndo da tre grossi cani al guinzaglio. Inizio a riprendere la scena con la videocamera, anche grazie ai miei sussulti verranno fuori delle riprese non proprio in HD, quando Jay si accorge di noi e si lascia scappare i guinzagli. Impreca, correndo dietro i cani, mentre io continuo a registrare. Bel modo per concentrarsi sullo studio!

«È incredibile come, in un modo o nell'altro, in ogni momento della giornata tu debba sempre avere a che fare con Jay Wilson» commenta Alice ridendo.

Annuisco distrattamente e, dopo aver stoppato la registrazione, guardo il filmato insieme alle ragazze, quando la videocamera mi viene sottratta dalle mani dallo stesso Jay arrivato di soppiatto alle spalle.

«Quel video va cancellato!» protesta, iniziando a correre intorno agli alberi vicini per scappare, mentre io lo rincorro.

«Jay, ti giuro che nessuno lo vedrà mai! Quella videocamera è della scuola!» gli urlo dietro, cercando di acchiapparlo. Lui si ferma di botto e, non avendo i riflessi pronti, mi schianto contro la sua schiena e cado rovinosamente a terra. Sento le guance dolorare per quanto forte sto ridendo, mentre in sottofondo sia le ragazze che Jay si divertono della mia goffagine.

«Restituiscimi la videocamera, Jay» intimo con il tono più minaccioso che riesco a imitare, ancora seduta sull'erba falciata del parco.

«A una condizione: cancellerai questo video e non dirai a nessuno dell'accaduto» risponde beffardo, poi mi tende una mano per aiutarmi ad alzarmi da terra. Io mi sollevo rifiutando il suo aiuto e, a braccia incrociate, mi avvicino fino ad essere faccia a faccia.

«E tu dovrai spiegarmi perché ti fai trascinare avanti e indietro da tre cani per tutto il parco» gli dico, poi mi accorgo che i cani sono spariti, «a proposito, hai perso qualcosa?»

Jay si guarda intorno, improvvisamente il terrore nei suoi occhi, e prima di sparire risponde solo: «Lo saprai stasera».

Con la videocamera tra le mani, mi giro confusa verso le mie amiche che mi restituiscono lo stesso sguardo interrogativo.

«Hai sempre una scusa per non studiare» mi rimprovera Chiara, ancora seduta sotto l'albero di prima, lanciandomi una penna. «Adesso concentrati»

 

Jay mi fa sapere con un messaggio che vuole incontrarmi a mezzanotte in punto sul tetto della palestra, precisando di vestirmi elegante. E anche se la curiosità mi sta lentamente divorando, sono le 23.40 e io sono ancora stesa sul divano del soggiorno a guardare la serie tv Chuck in pigiama.

«Tu non dovevi uscire con Jay?» mi chiede Cooper entrando nella stanza e sedendosi sul bracciolo del divano.

«La sposa si fa sempre aspettare» replico scherzando, ma evidentemente Cooper non riesce ad afferrare il mio sarcasmo perché resta in silenzio con lo sguardo confuso.

«Sto scherzando, Coop» aggiungo con un pugnetto sul braccio.

Dopodiché trovo il coraggio di alzarmi dal divano e salire verso la mia stanza per prepararmi. Non so cosa Jay abbia in mente, ma mi aspetto qualcosa di grosso che valga la pena per violare il coprifuoco, ad esempio un'improvvisa dichiarazione d'amore che mi faccia vincere la scommessa. Scaccio via questo pensiero quando avverto lo stomaco contorcersi e apro l'armadio in cerca di qualcosa di abbastanza elegante da indossare. Il primo vestito che cattura la mia attenzione è fatto di tulle rosso, con le spalline incrociate sulla schiena, uno dei miei preferiti in assoluto ma che non ho ancora avuto l'occasione di indossare. Ha ancora l'etichetta attaccata. Senza pensarci troppo lo sfilo e lo indosso, sono già abbastanza in ritardo.

Guardo il cellulare: il display segna le 23:58 e un messaggio di Jay dice che è già sul posto ad aspettarmi. Di nuovo il mio intestino torna a farmi lo strano scherzo di ogni volta e cerco di reprimere l'idea delle famose farfalle mentre vado per aprire la porta di casa, ma vengo fermata da mio fratello.

«Dove credi di andare vestita così a quest'ora?» dice nascondendo un sorrisino e cercando di assumere un tono autoritario. Inutle, Harry, non sei nato per fingere.

«Che sei falso» rispondo, scombinandogli i capelli, poi esco finalmente dalla Quinta che sembrava restringersi sempre di più con il passare dei minuti. All'aria aperta finalmente si respira, ma questa volta scelgo di prendere i sentieri secondari alle spalle delle abitazioni per arrivare in palestra, in modo da non dare nell'occhio.

Mentre mi avvicino sempre di più non riesco ad immaginare a cosa stia andando in conto; magari mi farà trovare un tavolino al centro del tetto con una bottiglia di vino rosso, il tutto circondato da tante candele per terra e lungo il corrimano? Eppure, da quel che ho potuto capire di Jay, non mi sembra un tipo così romantico.

Quando arrivo davanti la porta della palestra che dà agli spogliatoi la trovo socchiusa, deve averla lasciata così Jay. Entro nell'edificio completamente al buio e in cui l'unico rumore è il picchettio dei tacchi che ho dovuto mettere per colpa di qualcuno, andando verso l'ufficio dei coach, da dove si accede al tetto. Queste cose le ho scoperte durante gli anni ogni volta che con il gruppo organizzavamo serate clandestine, ma non ho idea di come faccia Jay a sapere tutto ciò. Con il cuore in gola salgo la stretta rampa di scale che finisce su un piccolo pianerottolo con un'unica porta in metallo, quella che sbuca sul tetto. Coraggio Sam, ormai sei arriva fin qui, devi andare avanti. Apro la porta intimorita, e quando mi ritrovo sul tetto mi accorgo che non c'è nessun tavolo, nessun vino, nessuna candela. Niente di niente, se non uno splendido Jay Wilson ad aspettarmi splendido in giacca e cravatta. Qui le cose si fanno serie.

«Allora è questa la sorpresa?» chiedo scettica mentre mi avvicino a lui. Ancora la sensazione di stretta allo stomaco non è andata via, anzi è solo aumentata. In compenso il panorama che offre il tetto della palestra, nonostante non sia un edificio molto alto, è splendido: una distesa di luci traccia un piccola mappa di una parte di Londra, mentre in lontananza si riesce a distinguere il Big Ben.

«No, la sorpresa non è questa» risponde il dj della Nona, le mani dentro le tasche dei pantaloni, «ma ti ho chiesto di venire qui per andare insieme. E dovrò bendarti»

Non riesco a trattenere una risatina, ma mi accorgo dalla sua espressione che non sta per niente scherzando. Beh, diciamo che non sono mai stata brava a giocare a mosca cieca, poi conoscendo i miei riflessi...

«Non ti fidi di me?» mi chiede, avvicinandosi piano. Come posso dire di no? Jay sembra leggermi nel pensiero, e continua: «beh, dovrai iniziare a fidarti». Esce dalla tasca dei pantaloni una benda nera, cercando un conferma da parte mia. È troppo tardi per tirarsi indietro Sam, forza.

Acconsento ad essere bendata e, mentre sento il cuore scoppiare, iniziamo a scendere la stretta scaletta a tentoni. Il mio unico desiderio, in questo momento, è non cadere rovinosamente.

Camminiamo per i vialetti del campus, fin quando non sento Jay aprire il cancello principale, e inizio a preoccuparmi. Continuo a chiedere dove stiamo andando ma non vuole darmi alcun indizio e camminiamo per almeno 10 minuti fin quando non ci fermiamo.

«Sei pronta?» domanda, sento nel tono di voce una nota entusiasta. Annuisco, sospirando. Quando Jay scioglie la benda, i miei occhi impiegano qualche momento per abituarsi alla luce fioca di alcuni lampioni. Man mano che metto a fuoco riconosco una grande piazza vicino il college dove solitamente vengono allestite le fiere, e quello che mi trovo davanti mi lascia senza parole. È una enorme, coloratissima mongolfiera.

«Dimmi che stai scherzando» dico incredula, strofinando piano gli occhi per non sbavare il trucco. Non credo ai miei occhi!

«Ti sembro uno che scherza?» risponde fingendosi offeso. Devo dire la verità? Sì.

«Come riesci a stupirmi sempre?» chiedo, più a me stessa che a lui. Jay risponde con un occhiolino, poi mi prende per mano e mi guida verso la mongolfiera, dove ci attende il pilota. Io credo di essere dentro un sogno, continuo a guardarmi intorno, osservo i colori sgargianti della mongolfiera, poi Jay, e non riesco a capire cosa ho fatto per meritarmi tutto questo. E per una volta nella vita, in senso positivo.

Saliamo a bordo su quello che assomiglia molto a un enorme cesto della biancheria e mentre Jay mormora qualcosa al pilota io afferro la ringhiera – piccolo appunto: diciamo che soffro un po' di vertigini.

«Devi spiegarmi come hai fatto... i cani, il bar... devi spiegarmi...» borbotto nervosamente mentre il ragazzo mi si avvicina, e lentamente la mongolfiera prende quota. Le luci della piazza diventano sempre più piccole mentre ci leviamo in aria e la città di Londra si stende maestosa sotto i nostri piedi.

«Volevo fare qualcosa di speciale e mi hanno consigliato una mongolfiera, ma come facevo a pagare il servizio per una sera? Così mi sono improvvisato cameriere e dog sitter» mi spiega, parlando velocemente e nascondendo un po' di imbarazzo dietro un sorriso. «Hai cancellato il fimato?» domanda prima che possa commentare.

«...sì. Certo» mento, annuendo poco convinta. Quel video è troppo bello, davvero, come posso cancellarlo? Lui se ne accorge e sbuffa, roteando gli occhi.

«Andiamo, Jay, rimarrà tra me e te!» esclamo ridendo. Jay si avvicina sempre di più, inarcando le sopracciglia. Il mio cuore perde un battito.

«Tra me e te?» mormora a un soffio dal mio viso, facendomi perdere l'uso della parola. Il mio sguardo salta dai suoi occhi alle sue labbra e poi di nuovo indietro, incapace di muovermi.

«Sì... tra me e te... e Chiara e Amie» replico tutto d'un fiato, provocando le sue risate.

Mentre la mongolfiera scende lentamente verso la piazza, Jay mi indica una coppia che esce correndo dal Luna Park lì vicino. La ragazza tiene in mano un bastoncino di zucchero filato ed è piegata dalle risate, mentre il ragazzo cerca di riprendere fiato appoggiato ad un lampione.

«Ma quello è mio fratello!» quasi grido ridendo, afferrando il braccio di Jay e scuotendolo forte, «...e Amie!» sgrano gli occhi, mentre osservo la mia amica che non riesce a respirare dalle risate, seguita da mio fratello. Devo ricordarmi di farle i complimenti quando scenderò da qui.

Dopo poco scompaiono in direzione del college, e Jay si avvicina di nuovo.

«Sam, devo dirti una cosa...» inizia, spostandomi una ciocca di capelli dal viso. Se qualche minuto fa il mio battito cardiaco si era stabilizzato, adesso lo sento di nuovo scoppiare.

La suoneria del mio telefono rompe il silenzio e rovina l'atmosfera. È Amie.

 

«Che cosa vuoi?»

«Sam, ci hanno scoperti!»

«Che vuol dire ci hanno scoperti?!»

«Che la Greater ha visto me e Harry rientrare adesso e sta controllando tutte le case per vedere se mancano altri studenti»

Sento il sangue abbandonare il mio corpo mentre inizio a sudare freddo. Mi giro verso Jay.

«Va bene, stiamo arrivando»

 

Chiudo la telefonata e inspiro profondamente.

«Jay, la Greater ha scoperto Amie e Harry rientrare dopo il coprifuoco e sta controllando le case, dobbiamo tornare!» gli dico preoccupata, lui come me perde colorito in viso.

Uscire dopo il coprifuoco significa guai seri e non possiamo permettercelo. Jay mi mette un braccio intorno al collo, costringendomi ad avvicinarmi.

«Hey, tranquilla, ce la facciamo. Ce n'è di strada prima della Nona!» cerca di rincuorarmi.

«Jay, io sto alla Quinta, non alla Nona» rispondo bruscamente. Lui non commenta, credo che abbia capito che sono abbastanza suscettibile al momento.

 

Dopo qualche lunghissimo minuto di attesa infernale finalmente tocchiamo terra e corriamo verso il campus, io rigorosamente senza scarpe, e quando arriviamo il cancello principale è ancora socchiuso.

«Jay, sono stata benissimo!» gli urlo dietro mentre corro verso la Quinta senza nemmeno salutarlo. Arrivata sul retro di casa mia mi arrampico in fretta su una scala metallica che porta alla finestra della stanza di Lucas, fortunatamente aperta, e mi fiondo dentro. Atterro direttamente sul suo corpo, dato che il suo letto è posto proprio sotto la finestra, svegliandolo in preda al panico. Lascio sbattere le sue imprecazioni mentre corro verso la mia stanza, sentendo movimento al piano inferiore, e subito mi infilo nel letto coprendomi fino alla testa.

Dopo qualche istante la porta si spalanca e accendono la luce. Mi volto, fingendomi assonnata, e con gli occhi socchiusi osservo la professoressa Greater immobile sulla soglia.

«C'è qualche problema, professoressa?» le chiedo in un sussurro. Dietro di lei vedo Lucas sospirare di sollievo.

«No, Sam, solo un controllo. Buona notte» risponde lei, e quando si chiude la porta alle spalle finalmente tiro anche io un profondo sospiro. Anche questa volta te la sei cavata.

   
 
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