Autunno, la
stagione che Edd preferiva più di
qualsiasi altra. Il motivo? Si tornava a scuola e nel suo caso era
l’ultimo
anno di liceo. Ogni volta che si soffermava a pensarci non riusciva a
credere
che poi lo aspettava il college e poi avrebbe iniziato a lavorare. La
sua vita
non poteva andare meglio di così: col passare del tempo lui
e i suoi amici Ed e
Eddy erano stati accettati nel gruppo del quartiere dopo
l’incidente con il
fratello di Eddy ed erano diventati grandi amici di tutti, e la cosa
migliore
era che dopo poco tempo le sorelle Panzer non furono più un
problema. Perché? Nessuno
ne conosceva bene il motivo, ma tutto ciò che si sapeva era
che si erano
trasferite, si supponeva un probabile trasferimento della madre per
lavoro,
anche se ignorava quale lavoro facesse... In ogni caso, per gli Ed
ciò
significava un po’ di respiro finalmente: niente agguati
all’uscita da scuola o
quando andavano in giro con gli amici, niente pioggia di baci non
richiesti. Una
meraviglia! E per Eddward sarebbe continuata la pace se non fosse
accaduta una
cosa che avrebbe cambiato la sua vita in modo imprevedibile....
Era la
“vigilia” del primo giorno di scuola e
Eddward stava rimettendo in ordine i libri sulla sua scrivania e
preparando la
cartella per il giorno dopo. Spostando un libro dal comodino
inavvertitamente
fece cadere una cornice che toccando terra fece il tipico rumore del
vetro che
si rompe. «Meraviglioso!» Sbottò il
ragazzo in tono sarcastico. Posato il libro
nella libreria, si affrettò a prendere la scopa per
raccogliere le schegge di
vetro rotto dal pavimento. Quando si avvicinò alla cornice
per terra, raccolse
i cocci nella paletta e si soffermò a guardare la foto
all’interno, che per
fortuna era rimasta intatta: rappresentava se stesso e i suoi amici che
festeggiavano
con delle “spaccamascella” dopo lo sgradevole
episodio avvenuto col fratello di
Eddy. Edd fece un sorriso malinconico, non potendo fare a meno di
pensare
quanto fossero cambiati negli anni e gli sembrò incredibile
che una volta si vestivano
e si comportavano come rappresentato nella foto.
Ed
rispetto alla foto era più alto, era circa 1 m e 87 cm, ma
di corporatura era
rimasto su per giù lo stesso; i capelli color pel di carota
erano cresciuti,
anche se lui non se li lasciava mai crescere troppo perché
non gli piacevano i
capelli lunghi, li aveva pettinati alla spina un po’ come
quelli di Naruto da
adulto, anime a cui Doppia D si era appassionato grazie a Ed dopotutto.
Aveva ancora il
suo mono-sopracciglio, una
specie di marchio di fabbrica, come lo era il suo look, che era rimasto
quasi
del tutto invariato: vestiva una camicia verde a maniche corte quasi
identica a
quella che aveva da ragazzino aperta su una maglietta rosa col colletto
rosso,
jeans blu scuro e scarpe da ginnastica nero sbiadito e un po’
sbrecciate sui
lati, segno che le metteva ogni santo giorno; infine l‘unica
grande differenza
erano gli occhiali in stile hippie dalla montatura rettangolare e i
vetri color
lilla trasparenti che portava da qualche anno. Per quanto riguarda il
comportamento era rimasto più o meno lo stesso: un
po’ innocente, pieno di
interessi bizzardi, fifone e buono fino al midollo, anche se con gli
anni si
era un po’ stabilizzato, tanto che riusciva a parlare in modo
più normale e
sembrava cavarsela un po’ meglio a scuola.
Eddy, invece,
aveva avuto uno sviluppo
sorprendente dal punto di vista dell’altezza, era arrivato
alla bellezza di 1m
e 90cm, da essere il più basso di tutto il cul-de-sac era
diventato il più alto
tra gli Ed e di buona parte degli altri ragazzi del quartiere, ed era
molto
robusto, lui sosteneva che fossero tutti muscoli e in effetti nessuno
osava più
prendersela con lui; i capelli erano simili a come ce li aveva da
ragazzino,
erano solo un po’ più lunghi riccioluti e si
faceva una piccola coda alla base
della nuca; indossava sempre una maglietta a maniche lunghe bianca
sotto una a
maniche corte nera, pantaloni larghi neri con una catenella attaccata
su un
fianco e delle Nike rosse. Era più vanitoso e strafottente,
ma era innocuo in
fondo, non ideava più scherzi da fare agli altri ragazzi del
quartiere come
faceva una volta: gli importava solo divertirsi il sabato sera, giocare
ai
videogiochi e curare il suo aspetto. Per il resto a scuola parlava
più che
altro con Doppia D ed Ed anche se spesso chiacchierava a lungo anche
con gli
altri soprattutto se si organizzava qualche serata in discoteca, dove
gli
piaceva andare a bere e scatenarsi coinvolgendo anche Ed.
Infine
Edd era forse
quello che era cambiato di
più, soprattutto nello stile: era il più basso
del gruppo, pur essendo alto 1m
e 85cm, aveva mantenuto la sua forma molto magra, e nonostante il suo
peso
fosse nella fascia normale per la sua altezza sembrava quasi
anoressico; aveva
lasciato crescere i suoi capelli corvini lisci come la seta fino al
sedere e
indossava spesso cappelli come una volta, solo che ne metteva diversi
anche se
della stessa forma, il suo preferito era un cappello di lana verde che
metteva
molto spesso soprattutto in inverno; come al solito per la scuola
vestiva in
maniera abbastanza formale: camicia bianca, cravatta nera, pantaloni
viola,
intorno alla vita un golfino beige e scarpe da ginnastica azzurre. Era
rimasto
la persona precisa, puntuale e intelligente che era, il migliore della
sua
classe, e le sue manie erano quasi del tutto svanite. Ad esempio, se
qualcuno
gli levava il cappello non ne faceva più una tragedia come
prima, perché i
capelli erano cresciuti talmente tanto da coprire quello che per lui
era una
gran fonte di vergogna... Non permetteva infatti a nessuno di toccargli
la
testa, dicendo che gli dava fastidio, nessuno conosceva il suo segreto
e andava
bene così.
All'improvviso
entrarono Ed e Eddy
spalancando la porta della sua camera e gridarono:
«Ehilà, Doppia D!» Il moro
sobbalzò per lo spavento e si girò di scatto
dicendo: «Dovete smetterla di
invadere la mia privacy in maniera così brutale! La
civiltà vuole che si bussi
prima di entrare!» Eddy in tono noncurante rispose:
«Dai smettila, Einstein!
Non ti abbiamo mica beccato a masturbarti, o sbaglio?» Doppia
D diventò rosso
più per stizza che per imbarazzo e rispose: «Come
dovresti sapere non ne ho
necessità e non mi interessa! Non sono come te che ti fai
sgridare perché poi
non ripulisci!»
Ed a quel punto
disse prendendo in giro Eddy:
«Uuuuuh! Questa brucia, vero Eddy?! *Ahahahah*»
«Zitto,
Monociglio!» ringhiò Eddy, poi
aggiunse rivolto a Doppia D: «Ad ogni modo, oggi organizzano
una festa in
discoteca con alcuni amici, ti andrebbe di venire con noi?»
L’altro scosse la
testa e rispose: «No, Eddy, non posso. Devo preparare la
cartella per domani e
andare a letto prima perché ho mal di testa. Devo aver
dormito poco queste
ultime notti.» Eddy sbuffò e disse un
po’ seccato: «Come volevasi dimostrare...
Va bene piccolo topo di biblioteca, riposati. Ci vediamo domani allora.
Su
andiamo, Ed!»
Ed si
voltò a guardare Doppia D e lo salutò
con una pacca sulla spalla e dicendo: «Buonanotte, Doppia D!
Ci vediamo
domani!»; «Ciao ragazzi ci vediamo
domani!» concluse il moro.
Una volta
rimasto solo finì di mettere a
posto la sua camera e di fare lo zaino e si mise il pigiama, che
consisteva
solo in un paio di pantaloni della tuta: con l’arrivo della
pubertà aveva
iniziato a sentire molto caldo durante la notte perciò
dormiva a petto nudo,
finché non arrivava l’inverno. Prima di dormire,
riprese in mano la cornice
rotta. La foto si sarebbe rovinata al suo interno così la
aprì e scoprì una
cosa che non si sarebbe mai aspettato: all’interno non
c’era solo la sua foto.
Dietro di essa infatti se ne nascondeva un'altra nella quale erano
raffigurati
due bambini: un ragazzino col cappello nero che dormiva appoggiato a un
albero
e seduta accanto a lui una ragazzina con i capelli blu corti e
scompigliati che
le coprivano l’occhio destro che sorrideva dolcemente alla
fotocamera mentre
scattava la foto da sola. La cosa più curiosa era che anche
se lei sorrideva, guardando
attentamente si poteva vedere che l’occhio visibile era
lucido e le guance
avevano un leggero rossore, ma Edd non ne capì il motivo. Il
ragazzo non
riusciva a capacitarsene, pensava: “Per prima cosa: quando
diavolo è stata
scattata? E in secondo luogo: come accidenti ci è finita
nella mia cornice? Non
ditemi che è entrata qui senza permesso! Cavolo parliamo di
Marie Panzer! È
possibilissimo! Aspetta, c’è scritto qualcosa
dietro...”
Sul retro
c’era scritto: “Mai ti
dimenticherò… Aspettami! Ci
rivedremo…” Edd inorridì e
pensò: “Non è
possibile!”
*Beep-beep*
*beep-beep* *SBAM!* : erano
questi i rumori con cui cominciava la giornata di Edd. La sveglia
segnava le 6:30
del mattino, il moro si sedeva sul bordo del letto ancora mezzo
addormentato e
si stiracchiava, poi andava in bagno a farsi una doccia e in seguito
andava in
cucina dove accendeva la macchinetta del caffè mettendo a
riscaldare due toast.
Appena erano pronti li prendeva e su uno spalmava il burro di arachidi
e
sull’altro la marmellata di mirtilli, poi li metteva insieme
e cominciava a
mangiare mentre leggeva l’ennesimo biglietto lasciato dai
suoi genitori su che
commissioni doveva fare durante la giornata: quel giorno doveva
ripulire il
vialetto davanti a casa dalle foglie cadute dagli alberi, portare fuori
la
spazzatura e riordinare il soggiorno, era come bere un bicchier
d’acqua per
lui. Dopo aver bevuto il caffè corse in bagno a lavarsi i
denti e poi a
vestirsi. Alle 7:10 era già fuori di casa e stava avviando
la sua macchina, una
vecchia Ford del ’97, forse non era il massimo della
bellezza, ma era l’unica
che poteva permettersi per il momento dato che al negozio di
elettronica del
centro commerciale di Peach Creek non ti ricoprivano d’oro
dalla testa ai
piedi, lavorando come commesso. Da casa sua in macchina ci metteva
circa dieci
minuti per arrivare a scuola e altri cinque per trovare parcheggio. Per
fortuna
trovò subito posto così, una volta entrato, ebbe
tutto il tempo di vedere
l’orario delle lezioni e trovare il suo armadietto. Appena
aprì l’armadietto
arrivarono Ed e Eddy a salutarlo: «Buongiorno Doppia
D!» Il moro li guardò e
sorridendo disse: «Splendida giornata anche a voi amici miei!
Allora, già visto
l’orario? Che professori avete?» quando risposero
alla sua domanda rimase
sconvolto e, in qualche modo, allo stesso tempo sollevato nel sapere
che
avevano solo 4 ore alla settimana in comune. Voleva bene ai suoi amici,
solo
che a scuola preferiva non essere distratto, soprattutto durante le
spiegazioni, e, come ci si aspetterebbe, Ed e Eddy non erano le persone
più
silenziose della Terra. Comunque si intristì
perché probabilmente avrebbe
passato molto tempo da solo, e vedendolo così abbattuto Ed
disse: «Ci sarà la
pausa pranzo in cui potremo mangiare tutti insieme! Su col morale,
Doppia D!»
Alzò lo sguardo e vide che sia Ed che Eddy gli sorridevano
rassicuranti e
allora disse: «Beh allora prima iniziamo, prima
arriverà la pausa pranzo!
Brofist?» tese il pugno verso i suoi amici che urlarono in
coro mentre
battevano i loro pugni sul suo: «Brofist! Woo-hoo!»
Prima classe:
Scienze, la materia preferita
di Eddward. La giornata non poteva cominciare meglio per lui! Fu uno
dei primi
ad entrare in classe e a prendere posto. Sistemò le sue cose
sul banco più
ordinatamente che poteva, se giocasse a Tetris, ogni cosa si incastrava
perfettamente al suo posto. La lezione finalmente incominciò
ed il professore
disse ad alta voce dopo che gli ultimi ragazzi si sedettero:
«Buongiorno a
tutti! Oggi faremo una prima lezione introduttiva alla chimica
organica. Ma
prima di cominciare, abbiamo una nuova studentessa arrivata qui da
Lemon
Brook.» Edd sbarrò gli occhi: “Lemon
Brook? È molto meglio in moltissime cose
rispetto a Peach Creek, perché qualcuno dovrebbe venire qui
da quella città?”
Il professore
in quel momento pronunciò la
frase che avrebbe sperato di non sentire mai più in vita
sua: «Signorina
Panzer, può alzarsi in piedi e presentarsi alla
classe?» Edd ebbe una scossa
violentissima di terrore che gli percorse la schiena:
“PANZER????” Si sentì il
lieve rumore di scarpe che toccavano il suolo ed erano alla sua destra,
esattamente
accanto a lui. Non voleva guardare, non riusciva a guardare. La voce
che sentì
però non era quella che si aspettava: non era acida e
sgraziata, era dolce,
seria, sicura di sé: «Buongiorno a tutti, mi
chiamo Marie Panzer. Ho vissuto
qui a Peach Creek per tutta la mia infanzia e sono felice di esservi
tornata.
Spero di trovarmi bene in questa classe. Grazie.» Edd si
girò e la vide, la
ragazza che aveva tormentato la sua infanzia, che non aveva mai perso
un’occasione per umiliarlo e riempirlo di baci, della quale
pensava di essersi
liberato definitivamente. Era lì seduta accanto a lui
intenta a guardare il
professore che si preparava a iniziare la lezione. Era... diversa! I
suoi
capelli blu perennemente spettinati erano cresciuti fino a
metà schiena, era magra
e slanciata, indossava anfibi neri, una gonna in stile scozzese verde
militare
con sotto delle calze nere che arrivavano sopra il ginocchio, una
canotta nera
con sopra una giacca di pelle da uomo marrone almeno di 3 taglie
più larga di
lei con la zip che chiudeva la metà inferiore lasciandole le
spalle
scoperte. Aveva 2
piercing all'orecchio
sinistro, escluso quello al lobo, entrambi erano sul padiglione
auricolare e
collegati da una catenella. Sentendosi osservata la ragazza
girò la testa verso
Doppia D e sgranò l’occhio sinistro, dato che
continuava a coprirsi il destro
con un ciuffo di capelli e fece un sorrisetto diabolico mentre gli
diceva in
labiale, per non farsi sentire dal professore che spiegava,
“Ciao, mio dolce
Muffin!” poi lo guardò come per dire “Io
e te ci vediamo dopo, Cocco!”
E in quel momento capì di essere spacciato.
Sapendo di non poter gridare, aprì in fretta e furia la sua
agenda alla pagina
di quel giorno e scrisse infinite volte in stampatello maiuscolo
“NO! NO! NO!”
Dopo un tempo
interminabile finalmente la
campanella che annunciava la fine della prima ora di lezione
suonò e a quel
punto Edd scattò in piedi e corse fuori dalla classe.
Cominciò a camminare
velocemente per i corridoi alla ricerca disperata del suo armadietto.
Pensava
solamente ad andarsene il più in fretta possibile da quella
classe e
raggiungere la prossima lezione, ma quando arrivò al suo
armadietto e riuscì
finalmente ad aprirlo udì un rumore di passi leggeri e
veloci venire verso di
lui e vide persone buttate a terra accompagnate da fogli che volavano
da tutte
le parti. Sgranò gli occhi per la paura e stringendo i denti
si affrettò più
che poteva a prendere i libri e a richiudere l’armadietto.
Quando finalmente
vide quella massa di capelli blu avvicinarsi a tutta
velocità verso di lui
mentre diceva: «Arrivo, Tesoruccio!» che detto da
lei sembrava più una minaccia
che una frase dolce nei confronti di Doppia D, cominciò a
correre più
velocemente che poteva non badando alla meta. Doveva seminarla a tutti
i costi.
Corse più in fretta che poteva finché non
arrivò nella palestra. Pensò: “E
adesso? Sta arrivando la sento, maledizione! Dove mi nascondo...? Ci
sono! Lo
spogliatoio maschile!” corse al suo interno e si nascose in
un bagno. A quel
punto stette più in silenzio che poté
e aspettò. Tremava come una foglia, si sentiva come una
delle vittime dei film
dell’orrore che Ed amava e che invece lui non
riusciva a
sopportare. Senti i suoi passetti leggeri entrare in palestra e la sua
voce gridare:
«YU-HU? Tesoro?? Dove sei? Che strano pensavo fosse qui
dentro...» Si fermò poi
sospirando aggiunse: «Ma chi voglio prendere in giro? Non
entrerebbe mai qui
dentro, si vede che ho dimenticato tutto di qui...» Edd non
capiva: perché
diceva quelle cose? Come faceva a ricordarsi che odiava la palestra? Ma
quello
che sentì dopo lo sconvolse ancora di più. Ci fu
qualche secondo di silenzio,
poi sentì una chitarra e una voce cantare:
I
see this
life like a swinging vine
Swing
my heart
across the line
And
my face is
flashing signs
Seek
it out
and you shall find
Old,
but I’m
not that old
Young,
but I’m
not that bold
I
don’t think
the world is sold
I’m
just doing
what we’re told
I
feel
something so right
Doing
the
wrong thing
I
feel something
so wrong
Doing
the
right thing
I
could lie,
coudn’t I, could lie
Everything
that kills me makes me feel alive
Lately,
I’ve
been, I’ve been losing sleep
Dreaming
about
the things that we could be
But
baby, I’ve
been, I’ve been praying hard,
Said,
no more
counting dollars
We’ll
be
counting stars, yeah we’ll be counting stars
Era un
arrangiamento più lento di Counting Stars
dei OneRepublic. Edd era sotto shock: Marie aveva una bella voce, ben
impostata, intonata e non perdeva il ritmo.
I
feel the
love and I feel it burn
Down
this
river, every turn
Hope
is a
four-letter word
Make
that
money, watch it burn
Old,
but I’m
not that old
Young,
but I’m
not that bold
I
don’t think
the world is sold
I’m
just doing
what we’re told
I
feel something
so wrong
Doing
the
right thing
I
could lie,
could lie, could lie
Everything
that drowns me makes me wanna fly
Lately,
I’ve
been, I’ve been losing sleep
Dreaming
about
the things that we could be
But
baby, I’ve
been, I’ve been praying hard,
Said,
no more
counting dollars
We’ll
be,
we’ll be counting stars
Mentre lei
cantava Doppia D ebbe l’impulso
irrefrenabile di uscire dal bagno degli spogliatoi e andare ad
affacciarsi
sulla palestra. Stranamente, non gli importava un fico secco del fatto
che stava
perdendo la seconda ora di lezione del suo primo giorno di scuola.
Sentiva solo
il bisogno di vederla: non riusciva a credere che fosse la stessa Marie
Panzer.
Ed eccola lì seduta al centro della palestra
Lately,
I’ve
been, I’ve been losing sleep
Dreaming
about
the things that we could be
But
baby, I’ve
been, I’ve been praying hard,
Said,
no more
counting dollars
We’ll
be
counting stars
Take
that
money
Watch
it burn
Sink
in the
river
The
lessons
are learnt
Everything
that kills me...
La ragazza si
girò di scatto non appena sentì
il rumore di un passo nella palestra e sgranò gli occhi come
un cervo davanti
ai fanali di una macchina non appena vide che l’uomo dei suoi
sogni che la
guardava attonito dall’entrata degli spogliatoi.
Avvampò all’instante
diventando paonazza fino alla punta delle orecchie e comincio a
impacchettare
la sua chitarra in fretta e furia come per andarsene. Doppia D allora
corse
verso di lei dicendo: «Aspetta!»
«Perché
tu possa ridere? No, grazie ne faccio
a meno, Edd!» rispose Marie senza guardarlo in faccia e con
un tono che voleva
essere minaccioso, ma che per quanto si sforzasse riusciva ad essere
solo molto
imbarazzato.
«Non
voglio ridere di te, Marie! Ascoltami!»
disse all'improvviso afferrandole il braccio. Lei si girò
verso di lui e lo
guardò scioccata con le gote che sembravano due pomodori
maturi. Il moro di
rese conto di quello che stava facendo e lascio il suo braccio dicendo
spaventato mettendo avanti le braccia per farsi scudo:
«Scusami! Scusami! Ti prego
non uccidermi!»
Sentì
una piccola mano poggiarsi gentilmente
su una delle sue e riaprì piano piano gli occhi che teneva
sigillati. Guardò
Marie che gli sorrideva dolcemente, come l’aveva vista fare
solo nella foto
ritrovata il giorno prima. Le disse: «Ehm, non avrei mai
pensato di
chiedertelo, ma.... Perché non mi stai travolgendo di baci
fino a farmi
soffocare?»
Appena le disse
queste parole la ragazza
scoppiò a ridere: «Pfft... AHAHAHAHAH... Credevi
davvero che avrei continuato a
perseguitarti come quando eravamo piccoli? Oh, mio Dio, Edd!
AHAHAHAHAH»
Doppia D era
sempre più confuso e chiese un
po’ stizzito: «Ma allora l'inseguimento di prima
per cosa era?»
Lei allora si
mise mano tra i capelli un po'
imbarazzata: «Ehm, è una situazione un
po’ difficile per me ed è una lunga
storia da spiegare...»
«Tanto,
ormai la seconda ora è andata.
Spiegami un po' com’è che una Panzer insegue un Ed
senza volerlo perseguitare.»
disse lui con una punta di sfida nel tono della voce.
Marie
sbuffò e disse seccata: «E va bene, ma
solo perché sei tu, Muffin! Tanto per cominciare immagino
avrai intuito che se
io sono qui, ci sono anche le mie sorelle. Quando eravamo molto piccole
abbiamo
fatto un patto: “Mai lasciare che un uomo ci spezzi il cuore,
piuttosto gli
spezziamo un braccio e mai voltare le spalle alle tue sorelle
Panzer”. Se
venissero a sapere che non mi interessa più farti del male
sarebbe come
ammettere di aver rotto il patto. Lee è quella
più rigida da questo punto di
vista: secondo lei se dovessimo smettere di perseguitare voi o altri
uomini lo
vedrebbero come un segno di debolezza e proverebbero ad approfittarsene
di noi.»
Edd sembrava
parecchio confuso e chiese: «Frena
un attimo! Avete giurato sin da piccole che ci avreste perseguitato a
vita? Non
pensi sia ormai ora di mettere da parte una sciocchezza del
genere?».
Lei gli
tirò un’occhiataccia e lui spaventato
si affrettò a correggersi: «Ehm, volevo dire che
non penso che le tue sorelle
ti abbandonerebbero per questo.»
Fece una
smorfia poco convinta e disse seria:
«Credimi, Doppia D, non le conosci bene come le conosco io...
Ti propongo un
patto: se tu accetti di inscenare gli inseguimenti ogni volta che ci
sono le
mie sorelle io durante le lezioni e durante i pomeriggi ti
lascerò in pace,
promesso! Ti prego! Ho una reputazione da mantenere davanti a loro e,
in fondo,
davanti a tutti...»
Ci
pensò, sembrava davvero disposta a
lasciarlo in pace, ma non era sicuro se fidarsi o meno e le chiese:
«Come
faccio a sapere che non mi soffocherai e non mi lascerai ematomi sul
collo e
sulla faccia?»
Marie
alzò l’occhio sinistro al cielo e
disse: «Uff, d'accordo, Mr. Diffidenza, te ne do una piccola
dimostrazione.
Chiedo scusa in anticipo.» è detto ciò
iniziò ad avvicinarglisi con uno degli
sguardi che lo terrorizzavano da piccolo. Tirò fuori il suo
rossetto rosso e se
lo mise sulle labbra. Doppia D nel frattempo indietreggiava sentendosi
come in
un incubo: «No, Marie, ti prego!» diceva
finché non si trovò con le spalle al
muro. «Allora, tesoruccio, ti sono mancata?» gli
disse mettendo le labbra a
cuoricino e facendo camminare due dita sul suo petto.
Gli fece lo sgambetto per farlo sedere,
essendo troppo alto per lei che gli arrivava alla spalla. Si sedette, a
gambe
divaricate poggiando sulle ginocchia, su di lui come se niente fosse,
mentre
lui era a metà tra lo spaventato e l’imbarazzato,
tanto che stava sudando
freddo ed era diventato paonazzo allo stesso tempo. Lo
guardò dritto negli
occhi e poi cominciò a lasciargli sul viso e sul collo le
impronte rosse delle
sue labbra, dolcemente, senza fretta, come non aveva mai fatto, e nel
frattempo
gli spettinava i capelli e stropicciava i vestiti. Edd sentiva una
vampata di
calore diffondersi da ogni punto che veniva toccato dalle labbra di
Marie,
teneva gli occhi sgranati fissi su di lei e la seguiva in ogni suo
movimento.
Finalmente la ragazza ebbe finito, si rialzò e tese la mano
al moro seduto per
terra davanti a lei senza guardarlo. Questo esitò un momento
e poi accettò il
suo aiuto per alzarsi: «Allora, piccolo Muffin, è
stato così terribile?» Doppia
D si aggiustò la cartella sulla spalla destra e evitando di
guardarla in faccia
rispose: «Beh, è stato... diverso!»
«Diverso?»
chiese perplessa l’altra. «S-Sì,
d-diverso... b-beh, d-da quello a c-cui ero abituato!»
balbettò il ragazzo stringendosi
il cappello verde tra le mani.
«Ti
sei tolto il cappello?!» lo guardò con
l’occhio sinistro sgranato.
Edd la
guardò come per dire “Che c’è
di
strano?” poi sembrò avere
un’illuminazione e disse: «Ah, è vero!
Tu non c’eri!
Beh, da quando ho iniziato a lasciarmi crescere i capelli, ho capito
che non
serviva più indossare il cappello sempre...»
«Quindi
indossavi il cappello perché avevi
problemi con la crescita dei capelli?» chiese lei incuriosita
mentre si
arrotolava una ciocca di capelli intorno al dito.
«In
un certo senso sì...» rispose lui
guardando per terra.
In quel momento
suonò la campanella della
terza ora e Doppia D venne riportato di colpo alla realtà:
aveva perso l’ora!
Cominciò a farsi prendere dal panico: «Oh, no! No!
No! No! No! Non può essere!
Non era mai successo! Porca miseria! E adesso? Chi li
sentirà i miei? Cazzo!»
iniziò a sbraitare camminando avanti e indietro. Marie, che
non capiva cosa
stesse facendo, gli chiese: «Qual è il problema,
Crostatina? Non ti ho mai
sentito dire parolacce in vita mia, deve essere importante!
Ahahah…»
Doppia D si
girò con gli occhi che sembravano
sprizzare fiamme dalla rabbia e sbottò: «Qual
è il problema? QUAL È IL
PROBLEMA?! Il fatto che abbia saltato un’ora di lezione
è un problema, un
enorme problema! Non ho mai fatto assenza in tutti gli anni di scuola,
non mi
sono mai ammalato, non mi sono neanche mai sognato di saltare la scuola
per
nessuna ragione. E poi, all’improvviso, nell’anno
in cui dovrò decidere che
cosa fare della mia vita, perdo la seconda ora del primo giorno di
scuola! Il
mio fascicolo verrà rovinato per sempre...
Maledizione!» appena finì la frase
crollò a terra con la testa fra le mani. Marie si strinse
due dita in mezzo
alle sopracciglia e pensò: “Questo ne ha di
problemi ancora da risolvere...”
poi lo guardò e sorrise: “Però,
è anche per questo che lo amo. Anche se so che
non sarà mai mio... Nulla mi impedisce di
aiutarlo!”
«Alzati!»
disse la ragazza in tono
perentorio. Il moro alzò lo sguardo un po’
confuso: «Come prego?»
Siccome stava
perdendo la pazienza, tirò
fuori un coltello a serramanico e lo puntò contro di lui
dicendo: «Devo fartelo
ripetere da lui?»
Il ragazzo fece
cenno di no con la testa e si
alzò di scatto. «Ottimo, seguimi!» disse
lei prendendolo per la cravatta e
iniziando a tirarselo lungo il corridoio, ignorando ovviamente i suoi
vani
tentativi di protesta.
Gli
sussurrò tra i denti mentre continuava a
camminare tirandogli la cravatta: «È una
precauzione nel caso incontrassimo
qualcuno. Potresti sembrare terrorizzato? Deve sembrare
vero!» Lui si limitò ad
annuire. E che ci voleva? Era già spaventato solo
all’idea di farla arrabbiare
e farse sfoderare il coltello che aveva all’interno della
giacca. Incontrarono
di sfuggita Ed e Eddy che a quanto pare erano stati braccati dalle
altre due
Panzer. Lo guardarono con gli occhi sbarrati e lui si limitò
a mimare in
labiale: “Se sopravvivo, ci vediamo a pranzo...” e
proseguì a camminare tirato
dalla presa d’acciaio di Marie.
Finalmente si
fermarono. Erano arrivati
davanti all’infermeria, che per fortuna era vicina alla
classe della terza ora.
Doppia D stupito le chiese: «Che ci facciamo qui?»
«Shhh!»
fece lei mettendo l’indice sulle
labbra. Bussò
alla porta dicendo: «Zia
Piper, sono Marie!»
Le
aprì una donna di mezza età con i capelli
ricci biondi e abbastanza in carne che indossava una uniforme da
infermiera che
puzzava di fumo. Appena i suoi occhi truccati in maniera esagerata
videro Marie
si illuminarono e la abbracciò dicendo: «Cara, che
piacere vederti! Siete
tornate da Lemon Brook allora!» La ragazza che stava
soffocando nell’abbraccio
della zia si liberò senza essere sgarbata e disse:
«Eheh, Sì, zia, siamo
tornate una settimana fa. Il tempo di sistemarci e organizzare le cose
per la
scuola. Ora però ho bisogno del tuo aiuto.»
«Qualsiasi
cosa per la mia nipotina preferita!»
disse sorridente passando una mano sui capelli blu di Marie. Poi
aggiunse: «Di
che hai bisogno?»
«Una
giustifica per aver saltato la seconda
ora. Prima che tu dica qualsiasi cosa: lo so! Per me e le mie sorelle
non le
farai più. Di fatto non è per me. È
per lui!» disse indicando Edd dietro di
lei.
«Oh,
nessun problema! Come ti chiami
giovanotto?» disse entusiasta l’infermiera Piper.
Un
po’ titubante Doppia D rispose: «Ehm,
Eddward Swanson… scritto con due D!»
«Pfft..Swanson?!»
disse Marie cercando di
trattenere le risate.
Edd le
lanciò un’occhiataccia seccata e
disse: «Ora capisci perché molti non sanno il mio
cognome: è già abbastanza
imbarazzante avere Marion per secondo nome! Non ridere!» e vedendo che
l’altra faceva una gran fatica
per trattenersi ebbe un’idea che non gli piacque per niente,
ma che sembrò
efficace. «Ascolta, ho una controproposta da farti: se tu
prometti di non
ridere di me per il mio nome, o per qualsiasi altro motivo, e di non
interferire con i miei studi, sia a scuola che a casa,
accetterò -*gulp*- di
aiutarti con il tuo patto, o per qualsiasi altro problema. Ci...ci
stai?»
L’occhio sinistro di Marie si illuminò e disse:
«Dici sul serio? Oh grazie,
dolce Muffin! Grazie, grazie, grazie!» lo strinse forte e
iniziò a saltellare
dalla felicità. Edd arrossì un po’ e
disse: «Ok, ok! Basta, Marie: mi
soffochi!»
«Ehi,
piccioncini! La giustifica è pronta!
Eddward, ricorda che secondo quello che ho scritto, hai avuto un calo
di
zuccheri e, sentendoti poco bene, sei venuto in infermeria e sei
svenuto. Se te
lo chiedono, di che ti senti meglio e per questo sei tornato. Tieni: un
fazzoletto per pulirti la faccia dal rossetto. *Eheheh*»
disse l'infermiera Piper
ammiccando alla nipote con un sorrisetto malizioso
che la fece sorridere a sua volta arrossendo lievemente, mentre Doppia
D
abbozzando un sorriso accompagnato da un grazie, prendeva la giustifica
e si
affrettava verso la classe passandosi il fazzoletto sulla faccia come
fosse
carta vetrata per non pensare alla vena che gli pulsava sulla tempia
per la
rabbia.
Dopo aver
consegnato la giustifica ed essersi
seduto come al solito in uno dei banchi di dietro, Edd si mise le mani
tra i
capelli ripensando a ciò che aveva appena accettato: "Ma che
mi è saltato
in mente?? E adesso come faccio? Non posso nemmeno dirlo a Ed e Eddy!
È uno
schifo... Beh credo sia meglio seguire la lezione: non serve a niente
angustiarsi per Marie Panzer, quella piccola streghetta..." Il flusso
dei
suoi pensieri fu bruscamente interrotto dal rumore della porta che si
chiudeva
e del professore di matematica che faceva una ramanzina a una ragazza
in
ritardo. Alzo lo sguardo e vide Marie che dopo essersi scusata con il
professore si diresse verso l'unico posto libero, quello accanto al
suo. Appena
si fu seduta il moro le sussurrò: «Che ci fai
qui?»
«Sono
venuta a fare matematica, tu piuttosto
perché sei in questa classe?» rispose lei a bassa
voce.
«Sono
qui per il medesimo motivo. Mi faresti
vedere il tuo orario delle lezioni, per favore?» le chiese e
lei glielo passò
sbuffando leggermente. Appena Doppia D ebbe confrontato il suo orario
con
quello della ragazza gli mancò l'aria: erano quasi identici,
avevano quasi
tutte le ore insieme tranne due delle ore che lui condivideva con Ed e
Eddy.
Diventò pallido in volto pensando che doveva essere uno
scherzo: non era
possibile che stesse succedendo questo proprio a lui. Vedendo che lei
lo
guardava con uno sguardo interrogativo glieli passò e nel
vederli il volto
della ragazza si illuminò. Ripassò l'orario a
Doppia D che si fermò a
osservarla un minuto: Marie stava sorridendo come un bambino che ha
appena
ricevuto il giocattolo più bello che potesse desiderare.
Arrossì sorridendo
anche lui e subito dopo sgranò gli occhi e girando di scatto
la testa sul suo
libro pensò: "Ma che mi sta succedendo? Perché mi
rende felice vederla
sorridere? Perché arrossisco? Non sarà mica che
sto pensando che Marie sia... BELLA?!
NO! NO! NO! Nazz è Bella, ma Marie..." la guardò
di nuovo con la coda
dell'occhio e vide che stava scrivendo sul suo quaderno concentrata sul
problema alla lavagna. Non lo degnava di uno sguardo, sembrava troppo
assorbita
da quello che faceva. Le spuntò un sorrisetto sul viso
appena prima di posare
la penna e di mettersi ad aspettare che anche lo studente alla lavagna
avesse
finito. Edd si rimise a guardare il quaderno. "...ma Marie è
cresciuta...!"
Il resto della
giornata andò avanti senza
intoppi fino all'ora di pranzo. Edd si mise in fila alla mensa col
vassoio per
procacciarsi l'unica cosa a cui aveva pensato nell'ultima ora: CIBO!
Sentiva
che se avesse aspettato un altro minuto avrebbe avuto un Vero calo di
zuccheri.
Mentre proseguiva lentamente nella fila scegliendo man mano che passava
davanti
ai piatti che preferiva, una voce femminile lo salutò:
«Buongiorno, Doppia D!»
Sentitosi chiamare si girò e vide la ragazza che aveva
segnato la sua infanzia
con una cotta stratosferica, anche se sapeva benissimo di non essere
stato
l'unico a provarla. «Buongiorno, Nazz. Come è
andato il primo giorno?» chiese
lui. «Abbastanza bene e a te? Ho saputo
che le Panzer sono tornate e che
Marie ti ha assalito, stai bene?»
"Ecco
perché ho iniziato a pensare di
lasciare che Nazz vada a Kevin (sempre che lui si decida ad aprire gli
occhi):
il Gossip!" pensò Edd, poi le rispose: «Bah,
abbastanza bene anche se ho
avuto un calo di zuccheri dopo essere stato inseguito da Marie e sono
svenuto
in infermeria perdendo la seconda ora.»
«Oh,
poverino! Stai bene adesso, giusto?»
chiese lei sembrando preoccupata, anche se non era sicuro della sua
sincerità:
Nazz era una brava ragazza, non lo metteva in dubbio, ma da qualche
anno, cioè
da quando era diventata una cheerleader, era diventata la tipica
ragazza un po'
smorfiosa e fissata con il gossip. Le uniche differenze fisiche
rispetto a
quando erano bambini erano che, ovviamente, era cresciuta e maturata
mantenendo
una buona forma fisica e che portava i capelli in una coda bionda con
la
frangetta e si vestiva spesso con la divisa da cheerleader. Le rispose
un po'
incurante: «Sì, tutto bene. Ho solo dovuto
rinunciare al mio record di
presenze, dovrò farmene una ragione. Scusami, ma Ed e Eddy
mi aspettano. Ciao,
Nazz, salutami Kevin!»
Una volta
sedutosi al tavolo con i suoi amici
iniziarono a parlare. Argomento del giorno? IL RITORNO DELLE PANZER!
Ed fu il primo
a dare escandescenze, come
volevasi dimostrare: «LE PANZER! No! NO! Voglio scappare via
da qui! Sono
tornate le aliene Panzer e vogliono succhiarci via il cervello a suon
di baci!
AAAAAH! OW!» Eddy gli diede un pugno leggero sulla testa,
anche se con le
manacce che si ritrovava poteva uccidere, e disse: «Taci,
Monosopracciglio,
vuoi che tutti ci fissino?! Anche io sono incazzato nero per questa
situazione!
Perché? Perché tornare da Lemon Brook? Diamine,
perfino io se vivessi là-non
riesco a credere che sto dicendo questo- non vorrei mai venire a vivere
qui!
Perché il nostro ultimo anno doveva venir rovinato da quelle
3 streghe?» Edd
giocando un po' con una polpetta nei suoi spaghetti disse:
«Uff, almeno voi non
avete il vostro peggiore incubo in classe proprio accanto a voi tutte
le ore
della settimana tranne due delle tre ore che noi condividiamo, amici.
Pensate
che devo scappare dalla classe ogni volta che la lezione finisce!
L'unico lato
positivo è che almeno non abbiamo gli armadietti vicini.
È uno schifo...»
«Ehm,
Doppia D, guarda che anche noi abbiamo
le Panzer nella nostra classe. Quindi sappiamo cosa provi!
Più o meno lo stesso
fottutissimo numero di ore alla settimana. SARÀ UN ANNO DI
MERDA!» sbraitò Eddy
sconsolato. Ed allarmato disse indicando l’entrata della
mensa: «Ehm, ragazzi?
LE PANZER!» Edd le vide: eccole lì in tutta la
loro perfidia le sorelle più temute
di tutta la Peach Creek della loro generazione. Lee, la maggiore era
cambiata
parecchio: era più alta e aveva il fisico più
slanciato e formoso (leggermente
più in carne di Marie) e aveva un aria più sicura
di sé; i capelli rossi, erano
folti e ricci e lunghi fino alle spalle, anche se sembravano
più morbidi di
come erano quando era piccola e aveva sempre il suo ciuffo di capelli
che le
copriva completamente gli occhi e in più una bandana alla
pin-up rossa a pois
bianchi; portava dei cerchietti dorati come orecchini, che avevano dei
disegni
floreali incisi sopra, e la sua famosa maglietta bianca a pois rossi,
solo che
era più un top dalla scollatura a V che una maglietta tanto
che le scopriva l’ombelico,
dove si era fatta fare un piercing; indossava inoltre dei jeans
attillati con
qualche strappo fatto in fabbrica, una giacca di pelle blu scura
poggiata sulle
spalle e converse con la bandiera americana stampata sopra. Nonostante
il suo
viso si fosse addolcito, le sue labbra fossero più carnose e
i denti fossero aggiustati,
mentre teneva un lecca-lecca in bocca (stile chupa-chups) sfoggiava
ancora quel
ghigno malefico che faceva ogni volta che vedeva qualcosa che le
piacesse, e
guardava dritto verso Eddy. Alla sua destra c’era May che
chattava sul suo
smartphone, anche lei sembrava cambiata molto: i suoi incisivi da
coniglio non
si notavano tanto come quando era più piccola, era
più bassa di Lee all’incirca
di 5 cm ed era un po’ più in carne di lei, ma non
tanto da rovinare la sua
figura; portava i capelli legati in due lunghe code vaporose che
partivano dai
lati della nuca e qualche ciuffo le ricadeva davanti gli occhi cerulei
intenti
a guardare lo schermo del cellulare; indossava una camicetta un
po’ scollata
color panna e una lunga gonna rossa in stile figli dei fiori con dei
disegni
che ricordavano dei grandi raggi di sole color arancio; poggiata sul
braccio
aveva una giacca leggera color edera e da sotto la lunga gonna si
intravedevano
degli stivali marroni. Alzò gli occhi dal telefono e li
posò su Ed, che dal
canto suo tremava come una foglia, e gli sorrise facendogli
l’occhiolino.
Edd
guardò Marie e notò che in confronto alle
sue sorelle sembrava molto minuta, ma allo stesso tempo emanava
un’aria più
incurante. Non guardava lui, stava fissando gli alberi che si vedevano
fuori
dalle finestre della mensa poste in alto, e sorrideva. Poi vedendo che
le sue
sorelle guardavano verso il loro tavolo si girò anche lei
nella stessa direzione
e incontrando gli occhi stupiti e spaventati di Doppia D gli sorrise,
ma non in
maniera spaventosa come le sue sorelle, sembrava volesse
tranquillizzarlo. Gli
mandò un bacio volante e, anche se sapeva che fingeva per le
sue sorelle,
arrossì all’istante, non capendone neanche lui il
motivo. Si avvicinarono al
loro tavolo e appoggiandovisi li salutarono in coro nel loro tono
più acido:
«Vi siamo mancati, tesorucci?» I ragazzi ebbero
brividi lungo tutta la schiena
appena sentirono queste parole. Eddy si riprese subito facendo il
solito
atteggiamento da spaccone: si mise a braccia conserte poggiandosi sullo
schienale della sua sedia e guardò Lee dritto negli occhi,
anche se non si
vedevano, e le disse in tono non curante: «Non dovreste
prendere il pranzo,
strega?»
Lei fece una
risatina e disse: «Volevamo
salutare i nostri ragazzi prima di mangiare, giusto ragazze?»
Fecero anche
loro delle risatine e risposerò
con un occhiolino simultaneo. Ognuna delle Panzer si
avvicinò al proprio Edward
preferito e iniziò ad abbracciarlo e accarezzarlo
causandogli terrore anche se
in apparenza reagirono in maniera diversa: infatti, mentre Ed era in
preda al panico
più totale, Eddy faceva di tutto per mantenere la sua faccia
tosta e non
lasciarsi andare al nervosismo crescente dentro di lui, mentre Doppia D
sudava
freddo perché, anche se sapeva che stavano fingendo, non era
abituato a sentire
di nuovo il contatto invadente di Marie, che nel frattempo, stando
dietro di
lui, gli stava passando un dito lungo il collo e poi la spalla con
movimenti
circolari mentre gli mordicchiava il lobo dell’orecchio
destro e con l’altra
mano gli accarezzava il petto. Il moro sentì le gote e le
orecchie diventare
incandescenti e pregò che nessuno lo notasse e prima che se
ne accorgesse Marie
gli lasciò un bacio veloce sulla guancia e si
avviò verso il bancone della mensa
con le sue sorelle muovendo la mano a mo’ di saluto senza
voltarsi. I tre al
tavolo rimasero una manciata di secondi con gli occhi sbarrati fissi
sulle
sorelle dell’apocalisse, ognuno con una mano sulla guancia.
Poi si guardarono
l’un l’altro e Eddy chiese: «Ma che
diavolo le prende a quelle tre? Si comportano
in modo strano: non ci hanno riempito di baci appiccicosi!»
«Già...!»
Aggiunse Ed con aria assente, non si
capiva se per lo shock o per la stranezza di quello che era appena
successo.,
Edd a quel
punto disse, riflettendoci a fondo:
«Forse è perché siamo in pubblico...
dopotutto sono comunque cresciute come
noi, e avranno esperienza delle convenzioni sociali che implica il
liceo...»
«Che
intendi dire, capellone?» chiese
incuriosito Eddy.
«Beh,
semplicemente, al liceo esistono varie categorie
di persone, come saprai, e ce n’è una che davvero
in pochi riescono a
sopportare: i ragazzi popolari! Nel nostro caso parliamo di Nazz e il
gruppo
delle cheerleader e della squadra di football di Kevin e Ralf. Nazz in
particolare conosce praticamente tutta la scuola, è una
cheerleader e fa anche la
parte di informatrice per la rivista di gossip del giornalino
scolastico. Ergo,
se una persona così popolare fiutasse qualcosa di lievemente
sospetto o notizie
scottanti inizierebbe a far girare voci, e le Panzer non credo siano
tipe che
sopportano le voci, soprattutto per via delle incessanti domande di
conferma dei
‘ciò che si è sentito dire’.
Osserva il modo in cui Nazz le sta già guardando:
sembra un ghepardo che ha appena visto una preda succulenta, pronto a
balzare
all’assalto in qualsiasi momento.» rispose
indicando con un cenno della testa
la ragazza in questione.
Eddy prima
guardò Nazz e poi Doppia D e gli
chiese: «E tu come le sai tutte queste cose su
Nazz?»
Quest’ultimo
arrossì lievemente distogliendo
lo sguardo dalla bionda e disse un po’ in imbarazzo:
«Ehm, e-ecco... diciamo
che quando le porti i libri per due anni sperando invano che lei possa
notarti
ne impari di cose su di lei... Quanto avrei voluto non
farlo!» Eddy fece un
sorrisetto beffardo, come se si fosse improvvisamente ricordato degli
eventi
descritti dall’amico e di quanto fossero divertenti ai suoi
occhi, e con una
risatina divertita disse: «È vero! Me ne ero
scordato! Io e Ed ti chiamavamo
Testa di Facchino oppure il Don Giovanni montacarichi! *Ahahah* Non
è vero
Monociglio?» diede una lieve gomitata all’amico e
questo come appena svegliato
da un sogno ad occhi aperti ebbe un sussulto e poi vedendo Eddy ridere
disse
ridendo anche lui: «*Ahahah* Verissimo, Eddy!»
Doppia D
all’inizio sospirò seccato, ma poi
rise anche lui al ricordo di quanto sembrava goffo.
Finalmente
arrivò l’orario della fine delle
lezioni Edd uscendo dal portone principale salutò i suoi
amici con la promessa
di uscire la sera per andare a bere qualcosa per
“festeggiare” l’inizio della
scuola. Eddy diede uno strappo a Ed, come faceva sempre, nel suo
furgoncino
viola che lui d’estate usava quasi come una tenda da
campeggio per sfuggire ai
suoi genitori e alle loro “rogne”. Doppia D
salì nella sua macchina e tutti e
tre si diressero verso casa, prendendo strade diverse,
perché i suoi amici
dovevano passare dal centro commerciale per trovare un lavoro
part-time. Mentre
guidava, Edd ebbe un piccolo problema al motore e la macchina gli si
fermò in
mezzo alla strada. «Maledizione!» disse lui a denti
stretti mentre scendeva
dalla macchina e la spingeva più a lato per non intralciare
il traffico e,
avendo preso la scatola degli attrezzi dal portabagagli,
aprì il cofano per vedere
che problema ci fosse. Appena aprì una nuvola di fumo bianco
si liberò
dall’interno che lo fece tossire più volte. Anche
se di macchine non ci capiva
molto si rimboccò le maniche, si mise il cappello in tasca
per legarsi i
capelli e si tuffò a capofitto nell’impresa di
ripararla. Dopo mezz’ora era
ancora piegato nel cofano senza capirci nulla e avendo caldo si
rialzò per pulirsi
il viso dal sudore e si sbottonò leggermente la camicia
allentandosi la
cravatta. In quel momento notò che sul lato della strada
dove si trovava stava
venendo a piedi una figura minuta dai capelli blu che sembrava
trasportare una custodia
di chitarra. Pensò: “Ottimo! Come se la giornata
non fosse già abbastanza
brutta! Ma aspetta: Marie era brava come meccanico! Potrei odiare
quello che
sto per fare ma...”
Si
sbracciò e gridò: «MARIE!
MARIE!»
La piccola
figura in lontananza alzò lo
sguardo e sentendosi chiamare accelerò il passo. Quando fu
finalmente vicina fece
un sorrisetto e disse: «Ciao, dolce Muffin! Mi hai
chiamato?»
Doppia D
arrossì lievemente e deglutendo a
fatica rispose, non sapendo bene neanche lui cosa dire: «Ehm,
s.sì, M-Marie! C-Come
va?»
Lei rispose un
po’ sorpresa: «Ehm, bene! Non
credo di poter dire lo stesso per la tua macchina!» rise
divertita.
Rise anche lui
nervoso per l’imbarazzo e
disse: «Già, non riesco a capire cosa non vada
sinceramente. Vedendoti arrivare
mi sono ricordato che a te piacevano i motori e quindi...»
«Aspetta:
TU stai chiedendo a ME una mano ad
aggiustare la macchina?» chiese lei con un tono a
metà tra lo stupore e la
sfida.
Lui
arrossì ancora di più e distogliendo lo
sguardo da lei disse: «P-Più o meno...»
Lei rise un
po’ e disse: «Spostati da lì,
mani di fata! Mantieni la mia roba.» gli diede la cartella e
la custodia della
chitarra che lui ripose momentaneamente sui sedili posteriori della sua
macchina. Quando tornò davanti a cofano gli
arrivò in faccia la giacca da
aviatore di lei. Quando se la tolse davanti dicendo un
“EHI!” la vide legarsi i
capelli blu in una coda, coprendo accuratamente l’occhio
destro e lasciando
scoperte le spalle tempestate di piccole lentiggini che aveva
leggermente anche
sul viso. La canotta che indossava era nera con sopra una stampa del
logo dei
Guns n Roses e molto aderente e scollata, tanto che le forme del suo
reggiseno
erano molto evidenti sotto la stoffa nera. Edd cercò di non
guardarla per non
arrossire, soprattutto quando lei si piegò nel cofano per
risolvere il suo
problema. Nel giro di 5-10 minuti si rialzò e disse:
«Ecco qual è il problema!
C’è dell’acqua in uno dei tubi di
scarico: niente di grave si risolve in due
minuti! Mi sorprende che però il genio incontrastato di
Peach Creek non abbia
capito quale fosse il problema della sua macchina.»
«Ehm,
ecco... i motori non sono il mio forte:
preferisco le formule di biochimica alla meccanica! *Eheh*»
fece lui
imbarazzato.
Marie
scoppiò a ridere e disse: «Chissà
perché una risposta del genere me l’aspettavo! In
ogni caso ho risolto, dovresti
riuscire a partire adesso... Ehm Doppia D?»
Mentre lei
parlava, lui aveva iniziato a
guardarla intensamente: il sudore faceva diventare la canotta ancora
più
aderente e di conseguenza la scollatura faceva sembrare il suo seno
più prosperoso;
più cercava di distogliere lo sguardo, più questo
improvvisamente notava le
curve della ragazza che aveva di fronte. Quando si sentì
nominare avvampò e
disse balbettando ed evitando di incrociare il suo sguardo:
«Ah! P-Perfetto,
g-grazie! T-tieni la tua giacca!» Gliela porse di scatto e
lei un po’ presa
alla sprovvista la prese titubante e disse: «Ehm, prego, non
c’è di che. La mia
roba?»
«Ah,
sì! Sul sedile di dietro! Un attimo e la
prendo.» disse lui andando ad aprire la portiera. Si
fermò un attimo a pensare
e le chiese: «Non... non è che vorresti un
passaggio?»
Lei lo
guardò e disse un po’ insicura: «Non
lo so... non vorrei disturbare!»
«Beh,
è un modo per ringraziarti dell’aiuto
che mi hai dato: non disturbi, te l’ho chiesto io.»
rispose lui sorridendo
lievemente.
«Grazie...!»
fece lei timidamente.
Una volta
partiti passarono alcuni minuti di
silenzio imbarazzante. Poi fu Doppia D a rompere il ghiaccio:
«Ehm, allora:
come mai a piedi da sola? Le tue sorelle?»
«Sono
tornate con la macchina di Lee. A
pranzo abbiamo discusso un po’, quindi ho preferito
camminare...» rispose lei
semplicemente, guardando fuori dal finestrino.
«Davvero?
A piedi da sola con la cartella e
la chitarra in spalla e questo sole cocente sulla testa? Dev'essere
stato un
brutto litigio!» disse lui alquanto stupito.
«Nulla
di nuovo: roba di asciugacapelli e
smalti che avrei rubato dai loro cassetti secondo loro. Ma vorrei
sapere da te:
secondo te mi metterei mai uno smalto giallo con i brillantini?
Andiamo! Le mie
unghie starebbero male per itterizia piuttosto!» disse
scoppiando a ridere.
Anche Doppia D
rise e disse: «In effetti non
ti ci vedrei! Ehm, è un po’ imbarazzante, ma non
so dove abiti!»
Lei disse:
«Non ci torno a casa! Lee e May
devono prima chiedermi scusa!»
«Quindi
dove ti porto?»
«Vado
a casa di zia Piper per stanotte: le ho
chiesto e ha detto che non ci sono problemi. Ti indico la
strada.» rispose
terminando con piccolo sorriso.
Doppia D dopo
una rapida occhiata al suo viso
ritornò a guardare la strada annuendo semplicemente. Ogni
volta che sorrideva
così lo faceva diventare nervoso: non era normale! Non era
da Marie! Se si
fosse fermato un attimo a pensare a quello che stava facendo avrebbe
realizzato
che era nello scenario più assurdo che potesse immaginare:
LUI che dava un
passaggio in macchina a MARIE PANZER e non stava TREMANDO! Almeno non
di paura…
“Che
diavolo sta succedendo?!” Gridò la sua
testa.
Una volta
arrivati a destinazione lei disse:
«Grazie mille per il passaggio, Doppia D.»
«Figurati!
Grazie a te per la macchina!»
«Una
sciocchezza! Ci vediamo a scuola.
Ricordati che abbiamo un patto! A domani, Swanson!» disse
lasciandogli un bacio
sulla guancia prima di uscire dalla macchina. Edd si toccò
la guancia sentendo
del calore diffondersi da lì e aspettò che lei
entrasse nel portone. Ma ciò che
vide lo scioccò profondamente: apparso praticamente dal
nulla, un ragazzo alto
e castano vestito da emo si avvicinò a Marie e la
baciò sulle labbra e quando
si staccarono lei lo abbracciò sorpresa e sorridente.
Se ne
andò: non aveva altro da fare lì. Non
riusciva a crederci, non si accorse nemmeno di aver detto ad alta voce:
«Marie
è fidanzata…»
Angolo
d’autrice:
Ciao a tutti questa
è la prima fanfic che scrivo a tema Ed Edd n Eddy. Questo
capitolo l’ho scritto
5 anni fa, ma non ho mai avuto tempo o coraggio di pubblicarlo.
All’epoca non
avevo neanche un titolo o una sinossi per questa fic.
L'aspetto dei
personaggi è ispirato ai modelli creati dall'utente di
Deviantart
VampireMeerkat con qualche piccola modifica personale
Tutti i diritti
vanno a Danny Antonucci per Ed Edd n Eddy e la canzone
Counting Stars è
di proprietà degli OneRepubblic. La scena è
ispirata alla cover cantata su
Youtube da Anna Damita ( per chi vuole metterò il link)
Spero che vi
piaccia
Un bacio
dall’Abisso
Joy B Cheshire