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Autore: Fiore di Giada    17/05/2020    0 recensioni
[Uchuu no Kishi Tekkaman Blade]
Cinque anni dopo la fine della guerra, Ringo riceve una lettera, che sarà per lui un trauma.
(shonen ai Richard x Nick)
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con fatica, Richard sollevò le palpebre.
Una densa oscurità, simile a melassa, opprimeva il suo sguardo, mentre il suo corpo galleggiava, privo di peso.
Che cosa succede? – si domandò. Ricordava di essersi ritirato nella sua stanza, desideroso di solitudine.
Con la morte di suo padre, il suo animo si era spento.
Il giovane esuberante si era dissolto ed era stato sostituito da un uomo inaridito, incapace di provare qualsiasi emozione
Poggiò una mano sul torace. Solo lo sport gli consentiva di liberare il suo cuore dall’angoscia.
Ma le sue forze si spegnevano sempre più.
Avvertiva l’inutilità delle sue azioni.
L’allenamento nel calcio e nel karate gli pareva sempre più arduo.
Il suo corpo era sempre più ribelle ai comandi della sua mente.
Bramava solo il riposo.
Con noncuranza, aveva aperto un’intera confezione di oppiacei sintetici, oppresso dalla stanchezza.
E, pochi istanti dopo, la sua coscienza era precipitata nel sonno artificiale, indotto dai sonniferi.
Voleva solo un po’ di requie dal dolore e dal rimorso, che lo stavano dilaniando da tanto, troppo tempo.
La dose consigliatagli dal medico della base, col tempo, si era rivelata insufficiente.
La sua razionalità non riusciva a contrastare il suo senso di colpa.
Il suo cuore, sordo agli appelli della ragione, lo accusava di parricidio.
Ma cosa avrebbe dovuto fare?
Non poteva abbandonarlo ad un tale destino.
O forse era una patetica scusa della sua mente provata?
Sto mentendo a me stesso? – si chiese.
Un fremito, ad un tratto, lo attraversò tutto, come una breve scossa elettrica.
Aprì un poco gli occhi, sorpreso. Di che cosa si trattava?
Sembrava il tocco di una mano, leggera e premurosa sulla sua testa…
Una lama di luce, ad un tratto, fendette l’oscurità e lo colpì tra gli occhi.
Infastidito, corrugò la fronte, poi sollevò le palpebre.


Il giovane si accorse di essere disteso su un lettino d’ospedale, situato al centro di un’ampia stanza rettangolare, illuminata da una lampada a neon incastrata nel soffitto.
Ben svegliato. – lo salutò una voce maschile, calma e gentile.
Richard girò la testa e, seduto accanto al suo letto, vide Nick.
Lui? Perché è qui? E come mai sono in ospedale?, si chiese il pilota. Ricordava solo di avere preso dei sonniferi e di essersi addormentato…
Gli oppiacei sintetici impedivano alla sua mente di precipitare nell’abisso degli incubi.
Grazie a quei farmaci, riusciva a contrastare il problema dell’insonnia.
Eppure, il suo riposo non era rigeneratore.
Di solito, il sonno artefatto durava dieci ore e, al suo risveglio, gli sembrava di essere oppresso dalla stanchezza.
Cosa sapeva Nick?
Perché sono qui? – chiese, sorpreso.
L’interpellato, perplesso, aggrottò le sopracciglia. Come poteva fargli una simile domanda?
Era un effetto tardivo dei sonniferi?
Ringo avrebbe dovuto ricordarsi del suo tentato suicidio.
Con tutti quei medicinali, se non l’avessero scoperto in tempo,sarebbe morto, per collasso respiratorio!
Malgrado questo, lo stupore si leggeva nei suoi occhi cerulei.
Sembrava non comprendere la ragione della sua presenza in ospedale
Eppure, quella spropositata assunzione di farmaci l’aveva condotto ad un passo dalla morte.
Come si spiegava il suo stupore? Stordimento? Era stato un evento accidentale?
Ma Ringo non era stupido e un simile errore gli pareva assurdo da parte sua.
Cosa cambierebbe?, si chiese. Se anche quell’assunzione di sonniferi fosse stata involontaria, non sarebbe cambiato nulla.
Anzi, la situazione sarebbe stata ben più tragica
Pur di non fare preoccupare nessuno, si era logorato in una lotta contro l’angoscia ed era stato sopraffatto.
E il logoramento psichico lo aveva portato ad uno sbaglio tanto marchiano.
Per poco, non era morto.
Nick sospirò. Superata l’iniziale diffidenza, Ringo si era rivelato un amico sincero e leale.
Inoltre, non poteva non ammirare la sua tempra forte.
Avrebbe desiderato un frammento della sua vitalità.
A stento, trattenne un amaro sorriso. In quel momento, i ruoli si erano ribaltati.
A lui spettava il compito di sostegno.
Ringo aveva bisogno d’una mano amica.
Non è il caso di insistere.,pensò. Il medico aveva detto loro che le domande avrebbero costituito un motivo di agitazione per lui, già così provato.


Sospirò.
Ringo, mi dispiace per tuo padre. – mormorò ad un tratto l’ex Teknoman.
A queste parole, il corpo del pilota si irrigidì e, di scatto, il giovane girò la testa verso destra. La voce di Nick vibrava d’affetto, ma quelle parole acuivano il suo senso di pena.
Aveva ucciso il suo amato genitore.
Poteva dipingere questo atto dei colori più vivi, ma restava sempre un parricidio.
E il rimorso allignava nel suo cuore.
Deboli singhiozzi sollevarono il suo petto e le lacrime tremarono nei suoi occhi.
Non dovresti essere dispiaciuto per me… Il comandante non ti ha rivelato cosa è accaduto? – domandò, il tono innaturalmente calmo e lo sguardo fisso verso il muro..
L’ex Teknoman rimase cogitabondo. Oltre al dolore per la morte del padre, il suo amico era straziato da un devastante senso di colpa.
Credeva di essere colpevole della morte del suo genitore e, per questo, si consumava in un tormento crudele.
Il suo cuore sopraffaceva la razionalità e gli impediva di vedere la realtà nella sua completezza.
Allungò la mano per accarezzargli i capelli, poi la ritrasse.
Sì, so cosa è successo. E ti conosco abbastanza per dire che hai scelto per amore. Hai rinunciato alla presenza di tuo padre, pur di ridargli una dignità. Non tutti sarebbero capaci di una simile scelta. – replicò. Forse, le sue parole erano scontate, ma era convinto della loro veridicità.
Malgrado la sua apparenza chiassosa, Ringo era capace di scelte difficili, pur di rispettare le persone da lui amate e ammirate.
Ansimi sempre più veloci sollevarono il petto dell’ex calciatore e lente lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Quelle parole, tanto calme e gentili, aprivano una breccia nel muro di silenzio, che, da sei mesi, era il suo rifugio e la sua prigione.
Desiderava abbandonarsi all’onda del dolore, che premeva sul suo petto.
Eppure, non doveva succedere.
Non doveva cedere davanti a lui.
Aveva spesso usato durezza verso Nick e le sue esitazioni e questo gli imponeva un’estrema coerenza, libera da compromessi.
Nessuno – tantomeno lui – doveva vedere la sua debolezza.
Calmo, Nick prese la mano di Richard tra le sue e la sollevò. Sentiva il suo amico teso, impegnato in un assurdo combattimento contro i suoi sentimenti.
Stava commettendo il medesimo errore da lui fatto cinque anni prima.
Quella repressione, tanto infruttuosa quanto tenace, rischiava di condurlo alla follia.
Guardami. – mormorò quest’ultimo, dolce.
Cauto, il pilota girò la testa e i suoi occhi d’acquamarina si rifletterono nelle iridi smeraldine dell’amico.
Tu… – balbettò, sorpreso. Non vedeva alcun biasimo in quei limpidi occhi smeraldini.
Anzi, sembrava preoccupato… per lui.
Come poteva Nick non rimproverarlo per la sua incoerenza.
Sì. Desidero vederti sereno, amico mio. – rispose l’altro.
Il pilota, ad un tratto, con un urlo, si abbandonò al pianto e la sua mano, con forza, si strinse a quella dell’amico.
Le lacrime, impetuose, esondarono dai suoi occhi, simili ad un fiume privo di argini, e dolorosi singhiozzi si spezzarono nel suo petto.
Papà… Perdonami… – ululò. Non riusciva più a controllare quell’atroce senso di pena…
Il cuore rischiava di scoppiargli, se avesse continuato a reprimere le sue emozioni.
Nick rimase silenzioso e, di tanto in tanto, la sua mano carezzava i capelli dorati del compagno. Nessuna parola era necessaria.
Solo i gesti dovevano dare conforto.
Ad un tratto, cinse con le braccia il corpo dell’amico e lo strinse a sé, contro il suo petto, massaggiandogli la schiena con una mano. Avrebbe voluto rassicurarlo, ma le parole, in quel momento, gli parevano prive di qualsiasi valore.
Ringo, straziato dal dolore, non comprendeva l’assurdità del suo senso di colpa.
Suo padre era tenuto in vita da macchine elettriche, ma non era rimasta alcuna coscienza del suo corpo.
E non era giusto privarlo della possibilità di passare oltre.

Qualche tempo dopo, il corpo del pilota si abbandonò tra le braccia dell’ex Teknoman.
Delicate, le mani di Nick lo riappoggiarono sul letto, poi le sue dita sfiorarono la sua guancia in una tenue carezza.
Il pilota, per alcuni istanti, rimase immobile, gli occhi sbarrati, fissi verso il soffitto, e il petto sollevato da rapidi ansiti.
Poi, le sue palpebre si chiusero e il suo respiro, a poco a poco, si regolarizzò.
Dormi, amore mio. – sussurrò Nick e la sua mano, leggera, si posò sul viso dell’altro. Finalmente, la maschera era stata distrutta.
Il suo amato riposava senza i sonniferi.
Non era un sonno tranquillo, ne era certo, ma non era artificiale.
E questo era un passo avanti.
Ad un tratto, un senso di rabbia bruciò nel suo cuore e la sua mascella si irrigidì. I loro destini, in quel momento, si erano uniti in una comune tragedia.
Erano stati entrambi usati dall’esercito come strumenti, seppur in situazioni differenti.
Da tempo non sentivo questo sentimento., meditò. Le terapie, seppur a tratti, gli avevano permesso di guardare agli eventi della guerra con occhio analitico, per quanto pietoso…
Ma, in quel momento, sentiva l’acidità dell’ira montare quasi alla bocca dello stomaco.
Desiderava servirsi di Teknoman per dare una lezione a quei bastardi.
Ma Pegaso, ormai, era scomparso.
E lui non sapeva cosa fare.

La porta automatica, con uno scatto metallico, si aprì ed entrarono i Cavalieri dello Spazio, accompagnati da Nemo.
Nick… Cosa è successo? Sembra riposi tranquillo. – affermò Nemo.
Era solo stanco di combattere contro il suo dolore. Gli ho dato la possibilità di sfogarsi. Io e lui, inoltre, abbiamo dovuto sopportare la stessa prova, poiché siamo stati usati dalle Forze Armate come giocattoli. – rispose Nick, il tono piatto, vibrante d’ira.
Nemo, calmo, gli appoggiò una mano sulla spalla e fissò il suo sguardo sottile negli occhi verdi di Nick-
Sei arrabbiato con le Forze Armate ed è comprensibile, ma non pensi che prima venga Ringo? La vendetta, in questo momento, non porterà vantaggi a nessuno. Quando si riprenderà, se lo vorrà, potrà farlo, ma solo con l’aiuto di tutti noi. – dichiarò l’uomo, deciso. Condivideva l’ira di Nick contro l’esercito, ma, in quel momento, non aveva senso.
Dovevano aiutare Ringo a emergere dall’abisso della depressione e non dovevano procurargli altri stress.
Nick tacque e i suoi occhi si fissarono su tutti i Cavalieri dello Spazio.
Questi annuirono, con brevi cenni del capo.
Sì, avete ragione. La vendetta può aspettare. –



   
 
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