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Autore: therealbloodymary01    19/05/2020    1 recensioni
Avete presente quando re Alined vuole la guerra e cerca di far innamorare Artù di Lady Vivian? E se qualcosa andasse storto? Se per un gioco del destino il principe si ritrovasse completamente infatuato del suo servo? Cosa accadrebbe? Leggete per scoprirlo!
Dal testo:
Merlino non poteva negare che il principe fosse senza ombra di dubbio decisamente attraente, ed era capitato più volte che gli provocasse dei certi pensieri poco casti. Ma ovviamente sapeva che dall'altra parte non ci sarebbe mai stato alcun interesse, perciò quel giorno aveva deciso di divertirsi un po'.
Genere: Commedia, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Quel giorno era di vitale importanza per il regno. Quel giorno avrebbe sancito una pace duratura tra i vari popoli o avrebbe portato ad una guerra distruttiva, che avrebbe condotto a sua volta alla fine di Camelot.

Uther ne era ben conscio, per questo aveva insistito per organizzare quell'incontro con i sovrani di tutti i regni nei dintorni, in modo da evitare altri sanguinosi conflitti. Quella mattina, si accinse a dare un caloroso benvenuto agli altri re, premurandosi di far avere loro un'accoglienza impeccabile, da parte della nobiltà, dei cavalieri e dalla servitù. In particolar modo, aveva a cuore il benessere di Lady Vivian, l'amatissima figlia del re Olaf, noto per il suo atteggiamento iperprotettivo nei riguardi della sua preziosa prole. 

"Che benvenuto è questo? Ci fai indugiare qui come le ultime rondini d'estate..." era stata questa la frase con cui aveva esordito re Olaf, avanzando a grandi passi verso Uther, scortato da una giovane Lady, che non poteva essere altri che la sua ben nota figlia, e dal principe Artù, che aveva assunto un'aria solenne e forse solo un po' annoiata.

"Sei davvero il benvenuto, Olaf", replicò il re di Camelot, sorridendo placidamente.

"Lasciate che vi presenti mia figlia", continuò Olaf, con evidente orgoglio. La giovane, dai lunghi capelli biondo platino, si limitò a progergli la mano, sorridendo freddamente. "Assomigliate molto a vostra madre" le disse Uther con il sorriso ancora sulle labbra, rammentando la sua genitrice, come lei delicata di lineamenti ma fredda di cuore, conosciuta dal re molti anni prima.

Il principe di Camelot fu incaricato da suo padre di accompagnare la principessa Vivian nelle sue stanze. I due si diressero verso l'ala est del castello, dove si trovavano le camere destinate alla nobiltà, senza proferire parola, guardandosi con celata diffidenza.

"Spero vi troviate bene qui" le disse Artù cordialmente.

"È...appropriato" replicò lei senza troppa convinzione nella voce.

Artù già cominciava a spazientirsi, non aveva certo tempo da perdere con una capricciosa principessa, lui.

"Molti dei nostri ospiti che sono stati qui si sono trovati più che bene."

"Io non sono TUTTI" ribatté Lady Vivian, con quel sorriso di scherno stampato sulla faccia.

"...certo che no" - il principe fece del suo meglio per non alzare gli occhi al cielo, ma gli riuscì veramente difficile trattenersi.

Proprio in quel momento sopraggiunse Ginevra, una serva di corte, e il povero principe poté sospirare di sollievo, vedendosi sollevare da quell'ingrato compito. "Vi presento Ginevra, mia signora, si occuperà di Voi per tutto il tempo, posso garantirvi che è una delle migliori di tutta Camelot" disse tutto d'un fiato.

"Allora povera Camelot" fu la secca risposta della principessa.

Artù e Ginevra si guardarono, entrambi con una parola in mente, sfortunatamente troppo colorita per poter essere pronunciata ad alta voce da qualcuno dei due senza subirne le conseguenze. Una volta usciti, si chiusero la porta alle spalle, guardandosi confusi. Dopo alcuni secondi di imbarazzato silenzio non riuscirono a trattenersi e scoppiarono in una risata fragorosa, ridendo degli assurdi capricci di quell'altezzosa ospite. "Buona fortuna Gwen" le disse il principe con un occhiolino, prima di sparire a prepararsi per il banchetto.

Una volta tornato nelle sue stanze, Artù trovò Merlino, il suo servo, intento a rassettare il suo letto. Si recò verso il paravento per cambiarsi, e stava quasi per infilarsi la camicia quando notò un gigantesco buco su una delle due maniche.

"Ehm...Merlino?" Chiamò il suo servitore.

Merlino, dal canto suo, si limitò a girare la testa senza parlare, con sguardo interrogativo. "Che effetto pensi che faccia questo?" Gli chiese ironicamente, mostrando l'evidente difetto sulla stoffa.

"Dimostra che abbiamo le tarme?" Scherzò lui con il suo solito sarcasmo, che Artù aveva imparato ad apprezzare, benché non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.

Il principe accennò un breve sorriso e gli chiese di prendergli una camicia intatta.

Merlino si chiese il perché di tanto interesse per il suo aspetto esteriore, non aveva mai visto il suo padrone preoccuparsi per tali superficialità, quindi non esitò a palesare i suoi sospetti al principe, chiedendogli su chi intendesse fare colpo. Per tutta risposta, Artù gli ricordò della presenza di 5 re nella sala di sotto, in onore dei quali era stato dato il banchetto, il cui esito avrebbe deciso le sorti di Camelot.

Tuttavia il bel principe non era riuscito a convincere del tutto il suo amico.

"Sicuro che non sia Lady Vivian l'oggetto dei vostri desideri?...È molto bella" Si azzardò a chiedere. Artù, a quelle parole, assunse un'espressione vagamente alterata, e Merlino pensò che se solo i pensieri avessero potuto incenerire, sarebbe morto all'istante. D'altra parte, era innegabile la bellezza della giovane, chiunque ne sarebbe rimasto affascinato, ed anche lui se ne era reso conto, nonostante le ragazze non fossero la sua...area di competenza. Questo ovviamente non poteva saperlo nessuno, doveva tenerlo nascosto, come il fatto che fosse un mago. La corte di Camelot si era modernizzata negli ultimi tempi, non c'era dubbio, ma uno stregone a cui piacciono i ragazzi era un po' troppo da accettare, soprattutto per Uther ed i suoi sostenitori, molto ancorati alle tradizioni. Così il giovane servitore aveva imparato, fin da quando era giunto a Camelot, a nascondere ciò che era davvero. L'unica persona a conoscenza dei suoi segreti era Gaius, il medico di corte, che gli voleva bene come fosse suo figlio ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerlo. Fu riscosso dai suoi pensieri dalla voce del suo padrone.

"Chiunque corteggi Lady Vivian lo fa a suo rischio e pericolo" asserì il principe. "Olaf lo farebbe immergere in una tinozza di olio bollente prima che abbia il tempo di dire 'Salve'...e poi Lady Vivian non è il mio tipo", aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.

"Certamente sire, so che in realtà siete segretamente innamorato di me" scherzò Merlino.

"C-cosa?" Gridò Artù esterrefatto.

Merlino non poteva negare che il principe fosse senza ombra di dubbio decisamente attraente, ed era capitato più volte che gli provocasse dei certi pensieri poco casti. Ma ovviamente sapeva che dall'altra parte non ci sarebbe mai stato alcun interesse, perciò quel giorno aveva deciso di divertirsi un po'.

Da parte sua, Artù lo stava letteralmente fulminando con lo sguardo, ed il suo servo, che cominciava ad inquietarsi, non si capacitava di come il principe potesse prendersela tanto per un semplice scherzo, di solito si limitava a guardarlo in cagnesco o a mandarlo elegantemente a quel paese. Poi lo notò. Non poteva credere ai suoi occhi: sua maestà, Artù Pendragon, stava arrossendo.

"Ma...state arrossendo??" Merlino dovette fare appello a tutte le sue forze per non scoppiare a ridere.

"No. Non è vero!"

"Sì invece! O Cielo, ma allora mi amate!" Disse sbattendo le ciglia come un'idiota.

"MERLINO! ANCHE IO HO UNA TINOZZA DI OLIO BOLLENTE" minacciò il principe, ancora incredulo per l'insolenza del suo servo. Con quella battutina lo aveva preso di sorpresa, soprattutto perché era uscita dalla bocca di Merlino, il suo servitore, il suo amico fedele. Anche se lo trattava sempre male in fondo gli voleva bene, ovvio...ma di certo non pensava a lui in quel modo - Bontà divina, no! -

Il principe decise di lasciar perdere, e si fece aiutare da Merlino per finire di vestirsi e dirigersi, finalmente, a quel maledetto banchetto.

Ciò che nè Artù nè suo padre sapevano era che uno dei sovrani che sedeva con loro al tavolo "in nome della pace", in realtà bramava ben altro. Re Alined, infatti, sapeva che l'unica speranza per la prosperità del suo regno risiedeva nella guerra, ma era anche consapevole che il suo esercito non era forte come quello di Camelot e che se avesse sferrato l'attacco per primo non avrebbe avuto alcuna speranza. Per questo motivo, sperava di trovare il modo di far dichiarare guerra a qualcun'altro, magari a re Olaf, sfruttando la sua indole protettiva verso la figlia. Aveva pianificato tutto: avrebbe usato il suo buffone di corte, Trickler, per incantare lo stupido principe e farlo innamorare di Lady Vivian, così Olaf li avrebbe colti in flagrante e avrebbe dichiarato guerra. Un piano infallibile.

Perchè l'incantesimo riuscisse, però, aveva assolutamente bisogno di qualcosa di appartenente alla ignara fanciulla. Una volta preparato il filtro d'amore infatti, sarebbe stato sufficiente versarne una goccia sugli occhi del principe e depositare l'oggetto appartenente alla principessa vicino al suo letto, e la notte avrebbe fatto il resto. Al suo risveglio, Artù sarebbe stato completamente alla mercé della bella Vivian. Ma Alined non aveva fatto i conti con il servo impiccione del pupillo Pendragon.

Non fu certo difficile per lui procurarsi l'ingrediente che necessitava, infatti sfruttò l'occasione del banchetto celebrativo, dove si erano tutti riuniti quella sera, per poter strappare a Lady Vivian qualcuno dei suoi biondissimi capelli, grazie ad uno spettacolino messo su da Trickler che, quando si trattava di intrattenere una folla, non aveva eguali.

Quando la cena ebbe fine e tutti quanti, pieni fino a scoppiare per il lauto pasto, si ritirarono nelle loro stanze, Alined seppe che era il momento di agire. Senza farsi notare, si diresse verso l'ala ovest, dove si trovava la camera del principe, e dopo aver distratto le guardie reali con la magia, vi si introdusse di soppiatto. Il principe Artù era già da un pezzo nel mondo dei sogni e sembrò non accorgersi minimamente dell'intruso. "È fin troppo facile!" sogghignò tra sé e sé Alined, accingendosi a bagnargli gli occhi con il suo sortilegio liquido. Prima di andarsene, depositò con cura la ciocca di capelli accanto al giovane, complimentandosi da solo per il suo geniale piano. "Sogni d'oro, principe Artù. Possano i vostri pensieri essere rivolti solo a Vivian".

Fatto ciò, tornò di corsa nelle sue stanze, soddisfatto di aver appena causato la fine di Camelot.

Quel giorno era stato veramente pesante per Merlino, dodici ore a sgobbare di qua e di la per preparare al meglio il banchetto del re, con Gaius che lo pressava per andargli a cogliere delle erbe rare, Artù che lo chiamava ogni dieci minuti per sistemargli la corona, pulirgli l'armatura, strigliare i cavalli – Cielo, non sapeva fare veramente nulla da solo quella testa di fagiolo! –

Il povero servitore non ne poteva veramente più, non vedeva l'ora di andare finalmente a dormire e non dover stare più a sentire nessuno per almeno otto ore. Era quasi arrivato agli alloggi del medico di corte, quando un ricordo lo fece sobbalzare: si era dimenticato di preparare i vestiti per il principe! Se il giorno dopo Artù si fosse malauguratamente svegliato prima di lui e non li avesse trovati, sarebbe stato in guai seri. Certo, le possibilità che quell'asino reale si svegliasse così presto erano esigue, ma non poteva rischiare, non aveva davvero voglia di perdere la testa, oltre che la dignità. Merlino si avventurò quindi nuovamente nelle stanze del re, pregando tutte le divinità esistenti che già dormisse. Per fortuna fu accontentato, il suo padrone dormiva profondamente nel suo grande letto a baldacchino, ovviamente mezzo nudo, come suo solito. Merlino si chiedeva come facesse a non avere freddo, dopotutto era Novembre, eppure il principe si era sempre ostinato a dormire in desabbillè. Non che il giovane mago si potesse lamentare, era una visione davvero niente male...

Fu distolto dai suoi pensieri poco appropriati dal movimento del braccio di Artù, che, nel sonno, si era girato di fianco, rivelando un oggetto misterioso accanto a lui. Merlino si avvicinò sommessamente, attento a non farlo svegliare – trovare il suo servo che lo fissava nella notte, del resto, non sarebbe stata una cosa facile da spiegare nemmeno per uno come lui, sempre con la scusa pronta – e afferrò quella che sembrava essere una ciocca di capelli biondi.

"Che si sia tagliato i capelli?" pensò Merlino, ma poi si ricordò del fatto che il suo amato principe non era in grado neppure di togliersi gli stivali da solo, figuriamoci tagliarsi i capelli!

"Sarà mica un pegno d'amore?" si chiese, e guardando da vicino, in effetti, vide che quei capelli erano di una tonalità decisamente troppo chiara per appartenere a lui. Potevano essere solo di Lady Vivian. Ma Artù non diceva di detestarla? E poi non lo faceva una persona da "dormire con la ciocca di capelli della sua amata". No, non aveva senso, l'unica spiegazione doveva essere che la viziata principessa si fosse invaghita del principe e fosse venuta a fargli visita nella notte per donargli il suo prezioso regalo.

"È disgustoso" pensò, prima di toglierla dal letto del suo padrone e depositarla sulla scrivania, dall'altro lato della stanza. Il giorno dopo ne avrebbe parlato con il principe e si sarebbero fatti due risate.

Decise quindi di sbrigarsi a scegliere i vestiti e poi levare le tende, non ci teneva davvero a incontrare la famosa tinozza di olio bollente che Artù aveva minacciato di fargli provare. Apri l'armadio regale e prese tutto l'occorrente, dopodiché si diresse nuovamente verso il principe, per poggiare il vestiario sul mobile a fianco del letto. Malauguratamente, la goffaggine del povero Merlino era nota in tutto il castello, ed anche quel giorno la sua reputazione non venne smentita: il potente mago inciampò graziosamente sul bordo del letto, cadendo a terra rovinosamente. Mentre si rialzava a fatica, nella testa del servitore si formulavano frasi che mai avrebbe osato ripetere ad alta voce, mentre osservava con terrore il principe che, sentendo tutto quel trambusto, si stava agitando. Merlino si stava trattenendo dal non emettere alcun verso, soprattutto perché dopo la sua meravigliosa caduta aveva sbattuto il braccio contro la maniglia appuntita del mobiletto, ed era sicuro che qualsiasi frase avesse pronunciato sarebbe stata poco consona, soprattutto per essere udita da orecchie reali.

Per sua fortuna, Artù si limitò a biascicare qualcosa di incomprensibile, prima di rigirarsi sul fianco sinistro e tornare a russare beatamente. Il povero Merlino tirò un sospiro di sollievo e finalmente uscì da quella stanza, stanco morto e dolente per la botta che aveva preso. Si accorse, per di più, che quella dannata maniglia gli aveva strappato la maglia all'altezza del gomito, e che presto gli sarebbe spuntato anche un bel livido. " Ma che bella giornata" pensò con sarcasmo, mentre si dirigeva verso la sua stanza, a godersi il meritato riposo.

   
 
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