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Autore: killian44peeta    19/05/2020    0 recensioni
La porta si apre con il solito scampanellio, il quale induce il ragazzo ad alzare gli occhi celesti dal bicchiere che ha afferrato durante il procedere dei suoi pensieri, incrociando una figura coperta da giaccone, cappello ed un foulard viola, che scuote via la neve dai propri abiti.
Al biondo quasi cade l'oggetto di vetro al vedere i capelli rossi, lievemente ricci dell'altro, i quali sono più lunghi e disordinati di quanto li ricordasse.
Ma anche il color cioccolato dell'iride ... Anche quello sembra differente, seppur abbia una strana familiarità che lo attira come una calamita e da cui, proprio per questo motivo, desidera poter sfuggire.
E le lentiggini... Sono sempre state così tante?
Un tempo, lo ricorda benissimo, si metteva a paragonarle con le costellazioni, quei piccoli puntini rossicci che seminano il volto del compagno.
La sua pelle è poi di un assurdo color latte, lievemente arrossato in direzione del naso.
Theo è sempre stato così pallido?
Deve ammetterlo, non ne ha idea.
Non ne è sicuro, ecco: non lo ricorda quasi più.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Il ragazzo guarda ripetutamente l'orologio, lo osserva, abbassa la testa e poi, in un modo o nell'altro, il suo sguardo torna a guizzare verso le lancette che ticchettano, scandendo il tempo.

Un sospiro gli scappa di bocca, rapido ed impossibile da trattenere, prima che egli vada a mordicchiare il labbro inferiore e a spostare il ciuffo biondo da un occhio, che come al solito lo tormenta.

Ogni volta che un minuto passa, il conto alla rovescia che si muove nella sua testa sembra rallentare nella sua velocità.

Gli sembra quasi che il tempo si sia stancato di correre e che dunque sia diventato sempre meno rapido, arrivando perfino a fermarsi.

Perché in effetti, nonostante siano passati sette anni da quel giorno, per lui sono quasi volati via, al contrario della decina di minuti che devono passare ora.

Quei sette maledettissimi anni che all'inizio aveva visto come l'infinito, la distanza più insuperabile di tutte, erano invece spariti tra impegni con il bar, lavoretti per la zia ed il suo canile e tra Natali passati in famiglia, ricevendo sempre le stesse domande di falso interesse...

-Come sta Theo? Lo hai sentito?É tutto okay tra di voi?-

E soprattutto con la stessa identica risposta.

-Bene. L'ho chiamato io ieri. Sì, va tutto benissimo-

Ed era sempre vero.

Lo era.

In generale è sempre lui a chiamare, lui a premere il tasto verde, sperando che l'altro risponda.

E quella risposta che tanto brama, generalmente la riceve.

Ma che sia vero che Theo stia bene e soprattutto che la loro relazione sia ancora perfetta come nei sette anni prima, lui non ne è più sicuro.

Perché se all'inizio si chiamavano così spesso da rendere azzerati quei mille minuti di telefonate in nemmeno due settimane, negli ultimi tre anni le chiamate erano diventate sempre meno nella loro quantità, sempre più corte, sempre piú... Fredde.

Fredde come il velo bianco che si è steso sul suolo durante la notte di gelo che è appena passata, notte che lo ha portato a rimpinzarsi frettolosamente di coperte e vari plaid, ricoprendosi a tal punto da sembrare un involtino.

Fredde come le parole dei suoi genitori e di suo fratello da quando hanno scoperto che è omosessuale.

E proprio per questo non può non temere che l'incrinatura di queste conversazioni abbia congelato perfino il loro rapporto.

Potrebbe anche essere, dopotutto, lui se lo è sempre detto, da negativo qual'è, che nulla dura per sempre.

Come potrebbe anche essere soltanto una casualità, in effetti.

La conferma o la distruzione di tale tesi, però, non è più così tanto lontana.

La porta si apre con il solito scampanellio, il quale induce il ragazzo ad alzare gli occhi celesti dal bicchiere che ha afferrato durante il procedere dei suoi pensieri, incrociando una figura coperta da giaccone, cappello ed un foulard viola, che scuote via la neve dai propri abiti.

Al biondo quasi cade l'oggetto di vetro al vedere i capelli rossi, lievemente ricci dell'altro, i quali sono più lunghi e disordinati di quanto li ricordasse.

Ma anche il color cioccolato dell'iride ... Anche quello sembra differente, seppur abbia una strana familiarità che lo attira come una calamita e da cui, proprio per questo motivo, desidera poter sfuggire.

E le lentiggini... Sono sempre state così tante?

Un tempo, lo ricorda benissimo, si metteva a paragonarle con le costellazioni, quei piccoli puntini rossicci che seminano il volto del compagno.

La sua pelle è poi di un assurdo color latte, lievemente arrossato in direzione del naso.

Theo è sempre stato così pallido?

Deve ammetterlo, non ne ha idea.

Non ne è sicuro, ecco: non lo ricorda quasi più.

A tratti l'immagine perfetta che è stata incisa nella sua mente per tutto il tempo della loro distanza sembra quasi sfocata, lontana, come bucata.

Il Theo che si ritrova davanti non è più il diciassettenne che aveva agitato il suo cuore durante i giorni di liceo, non è più il ragazzino che aveva preso a lanciargli sassolini contro la finestra di casa al suo compleanno per chiedergli di uscire con lui.

Non è neppure quello che gli ha detto che sarebbe andato a continuare i suoi studi scientifici in un altra città.

Non lo è.

Il Theo che ha di fronte è un uomo più maturo, con cenni di barba a decorargli le gote, i lineamenti più maschili ed il corpo molto più sviluppato, cosa palesemente mostrata dalla felpa grigia al di sotto del giaccone nero mollato sull'attaccapanni posto all'entrata del locale.

-Richard- fa il rosso, strappando al nominato un lieve sussulto che sembra quasi morire tra le sue labbra, accompagnato da un brivido che lo percorre lungo l'intera spina dorsale.

Prende dunque ad avanzare, il biondo, risvegliandosi dall'attimo di confusione che lo ha afferrato all'inizio, portandolo a raggiungere lentamente l'ormai uomo che si trova davanti.

Ogni passo che fa, proprio come ogni minuto che prima lo torturava, sembra lento, quasi in una slowmotion televisiva, ma é decisamente solo l'ansia a fargliela percepire in questa maniera.

Per quanto l'altro gli sembri uno sconosciuto, per certi versi, forse più per le troppe diversità, forse per il tempo passato, la sua testa ed il suo petto lo fanno sentire proprio come la prima volta in cui lo vide, tempo addietro: strano, fuori dal mondo, come se non stesse toccando neppure la terra...

Sensazioni piacevoli, uniche, mischiate però ad un altra di esse che non riesce a controllare e che si è aggiunta solo ora.

Disagio.

Disagio perché non sa adesso che cosa dovrebbe fare.

Ha sognato così tante volte quest'evento... Che ora che è vero, non riesce quasi a credervi sul serio.

È come se non riesca sul serio ad afferrare il concetto, per paura che sia una mera illusione creata da sé stesso e dal suo desiderio, che gli ricorda ancora quello di quando era minorenne.

Eppure non lo è più nemmeno lui, il tempo è passato per tutti, anche per Richard stesso.

-Sono felice di rivederti- continua Theo, abbozzando un sorriso calmo -Mi sei mancato-

In altri tempi avrebbe sorriso, ribattendo scherzosamente qualcosa, per poi rispondere all'affetto con un -Anche tu mi sei mancato- ma la mente di Richard sembra come una bolla d'aria: vuota, silenziosa, priva dai commenti che potrebbe fare.

I pensieri non si connettono, tutto sembra non funzionare come vorrebbe che facesse.

Sa che se volesse potrebbe dire ad alta voce tutto quello che in quegli anni non ha mai provato a comunicare sul serio, al telefono.

Sa che se riuscisse a mettere da parte l'emozione, molto probabilmente spiccicare parola non sarebbe neppure così complicato.

Theo infatti, di solito, era sempre stato quello capace di strappargli ogni tipo di smielatezza amorosa: con lui la timidezza impacciata e piena di balbettii diventava solo un ricordo, sepolto da risate e qualche dispetto affettuoso, qualche presa in giro giocosa che si concludeva sempre in un abbraccio o un bacio o ancora una carezza.

Ma ora... Qualcosa non va.

-Ciao-

Riesce a dire solo questo, Richard.

Una parola, quando in realtà ne avrebbe potute dire un milione, mentre si insulta mentalmente per la propria stupidità, per la propria incapacità a formulare una frase lunga e sensata, magari comica o dolce, magari stupida, qualcosa che rompa il suo animo, che lo scaldi e che dunque distrugga la sua improvvisa riservatezza.

E si insulta perfino per l'imbarazzo che prova e che sta creando quella distanza che non vorrebbe vi fosse, perché ciò che vede, ad i suoi occhi sembra irraggiungibile, come posizionato su un pilastro, quando non dovrebbe essere così.

Theo, agli occhi del biondo, sembra non mostrare alcun tipo di preoccupazione per la risposta datagli, proprio come se fosse posizionato su quel pilastro impossibile da far vacillare, a contrario suo, che sente di star crollando, pezzo dopo pezzo, disgregandosi man mano e non ha capito nemmeno perché .

- È questo l'orario in cui stacchi, giusto? Non ho sbagliato?- domanda dunque Theo come risposta al suo saluto.

Richard scuote la testa, riuscendo poi finalmente a parlare, nonostante il nulla che sembra scavargli nella mente come se fosse un cucchiaio.

-Non hai sbagliato- fa una breve pausa, mentre rigira la stoffa del proprio maglione bianco tra  le mani, giocherellandoci per sfogare la tensione -Ho appena finito il mio turno, lasciami solo restituire le chiavi al capo-

-Okay. Ti aspetto qui-

*

La città, coperta dalla neve, sembra quasi statuaria, avvolta da una luce propria così brillante da accecarlo, che la rende bellissima e pura, ma allo stesso tempo come se fosse morta, proprio come una sottospecie di paradiso in terra.

Non vi è quasi anima viva, solo qualche uccellino che spicca il volo da un albero all'altro o in direzione del cielo, le luci natalizie che decorano i negozi quasi completamente vuoti e pochissimi clienti -la maggioranza in auto- che vanno e vengono per acquistare gli ultimi regali mancanti agli ultimi minuti pomeridiani di quel Ventiquattro Dicembre.

Il biondo nasconde il volto nella sciarpa blu scuro, cercando di catturare un minimo di calore dalla stoffa, siccome la rinite che si ritrova gli fa sentire la freddezza e l'umidità il doppio di come dovrebbe, tanto da fargli percepire le narici in fiamme a contatto della corrente invernale.

Entrambe le sue mani, coperte dai guanti, sono cacciate nelle tasche del blazer nel disperato tentativo di non sentirle diventare dei ghiaccioli.

Non riesce ad incontrare lo sguardo dell'altro: sente che lui lo osserva attentamente, ma non riesce a rispondergli senza staccare il contatto in massimo tre secondi.

È da pochi minuti che camminano, ma questi sono stati interamente attraversati da un quasi totale silenzio, interrotto soltanto dal rumore dell'affondare degli stivali nella neve.

Solo arrivati ad un semaforo rosso, vicino ad un incrocio, Theo gli rivolge la parola, distruggendo il clima formatosi.

-Che ne dici se andiamo all'acquario? È la prima cosa che mi piacerebbe vedere, dopo tutto questo tempo-

Il biondo spalanca le palpebre a tale frase senza neppure volerlo, mentre gli scappa un battito.

L'acquario è sempre stato il loro posto.

Ci erano andati al loro primo appuntamento, al loro anniversario, al coming out, nei pomeriggi vuoti in cui volevano stare insieme senza essere disturbati, come isolati dal resto  della popolazione, e... nell'ultimo giorno in cui si erano visti, poco prima della partenza.

Richard aveva sempre adorato andarci insieme a Theo: aveva sempre amato guardare i pesci, osservarli danzare con le loro mille sfumature di colori nell'acqua cristallina, nascondendosi tra le alghe.

Lo aveva sempre rilassato stare lì, riusciva a svuotare la sua mente da i pensieri... E loro due ai tempi finivano sempre con il perdervi ore.

Dopo la partenza, il biondo non ci era più andato.

Non un giorno, in quei sette anni, lo aveva passato nell'acquario.

Non ci aveva neppure provato, neppure per salutare il vecchietto proprietario che dava il cibo agli animali, forse per via dell'idea che avrebbe percepito la mancanza del suo ragazzo più di come già la sentisse non avvicinandosi neppure ad esso.

Aveva sempre preferito cercare di tenersi impegnato, pur di non andarci.

Ma ora Theo è lì con lui, quindi... Perché no?

Quel posto gli manca terribilmente e non è neppure così distante.

-Sí. Volentieri- affonda semmai di più il mento nel colletto, percependo la mano del rosso che va ad appoggiarsi al suo braccio.

Non si sposta dal tocco e non lo scaccia via, anche se un groppo gli si incastra nella gola e lo sguardo viaggia sulla punta delle calzature come se improvvisamente fossero diventate la cosa più interessante di tutte.

Quel bisbetico ed irritante disagio continua a saltare su, nonostante il tocco dell'altro dovrebbe invece riempirlo di gioia per la sensazione ben conosciuta che porta con sè.

-Comunque volevo dirti che mi dispiace per gli ultimi periodi- fa Theo, tossendo leggermente per schiarirsi la gola mentre il rosso del semaforo diventa verde, permettendo loro di superare le strisce -L'università ed i corsi mi hanno stremato. Stando sui libri per quasi sedici ore a giorno, il resto del tempo lo passavo a letto.-

-Ah... Quindi è per questo che sei così pallido?- chiede -Non sei uscito molto spesso, immagino-

-No, infatti. Nonostante ci fosse il mare, ci sarò andato massimo massimo otto, nove volte nel giro di sette anni. Ed erano nei primi periodi-

-Con quanto sei uscito, alla fine?-

- Novantaquattro su cento- asserisce, sbrigativo -Un mio compagno è riuscito ad ottenere cento e lode-

-Un amico?- azzarda il biondo, cercando di non sentirsi strano all'idea che, sì.

Un tempo gli amici di Theo li conosceva tutti, ora invece la maggior parte di essi sono solo dei nomi, facce scomposte, punti di domanda che rimarranno tali, molto probabilmente.

-No. Mai visto un essere con così tanta ipocrisia in corpo- Theo ride, Richard accenna un leggero sorriso, che poi si trasforma in una sorta di smorfia pensierosa.

-Tu invece? Negli ultimi anni hai avuto novità di cui non mi hai parlato?-

Bella domanda.

Richard non ha accennato molte cose in quelle chiamate.

Richard ha preferito metterle da parte, siccome non gli sono mai sembrate particolarmente importanti.

-Mia zia e mia madre hanno avuto un litigio. Andrea qualche mese fa aveva portato a casa un altro randagio e non voleva metterlo nel canile. Diceva che non sarebbe sopravvissuto in gabbia neppure un giorno.  Ma in ogni caso il cane è morto nel sonno nel giro di due giornate anche non essendo in gabbia, senza una motivazione precisa. Non aveva malattie né niente-

É solo una delle tante cose che gli sono successe: non una delle più importanti di certo.

Ma probabilmente il biondo non parlerà mai delle sue sedute dallo psicologo, dovute al peggiorare decisivo di molti suoi aspetti mentali.

I genitori avevano persino azzardato che erano dovuti al suo essere gay, ma se il biondo avesse dovuto correggerli, semplicemente avrebbe detto che la sua sessualità non centrava assolutamente con la sua mancanza totale di fiducia in sé stesso e con la sua estrema negatività.

Tali velenosi pensieri non erano di certo derivati dai suoi gusti, ma dallo sconforto nei confronti di un padre che lo definiva uno scherzo della natura, dalla madre che si fingeva comprensiva e positiva per le sue scelte, ma che poi in certi momenti, quando credeva di non venire sentita, piangeva perché 'aveva un figlio sbagliato' e dal fratello che lo guardava come uno scarto andato a male.

Andrea era l'unica a sostenerlo per davvero, anche perché aveva due migliori amiche omosessuali che stavano insieme ed aveva messo da parte il concetto dell'amore "perfetto", definendolo inesistente.

-Poi?- chiede il rosso, incalzandolo ad avanzare nelle conversazioni con perfino un rapido movimento di capo.

-Un anta del mio armadio é caduta tipo dieci giorni fa-

-Mentre eri in camera?-

-Sí. Era tipo l'una, credo. É caduta sul letto di Pet. Fortuna che lui non c'era-

La conversazione si trascina fino all'edificio dell'acquario.

Esso sorge ai suoi occhi come se, almeno quello, non fosse praticamente mai cambiato.

La prima cosa che salta all'occhio è la figura di un delfino che ne decora l'insegna, rifinito nel dettaglio, con la scritta 'aperto' in un corsivo morbido che ricorda il muoversi delle onde.

C'è una vaga atmosfera di calma nell'edificio, Richard la percepisce appena entra.

Quel posto sa di mare e di casa, sa di emozione, di abitudine, la quale riesce a farsi toccare, a farsi sentire con tutta sé stessa.

Richard e Theo cercano con lo sguardo il proprietario, ma al posto del vecchio vi è la probabile nipote, riconoscibile per certi dettagli che il biondo ancora ricorda dell'anziano.

Ella è una donna castana sulla ventina, vestita in camicia hawaiana, sepolta da uno scialle ocra ed accompagnata da una gonna a tubo di un color perlato.

La ventenne li accoglie con un sorriso ed un -Ben arrivati- poi porge loro l'itinerario che i due sanno a memoria, ma che comunque accettano per educazione.

Appena dopo averlo fatto, Richard e Theo si congedano, prendendo a girare per l'acquario con espressioni ammaliate.

Richard viene come ipnotizzato dalla visuale che gli si para davanti e non riesce a distaccare lo sguardo dai vetri che dividono le sale dall'acqua.

-Ti ricordi quando ci siamo venuti per la prima volta e abbiamo toccato le mante?- chiede Theo, ridacchiando appena.

-Sí. Erano velenose, non abbiamo visto il cartello del 'non toccare'. La nostra fortuna è stata che non ci hanno fatto niente- Richard non può trattenersi dal ridere a sua volta

-Infatti. Probabilmente volevano coccole anche loro, dopo aver visto tutte le mante normali riceverne dagli spettatori-

I due si guardano, sorridendosi a vicenda, tornando poi ad osservare le varie sezioni con le specie di pesci.

Poi raggiungono la loro sala.

Quella in cui si sono dati il loro primo bacio.

Theo va a congiungere la propria mano con quella di Richard, il quale freme al contatto, smettendo immediatamente di sorridere, tornando a ricadere nello stato iniziale che sembrava essere sparito con l'avanzare, ma che a quanto pare è come se fosse un circolo vizioso, sempre pronto ad afferrarlo per la gola e a farlo sentire negativamente.

Richard vorrebbe che tutto tornasse come prima.

Richard vorrebbe annullare il suo caotico nervosismo, ma sembra che per il momento non sia ancora possibile.

Senza dire nulla, entrano nella sala a tutto tondo e si siedono sulla panca disposta al centro di essa.

Il biondo è tornato a fissare in basso.

Non guarda più neppure i pesci, semplicemente osserva il terreno, ingoiando il magone misto alla saliva che è ricominciato a formarglisi in gola.

Rimangono lì, fermi, immobili, nel più plateale ed insopportabile dei silenzi, che è tornato a calar loro addosso come un mantello, pesando più di un masso sulle loro schiene.

Quegli attimi stanno tornando a rallentare nella testa del biondo.

Quegli attimi stanno tornando a tormentarlo, proprio come già avevano fatto nel momento in cui stava aspettando che Theo arrivasse.

-C'é qualcosa che non va, eh- commenta di colpo il rosso, prendendolo di sorpresa e riattirando totalmente la sua attenzione.

I loro occhi si incrociano: quelli di Theo sanno di un estrema tristezza e nostalgia, totalmente diversa dalla tranquillità iniziale.

Richard non fiata, non apre bocca, anche perché sente che l'altro continuerà a parlare e perché, allo stesso tempo, negare ciò che ha detto, sarebbe decisamente mentire.

Ed il biondo non è mai stato un bravo bugiardo.

-Sette anni sono stati tanti, forse troppi, per te- continua il rosso -Ed il tuo silenzio lo testimonia. In tutti questi anni, non ho desiderato altro se non di tornare, di rivederti, di risentire la tua voce e non da un telefono, di poterti toccare come una volta. Forse...-

Theo aggrotta la fronte, con un espressione malinconica che si fa strada sul suo volto.

-Forse però non potrà mai accadere. Perché di tutte le cose che potresti fare, il tuo silenzio è quello che mi ferisce di più. Preferirei mille volte di più che mi urlassi contro, che mi dicessi tutti i motivi per cui adesso non vuoi più nemmeno che ti sfiori con un dito, che mi insultassi.- chiude gli occhi e fa una pausa -Ma non lo fai... E io posso solo immaginare le mille cose che potrebbero essere nella tua testa, in questo momento. Quindi, piuttosto, chiudiamola qui-

Theo si alza dalla panca e, con un rapido gesto, appoggia le proprie mani sui fianchi dell'altro e le labbra sulla fronte del biondo in un tocco delicatissimo, il quale non ha nemmeno tempo di sommare tutte le cose che gli ha detto agli ultimi momenti e che gli si stanno accavallando nella testa, una dopo l'altra.

E dopo quel rapido bacio sulla fronte, il rosso se ne và, lasciandolo nuovamente da solo, abbandonato a sé stesso, proprio come in tutti quei sette anni.

Perché è proprio così che il biondo si è sentito per tutto quel tempo, non rendendosene neppure conto.

Abbandonato.

*

Non disposto ad aspettare?

Non disposto ad accettare che lui si prenda i suoi tempi per uscire dalla sua confusione?

Non disposto e basta?

Forse Theo è stato tutto questo.

O forse, in un certo senso, Theo aveva ragione.

La loro relazione non sarebbe potuta tornare a com'era stata in quegli anni prima, lo sente lui stesso, anche per via della sua incapacità a stare con il compagno senza percepirsi nel più totale dei disagi.

Se non ci si sentiva bene con il proprio partner, allora con chi avrebbe dovuto sentirsi tale?

La loro storia era come un capitolo chiuso.

Un capitolo che mandava soltanto malinconia, che riempiva di aspettative per qualcosa che era stato interrotto da troppo tempo, come un dipinto secco che non puoi semplicemente riprendere da dov'era, perché si sarebbe soltanto rovinato.

Eppure Richard, mentre si sente isolato dal resto dei chiacchiericci allegri -e per lui falsi- di famiglia, guardandoli tagliare fette di torta, di pandoro e molti altri tipi di dolci e porgere poi i regali, non riesce a staccare il pensiero da Theo.

Non riesce a smettere di sentire gli occhi bruciargli al pensiero che tutto sia andato al diavolo, così, in uno sbuffo di fumo.

Non riesce ad accettare che non potrà vedere l'altro sorridergli, che non potrà sentirlo parlare, ridere, imprecare contro ai fan dei giocatori di basket che ogni venerdì sera gli parcheggiano sempre sotto casa e che non pagano nemmeno il ticket, non poter scherzare con lui di come nelle pizzerie ordina sempre il solito piatto, non riuscendo mai a finirlo.

Non poter stare con lui sembra troppo difficile, a dir poco impossibile, come sopravvivere nel proprio mondo gelido senza la più piccola fiammella che possa anche soltanto scaldarlo.

Va così a cacciare le mani nelle tasche, seppellendo la sensazione di vuoto e di inverno che si impossessa delle sue membra ancora di più di prima: nonostante sia in casa, non riesce a togliersi il blazer di dosso.

E semplicemente si accorge del piccolo pacchetto rosso ed oro che vi è dentro, ben incartato, con un bigliettino attaccato tramite una cordicella che vi penzola.

C'é un unica frase, sopra, abbastanza da frenargli il respiro e lasciarlo lì, a guardarla con aria stralunata, tanto che Andrea gli chiede se stia bene e lui neppure riesce a sentirla.

Non è nulla di che, come frase, non è qualcosa che non si trovi da nessuna parte, anzi, é una frase che ha sentito dire da così tante persone che a tratti gli dà il voltastomaco, ma...

Quell'unica scritta semplicemente é comunque una brezza piacevole, tiepida, che si fa strada in lui.

Buon Natale, Richard.

*

Un sassolino va a scontrarsi con la superficie del vetro, emettendo un rumore sordo, seguito da un altro ed un altro ancora.

Theo credeva di esserselo immaginato, all'inizio.

Credeva che fosse stata la sua testa , inondata da ricordi che sembrano dirottarla ed annegarla, a rimandarglieli, come se fosse lui a lanciarli di nuovo.

Ma continuano, i sassolini, uno dopo l'altro si susseguono, portandolo ad alzarsi dalla sedia con le ruote che ha sempre utilizzato per lavorare al computer.

Si avvicina, dunque, alquanto incerto, alla finestra, spostando le tende e trovandosi a spalancare le ante con più rapidità del dovuto.

Il biondo è sotto casa, con la mano piena di quelle piccole pietre argentate, gli occhi celesti che brillano al di sotto dei capelli oro scompigliati ed il rossore che va a percorrergli interamente il volto.

Ha un espressione diversa.

Diversa da quella che ha involontariamente avuto per tutto il pomeriggio, diversa da quella che aveva alla fine, quando Theo ha deciso di uscire dall'acquario, sentendo il cuore e la testa urlargli contro per la cazzata tremenda che aveva fatto.

Non avrebbe voluto andarsene.

Non avrebbe voluto mollarlo lì.

Ma non aveva potuto non pensare al compagno, chiedendosi se era davvero felice, cosa che sembrava non essere.

E sinceramente lo aveva capito, lui stesso aveva compreso che avrebbe potuto non provare più nulla di quello che li muoveva quando stavano insieme.

Sette anni sono tanti, dopotutto.

Theo li ha passati praticamente tutti a pensare al biondo ed allo studio, non è mai riuscito a staccare da nessuno dei due, o almeno, dallo studio avrebbe potuto, ma se lo avesse fatto, la sua media ne avrebbe risentito alquanto e l'idea decisamente non era di suo gradimento, anche perché aveva deciso di aprire uno studio da dottore nella città in cui Richard stesso vi era, così che nessuno potesse dividerli di nuovo, nemmeno il lavoro.

Ma se i sette anni li avevano staccati in partenza, lo avrebbe capito, se ne sarebbe fatto una ragione.

Perciò, semplicemente gli aveva lasciato un ultimo bacio di addio, infilando in contemporanea il suo regalo di Natale nella giacca, seppur Richard li odiasse, i regali, e se n'era andato, impedendo al proprio egoismo di prendere il sopravvento.

Ma... Ora Richard era lì, sotto casa sua, con quell'espressione che sembrava quella di quando aveva accettato il suo primo appuntamento.

-Ricominciamo daccapo-

Perché se non è possibile riprendere da dove erano, un capitolo ormai chiuso, se ne può sempre iniziare un altro.

 

  
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