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Autore: shana8998    19/05/2020    3 recensioni
Dimenticate il solito cliché del ragazzo bello e dannato che stravolge la vita della povera ed ingenua protagonista. Dimenticate la ragazza vergine che perde la testa per il cattivo ragazzo.
Se per una volta fosse la bella e dannata a stravolgere la vita perfetta del protagonista?
Fra Gabriel e Cécile è successo proprio così. Lui ricco, di ottima famiglia , studioso , diligente e fidanzato.
Lei una ribelle piena di tatuaggi e piercing , dalla vita sregolata e disastrata.
Gabriel avrebbe potuto dimenticarla dopo il primo incontro.
Ma forse , sapevano entrambi che sarebbe stato impossibile.
«Tu ed io, siamo colpa del destino»
Genere: Angst, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Universitario
Capitoli:
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                                         Prologo

Com'è potuto succedere proprio a me? Io che sono sempre stato così diligente, serio, responsabile. Come ho potuto concedere ad una persona il potere di  manomettere la mia vita, a tal punto, da sconvolgerla per sempre?
E' inconcepibile. Un ragazzo non può finire sulla cattiva strada per colpa di una ragazzina.
Si proprio così: di una ragazzina.
Una dannata ragazzina, dai sogni irrealizzabili. Un animo irrequieto e maledetto in lotta costante contro quei demoni che l'avrebbero potuta divorare da un momento all'altro.
Perché ho permesso a me stesso di fare miei, i suoi mostri? Perché non ho fermato tutto quando potevo?
Probabilmente, perché nel momento in cui le nostre vite si sono incrociate, io avevo già incominciato, per la prima volta, a capire cos'è l'amore. Cosa significa essere stregati da qualcuno e quando me ne sono accorto, era già troppo tardi.
L'amore, ahimè, ha mille sfaccettature: è un caleidoscopio di emozioni che bruciano la gola come una dose di dama bianca. Non lo controlli-non puoi- controllarlo.
L'amore, non ha un canone, non ha regole; e poi, anche se ne avesse, lei, le avrebbe infrante tutte.

«Tu ed io, siamo colpa del destino»

Dio...non posso smettere di pensarla. 
La sua voce. Quella maledetta frase che non vuole cancellarsi dalla mia testa. Indelebile, proprio come un tatuaggio. Uno di quelli che tanto amava e che tanto detestavo io.
Con lei non riuscivo a capire cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato.
Agivo di impulso. Senza ragione. 
No...Chi voglio prendere in giro, una ragione l'avevo...Cécile Charlotte Pestillo era la mia ragione.
Il mio destino.



 
                                                                             Gabriel 1.

La cultura è la misura del valore di una persona.
L'Università, sin dagli albori della mia vita, è sempre stata chiaramente: il mio traguardo. 
Sono stato ammaestrato affinché riuscissi nell'intento di conquistare la mia ammissione alla Saint Louis University. 
E' un posto per pochi,ed io, non avevo altra possibilità se non quella di essere "uno di quei pochi".
Mi sono sempre impegnato al massimo in funzione di quel traguardo. Scelte dei corsi, scelte dei gruppi di studio. Ostinato a mantenere la mia media altissima, ho annientato anni ed anni di goliardiche avventure giovanili, solo per quella maledetta lettera di ammissione...
Poi è arrivata. Come un fulmine a ciel sereno. Ce l'avevo fatta...

«Gabriel!» 
Stacco il carica batteria dalla presa elettrica e raccolgo il cellulare dal comodino.
«Allora, Gabriel vuoi scendere?!»
«Arrivo!»
Credo che mia madre sia più in ansia di me. L'unico figlio che va all'Università. Anche se praticamente abito a meno di tre isolati dalla struttura, immagino, che apprensiva com'è, le sembrerà di aver perso suo figlio in qualche, sperduto, continente asiatico.
«Buongiorno» 
Quando scendo le scale, Sara è accanto a mia madre, con uno scatolone stretto fra le braccia e mi regala uno dei suoi dolcissimi sorrisi.
«Buongiorno piccola» le do un bacio sulla fronte. Non mi volto verso mia madre, ma so che è accigliata. Odia le "effusioni" in pubblico. Qualsiasi tipo di effusione, anche quelle inesistenti come questa.
«Hai preso tutto?» dice, schiarendosi la voce.
«Si mamma» le sorrido reprimendo il primo di una lunga serie di sospiri rassegnati.
Ci avviamo tutti e tre verso la porta d'ingresso. 
«Sei proprio certo che vuoi stare in un dormitorio? Non preferiresti tornare qui?» chiede per la millesima volta.
 Mia madre è unica nella sua possessiva apprensione.
La classica donna troppo protettiva che ti chiude per anni dentro una bolla di vetro, pur di non farti sbucciare le ginocchia. Troppo innamorata di suo figlio per lasciarlo in balia della vita.
Rido. «No, mamma. Starò bene.»
Non ne sono molto convinto. Cioè, il dormitorio è la scusa per starle un po' lontano e senza pressioni di alcun genere. Ma la verità è che io odio condividere gli spazi. Specie quelli personali.
Sara sistema l'ultimo scatolone nel portabagagli e sale sul sedile posteriore.
«Ne sei certo?»
«Si mamma. Ne sono certo.»
E' veramente esasperante...                                   
                                                                              ***************
«Che posto orribile» mormora mia madre, mentre, attraversando il corridoio del dormitorio, ci scontriamo con un gruppo di punk.
Non posso fare a meno di sghignazzare assieme a Sara, per lo sdegno che le marchia a vista il viso.
«Siamo arrivati.» Metto via il foglio preso in segreteria.
Una porta verde leggermente logora, ombra la mia visuale.
«Sei sempre in tempo per ripensarci» dice quasi fra le labbra.
L'abbraccio «E tu per sistemarti le pieghe sul tubino che indossi».
Una delle poche cose che ho in comune con lei è la cura per noi stessi. Siamo fissati per eleganza, stile ed abiti firmati.
Non ricordo di aver mai avuto una polo o un cardigan che non costasse almeno 200$, ovvio, non mi piace ostentare con gli altri, ma adoro il fatto di distinguermi per la classe.
Forse è sbagliato, ma sono cresciuto secondo opinioni bel precise e regole, così ferree, che hanno plagiato il mio modo di vedere cose e persone.
Anche Sara. Se lei non fosse così casta, bella, bionda come mia madre ed elegante; io non l'avrei nemmeno presa in considerazione.
Mia madre arrossisce e si ricompone immediatamente stirandosi sulle gambe il tessuto dell'abito.
Finalmente mi decido ed abbasso la maniglia: un odore pungente di fumo mi travolge.
Sento mia madre soffocare un respiro e non è per l'odore che c'è nella stanza.
Una tipa piena di tatuaggi e piercing sta praticamente scopando con il suo ragazzo, davanti ai nostri occhi.
Mi schiarisco la voce, tirandomi sul naso il paio di occhiali da vista. Prima che mia madre gridi addosso a questi due, intervengo io.
 «Permesso?»
Sollevano la testa ma non sembrano affatto imbarazzati. 
«Hai visite...» mormora lei scendendo dall'inguine di lui e raccogliendo la T-shirt da terra.
Ringrazio il cielo che non siano del tutto nudi. Mia madre sarebbe potuta collassare.
«Tu devi essere Gabriel» dice il tipo dai capelli ossigenati e le braccia ridotte ad un brutto quadro di arte moderna.
«Si, sono io.» Mi rendo conto di avere leggermente la voce irritata.
Sara lo scruta paonazza in volto. E' combattuta fra il coprirsi gli occhi ed il continuare a fissarlo. Credo che non abbia mai visto un ragazzo semi-nudo in vita sua. Io, al contrario, sono anche un po' invidioso per la verità. Sara mi ha imposto la castità fino al matrimonio, di buon accordo con mia madre. Quindi insomma...si, vorrei essere su quel letto al posto di quel tizio. Magari, però, con lei e non con quella ragazza.
Il tipo si alza e prima ancora di stringermi la mano, si accende...cos'è quella una canna?
Ho paura che mia madre potrebbe svenire da un momento all'altro. 
«Oh mio Dio, ma quella è..» dice con il respiro mozzo afferrando il mio braccio. 
«Io sono Drake.» Mi tende la mano lui ,costringendomi a separare il braccio dalla presa disperata di mia madre.
La stringo fissandolo dritto in viso. Serio come non mai.
Ritira la mano ed indica la ragazza con il pollice «E lei è Ambra.»
Osservandola bene, anche lei ha quel non so che di raccapricciante. Ha due ferri infilzati nelle guance e disegni gotici lungo tutte le braccia ed i capelli tinti di giallo evidenziatore che le sbattono proprio male sul viso pallido e carico di trucco.
Ambra solleva una mano come se non ci vedesse e saluta chiudendo le dita, una dietro l'altra, come un ventaglio.
«Posso andare?» Si rivolge al biondo, un attimo dopo, con un certo tono tediato.
Lui annuisce. 
La bionda ci supera come se niente fosse, risistemandosi la gonna inguinale sulle cosce.
«Gabriel...» sussurra mia madre nel mio orecchio «sei forse impazzito?»
Devo esserlo sul serio per decidere di restare qui con questo tipo e la sua discutibile fidanzata.
Ma lo faccio. Resto.
«Mamma è tutto ok» mormoro a denti stretti. 
Non voglio darle l'impressione di essere irritato da lei, piuttosto, sono irritato perché so che mi pentirò prestissimo.
Sospira rattristata e poggia il mio borsone sul materasso vuoto. Vuoto, si fa per dire: ci sono un mucchio di panni accatastati.
«Scusa, non è che potresti...» indica i panni, con un gesto che denota disgusto a volontà.
Gli occhi di Drake viaggiando da Sara a lei e da lei ai vestiti. «A quelli non sono miei» 
Alza le spalle e raccoglie la sua maglia.
Non c'è un centimetro della sua T-shirt non  forellato. Cos'è una nuova moda uscita da poco? 
Mia madre sembra sbigottita dalla risposta. «A no? E di chi sarebbero?» 
Mi avvicino al materasso e rovisto fra gli indumenti. Sono di una taglia eccessivamente piccola e non penso che un ragazzo userebbe un reggiseno con tanto di collarino annesso.
«Sono i miei.» Una quinta presenza si aggiunge a questo momento, già di per se, assurdo.
Sara, mia madre ed io ci voltiamo verso la porta di colpo.
Una ragazza avvolta in un cardigan nero che le arriva lungo sulle cosce, vestita in tuta ed anche lei, amante dei piercing , si affaccia aggrappandosi alla cornice della porta.
Ha lo sguardo furbo e vispo. Non come questo qui e la sua ragazza che sembrano essere usciti dal film: "Virus".
Fa un passo avanti. Non sembra ne entusiasta, ne scontenta, di vedermi qui ma le brilla una luce strana negli occhi.
«Gabriel. Sono il coinquilino di Drake.» Le tendo una mano.
Accenna un sorriso che dura mezzo secondo. «Cécile».
Che nome strano. E' francese?
«Io sono Sara.» Sara si fionda fra di noi, all'improvviso,quando nota, che la mora continua a fissarmi come se stesse assistendo all'aurora boreale.
«Piacere.» Stesso sorriso. Stessa stretta di mano e poi torna a guardare me.
«Primo anno?». Sembra cordiale. Un po' strana, ma cordiale.
«Esatto.» 
Si rassetta il mezzo cerchietto di ferro sotto l'attaccatura del naso.
«Allora frequenterai gli stessi corsi che frequento io.»
Annuisco incerto.
«Ti piacerà vedrai» dice accennando un secondo e breve sorriso; ma non mi guarda, piuttosto, le sue iridi chiare stanno viaggiando dietro le mie spalle.
Si affaccia oltre il mio braccio ed alcune ciocche, dei lunghi capelli lisci e scuri, le ricadono sulla scollatura della canottiera bianca - non so perché la sto guardando, giuro.
«Lei chi è? Tua nonna?» Domanda ingenua.
Mi irrigidisco.
Mia madre fa un passo avanti. «Si da il caso, che io sia la madre di Gabriel. Sharona.»
Tuona sollevando il mento impettita.
Devo poggiare il pugno chiuso della mano, sulle labbra, per non ridere.
Cécile, al contrario, non sembra aver capito il fastidio di mia madre.
La guarda stralunata schiudendo appena le labbra.
Poi si fa dritta.
«Vi tolgo i vestiti dal letto» afferma,  ignorando del tutto l'ira di mia madre. 
Sono sbalordito. E' maleducata o solo stupida?
Solleva lo sguardo a me un secondo prima di tornare a muoversi per la stanza.
Gli occhi color miele chiaro, le donano un'aria così ambigua... Mette quasi paura.
Si avvicina al materasso, raccoglie il mucchio di abiti e se lo tira in grembo.
«Allora buon inizio semestre.» 
Parla pacata, lenta, ricorda il sibilo di un serpente la cadenza della sua voce. O forse, è solo l'impressione che mi da il suo aspetto.                                                                                             ************
«Quella deve starti lontano» ringhia fra le labbra Sara, avvinghiando il mio braccio, mentre camminiamo verso la caffetteria dell'Università.
«Non posso crederci! Mi ha dato della nonna!» 
Per fortuna, lo strepitare di mia madre mi impedisce di risponderle.
«Ok, sono tipi strani. Ma, infondo, non devo frequentarli per forza.»
Non ho alcuna intensione di frequentare Drake, le sue canne e la sua ragazza.
O quella tipa strana con gli occhi miele.
«Vorrei ben vedere!» esclama Sharona, poi, si volta verso il barista «Ci fa tre caffè? Grazie.» ed allunga 5 dollari.
«Questa non doveva essere un' Università cattolica?».
«Lo era. Nel settecento.» le faccio notare sconsolato.
Pochi minuti a seguire i caffè sono pronti.
Prendo il mio e quello di Sara che, nel frattempo, ha ordinato anche un cornetto alle more e sta aspettando che le venga dato. Mi dirigo verso un tavolino seguendo mia madre.
«Cerca di dimenticare questa esperienza.» Le chiedo quasi come una supplica.
E' furiosa e a me viene ancora da ridere. Ma come si fa ad avere così poco tatto come quella ragazza?
«Vorrei che tu dimenticassi di aver deciso di restare qui.» Strappa una bustina di zucchero e versa i granelli  nella tazzina.
Sospiro ancora. E' da quando è incominciata questa giornata che lo faccio.
«Ci hanno messo un secolo» Sara si passa una mano dietro la gonna a pieghe stirandola contro le cosce, prima di sedersi e poggiare il piattino con il suo cornetto sul tavolino.
Gli occhi blu le risplendono colpiti dai neon sul soffitto, rendendola ancora più bella.
Sono innamorato di lei, ha tutto quello che posso desiderare da una ragazza.
Nessuna potrà mai cambiare quello che provo nei suoi confronti. 
«Sono d'accordo!» Esclama mia madre facendo piombare nuovamente la mia attenzione, al discorso nato fra loro, attorno al tavolino.
«Su cosa?» Domando confuso, mandando giù un sorso di caffè.
«Sul fatto che quella tipa debba stare lontana da te» risponde fiera la mia ragazza, spostandosi una ciocca bionda dietro le spalle.
Ahh...queste due, insieme, sono come il Gatto e La Volpe.
Sono all'Università da meno di un'ora e già sembra che mi debba fare dei nemici...Grazie ad entrambe ragazze!

Sarà sicuramente un anno difficile...

 
   
 
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