Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Erica la Yaya    20/05/2020    0 recensioni
Dove Josuke porta Jotaro a vedere i ciliegi in fiore.
//JotaKak//
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Noriaki Kakyoin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cherry Blossom
 
 Dove Josuke porta Jotaro a vedere i ciliegi in fiore
 

 
“Jotaro-san! L'ho trovata finalmente!”
 
“Hm?”
 
Il biologo marino, riconosciuta la voce di colui che lo aveva chiamato, si voltò in direzione dello studente, interrompendo così la sua passeggiata mattutina.
 
“Ciao, Josuke,” disse allora l'adulto, con un tono di voce all'apparenza disinteressato “posso fare qualcosa per te?” chiese, andando subito al sodo; quel giorno aveva delle faccende importanti da svolgere e non voleva perdere tempo più del necessario.
 
“In realtà una cosa ci sarebbe...” rispose il ragazzo, lievemente in imbarazzo. Jotaro inarcò il sopracciglio, incitando il più giovane a continuare.
 
“Ecco... sì, uhm... vede, Jotaro-san, mia madre è molto impegnata col lavoro e il vecchio, come meglio sa lei di me, è in America...”
 
Il ventisettenne iniziò a spazientirsi, segno che si poteva intuire da come avesse corrugato la fronte.
 
“Josuke, vai dritto al punto.”
 
Il ragazzo, a quella richiesta, sussultò lievemente; in seguito guardò in basso, un po' nervoso, prese coraggio e, facendo un profondo respiro, si inchinò.
 
“Jotaro-san, venga a vedere la fioritura annuale con me! La prego!” disse infine, tutto d'un fiato. Di tutte le cose che il biologo aveva ipotizzato l'altro volesse dirgli, questa proposta era sicuramente la meno probabile. Aveva sentito bene?
 
“La fioritura... annuale?” chiese infatti, per confermare ciò che le sue orecchie parevano aver sentito.
 
“Sì, ecco-!,” scattò in posizione eretta Josuke “di solito vado sempre con mia madre, in quanto per me è una cosa molto legata alla famiglia, ma come le ho già detto lei non può e-!”
 
“... il vecchio non è raggiungibile. Ho capito...” concluse Jotaro, con un accenno di orgoglio nell'espressione “... e quindi hai pensato a me.”
In quel momento gli veniva da ghignare, ma se il portatore di Star Platinum voleva mantenere un minimo di dignità, non poteva assolutamente lasciarsi andare; Josuke arrossì un poco.
 
“Sì be'...” disse, colto sul fatto “... se ha tempo, voglio dire, io non-”
 
“Verrò con te.”
 
“Eh?”
 
“Hai capito bene, verrò con te. Mi sembra una cosa a cui tieni molto, quindi ti accompagnerò.”
 
Il volto di Josuke sembrò illuminarsi di stupore e gratitudine, tanto che, a Jotaro, sembrò un bambino.
 
“Grazie mille Jotaro-san! Di sicuro non se ne pentirà!” esclamò lo studente, per poi sorridere.
 
“Yare yare...” disse Jotaro, portandosi la visiera del cappellino in giù al fine di nascondere la parvenza di sorriso che gli si era formato sulle labbra. Josuke gli si avvicinò e, mentre si pettinava i capelli, gli chiese: “Allora, andiamo?”

 
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Il parco in cui Josuke aveva portato il biologo era enorme: migliaia di alberi in fiore di tutti i tipi erano nel pieno della loro fioritura, fornendo allo spettatore di turno uno spettacolo meraviglioso.
 
“Sai, Josuke,” iniziò a dire l'adulto “alla fioritura non ci ero mai venuto.”
 
A quelle parole sul volto del ragazzo si dipinse un'espressione incredula.
 
“Cosa? Davvero? E come mai?” chiese, curioso.
 
“Lo consideravo una perdita di tempo. Mia madre cercava sempre di trascinarmici ma, in un modo o nell'altro, riuscivo sempre a scamparla.”
 
Josuke ridacchiò.
 
“È molto da lei, Jotaro-san,” disse lo studente, beccandosi un'occhiataccia dall'altro “ehm, senza offesa, ovvio.”
 
Stettero in silenzio ad ammirare il paesaggio per un po', camminando, quando al portatore di Crazy Diamond venne in mente un particolare.
 
“Caspita, me n'ero scordato!”
 
Jotaro lo guardò enigmatico. In risposta il ragazzo, raggiante, si voltò verso di lui.
 
“Mi segua, Jotaro-san! Devo assolutamente farle vedere una cosa!” disse, per poi iniziare a correre in direzione nord, verso il centro del parco. All'adulto, a quel punto, non rimase altro che seguirlo.

 
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“Ta-daaa! Che ve ne pare? Una delle più vaste fioriture di sakura di tutto il Giappone, qui, a Morio-cho!” esclamò Josuke, orgoglioso e raggiante, “non è meravigliosa?” chiese poi all'adulto, rivolgendo lo sguardo verso di lui, ma si preoccupò un poco quando vide, sul volto dell'altro, una sorta di espressione apatica.
 
“... Jotaro-san?” lo chiamò, esitante. Dopo qualche secondo il biologo abbassò la visiera del cappello sugli occhi, nascondendo questi alla vista del più giovane.
 
“Ciliegi, eh?” disse poi, più a se stesso che al ragazzo, il quale, in risposta, annuì.
 
“Sì, sono ciliegi. Non le piacciono?” chiese quello, angosciato per la possibilità di aver commesso un errore nel chiedere al biologo di andare con lui. Jotaro rialzò la visiera del cappellino avente la stessa espressione di sempre; nonostante ciò, però, a Josuke parve di aver visto un bagliore di nostalgia nei suoi occhi azzurri.
 
“No Josuke... sono davvero bellissimi.”
 

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Era passato un po' di tempo da quando i due erano usciti dal parco e durante tutto il tragitto nessuno dei due aveva osato proferir parola. Ad un certo punto allora il giovane, stanco di quella situazione, ruppe il silenzio, arrestando la sua camminata.
 
“Jotaro-san, senta, se ho fatto qualcosa di sbagliato mi dispiace, non era assolutamente mia intenzione e io-”
 
“Josuke,” lo interruppe l'adulto, con voce ferma “tu non hai fatto nulla.”
 
“Ma... allora-”
 
“Ricordi.”
 
Josuke sussultò. La visione di ciliegi aveva fatto tornare in mente al suo mentore un brutto ricordo? Uno bello? Malinconico? Nostalgico? Non riusciva davvero a capire. Per la frustrazione, il ragazzo grugnì e iniziò a sistemarsi i capelli col pettine. Jotaro se ne accorse e, senza scomporsi, gli diede le spalle, per poi prendere parola.
 
“Ora devo andare.”
 
A quella affermazione, lo studente si accigliò, ma cercò di non darlo a vedere.
 
“Va bene Jotaro-san, la ringrazio e-”
 
“Domani alle quattordici in punto ti voglio sotto all'albero di sakura che sta al centro del parco. Niente scuse, vieni da solo.” disse l'adulto, con quello che sembrava più un ordine che un invito, e Josuke non fece in tempo a realizzare la cosa che, confuso, vide Jotaro allontanarsi dalla propria visuale.
 
“Cos- hey Jotaro-san, aspetti! Io non-!” si interruppe quando vide il biologo fargli un cenno con la mano, senza voltarsi. Il ragazzo, con un sospiro, si pettinò ancora una volta i capelli.
 
“Grandioso, ma tu guarda che tipo...” sussurò, un sorriso stampato sul volto fanciullesco. Il lontananza, d'altrocanto, Jotaro si abbassò per la terza volta la visiera sugli occhi, accompagnando il gesto da un'esclamazione a lui ben nota.
 
“Yare yare daze...”
 

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Josuke maledì la sua sveglia: seppur il giorno prima l'avesse impostata alle dieci di mattina, in modo da riuscire a prepararsi con calma per l'incontro con Jotaro, era riuscito a svegliarsi ad un orario indecente, senza contare che, quella notte, aveva fatto le ore piccole, troppo impegnato a battere il suo record sul remake di F-Mega; il risultato, inevitabile, fu quello che era in ritardo.
 
“Maledizione, Jotaro-san mi ammazza!” esclamò lo studente, correndo a perdifiato verso il parco. Erano passati due minuti allo scoccare delle quattordici e il ragazzo non aveva ancora percorso metà strada, quindi accelerò, nel tentativo di arrivare prima.
 
Erano già cinque minuti che il portatore di Star Platinum aspettava il più giovane e, nonostante le sue intenzioni nobili, l'adulto stava iniziando davvero a spazientirsi. Fu colto dal pensiero di andarsene quando, in lontananza, scorse una figura familiare correre a perdifiato verso di lui, mentre agitava il braccio per farsi notare.
 
“Ohiiiiii, Jotaro-sannnn!” gridò quello, non curante delle persone che, all'interno del parco, lo guardarono male.
 
“Yare yare... ma tu guarda questo.” sussurò il biologo, abbassandosi la visiera del cappellino. Quando fu raggiunto da Josuke, questi si piegò sulle ginocchia, cercando di prendere fiato.
 
“Anf, Jotaro-san-!, anf, mi scusi-!” riuscì a dire il giovane tra un fiatone e l'altro, “mi sono, anf, svegliato tardi-!”
 
L'adulto lo guardò dall'alto in basso.
 
“Sei in ritardo di cinque minuti e quarantasei secondi.”
 
Josuke lo guardò incredulo, mentre era ancora piegato in due a riprendere fiato.
 
Ma questo è un orologio umano o cosa?! pensò il ragazzo, raddrizzandosi e puntando lo sguardo su quello dell'adulto. Questi allora sospirò e si sedette per terra, appoggiando la schiena al tronco dell'albero di ciliegio.
 
“Siediti.” ordinò al portatore di Crazy Diamond, il quale, subito, obbedì. Stettero un po' in silenzio e Josuke, ansioso, tamburellò un po' le sue ginocchia con le dita, impaziente nel sapere il motivo di quel raduno.
 
“Allora...” iniziò lui “perchè mi ha convocato qui, Jotaro-san? Cosa mi deve dire?”
 
Il biologo inizialmente non rispose. Prese un respiro profondo, guardando i ciliegi davanti a lui, e iniziò a parlare.
 
“Una storia. Il ricordo che mi hai fatto venire in mente ieri... hai la responsabilità di venirne a conoscenza, in quanto sei stato tu a portarmi qui.” disse, freddo come suo solito. Il sedicenne deglutì: Jotaro riusciva a rendere intimidatoria anche una frase banale come quella. Stettero ancora un po' in silenzio, e Josuke stava per proferir parola quando l'altro lo precedette.
 
“Devi sapere... che quando avevo un anno in più di te, mi imbarcai in un folle viaggio per sconfiggere un nemico terribile...” fece una pausa, e Josuke fece mente locale per capire a chi si stesse riferendo, quando ebbe un'intuizione.
 
“È per caso il tizio di cui parlava Angelo? Un certo, uh... Dio?”
 
Jotaro posò lo sguardo su di lui e annuì, per poi riportare il volto in direzione dei sakura a lui frontali.
 
“Esatto. Dovevamo sconfiggerlo per salvare mia madre. Dal Giappone percorremmo tutto la strada per arrivare in Egitto, al Cairo.” si fermò per qualche secondo, e lo studente non osò dire nulla, trepidante; non era mai capitato che, da quando il biologo era arrivato a Morio-cho, parlasse del suo passato, e proprio per questo il giovane non poteva permettersi di perdere il minimo particolare.
 
“Come me c'erano altre cinque componenti, tra cui tuo padre, Joseph Joestar.” disse. Josuke sgranò gli occhi: suo padre aveva partecipato ad un avventura così rischiosa e lunga? Il ragazzo ne rimase sorpreso e, in qualche modo, commosso.
 
“C'era anche un cane, Iggy, che era un portatore di stand. Poi c'era Polnareff, un francese, e Avdul, un egiziano...” fece una pausa, sospirando. Lo studente intuì che dovesse essere successo qualcosa di brutto, quindi non disse nulla e cercò di non far trasparire la sua malinconia.
 
“E poi...” proclamò l'altro, nostalgico “c'era Kakyoin.”
 
Il sedicenne si stupì di come avesse pronunciato quella frase: esitante, cosa che non era assolutamente da Jotaro.
 
“ Lui...è stato il primo oltre a Avdul e tuo padre ad unirsi a noi: io lo avevo aiutato, e lui aveva deciso di aiutare me, offrendosi di accompagnarci...” continuò, gli occhi azzurri rivolti verso le gemme degli alberi “... il mio rapporto con lui era... diverso dagli altri. Probabilmente era perchè eravamo coetanei, ma entrambi avevamo costruito un'amicizia simile a quella che tu hai con quel tuo amico, Okuyasu.” 
 
Josuke sussultò di sorpresa: se il suo mentore aveva nominato il suo amico, allora lui doveva essere stato molto legato a quel Kakyoin. La cosa lo stupì, in quanto Jotaro era una persona molto fredda e distaccata, rendendo difficile riuscire ad entrarci in sintonia, fatto che però, a quanto pare, quel ragazzo era riuscito a fare. L'esaltazione fu tale che la curiosità prese il sopravvento e, senza pensarci, Josuke domandò: “E che cosa è successo dopo?”
 
Ci furono vari attimi di silenzio, ma in seguito, alle parole di Jotaro, il sorriso sul volto del sedicenne si spense.
 
“È morto,” rispose il biologo “come altri due componenti della squadra. Il vecchio è stato fortunato, a sopravvivere.” disse, con tono malinconico. Josuke si morse la lingua e si maledì mentalmente per avergli posto una domanda così avventata e personale. Stava per scusarsi, quando l'adulto lo precedette.
 
“Kakyoin non aveva rimorsi; ed è stato grazie a lui se siamo riusciti a sconfiggere Dio.” gli riferì, avendo notato la tristezza negli occhi del ragazzo più giovane, il quale questa volta stette in silenzio, permettendo all'altro di continuare.
 
“Aveva uno strana abitudine lui, e riguardava le ciliege,” e qui un angolo delle sue labbra si levò verso l'alto “le mangiava in modo piuttosto bizzarro... ed erano il suo cibo preferito. Mi ricordo che, dopo una discussione, dovemmo portargli un sacchetto pieno di quei frutti per farci perdonare.” si abbassò la visiera del cappellino sugli occhi e la sua espressione, che seppur nascosta Josuke intravide, si fece più triste. Al ragazzo, a quella visione, gli si strinse il cuore.
 
“Jotaro-san...” sussurrò, flebile. I due stettero in silenzio per qualche minuto, poiché seppur mille domande frullassero nella testa del sedicenne, questi non si permise di esporle, in quanto non voleva rischiare di far soffrire il ventisettenne come aveva fatto prima. Questi aveva ancora la visiera del cappellino bianco abbassata quando riprese a parlare.
 
“Non gli sono mai riuscito a dire... quanto io in realtà gli volessi bene.” sussurrò, e Josuke giurò di aver visto un riflesso negli occhi del più grande: che fossero lucidi?
 
“Jotaro-san,” gli disse lo studente “sono sicuro che Kakyoin lo sapeva. Insomma, se eravate così uniti, dubito che non lo sapesse.” concluse, cercando di tirargli su il morale. A quelle parole Jotaro sorrise un poco, per poi ritornare con la sua  espressione di sempre, stoica.
 
“La morale di tutto questo... è che devi tenerti strette le persone che ami, e, quandunque necessario, confidarti con loro. Non temere il loro giudizio... se sono veramente amici, ti aiuteranno, non importano le circostanze...” disse il biologo marino, con una parvenza di sorriso amaro, per poi incrociare le braccia al petto e sistemarsi in modo più comodo. Josuke lo imitò, colpito, e frugò nelle tasche della sua uniforme prendendo fuori una lattina di birra, porgendola a Jotaro.
 
“È una buona annata,” disse solamente “perchè fare pensieri tristi e non godersi il paesaggio?” concluse, sorridendo. L'adulto sorrise un poco a sua volta, ringraziandolo. Josuke tirò fuori la sua spray e iniziò anche lui a bere la sua bibita, in pace. L'atmosfera era tranquilla quando un particolare attirò l'attenzione del più giovane: ad egli sembrò di scorgere, tra gli alberi di ciliegio, un luccichio. Il ragazzo assottigliò gli occhi per vedere meglio e quasi non si strozzò a quella visione: un ragazzo dall'uniforme verde e i capelli rossi stava guardando nella loro direzione, sorridendo. La cosa non avrebbe stupito molto il più giovane, se il rosso non fosse stato... incorporeo.
 
Un fantasma?! Ma... mi sembra diverso da Reimi... come se fosse qui da poco tempo... un momento... quelli sono orecchini a forma di ciliegia? Non mi dire che-
 
“Uh, Jotaro-san... posso farle una domanda?”
 
“Hm.”
 
“Il suo amico Kakyoin... com'era esteticamente?”
 
L'adulto a quella richiesta alzò un sopracciglio, ma non si scompose e rispose.
 
“Era più basso di me e portava un uniforme verde, simile a quella di Koichi. Aveva i capelli rossi con un ciuffo e gli occhi indaco...perchè ti interessa?”
 
Josuke sgranò gli occhi, voltando leggermente lo sguardo per non farlo vedere all'altro.
 
“No ecco-! Nulla, curiosità...”
 
Seppur il comportamento di Josuke fosse sospetto, il maggiore non indagò e richiuse gli occhi, riprendendo a riposare.
 
Lo studente sorseggiò la sua bibita, tremando e sudando un poco, allarmandosi quando non vide più lo spirito dov'era prima.
 
Impossibile, è proprio lui! Ma dov'è andato? Dovrei dirlo a Jotaro? Lui riesce a vederlo?
 
Con mille domande in testa Josuke girò il viso in direzione dell'adulto, indeciso se riferirgli o meno la questione, ma sputò parte della sua spray quando vide una cosa incredibile. Dal tronco dell'albero su cui era appoggiato Jotaro era spuntato il fantasma di Kakyoin, che era andato a circondare con le braccia il collo dell'altro da dietro, in un abbraccio, andando a posare le sue labbra sui capelli di questo; egli aveva gli occhi chiusi e stava sorridendo. A quella visione Josuke non riuscì a trattenersi.
 
“Jotaro-san-! Il fantasma-! Il suo fantasma la sta-!” le parole gli morirono in gola, quando Kakyoin, rivolto lo sguardo verso di lui, incrociò i suoi occhi con quelli del più giovane, senza sciogliere l'abbraccio. Questi mimò con le labbra un “grazie” nella direzione dello studente per poi dissolversi in petali di ciliegio che, grazie al vento, volarono via, in alto verso il cielo. Josuke, incredulo, con la bocca spalancata si voltò verso Jotaro, che non sembrava essersi accorto di nulla; ma, guardando più attentamente, il ragazzo notò una cosa fondamentale: Jotaro Kujo, per la prima volta da quando l'aveva incontrato, stava sorridendo sinceramente, mentre, nelle sue orecchie e in quelle dello studente, riecheggiavano queste parole, lontane ma allo stesso tempo vicine.
 
                                 Jotaro... aspettami
 
 
 
 
 
   
 
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