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Autore: Astry_1971    11/08/2009    7 recensioni
“Ce la faremo anche questa volta, lui non tornerà.” Lo rassicurò, poi fissò la macchia scura sulla parete, accanto al ritratto di Silente. Era ciò che restava della cornice d’argento che ospitava la sua effige, sparita magicamente dopo che Potter l’aveva riportato in vita.“E farò anche in modo che quella parete resti vuota ancora per molto tempo.” Affermò deciso.
Questa storia è il seguito di “Per amore di un figlio” ed è dedicata a tutti quelli che hanno storto il naso per finale di quella storia. Evidentemente non mi conoscono bene. A tutti gli altri è severamente sconsigliata la lettura, per il bene dell’autrice che non ama guardarsi le spalle.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Lucius Malfoy, Neville Paciock, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incatenato alla morte



Autore/Data: Astry, Luglio 2009.
Beta - reader: Ale85LeoSign.
Personaggi:Severus, Neville, Harry, Lucius, nuovo personaggio.
Rating: per tutti.
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: : “Ce la faremo anche questa volta, lui non tornerà.” Lo rassicurò, poi fissò la macchia scura sulla parete, accanto al ritratto di Silente. Era ciò che restava della cornice d’argento che ospitava la sua effige, sparita magicamente dopo che Potter l’aveva riportato in vita.
“E farò anche in modo che quella parete resti vuota ancora per molto tempo.” Affermò deciso.

Note: Questa storia è il seguito di “Per amore di un figlio” ed è dedicata a tutti quelli che hanno storto il naso per finale di quella storia. Evidentemente non mi conoscono bene. A tutti gli altri è severamente sconsigliata la lettura, per il bene dell’autrice che non ama guardarsi le spalle.

CAP. 1: Una splendida serata

Era l’ora della cena al Castello di Hogwarts. Tutti, professori e studenti, erano riuniti nella sala grande, e davanti a loro erano appena comparse prelibatezze di ogni genere.
Severus Piton quel giorno si sentiva particolarmente euforico. La squadra di Serpeverde aveva giocato una splendida partita, superando di molti punti i rivali Grifondoro.
L’ex Mangiamorte, professore e spia, eroe della guerra contro Voldemort tornato dall’aldilà, ora se ne stava sul suo trono da preside, al centro del tavolo degli insegnanti, beandosi come un bambino delle facce livide di rabbia degli sconfitti.
La professoressa Chapman era una di questi, infatti, oltre ad aver sostituito Minerva McGranitt come insegnante di trasfigurazione e come capo della sua stessa casa, aveva ereditato dalla collega più anziana anche la passione per il Quidditch e per la squadra rosso e oro.
Era seduta accanto a lui, ma, contrariamente al solito, non aveva proferito parola durante la cena, mentre Severus, dal canto suo, non aveva perso occasione di stuzzicarla.
Certo non era come con Minerva: Lucrezia Chapman era una donna giovane, gentile, ma a volte troppo impicciona, come del resto quasi tutti i suoi nuovi colleghi. Piccola e nervosa, pareva sempre sbucare dagli angoli del corridoio nei momenti meno opportuni. A Piton ricordava molto uno strano folletto. Aveva i capelli castani raccolti in uno chignon, piccoli occhiali sul naso e indossava un improbabile tailleur grigio perla che la faceva sembrare un blocco di granito con le gambe.
No, decisamente, non era paragonabile all’austera e saggia Minerva, pensò il mago arricciando le labbra.
Era passato un anno dal suo ritorno in vita, e, da quando aveva ripreso il suo incarico di preside, Piton si era trovato spesso a provare nostalgia della vecchia squadra di professori.
Infatti, a parte Vitius che aveva ripreso ad insegnare incantesimi, e Hagrid, al quale Severus aveva voluto rinnovare l’incarico, più per rispetto del suo predecessore che per fiducia nelle sue capacità di insegnante, tutti gli altri erano stati sostituiti. Qualcuno tornava a scuola di tanto in tanto, come Minerva McGranitt, col ruolo di commissario esterno, in occasione degli esami, ma la maggior parte si stava godendo felicemente la pensione o aveva trovato un’altra occupazione.
E poi c’era Neville Paciock, il nuovo professore di Erbologia. Un serio professionista, doveva ammetterlo, tuttavia non riusciva a non provare un certo disagio in sua presenza, e, probabilmente, Neville era altrettanto imbarazzato di fronte al suo ex insegnante.
Un sorriso sghembo si disegnò sulle labbra del preside, mentre con la coda dell’occhio scrutava l’uomo stempiato e corpulento, seduto in fondo alla tavolata, così diverso dal bambino spaventato che faceva esplodere i calderoni durante le sue lezioni.
Anche Paciock sembrava appena aver subito un lutto. Continuava a giocherellare con la carne nel suo piatto, ma non l’aveva nemmeno assaggiata.
Severus addentò con soddisfazione un pezzo di anatra, ripromettendosi di ricordargli questa sonora sconfitta alla prossima riunione degli insegnanti.
Accanto a Paciock sedeva Estragone Wilkinson, il nuovo docente di Pozioni e attuale capo della casa dei Serpeverde. Era un uomo alto e magro, dalla pelle scura e i lineamenti medio orientali. Indossava una stravagante tunica verde acido, con alamari in oro e un ampio cappuccio pendeva dalle sue spalle come una sorta di mantellina. Aveva la barba e i capelli neri erano raccolti dietro la nuca e fermati da uno strano monile a forma di serpente.
Per tutto il tempo non aveva fatto altro che riempire i bicchieri dei suoi più prossimi commensali, forzandoli, loro malgrado, a brindare alla vittoria di Serpeverde.
Neville, ormai stanco di rifiutare, permetteva a Wilkinson di versargli il vino, per poi farlo sparire, subito dopo, con un annoiato colpo di bacchetta.
Severus si lasciò sfuggire un sospiro di commiserazione. Poi, versandosi anche lui da bere, brindò mentalmente all’insegnante che, era certo, Neville avrebbe voluto avere quando frequentava Hogwarts.
Aveva avuto modo di apprezzare il suo lavoro come Pozionista. I suoi metodi erano alquanto discutibili, per non dire folcloristici, ma il risultato era comunque valido.
Wilkinson non si trovava a proprio agio in ambienti chiusi, indubbiamente l’aula di Pozioni di Hogwarts doveva sembrargli una specie di prigione se preferiva trasferire le sue lezioni all’aperto.
Una cosa che aveva giudicato a dir poco folle, visto le conseguenze imprevedibili che gli elementi atmosferici potevano avere sull’esito della preparazione di una Pozione.
Si era dovuto ricredere: Estragone sembrava addirittura contare sugli effetti del vento, del calore del sole o persino di un improvviso temporale per ottenere straordinarie varianti ai suoi elisir. Li calcolava e predisponeva tutto: la temperatura della fiamma, la posizione dei calderoni nel piazzale, tutto era studiato in modo che i liquidi potessero catturare il vento, o un raggio di sole.
Ad Estragone mancava la sua esperienza e la sua immensa conoscenza delle più antiche formule, ma indubbiamente era un Pozionista di tutto rispetto. Avevano fatto spesso delle piacevoli chiacchierate durante le pause dalle lezioni, scambiandosi pareri e consigli. Tuttavia, Severus aveva sempre preferito tenersi a distanza dalla sua sfrenata espansività. Era ormai convinto che Estragone fosse affetto da allegria cronica. Un morbo che si riacutizzava particolarmente in giornate come quella: la vittoria di Sepeverde lo aveva reso davvero insopportabile.
Severus ringraziò di non occupare il posto di Neville in quel momento, così da potersi godere la cena in tutta tranquillità, festeggiando la vittoria a modo suo.
Si accomodò meglio sul massiccio sedile, appoggiandosi allo schienale, mentre con la meticolosità e la destrezza di un chirurgo si preparava altri piccoli bocconi di anatra, separando la polpa dalle ossa. Per un attimo quell’arrosto squisito occupò completamente ogni suo pensiero, ogni sua sensazione. Non voleva perdersi nulla: il gusto, ma anche il profumo e persino la consistenza della carne. Gli occhi neri erano fissi sul prezioso piatto di porcellana, una particolare luce illuminava il suo sguardo, mentre portava alle labbra anche l’ultimo pezzetto di arrosto.
Era felice. Ecco, forse era l’unica ragione per cui quella pietanza gli era sembrata tanto speciale. Le cene a Hogwarts erano tornate ad essere un piacere, anche per lui che non era mai stato un grande estimatore della tavola.
Aveva impiegato mesi prima di cominciare ad apprezzare la sua nuova vita. Per tutto il primo anno aveva continuato a sentirsi fuori posto. Si era adattato alle disposizioni del suo predecessore, portando avanti il lavoro di Vitius meccanicamente, quasi temesse di imporsi troppo.
In realtà temeva di rivedere nei suoi colleghi gli stessi sguardi che gli avevano rivolto così tante volte durante la sua prima nomina. Sguardi di odio verso un preside imposto loro da Voldemort.
Sapeva che non era più così, ma per molto tempo, nei volti dei ragazzi e degli insegnanti, aveva continuato a vedervi quegli stessi sentimenti di disprezzo. Immagini vive che si frapponevano tra lui e il resto del mondo, come un doloroso schermo che per mesi gli aveva impedito di tornare ad apprezzare la bellezza e l’amicizia.
Ora però, con l’inizio del nuovo anno scolastico, anche quelle ultime immagini dolorose sembravano essere svanite. Ora riusciva a vedere i sorrisi degli amici. Era come se improvvisamente tutti si fossero levati dal viso delle orribili maschere. Maschere che erano esistite solo nella sua immaginazione, obbligandolo alla solitudine.
Un basso grugnito attirò la sua attenzione. Si voltò e vide Lucrezia Chapman che maltrattava il suo arrosto come se avesse nel piatto il colpevole della sconfitta Grifondoro.
“Se solo potessi mettere le mani su quel Potter!” brontolò.
Le labbra di Piton si piegarono leggermente, assumendo una forma bizzarra, come se un filo invisibile le tirasse verso l’alto, opponendosi alla volontà del proprietario.
Il mago lasciò correre lo sguardo per la sala, individuando al tavolo Serpeverde il ragazzino che malauguratamente portava il suo nome.
Continuava a gesticolare, mimando coloriti insulti rivolto a suo fratello che era seduto dalla parte opposta, al tavolo dei Grifondoro.
Il sorriso sul volto di Piton si allargò raggiungendo dimensioni tanto insolite per lui, da farlo sembrare quasi una caricatura di se stesso.
Eccolo, l’oggetto dell’ira della sua collega: James Potter era diventato il nuovo cercatore di Grifondoro. Un’eredità pesante quella dei Potter, troppo pesante per chi come James non era dotato nello sport quanto suo padre e suo nonno, cosa che lo rendeva molto più simpatico agli occhi di Piton, ma, evidentemente, la sua collega non la pensava allo stesso modo.
Distolse lo sguardo dal giovane Grifondoro e tornò ad osservare con curiosità la strega seduta alla sua destra. Era davvero furiosa, e il petto d’anatra che aveva nel piatto ne aveva fatto le spese: era stato tagliato così finemente da assomigliare ad un frullato.
Severus allora decise che non si era ancora divertito a sufficienza, afferrò con noncuranza una grossa fetta di torta al cioccolato, e schiarendosi la voce si rivolse alla donna.
“Professoressa Chapman, mi chiedevo, se lei condivide la scelta del capitano dei Grifoni.”
Un altro grugnito fu tutto ciò che ottenne, ma non si diede per vinto.
“James Potter mi è sembrato un po’ distratto oggi, forse non è ancora pronto per affrontare lo stress di una partita.” Continuò, portandosi alla bocca un pezzo abbondante di dolce.
“Distratto?” strillò lei. “Certo che era distratto. Come si può mettere una come quella fra i battitori?”
“Una come quella?” chiese Piton, ammirando pensieroso il cucchiaio vuoto.
“Sì, sì, la biondina di Serpeverde, miss reginetta della scuola. Lo sanno tutti che Potter ha un debole per lei.”
“Oh, la signorina Jones. Mi è sembrata piuttosto brava.” Ghignò, Piton, rituffando la posata nella torta. “Dovrò ricordarmi di fare i complimenti al capitano Buchan per la scelta.” Mormorò a se stesso, ma in modo che lei potesse sentire.
Lucrezia lo fulminò con gli occhi.
Piton sorrise e afferrò la brocca del vino.
“Vino, Lucrezia?” chiese con voce di seta.
“Sì, grazie!” rispose un po’ brusca porgendogli il bicchiere.
Il mago si sporse verso di lei, allungò il braccio e, inclinando con eleganza la brocca di cristallo, iniziò a versarle da bere. Improvvisamente, però, il braccio del mago ebbe un tremito e gran parte del vino si rovesciò sulla tavola.
Lucrezia sussultò lasciandosi sfuggire un breve e acuto grido che richiamò l’attenzione degli altri insegnanti: la bevanda, scivolando sul legno lucido, era finita oltre il bordo colando sul suo vestito. Wilkinson scoppiò a ridere, quando la strega, dopo aver cercato di salvare il salvabile bloccando con la magia il liquido color rubino che continuava a piovere sul suo tailleur, sollevò lo sguardo indignato e si accinse a fare qualche scortese commento allo sbadato coppiere. L’espressione sul volto del mago, però, la lasciò senza parole. Anche le risate cessarono immediatamente. Piton era rimasto immobile, fissando il risultato del piccolo incidente come se stesse guardando la più immane delle catastrofi.
“Preside, si sente bene”. Pigolò la strega, notando che impallidiva a vista d’occhio.
Non ottenne risposta, solo dopo parecchi secondi, Severus si riscosse, come se si fosse ridestato da uno stato di trance, si guardò attorno rendendosi conto che tutti i suoi colleghi erano ammutoliti e aspettavano una sua reazione. Si alzò, scansò la sedia, e, borbottando delle frettolose scuse, si allontanò con passo veloce.
Lo strano comportamento del preside era stato notato anche da molti ragazzi.
Lo sguardo di Albus Severus era corso ad incontrare quello di Neville, che considerava quasi uno zio. L’insegnante di Erbologia sembrava spaventato, lui che conosceva Piton più di tutti gli altri, sapeva bene che non era da Severus comportarsi in quel modo.
Tuttavia, appena si rese conto di aver attirato l’attenzione dei ragazzi, tentò di nascondere la sua preoccupazione, e riprese a maltrattare il suo pranzo, più svogliato di prima.
L’idea che fosse suo dovere di insegnante accertarsi di persona dello stato di salute del preside si era fatta strada nella sua mente, un’idea che non gli piaceva affatto. Piton era sempre stato un uomo riservato e il suo ritorno dall’aldilà non lo aveva certo trasformato nel più socievole degli amici. Eppure, a parte Hagrid, lui era l’unico in quella scuola ad aver conosciuto il preside in un momento ben più triste della sua vita. Non sapeva perché, ma si sentiva quasi in dovere di offrirgli la sua amicizia, in fondo cosa mai poteva accadergli? Nella peggiore delle ipotesi, Piton lo avrebbe invitato ad occuparsi dei suoi affari, ma non poteva di certo metterlo in punizione, dopotutto ora erano colleghi.
Intanto, mentre Paciock si perdeva nei suoi ragionamenti, gli altri professori avevano cercato di minimizzare, tornando a dialogare amichevolmente fra loro.
Finché, uno strano brusio, proveniente dai tavoli degli studenti, attirò di nuovo l’attenzione dell’insegnante di Erbologia.
Paciock osservò con la coda dell’occhio un gruppetto di Serpeverde che si era avvicinato ad Albus Potter, tra loro c’era il figlio di Draco Malfoy, Scorpius. Anche al tavolo dei Grifondoro sembrava esserci altrettanto movimento. Indubbiamente quei ragazzini stavano già escogitando un piano per ficcare il naso nella vita privata del preside di Hogwarts.
In effetti, pensò Neville, era esattamente quello che avrebbero fatto i loro genitori: Harry Potter e i suoi inseparabili amici, ma anche lo stesso Draco, se si fossero trovati nella stessa situazione. Senza contare che, per dei ragazzini nati in un mondo di pace, quell’uomo venuto dalla morte costituiva una vera curiosità.



Continua…






  
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