Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: BabaYagaIsBack    20/05/2020    0 recensioni
Jay ha diciotto anni e tutto ciò che ha imparato sulla vita le è stato insegnato da Jace, il fratello maggiore, e i suoi migliori amici. Cresciuta sotto la loro ala protettrice, ha vissuto gli ultimi anni tra la goffaggine dell'adolescenza, una cotta mai confessata e un istituto femminile di cui non si sente parte. E' ancora inesperta, ingenua e alle volte fin troppo superficiale, ma quando Jace decide di abbandonare Londra per Parigi, la sua quotidianità, insieme alle certezze, iniziano a sgretolarsi, schiacciandola sotto il peso di ciò che non sa
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Chapter Thirty-one
§ Don't let me go §
part four

 

"It was you and I forever
But now you make me shiver in the light
And I'm dying here
And I'm crying for the you that I remember
But now you make me shiver you're so...

Am I meant to sit here and just take this

When you promised me
I would be the one that
You would never leave"

- The Veronicas, Cold

 

Resto immobile, mentre gli occhi si fanno sempre più brucianti. Fisso il bianco lattiginoso del display facendomi male, ma non riesco a reagire in alcun modo. Vorrei sfruttare questo momento per parlare con Benton, oppure per rispondergli sotto le mentite spoglie di Seth e capire meglio, ma dubito di avere le capacità e le conoscenze per farlo - ci sono troppe lacune a rendermi una pessima impostora. Così mi aggrappo alle sue parole come se fossero le uniche cose rimastemi di lui, ma ne soffro; ogni volta che rileggo ciò che ha scritto mi sento venir meno - per questo quando la porta si apre, rivelando il viso di Seth, non me ne accorgo. A strapparmi dal limbo in cui mi sono persa arriva la sua voce e, quando realizzo che si trova di fronte a me, sussulto.

«Allora, risol-» la serenità della sua espressione viene presto sostituita da un cipiglio confuso. Mi fissa provando a capire, ma appena si rende conto di non poter dare risposta ai dubbi che ha mi chiede: «Che è successo?» E a quanto pare al momento è la domanda più gettonata.

Mi mordo la lingua, incapace di trovare una risposta, poi faccio un passo indietro alla ricerca di un sostegno migliore, ma anche di spazio per poter respirare e impedire alle sue mani di portarmi via l'unica traccia di Charlie.
«Jay, che hai? Cosa ti ha detto Josephine?»
Scuoto mestamente la testa, ritornando a stringere il telefono - ed è forse questo gesto a tradirmi. I suoi occhi corrono al mio petto, fissano con ancor più incomprensione l'oggetto che premo a me. Passa un secondo, poi un altro, poi ancora uno e alla fine sembra capire - perché è facile leggere i connotati di una pessima bugiarda.
«Dammelo».
Nuovamente gli nego una risposta, mi faccio gelosa di ciò che non mi appartiene allontanandomi di un altro passo, quasi come Gollum che difende il suo tesoro.

«Jane! Dammi quel cazzo di telefono» il suo sguardo s'indurisce, il sorriso diventa una linea sottile che inesorabilmente mi ricorda i giorni peggiori, quelli in cui aveva da ridire su tutto, in cui si arrabbiava per un nonnulla, in cui era impossibile opporglisi; un po' come l'ultima volta che insieme a Benton ci siamo ritrovati qui a fumare marijuana e bere birra tra una partita alla Play e quella successiva.

La stretta sul cellulare si fa ancora più forte e m'impongo di non cedere alla sua richiesta - ma Seth è una furia, un diavolo, un animale che iracondo si scaglia contro la preda che ha davanti, indifesa contro la possanza della sua persona. Sento le dita di lui agganciarsi alle mie, tirare mentre involontariamente mi ritrovo schiacciata tra il muro e il suo corpo, ora priva di vie di fuga, alla totale mercé del suo volere - e allora mollo, conscia di essere a un passo dal venire sbranata. Mi soggioga, basta un gesto per far sì che la mia volontà si pieghi ai lui; per questo non deve far altro che leggere per farmi tremare. Mentre il suo sguardo passa sullo schermo, passando sul messaggio con un'espressione all'inizio indecifrabile, poi sempre più chiara, le mie gambe si fanno molli e, alla fine, quando si allontana dalla conversazione con un cipiglio frustrato mi sento davvero venir meno; devo far pressione contro la parete per non crollare a terra sotto il peso della gravità.

Più cerco sul suo viso risposte, meno mi sembra di capire cosa possa passargli nella mente - così mi umetto le labbra per poter dire qualcosa, ma la gola mi risulta terribilmente secca. Vorrei chiedergli il motivo di quel messaggio e della sua reazione; mi piacerebbe comprendere la ragione per il quale, nonostante sia stato lui a ferirlo, sia io quella a venir respinta, eppure non emetto suono, ritrovandomi sempre più tremante. Il cuore batte lentamente, ma lo fa con una forza tale da farmi domandare se le ossa dello sterno ne possano contrastare la violenza, e allora vi premo sopra le mani, cercando di contenere il possibile disastro - perchè non riesco ad avere altra reazione se non questa? Perché sono sopraffatta dallo sgomento, ma anche dalla paura di non saper come comportarmi?

«Hai letto altro?»
Sussulto, sgranando gli occhi. Perché, c'era qualcosa di più?
«I-io... no, no...»
«Jane! Sono serio, hai letto altro?!» Tuona come il peggiore dei temporali, ed io in risposta non posso far altro che gridare a mia volta, in modo da sovrastare il suo rumore.
«No!» confesso, sfidando l'insonorizzazione dell'appartamento e graffiandomi la gola. Con che lucidità avrei potuto farlo? Non riesce a rendersi conto che il semplice scoprire che tra di loro ci sia ancora un legame, mentre con me no, mi sconvolge? Non comprende che il tempo che ho avuto è stato troppo breve?

Seth si prende il viso tra le mani. Sotto alla sua pelle chiara vedo i tendini muoversi, tesi come corde di violino. Il modo in cui guizzano al di là dell'epidermide è più loquace di mille parole e vorrei davvero non notarlo, vorrei non vedere quanto questa situazione lo stia sdrenando - ma perché? Cos'è che non va? Non dovrei essere io quella arrabbiata, furibonda e alla mercé della frustrazione? Non è forse la piccola Jay, il loro corvetto, quella a essere stata messa in disparte?

«P-perché t-ti scrive?» La mia voce si riversa fuori dalle labbra sottoforma di sussurro, ora. Le corde vocali sono talmente doloranti che fatico a far uscire qualsiasi suono - cosa che a lui, invece, viene fin troppo semplice.
«Non ti sembra ovvio?» Il suo sguardo balugina su di me, mi colpisce con violenza mozzandomi il fiato. È severo, freddo. È l'opposto di tutto ciò che vorrei vedere mentre il suo viso è rivolto nella mia direzione - eppure mi scruta senza alcuna sosta, forse domandandosi se sia stupida, ingenua o semplicemente una finta tonta. A quanto pare sono l'unica a non capire, anche se il motivo della mia ignoranza è il loro diniego nel parlarmi senza mezzi termini di ciò che è successo.

Un passo dopo l'altro, Seth torna a torreggiare su di me.

«Vuole farsi da parte perché non sopporta l'idea che il suo migliore amico l'abbia tradito, ma allo stesso tempo tiene a te a tal punto da preoccuparsi continuamente... ed è palese che se tu soffri, è solo per colpa dello stronzo che ti ha abbindolato!» Sputa le parole con rabbia, una rabbia che mi lacera e mi fa bruciare con sempre maggior intensità gli occhi. Il suo sguardo è puntato nel mio, trasuda avvilimento e nervosismo: non devo sforzarmi per notarlo - e improvvisamente avverto il bisogno di placare la sua ira, di mettere a tacere tutti i pensieri che gli frullano nella testa, però non riesco a muovere un muscolo, anzi, forse il mio corpo si sta ribellando perché, a differenza del cuore, sa che è sbagliato. Non dovrei dargliela vinta, non dovrei rinunciare alla battaglia così facilmente, eppure vederlo in questo stato ha la stessa brutalità del non ricevere alcuna risposta da Charlie o sentire mio fratello opporsi ad ogni costo alle mie scelte.

E di fronte a Seth, senza alcuna cognizione di me stessa, finisco con il versare la prima lacrima. La sento scendere calda lungo la guancia, velocizzando l'andamento una volta superata la curva dello zigomo e, poi, mi pare di avvertirla fermarsi poco prima della mascella, attirando su di sé le pupille di Morgenstern. La studia con attenzione, valutandone il senso quasi fosse un geroglifico. Lascia passare istanti lunghissimi, un tempo che viene scandito dal palpitare del mio cuore e dalle sue labbra sempre più schiuse.

Restiamo fermi l'uno di fronte all'altra, persi nell'espressione di chi ci sta davanti.

Dove sono i sorrisi che hanno riempito i nostri primi incontri segreti? Che fine ha fatto la tiepida magia che ci ha avvolti? Me lo domando mentre scorgo tra le pagliuzze chiare delle sue iridi un'amarezza che mi pare di poter a mia volta sentire sulla lingua, quasi stessi ingoiando un boccone indesiderato.
Sa che in parte è colpa sua. Si rende conto di avere quel genere di potere su di me - così si fa vicino appoggiando la fronte sulla mia. Si concede un grosso sospiro. «Scusa» sibila poi. Le sue palpebre si abbassano, restano sigillate per un po'; da questa distanza posso vedere il lieve tremolio delle ciglia, la staticità degli occhi che vi sono nascosti dietro. Con una mano, dolcemente, si accosta al mio viso portandosi via la lacrima che ha fatto cadere: «Scusami, Jane... tu non hai alcuna colpa. Siamo Charlie ed io a essere il problema». Con la lingua si bagna le labbra, quelle meravigliose linee rosa che ho bramato con ogni fibra di me, pur trovandole eccessivamente volubili dopo la confessione dell'altro giorno. Per qualche secondo non aggiunge altro, nonostante una parte di me desideri che si sporga un po' di più per strapparmi un bacio. Uno solo. Una sorta di supplica che mi faccia saggiare il suo dispiacere, che mi dia conferme. Le sue palpebre a questo punto però si spalancano e la fronte si allontana - l'ultima parte di lui a separarsi da me sono le dita.
«Gli dico di farsi vivo... ne avete entrambi bisogno».
Ma qualcosa, ne sono certa, lo infastidisce più di quanto voglia dare a vedere - di che hai paura, Seth? Non mi hai forse già svelato ogni tua colpa?

Allungo una mano, ma la sua schiena è troppo lontana. Vorrei fermarlo, dirgli di non andar via nonostante tutto, eppure non riesco a raggiungerlo - non adesso. C'è una strana sensazione che mi frena, anche se non ne conosco la natura; e ciò che faccio, quindi, è aggrapparmi al pensiero che finalmente sentirò la voce di Benton, che silenziosamente Morgenstern stia mettendo da parte il proprio orgoglio per darmi una flebile gioia.

Così, mentre il trapezio delle sue spalle oltrepassa la soglia della stanza, io non riesco a negargli un "grazie" afono; perché so che al momento è tutto ciò che non vuole sentire.
 


 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: BabaYagaIsBack