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Autore: BlueButterfly93    23/05/2020    0 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 56

Sai che...







🎶Niall Horan ft. Julia Michaels - What A Time🎶

Ho un pò di nausea e le mie mani stanno tremando
immagino di aver bisogno di te accanto
la mia gola si sta seccando e il mio cuore batte forte
non sono più al tuo fianco, ma
ci penso ogni tanto
voglio ancora ricordarlo

Penso a quella notte nel parco, si stava facendo buio
e siamo stati svegli per ore
che bei tempi
ti stringevi al mio corpo come se lo volessi per sempre
che bei tempi
per te e me

So che non l'abbiamo finita come avremmo dovuto
e adesso diventiamo un pò nervosi
mi chiedo se la mia mente lasci fuori tutte
le parti negative
so che non avevamo senso noi due
ma ammetto di pensarci ogni tanto
oh no voglio ancora ricordarlo

che bugia per te e per me!

________________________________

🎶Marco Mengoni - Sai che🎶

***

Miki

 

In un libro, una volta lessi che per essere felici bisognava trovare l'amore. Presi una matita e sottolineai quella frase più volte, cerchiando la parola "felici". Leggendo quelle righe, passai molto tempo a fantasticare e nutrire la speranza che qualcuno, un giorno, avrebbe posto fine al mio dolore; qualcuno che mi avrebbe accettata per com'ero: con gli occhi bassi ed un sorriso vuoto perennemente stampato sul volto; che mi volesse accanto nonostante i miei silenzi, i miei sospiri, i miei momenti bui; qualcuno che non scappasse dalle mie paure, che mi aiutasse ad affrontarle invece. Solo dopo anni, mentre sistemavo i miei vecchi libri in un cassetto, mi ritrovai quel romanzo fra le mani: le pagine stropicciate perché lette troppe volte, le parole un po' sbiadite, la matita ancora in mezzo come segnalibro per quella frase. Solo allora, dopo tutti i miei sbagli, dopo essermi procurata troppe ferite, dopo aver finito le lacrime ed essermi mangiucchiata tutte le unghie per la paura... Solo dopo essermi persa nel buio, da sola, col cuore che minacciava di rompermi la gabbia toracica, ho saputo interpretare nel modo corretto quella frase. Ho sempre creduto che per essere felice, qualcuno dovesse amarmi. Ma con l'esperienza ho imparato che dovevo essere io stessa quella persona.

E non sapevo se ci fossi riuscita o meno, ma con gli anni ero diventata una persona migliore. Quello sì. 

Qualche giorno dopo la visita di Castiel nella mia stanza, decisi fosse giunto il momento di raccontare a Javier tutta la verità o quasi... Dalla sera del concerto avevo ignorato i suoi innumerevoli messaggi e le molteplici chiamate, mentre non ero riuscita a fare lo stesso con Castiel. 

Ebbene sì, al contrario di ogni aspettativa e previsione, per la prima volta nella sua vita non era sparito nel nulla, risucchiato dal buco dell'ozono. Sin da quando era atterrato nel Regno Unito, aveva scelto di sua spontanea volontà di tenermi costantemente aggiornata sulle sue giornate da rockstar, con tanto di foto allegate: grazie a lui, nella galleria avevo una collezione di paesaggi europei e stadi adibiti ai suoi concerti. Era una piacevole novità avere quella versione di Castiel ed ero stata ben lieta di rispondere ad ogni suo messaggio. 

Ci fu un giorno, però, in cui non potei rispondergli tempestivamente perché mi trovavo in uno dei miei bar preferiti di Parigi a fare colazione con Javier. Al mio quasi ragazzo raccontai per grandi linee della mia storia travagliata con il suo cantante preferito e quasi non credette alle sue orecchie: ero io la famosa musa che ispirava le sue canzoni. Dio mio... la venerazione che provava nei confronti di Castiel era davvero esagerata. 

«Me lo farai conoscere?» quasi mi supplicò mentre addentava il suo croissant ai frutti di bosco. 

Certo, tutto mi sarei aspettata tranne che avesse una reazione del genere, ma da un lato fui sollevata di aver evitato una lite. 

«Se ci sarà occasione», accettai con scarso entusiasmo. 

«Vi sentite ancora? Siete rimasti in buoni rapporti? Hai il suo numero?» mi assalì come un giornalista alla ricerca di scoop.

E no, non mi stava sottoponendo un interrogatorio a causa della gelosia. Nel mio racconto avevo volontariamente tralasciato il fatto che io e Castiel ci stessimo sentendo, che fosse venuto nella mia camera dopo il concerto e che mi avesse persino baciata, ma a quel punto - vista la sua reazione - probabilmente invece di urlare e ingelosirsi, si sarebbe congratulato con me. Non ero per nulla abituata ad un tipo tranquillo come lui. 

«No», mentii, sorseggiando il mio Té alla vaniglia. 

«E perché?» bevve il suo caffè e continuò a scrutarmi da sotto le ciglia lunghe. 

 «Vuoi saperlo così poi potrai vantartene sul tuo profilo twitter?» mi scaldai. 

Non ne potevo più della sua pacatezza e del suo continuo impicciarsi. 

«N-no, io... Ascolta», si fermò un attimo per mettere insieme i pensieri, poi scostò un ciuffo ribelle di capelli che gli era caduto sugli occhi e poggiò le mani sulle mie: «mi fido di te, Miki. Adesso sto cercando di sdrammatizzare, concentrandomi su fattori quasi frivoli, perché non mi piace essere geloso. Ho imparato a conoscerti in questi anni e non potrei mai dubitare della tua lealtà. Sapevo ci fosse qualcosa dietro alle tue lacrime del concerto, dietro ai tuoi silenzi e alle omissioni sulle tue precedenti relazioni, ma ho preferito aspettare. Ho aspettato che fossi pronta a parlarne e sono contento che questo momento sia arrivato», si sporse verso di me e mi lasciò un bacio sul naso per poi accomodarsi di nuovo sul divanetto del bar. 

D'accordo, probabilmente non avrei dovuto lamentarmi della sua reazione perché, dopo quelle ultime parole, mi sentii incredibilmente colpevole. Lui si fidava di me, ma io meritavo quella fiducia? Non proprio, visto che soltanto pochi giorni prima le mie labbra avevano sfiorato quelle di un altro e non avevo nutrito neanche rimpianto o troppi sensi di colpa. Io avevo baciato Castiel perché volevo farlo; stavo sentendo Castiel perché mi andava di farlo. Fine della storia. 

«Grazie», gli sorrisi imbarazzata senza riuscire ad aggiungere altro. 

Cos'altro avrei dovuto dirgli? Che non meritavo le sue nobili parole perché ero soltanto una sporca traditrice e lurida bugiarda? Maledizione! Quando al centro della storia c'era Castiel, sapevo solo ficcarmi continuamente nei guai con le mie stesse mani.

«Quindi dovrò lottare contro una rockstar per conquistare il tuo cuore...» fissando un punto vuoto, constatò quasi incredulo. 

Effettivamente una verità di quella portata non doveva essere facile da digerire. Fortuna che non avevo neanche minimamente accennato a tutti i ricatti e piani di Debrah, altrimenti la storia sarebbe stata ancora più scioccante. 

«Non c'è più niente tra me e lui», curvai le labbra all'insù. 

"Sì, credici!"

«Dalle sue canzoni non si direbbe», inarcò le sopracciglia. 

Fui sul punto di replicare con una delle mie frottole inventate al momento, ma venni salvata in calcio d'angolo da qualcuno che si accomodò di fianco a me, sul divanetto di pelle rossa.

«Sapevo di trovarti qui», mia madre mi salutò schioccandomi un tenero bacio sulla fronte. 

Non ero mai stata così felice di vederla come in quel momento. 

«Mamma!» esclamai con sin troppo entusiasmo.

«E tu devi essere Javier», sorrise al ragazzo moro seduto di fronte a noi e gli porse la mano per presentarsi «sono Teresa, la mamma di Miki» e alla fine guardò me di sottecchi. 

Cosa voleva?

«Piacere mio, Signora Rossi», cordiale, Javier strinse la mano destra di mia madre. 

Non poteva sapere della gaffe appena commessa sul cognome. 

«Duval. Chiamami pure signora Duval», forzò un sorriso. 

Non potei evitare di notare che non chiese a Javier di chiamarla per nome, bensì che continuasse a farlo per cognome, mentre aveva fatto così con tutti i miei amici. Preferiva Castiel tra i due, non lo aveva mai nascosto. 

«Oh... mi scusi», Javier posò lo sguardo su di me per un attimo, aggrottando la fronte. 

Potei quasi vedere girare gli ingranaggi del suo cervello. Come biasimarlo? Avevo omesso di essere la sorellastra della famosa Debrah Duval.  

«Figurati», mia madre lo scusò con un gesto della mano. 

«Duval come il manager Marcel Duval, nonché padre di Debrah Duval?» 

E rieccoci. 

«Sì, lui è il mio compagno», accontentò la curiosità del mio irritante quasi ragazzo. 

«Miki, sei accerchiata da persone famose, che fortuna!» si esaltò. 

«Magari non tutti sono ossessionati dai vip come lo sei tu», feci una smorfia e lo guardai di sbieco.

Era diventato davvero pesante con quella storia di essere adorante nei confronti di chiunque girasse intorno ai Drunkers e soprattutto a Castiel Black. 

Mia madre subito dopo per stemperare la tensione, ordinò un caffè e prese a parlare con Javier al posto mio; lo riempì di domande per conoscerlo meglio e lui rispose a tutte educatamente. D'altronde era il ragazzo perfetto da presentare ai genitori, no? E allora per quale diavolo di motivo continuavo ad essere infelice?

«Perché in uno di questi giorni non venite a cena da me?» 

Teresa se ne uscì con quell'assurda richiesta e per poco non sputai il Tè in faccia a Javier. Cosa diamine le diceva il cervello? Più volte le avevo detto che con lui avrei voluto fare le cose con calma e lei stessa mi aveva suggerito di farlo. 

«No!»

«Sì, volentieri!» io e Javier rispondemmo all'unisono. 

Peccato che il contenuto delle risposte fu completamente diverso. Cosa ne era stato del "facciamo tutto con calma senza bruciare le tappe"? A quanto pareva l'estate faceva male a tutti quelli che conoscevo. 

«Non credo sarebbe il caso», proseguii, guardando di sbieco Javier e sperando intuisse il mio disagio. 

«Sarà una cena informale. Non ci sarà neanche Marcel», insistette Teresa. 

La incenerii con lo sguardo e subito dopo incrociai le braccia al petto. 

«Va bene venerdì sera per le venti?» proseguì imperterrita, ignorando le mie occhiatacce. 

«No, per niente!» 

«Certamente, ci saremo. Grazie mille per l'invito, signora Duval» rispose il coglione di Javier. 

Perché entrambi avevano deciso d'ignorarmi? Non contava il mio pensiero? Bene, allora a quella cena sarebbe stata superflua anche la mia presenza e il mio quasi ragazzo sarebbe benissimo potuto andarci da solo.

«Vaffanculo», sibilai a denti stretti, ma nessuno mi sentì perché troppo impegnati a confabulare.

Trascorso qualche altro minuto a chiacchierare con Javier, mentre io facevo da spettatrice alla scenetta, Teresa si alzò per andare via a causa di alcuni impegni. Salutò Javier con una stretta di mano e me con un bacio sulla guancia accompagnato da una strana occhiata. 

Stava tramando qualcosa, ormai ne ero sicura, ma non mi era dato sapere cosa fosse.  

Quello stesso giorno pranzai a casa di Javier. Viveva da solo in un piccolo trilocale nel centro di Parigi. Era la prima volta che ci entravo, ma non feci per nulla caso all'arredamento perché troppo impegnata a litigare con il proprietario. I nostri patti erano altri, non di presentarci alle rispettive famiglie a pochi mesi dall'inizio della nostra frequentazione. 

«Mon chéri, hai ragione, ma io sto bene con te e non vedo il motivo per il quale non possiamo fare questo passo. Sarà solo per questa volta... tua madre è stata così gentile», sollevò le spalle. 

«Entrambi avremmo dovuto essere d'accordo, non solo tu», sbuffai nervosa «e so bene come vanno queste cose, poi entra a far parte delle abitudini e addio».

«Chiama tua madre e dille che non si fa nulla», ad un certo punto si esasperò persino lui. «Non voglio costringerti a fare una cosa che non ti va», sospirò abbattuto. 

Quasi mi dispiacque di vederlo così offeso. 

«Lascia perdere!» Cedetti.

 Alla fine sarebbe stata solo una cena... Sperai di non pentirmene. 

E chiudemmo il discorso, senza più riaprirlo. 

***

Casa di Javier si trovava vicino al parco floreale di Parigi. Più volte mi aveva invitata a visitarlo insieme a lui, ma avevo sempre rifiutato educatamente trovando una scusa banale inventata sul momento. Quel parco racchiudeva alcuni dei tantissimi momenti preziosi della mia prima e unica storia d'amore; era uno dei posti preferiti di Castiel, un luogo speciale che aveva ispirato la scrittura delle sue prime canzoni. Era un luogo intoccabile, soltanto mio e suo, e non mi andava di entrarci con qualcun altro. In realtà, da quando la nostra storia era giunta al capolinea, non avevo neanche avuto il coraggio di andarci da sola. Più volte mi ero ritrovata davanti a quell'entrata, ma non avevo mai osato oltrepassare il cancello. Temevo di essere assalita dai bei ricordi e di volerne vivere altri; temevo che - una volta lì - lui mi mancasse talmente tanto da indurmi a corrergli dietro; temevo di perdere quel poco di stabilità mentale ritrovata dopo molti sforzi; temevo di percepire emozioni indesiderate per qualcuno che non le meritava. 

Così erano trascorsi due anni: quando passavo davanti quel parco, puntavo lo sguardo dritto davanti a me, mi sforzavo di non curiosare all'interno, di non controllare se la rete dalla quale entrava Castiel fosse stata riparata o se ci fosse ancora quel famoso passaggio segreto che conoscevamo solo io e lui e che usavamo per intrufolarci di notte, dopo l'orario di chiusura. 

Ma quel pomeriggio di fine Giugno qualcosa cambiò. Dopo aver salutato Javier ed esser uscita da casa sua, percepii l'imminente bisogno di entrare in quel parco. Ero ancora adirata per l'irruzione di mia madre in quel bar, per il comportamento di Javier, per l'imminente cena a casa Duval e avevo l'estremo bisogno di pensare ad altro. 

Così ci entrai. 

Il tempo pareva essersi fermato: ogni cosa era come l'avevo lasciata parecchi anni prima. Ero completamente circondata dalla natura; dai prati verdi accuditi con cura, dagli alberi maestosi e dalle piante in fiore dai colori più sgargianti. C'erano molte varietà rare di fiori, introvabili in qualsiasi altra parte del mondo. Osservai ogni angolo con gli occhi stupiti di una bambina, mentre i piedi e le gambe camminavano per conto loro, come se riuscissero a comunicare direttamente con il mio cuore, anziché col cervello, perché - senza rendermene conto - mi ritrovai proprio lì, davanti quel lago.  

Individuai il punto preciso in cui, quasi ogni settimana, per cinque mesi, mi accoccolavo su di Castiel e lo fissavo ammaliata mentre suonava, scriveva o scarabocchiava qualche spartito e mi ci sedetti. Non mi aveva mai permesso di leggere il contenuto di quelle pagine e a distanza di anni avrei tanto voluto non esser stata così obbediente. Probabilmente grazie a quel quaderno avrei compreso meglio il vortice di emozioni che lo tormentava continuamente e forse avrei addirittura avuto conferma di quanto volesse bene alla sottoscritta, ma ormai era troppo tardi per rimuginarci sopra. 

Poggiai una mano sul lato in cui era solito sedersi Castiel e sorrisi nostalgica. Quasi amaramente riflettei e giunsi alla conclusione che probabilmente ormai aveva trovato un nuovo posto d'ispirazione per la sua scrittura, che si trovava in chissà quale altra parte del mondo, in una città qualsiasi in cui non avrei mai messo piede. Eravamo lontani, conducevamo stili di vita differenti, non avremmo mai e poi mai potuto riprendere un qualsiasi tipo di rapporto. Cosa diavolo avremmo potuto dirci? Sapevo così poche cose su di lui... sulla sua vita da rockstar, sulle sue nuove abitudini e vizi. Era ancora lunatico, strafottente, ma allo stesso tempo inconsapevolmente dolce? Beveva sempre quantità spropositate di caffè? Fumava ancora un pacco di sigarette al giorno o aveva dovuto smettere per non rischiare di rovinare le corde vocali? Dormiva sempre dal lato destro del letto? E da chi era occupato il lato sinistro? Quell'ultimo interrogativo fu la goccia che fece traboccare qualche lacrima dai miei occhi scuri. 

Mi ero promessa di non piangere più per lui e invece eccomi di nuovo lì: patetica fino al midollo, a struggermi sempre per la stessa storia, per la stessa persona. E che persona...

Così poco bravo a dialogare, ma così imprevedibile e divino nella scrittura di canzoni. Lui comunicava così: con la musica. Chissà in quante notti insonni aveva raggiunto quel parco per cercare di sollevarsi dai guai; chissà quante volte era stato seduto proprio lì, dove in quel momento mi trovavo io; chissà quante parole aveva scritto la sua penna, quanti calli aveva ai lati delle dita, quanti significati nascosti e parole proibite contenevano quegli spartiti; chissà quante volte i suoi magnifici occhi grigi avevano fissato il lago contornato dal verde... Quello stesso lago che in quell'istante soltanto le mie iridi erano in grado di ammirare, perché lui era lontano e probabilmente non avrebbe mai più visto quel paradiso. Ma chissà perché - ad un certo punto - mi guardai intorno, come se fossi alla ricerca di qualcosa o meglio... di qualcuno, ma quel qualcuno non c'era. Era dall'altra parte del mondo. 

Avvertii un pò di nausea, le mani tremarono. Immaginai di avere lui accanto, così come accadeva qualche tempo prima: le sue dita affusolate che carezzavano le corde sottili della chitarra, la fronte aggrottata per la concentrazione, le labbra arrossate dai miei continui baci. Era bello, bello per davvero; di una bellezza particolare e disarmante. Poi la gola si seccò e il cuore batté forte davanti alla realizzazione di non poter più essere al suo fianco per davvero, eppure ci pensai ugualmente... Ero masochista, volevo ancora ricordarlo. 

E lo feci.

Erano bei tempi quelli in cui c'intrufolavamo di nascosto in quel parco, quando lo guardavo comporre musica e strimpellare con la chitarra, dove ci rotolavamo tra le coperte, facevamo l'amore entrando nella nostra bolla, nascosti dal mondo, si stringeva al mio corpo come se lo volesse per sempre. Avrei dato tutto pur di poter tornare indietro nel tempo, anche solo per un istante, anche solo per rivivere sulla pelle la sensazione di amare ed essere amati. Perché Castiel, a suo modo, mi aveva amata.

E per una volta, quasi come per rendergli omaggio, decisi di seguire il suo esempio: aprii la borsa a tracolla che avevo poggiato sul prato, presi il quaderno che mi portavo sempre dietro e che usavo come una sorta di diario segreto, afferrai una penna e iniziai a scrivere. 

Ma quella volta ad un destinatario diverso...

"Ciao Castiel,

sai che sono tornata a rivedere quel posto in cui andavamo insieme? Sicuramente ti starai chiedendo quale, perché io e te abbiamo visitato tanti luoghi. Però sono sicura che quest'ultimo in particolare, tra tutti, occupa un posto speciale nel tuo cuore. Adesso sono seduta proprio nel punto in cui - anni fa - hai scritto le tue prime canzoni; lì dove ci sdraiavamo per ammirare le stelle e chiacchierare. Sai che tremavo ogniqualvolta canticchiavi una strofa romantica? Ero così emozionata e felice che temevo potesse uscirmi il cuore dal petto. In questo posto magico sto rievocando tanti momenti straordinari, che per fortuna il tempo non è riuscito a rubare. Ricordi quando pioveva col sole? Quando per non bagnarci ci coprimmo con la coperta che stendevi sempre sul prato e continuammo a baciarci fino a consumarci. Era bello sentire il cuore leggero e allietato dalla tua musica, dalla tua voce, da te... Sono sicura che non sarei più capace di provare quell'emozioni con nessun altro. E invece con te? Ci riuscirei ancora con te? Me lo chiedo spesso da quando sei riapparso nella mia vita, ma ad oggi non so darmi una risposta. Sono confusa, Castiel. Ho la mente caotica, il cuore agitato e lo stomaco in subbuglio. Da quando sei ritornato non faccio altro che rimuginare sulla nostra storia, su quello che siamo stati. Io volevo te, tu volevi me, ma non siamo stati capaci di trattenerci. Perché abbiamo lasciato che gli altri subentrassero nella nostra relazione? Il nostro amore non era abbastanza forte per sopravvivere nonostante gli intralci? Eppure eravamo felici con poco, per noi non aveva importanza né come né il luogo. Bastavano i nostri occhi, i nostri corpi per sentirci i più ricchi del mondo. Non ci serviva fare i giganti e giurarsi il per sempre, ma in un modo o in un altro lo speravamo celatamente. Io lo speravo sul serio... Speravo davvero di avere il mio lieto fine con il principe oscuro dai capelli rossi, poi però ci siamo fatti del male e ogni cosa bella mi è stata portata via. Sai che in tutto questo tempo ho cercato un modo per dimenticare? Dimenticare di volerti ancora bene, poi ho capito che non ci sono regole da seguire per lasciare scorrere e inoltre di colpo si è insinuato in me il dubbio... Perché c'è il mio volerti bene che è ancora più grande di me. Pensavo di averla superata, ma in realtà l'avevo soltanto accantonata. La verità è che non si può dimenticare un sentimento così potente e devastante. Dopo aver capito quanto fosse inutile lottare, ho preferito rifugiarmi in un luogo apparentemente lontano dal mondo dove sembra infinito anche un solo secondo. Perché il tempo da solo non basta per cancellarti. E non basterà mai. Credo che tu mi abbia odiata, a volte. Io l'ho fatto. Con tutto il mio cuore. Ti ho maledetto e ho pregato per riuscire a dimenticarti. Ho cercato di entrare nell'ordine d'idea che tutto prima o poi finisce e anche le nostre chiacchierate notturne, i nostri battibecchi, il nostro giochino degli insulti. Ma non è servito. Ho pianto, ho supplicato Dio di farmi perdere la memoria, ho sofferto e ho fatto di tutto per starti lontana, ho persino iniziato a frequentare un altro ragazzo... Ciononostante pare che un'entità superiore abbia deciso al posto mio e abbia cospirato contro di me ed i miei buoni propositi. 

Ci sono persone che fanno di tutto per stare insieme e non ci riescono. Noi due abbiamo fatto di tutto per stare lontani, ma niente. Non è più possibile. 

Ci ho provato, ma ho fallito. Così mi sono arresa e dopo un'infinità di tempo finalmente ho raggiunto un posto per poterti sentire accanto a me: il parco floreale di Parigi. Avevi già capito, vero?  Non ci sono più venuta con nessuno dopo di te, neanche da sola, ho avuto il coraggio di metterci piede soltanto oggi. E chissà perché l'ho fatto... A volte è meglio non farsi troppe domande. Eppure, ora che sono qui, sembra mancarmi ugualmente qualcosa. Non c'è più quella sensazione di gioia serena, ricordi com'era? I fiori si specchiavano nell'acqua del lago, tutto splendeva e il mio cuore era colmo. Sappiamo entrambi che a mancare sia il dettaglio più importante: noi... Tu! Sai, adesso vorrei voltarmi per trovarti alle mie spalle con la tua solita aria arrogante, con le mani nelle tasche dei tuoi inseparabili jeans neri sdruciti sulle ginocchia, con la giacca di pelle e il sorrisetto sghembo, nonché il mio accessorio preferito. L'ho appena fatto: mi sono voltata, ma tu non ci sei. Tornerai davvero come mi hai promesso una notte di qualche settimana fa? 

Solo il tempo potrà darmi ogni risposta. 

E io aspetterò.

A presto (spero)

Per sempre tua, Ariel"

Asciugai la lacrima solitaria scesa sulla guancia e, appena smisi di scrivere, recuperai il cellulare dalla borsa per mandare un messaggio al destinatario di quella lettera.


A: Castiel 

Sai che - Marco Mengoni


Non aggiunsi altro. Quel brano avrebbe parlato da sé.  

Probabilmente non avrebbe mai letto quelle pagine di diario dedicate a lui e di conseguenza non avrebbe mai potuto afferrare il vero significato della canzone o meglio... il senso che le davo io, ma pazienza; non ero ancora pronta a sbarazzarmi delle mie barriere. 

Dopo quattro minuti, il trillo del telefono segnò l'arrivo della risposta al mio messaggio criptico. Ripresi a chiacchierare con Castiel che mi tenne compagnia per tutto il viaggio di ritorno a casa. 

Castiel: Dove sei?

Miki: In quello che un tempo era il tuo posto preferito.

Castiel: Lo è tutt'ora!

Miki: Ah sì? Pensavo che adesso avessi dei posti d'ispirazione da rockstar. 

Castiel: Sei sola? P.S. smettila

Miki: Forse P.S. di fare cosa?

Castiel: Non giocare con il fuoco

Miki: Altrimenti?

Castiel: Ti brucerai

Miki: Non ho paura di scottarmi, dovresti saperlo. 

Castiel: Lo so

Miki: Quindi dov'ero?

Castiel: Parc Floral 

Miki: Wow

Castiel: Cosa? 

Miki: Non pensavo avresti capito subito.

Castiel: Io ho soltanto un posto preferito da quando ero un moccioso, non sono mica come te.

Miki: Come me, cosa?

Castiel: Ogni luogo che hai visitato è diventato il tuo posto preferito. 

Miki: Non è vero 

Castiel: Sì, invece

Miki: NO!

Castiel: Sì 

Miki: NO

Castiel: Sì 

Miki: Vaffanculo 

Castiel: Bellissima

Miki: Non iniziare

Castiel: A fare cosa?

Miki: A flirtare con me. Non attacca

Castiel: Sei sicura?

Miki: Ovvio!

Castiel: Ti faresti sedurre da me solo se avessi un paio di occhi verdi e dei capelli mori e ricci, giusto?

Miki: Antipatico geloso

Castiel: Non lo sono

Miki: Lo sei...

Castiel: Il tuo ragazzo sa che ci stiamo risentendo?

Miki: Noi non ci stiamo risentendo. 

Castiel: E allora cosa stiamo facendo in questo preciso momento? 

Miki: Noi ci stiamo sentendo. Sentirsi: due conoscenti che hanno delle cose da dirsi e si scambiano qualche messaggio di rado. Risentirsi: parlare assiduamente, chiamarsi. Vuol dire che si ha intenzione di riprendere ad avere una qualche tipo di relazione con l'altra persona. 

Castiel: Appunto. Io mi sto risentendo con te!

Miki: Non è così e lo sai anche tu. Entrambi vediamo altre persone. 

Castiel: Io non vedo proprio nessuno. 

Miki: Con chi credi di avere a che fare, Castiel? Non sono stupida.
Sei diventato un cantante internazionale,
sei ogni giorno in un paese diverso,
sei single da anni e le ragazze fanno a gara per venire a letto con te.
Come potrei pensare che tu le rifiuti? 

Castiel: Hai letto qualche articolo sulle mie scappatelle da quando sono partito tre settimane fa?

Miki: Questo non dimostra nulla.
Puoi anche farle entrare di nascosto nel tuo hotel, senza che nessuno se ne accorga. 

Castiel: Non funziona così, non nel mio caso. Non faccio sesso da prima che atterrassi a Parigi.

Miki: L'hai fatto sull'aereo? :O

Castiel: Tralasciamo i dettagli... L'importante è che tu capisca ciò che voglio dire.

Miki: Possiamo cambiare discorso? Grazie.

Castiel: Non ora. Voglio stare con te, Miki.

Miki: Non lo stai dicendo sul serio...

Castiel: Mai stato così serio come in questo momento. 

Miki: Io però non voglio stare con te.

Castiel: Ti manco?

Miki: Cosa c'entra? Comunque NO!

Castiel: Adesso ho la prova che anche tu vuoi stare con me. Perfetto :)

Miki: Ma da dove? 

Che diavolo dici?

Castiel: Chiamasi psicologia inversa

Miki: In realtà quella è tutt'altra cosa, ma che te lo dico a fare...

Castiel: Tanto ho ragione io

Miki: Non è così. Comunque adesso devo andare... Ciao Castiel

Castiel: Scappa, scappa pure dalla verità... tanto non riuscirai a farlo a lungo. 

Ciao Ariel :P

 

***

La stessa sera, quando ero convinta che le sorprese della giornata fossero finite, ci pensò la mia migliore amica a farmi perdere altri dieci anni di vita. Poco prima mi aveva scritto in un messaggio che sarebbe passata da casa mia per una novità scioccante. Quindici minuti dopo suonò il campanello senza interruzione, diffondendo il rumore fastidioso per tutta la casa. Corsi ad aprire sapendo che, se non l'avessi fatto subito, avrebbe finito per farmi diventare sorda. 

«Sempre delicata tu, eh?» 

Non ebbi il tempo di vedere la figura di Rosalya visto che mi venne sbattuto un foglio in pieno viso. L'afferrai per non farlo cadere, ma non riuscii a leggerne il contenuto perché la ragazza davanti a me attirò la mia attenzione: sbatté la porta d'entrata e, saltellando, emise dei piccoli urli. Che fosse matta lo sapevo ormai da anni, ma cos'era successo di così entusiasmante da farla sentire al settimo cielo? 

«Leggi, leggi, leggi. Sbrigati!» mi portò nuovamente il foglio davanti al viso e batté le mani. 

Con un'aria totalmente inebetita feci come mi ordinò Rose e, quando lessi il contenuto di quell'invito, mi sentii mancare. Stava scherzando? 

«Che?» dischiusi la bocca, incapace di aggiungere altro. 

«Hai letto?» riprese a saltellare fino a raggiungere il salotto, dove si accomodò sulla poltrona. 

«Cos'è, uno dei tuoi soliti scherzetti?»

«Ma che razza di reazione è mai questa? Dovresti essere felice per me e invece sembra ti sia morto il gatto...» s'imbronciò. 

«Certo che sono contenta per te, ma... non ti sembra un po' prematuro?»

«No che non lo è! Io e Leigh stiamo insieme da sei anni», gesticolò ovvia.

Come se fosse questione di ordinaria amministrazione decidere di sposarsi a diciannove anni e ancor prima d'iniziare l'università. 

Ebbene sì: Rosalya e Leigh avevano deciso di sposarsi e quello che stringevo tra le mani era l'invito alle loro nozze. Assurdo, vero?

«E cosa ne sarà del tuo sogno di diventare una stilista?»

«Una donna sposata non può anche lavorare?» s'infastidì. 

Sapevo di non star reagendo alla notizia come avrebbe dovuto fare una migliore amica, ma ero solo preoccupata per lei. 

«Certo che sì, ma tu devi ancora iniziare l'università» sospirai, mi sedetti accanto a lei e poggiai le mani sulle sue. «Da come ho letto, la data è fissata per il 24 Dicembre di quest'anno. A Settembre inizieremo l'università e sai anche tu che dovremo alternarci tra studio e stage. Sarà un periodo stressante e impegnativo, come puoi organizzare anche un matrimonio? Il tuo matrimonio...» 

Anche se sapevo che con lei non sarebbe stato facile, tentai di farla ragionare. 

«Ho sempre sognato di sposarmi a Natale, sotto la neve» alzò gli occhi sognanti verso il soffitto «Ho chiesto io a Leigh di sposarmi, visto che lui non si decideva a farlo. Ho comprato un anello al posto suo, così ho evitato il rischio che non mi piacesse, poi sono tornata al suo negozio per lavorare, ho messo la scatolina vicino alla cassa insieme ad un bigliettino con scritto: "O mi sposi o ti cancello". Ovviamente dopo aver letto quella bella minaccia, è corso da me per infilarmi l'anello al dito. Ci siamo baciati e subito dopo ci siamo dati da fare con fiki fiki», scoppiai a ridere per quel racconto così assurdo quanto veritiero. 

A Rosalya non era mai piaciuto seguire gli stereotipi tradizionali e non avevo dubbi sul fatto che anche la sua proposta di matrimonio sarebbe stata inconsueta. Solo... non poteva aspettare qualche altro anno?

«Penso sia meglio farlo adesso piuttosto che aspettare la fine dell'università, perché una volta sposata potrò dedicarmi totalmente allo studio, sarò più tranquilla e in più avrò Leigh sempre con me. Volevo andare a vivere con lui, sentivo l'estremo bisogno di passare alla fase successiva, di crescere e lo sai già che i nostri genitori non ci avrebbero permesso di andare a convivere senza matrimonio. Due giorni fa mi sono svegliata con quest'idea martellante nella testa e alla fine l'ho messa in pratica. Ho tutto sotto controllo. Sogno questo momento da quando sono nata, ho un'agenda piena di numeri e idee. A Natale mi sposo!» strillò nel pronunciare l'ultima frase. 

Sembrava sul serio avere tutto sotto controllo, per cui alla fine della sua spiegazione mi rilassai e mi concessi un gridolino insieme a lei. 

L'abbracciai forte e le sussurrai all'orecchio: «Congratulazioni, amica mia!»

«Ovviamente tu sarai la mia testimone», mi lasciò un'infinità di baci sulla guancia e poi riprese a stringermi tra le sue braccia. 

«Certo che sì».

«Non era una domanda».

Risi. Rosalya era incorreggibile ed io l'adoravo anche per quello. Era unica. 

«Castiel sarà il testimone di Leigh», strinse gli occhi e si morse il labbro nel rivelare quella notizia bomba senza alcun preavviso. 

Era da immaginarselo. Mi finsi per nulla scossa da quella novità, ma il cuore mi tradì; il sorriso si cancellò dal volto e mi pietrificai. 

«In fondo vi siete già visti, no?» continuò «Tra qualche settimana ci sarà una cena con i nostri genitori, parenti, damigelle e testimoni», elencò con calma.

Ed io diventai ufficialmente una statua di sale. Ci volle quasi un minuto per riprendermi e riuscire a replicare.

«Quindi... durante questa cena ci sarà anche lui?» le domandai stupidamente.

«Tu che dici?» 

Ovvio.

«Io... Non riesco a ragionare lucidamente quando sono vicina a lui».

«Ed è una cosa negativa?»

«E me lo chiedi? Sto frequentando un altro, Castiel è sparito per anni e ormai non dovrebbe più farmi quest'effetto. Javier è quello giusto!» tentai di auto convincermi. 

«La rockstar è uno "stronzone" e su questo non ci piove, ma sembra quasi usi Javier come arma di difesa dai sentimenti che ancora provi per Castiel... Tutto ciò non va bene, perché menti sia a te stessa che agli altri e rischi di ferire tutti».

La sua considerazione mi spiazzò. 

«È assurdo! Come potrei provare ancora dei sentimenti per lui dopo esserci persi per tutti questi anni? Dopo tutto quello che è accaduto e dopo esser riuscita ad interessarmi ad un altro ragazzo?»

«Si ama intensamente e veramente una volta sola».

«Vedi? Lui ha amato quella pazza di Debrah, non c'è spazio per nessun'altra. Perché dovrei continuare a farmi del male?»

 «Non ha mai amato Debrah realmente, era solo ossessionato da lei».

 «E tu come fai ad esserne certa?»

Emise un verso di frustrazione prima di rispondere:  «a volte meriteresti una padellata in testa per quanto sei dura di comprendonio...» sussultai a causa di uno scappellotto che mi mollò dietro la nuca. «Lui ama te. Solo e soltanto te», scandì bene parola per parola. 

"Lui ama te" e le farfalle colorate presero a svolazzare nel mio stomaco, quasi come se le avesse pronunciate lui quelle paroline magiche. 

 «Io...»

 «Tu niente. È stato sul punto di dirtelo più di una volta, non negarlo. Dopo il concerto è corso da te invece di sbattersi qualche modella all'after party. Sono passati anni, è scomparso, ma ora sai perché l'ha fatto. Lui adesso è ritornato da te. In fondo non era quello che desideravi?»

 «Non mi fido abbastanza di lui e sono confusa, non so cosa voglio né cosa provo. Stop. Fine della discussione. Non mi va di continuare a parlare di lui».

«Come vuoi...»

Rose non sembrò poi così convinta delle mie parole, però non mi andava di proseguire quella conversazione e lasciai cadere lì il discorso. 

«Comunque se sei così convinta di voler continuare a frequentare Javier, porta anche lui al matrimonio e alla cena della promessa», forzò un sorriso. 

«Oh grazie, certo. Così finalmente lo conoscerete».

Fu gentile ad invitare Javier, sebbene fosse del tutto scettica sulla mia scelta. 

«Allora...» mi stampai un sorriso sul volto, tentando di lasciar da parte la tensione «Cos'hai in mente per queste nozze sotto la neve?»

Gli occhi di Rosalya s'illuminarono davanti a quella domanda; iniziò ad elencarmi tutti i dettagli del suo matrimonio imminente e fu grazie a questi che capii quanto ci tenesse a sposare Leigh. 

Continuavo a pensare che avesse corso troppo, ma in fondo chi ero io per giudicare? Ogni persona ha i suoi tempi, i suoi sogni e aspirazioni, non siamo tutti uguali. Rose era convinta di aver trovato la sua anima gemella, l'uomo della sua vita, lo diceva continuamente quando ci capitava di parlarne. Quindi se fosse stata felice lei, lo sarei stata anch'io. 

La mia amica lasciò casa Rossi un'ora dopo. Restai completamente sola con i miei pensieri. C'erano giorni in cui mi pesava particolarmente vivere in solitudine e quella sera era uno di quei momenti. Il rapporto con zia Kate si era sgretolato del tutto e, nonostante i sacrifici di una vita per costruire e arredare una villa come quella, aveva preferito lasciarla a me pur di non vedermi. Era andata a convivere con Isaac fino a data da destinarsi, che tradotto nel gergo comune sarebbe stato: fino a quando non mi sarei levata dalle palle. 

Avevo ritrovato una mamma e perso una zia; la zia che - a suo modo - mi aveva permesso di avere un tetto sopra la testa e di crescere. La vita mi aveva insegnato che ci sarebbe sempre stato un prezzo da pagare per essere felici, per vedere realizzato ogni nostro desiderio e io avevo già pagato il mio senza neppure raggiungere la spensieratezza. 

Non feci in tempo a riempire la mente di ulteriori riflessioni deprimenti perché fui distratta dalla vibrazione del telefono. 

Era Castiel. E mi stava chiamando. Merda!

Chiusi per un breve istante gli occhi, inspirai ed espirai, poi decisi di rispondere con le mani tremanti e sudaticce. Maledetto ex pomodoro rosso e al brutto effetto che mi faceva!

«Che vuoi?»

"Bel modo di rispondere, complimenti Miki!"

«Sono felice anch'io di sentirti, piccola Miki», ridacchiò. 

Piccola Miki. Tum-tum tum-tum. 

La sua voce roca e sensuale sarebbe stata da catalogare tra le cose più illegali in assoluto.

E inevitabilmente il cuore batté più forte di quanto avrebbe dovuto.  

«Perché mi hai chiamata?» 

"Acidità, portami via".

«Avevo voglia di sentirti», bisbigliò. 

Probabilmente non era solo nella stanza. 

«Oh...» 

«Volevo darti la buonanotte».

«Oh...»

Era proprio intenzionato a farmi perdere la testa... A quanto parve però mi fece perdere la capacità di pronunciare frasi sensate. 

«Prima hai detto che due persone devono chiamarsi per "risentirsi"; quindi ho provveduto e a partire da questo preciso istante è ufficiale: noi ci stiamo risentendo!» proclamò ufficialmente come se stesse annunciando un premio in tv.

«Non funziona così... Noi n-» non riuscii a terminare la frase.

«Non ti sono mancato in queste ore?» continuò imperterrito. 

«No!»

«Anche tu mi sei mancata» replicò ignorandomi. 

Lo immaginai accennare un sorriso e mi sciolsi senza darlo a vedere. 

«Sei diventato sordo?»

«Solo con i bugiardi». 

Sempre con una risposta tagliente pronta. 

«Io non sono una bugiarda!»

«Oh, ma guarda...» temporeggiò prima di proseguire «ti sei sentita chiamare in causa solo perché colpevole», ghignò. 

Risposi con una pernacchia. Ben gli stava!

«Ti hanno aggiornata sulla novità?» proseguì. 

Che si stesse riferendo al matrimonio di Leigh e Rose? Avevano già avvertito anche lui?

Fischiettai la tipica base nuziale, che solitamente veniva suonata durante l'entrata della sposa in chiesa, per capire se anche lui sapesse. D'accordo, non mi stavo comportando come una persona che non aveva alcuna voglia di sentire l'interlocutore... 

«Quindi suppongo di sì, ti hanno già allietata di questa notizia incredibile», finse di essere emozionato «Quei due sono matti», lo immaginai scuotere la testa «completamente andati».

«Si amano», mi lasciai sfuggire quasi sulla difensiva. 

«Non per questo devono rovinarsi la vita a vent'anni...»

Non avevamo mai discusso sull'argomento del matrimonio, durante la nostra relazione mi sembrava assurdo farlo, ma ero proprio curiosa di conoscere la sua opinione a riguardo. Ero sicura che non mi sarebbe piaciuta per niente. 

«Rovinarsi la vita? Scherzi? Hanno solo anticipato di qualche anno quello che avrebbero comunque fatto!»

«Il matrimonio cambia la coppia: si entra in un ciclo di abitudini noiose, si diventa vecchi dentro e apatici, il fuoco della passione si spegne... e poi inevitabilmente arrivano i figli. La fine di tutto».

«Se ami sul serio, con il matrimonio dovresti diventare l'uomo più felice del mondo perché hai tutta per te e per sempre la donna della tua vita»

«Esiste la convivenza».

«Con quella non entreresti lo stesso nel "ciclo di abitudini noiose"?» imitai la sua voce.

«Nella convivenza non hai etichette, vincoli o obblighi. E qualora non si andasse più d'accordo, ci si lascerebbe senza divorzi, guerre giudiziarie e drammi».

«E menomale che la pessimista ero diventata io...»

«Su questo lo sono. Non credo nella chiesa e non amo quella pagliacciata della festa, dei cinquecento invitati, dei sorrisi finti e degli abiti eleganti.»

«Quindi sei contro il matrimonio», evidenziai. 

«Forse solo per il momento», ci rifletté un attimo prima di rispondere. 

«Cosa vuol dire?»

«Che potrebbe sempre arrivare qualcuno a farmi cambiare idea...» lasciò la frase in sospeso per qualche secondo «La ragione passa in secondo piano quando si ama. Per rendere felice l'altra persona potrei arrivare a sacrificare i miei ideali, purché si faccia qualcosa di contenuto, senza quelle cazzate smielate e inutili. Preferirei qualcosa di più intimo, ecco». 

Per una ragione a me sconosciuta il cuore aumentò i suoi battiti. Pensavo che Castiel non avesse mai riflettuto sull'eventualità di sposarsi e invece mi sbagliavo: aveva le idee sin troppo chiare. 

«E cosa ne sarebbe poi del "ciclo di abitudini noiose"?» ripetei per la seconda volta nel giro di qualche minuto. 

Quella frase mi aveva colpita. 

«Si potrebbe sempre stipulare un patto di sangue con l'altra persona, stabilendo regole ferree per non cadere mai nell'ordinario o roba del genere», disse con nonchalance, come se fosse da persona normale quel suo punto di vista. 

«Hai una mente contorta, signor Castiel Black», schioccai la lingua al palato e scossi la testa, sorridendo. 

«Lo so, ma tu non sei da meno. Mi hai fatto quest'interrogatorio perché intendi prendere spunto dalla tua amica e chiedermi di sposarti?» cercò di restare serio, ma alla fine ridacchiò. 

«Che? NO!» risposi allarmata e quasi urlando. Che razza di reazione era quella? Che problemi avevo? «Volevo solo capire perché sei così scettico sul matrimonio di Leigh e Rose, se anche tu stesso hai detto di poter fare uno strappo alla regola per la persona giusta. Loro si amano, qual è il problema?»

Qualche ora prima io stessa mi ero dimostrata contraria alla loro unione prematura, ma solo perché ero preoccupata per il futuro accademico e lavorativo di Rosalya. Leigh - invece - era di qualche anno più grande della mia amica, aveva già un lavoro stabile e aveva terminato gli studi, per lui sarebbe stato meno complicato sposarsi, quindi Castiel non aveva nulla di cui preoccuparsi. 

«Sono solo troppo giovani».

La sua risposta criptica non mi convinse per nulla, ma non indagai. 

«Però dopotutto è un bene che si sposino», riprese a parlare «così potrò attuare il mio piano per riconquistarti», diresse il discorso verso un punto che non mi piaceva per niente. 

«Credici...»

«Oh sì che ci riuscirò», il suo tono di voce emanò sicurezza. 

«Non penso proprio», mi ostinai a controbattere. 

«Facciamo una scommessa?»

Una scossa mi percorse tutto il corpo. 

«Dopotutto quello che è accaduto, non ti è ancora passata la voglia di scommettere?»

«Hai paura di perdere, per caso?»

«Io vinco sempre». 

Convinta fuori, tremendamente insicura dentro. In che guaio mi stavo infilando?

«Accetti, quindi?»

«Sto avendo un déjà vu», mi presi del tempo prima di dargli una risposta definitiva.

E nella mente riemersero immagini dei giorni trascorsi a Roma in sua compagnia e in particolare: il bagno nella Fontana di Trevi. Quella scommessa che per poco non ci aveva fatti arrestare. 

«Probabilmente anch'io». 

Restò vago, ma sapevo benissimo che anche lui stesse rivivendo quei momenti spensierati nella sua mente. Sapevo benissimo che in quell'istante un brivido gli percorse la schiena, che stava rimpiangendo di non esser stato meno scorbutico e scostante... Perché quei giorni, quegli anni non sarebbero mai più potuti ritornare. 

«Miki?» mi richiamò. 

«Sì, sono qui. In che cosa consisterebbe questa scommessa?»

«Entro il 24 Dicembre, il giorno del matrimonio dei nostri carissimi amici, tu cederai e verrai a letto con me. Se vinco io, lascerai all'istante Javier e ti metterai con me. Se perdo, per non esser riuscito a riconquistarti, gestirai tu il nostro rapporto: lascerò la nostra storia nelle tue mani» sussurrò verso la fine, suscitandomi dei brividi lungo il corpo.

Eravamo cresciuti e di conseguenza anche le nostre scommesse avrebbero riguardato qualcosa di più serio, di più pericoloso per la nostra sanità mentale.  

«Se per assurdità perdessi, vorresti davvero obbligarmi a mettermi con te?»

«Sei sicura che sarebbe un obbligo?»

"Colpita e affondata, Miki".

Non risposi. Era meglio per entrambi. 

«Già temi la sconfitta?» mi pungolò. 

«Per niente! Quando ci vedremo, ci sarà anche Javier insieme a me», ingoiai un grosso groppo di saliva.

Per un attimo ripensai alla frase di Rosalya: "usi Javier come arma di difesa dai sentimenti che ancora provi per Castiel". Era vero? Scossi la testa per non pensarci e tornai a dedicarmi alla voce dall'altra parte della cornetta. 

«Hai deciso di portarti il cagnolino appresso? Bene, le cose si fanno sempre più interessanti». 

Non sembrò scoraggiarsi, anzi il contrario. 

«Non ringalluzzirti troppo: vincerò io!»

«Ne sei convinta?»

"No".

«Sì. Preparati a perdere, rockstar. Accetto la scommessa!»

E in fondo sapevo già che mi sarei pentita di quella scelta.








 

___________

🌈N.A.🌈

Hello beautiful people, chiedo scusa per il ritardo (come accade sempre, ma ormai siete abituate xD e lo so che mi perdonerete ❤️)

In questo capitolo sono tornati in scena alcuni personaggi e hanno portato con sé delle notizie bomba: Rosalya si sposaaaaaaaaaaa👰🏼 a soli 19 anni 😵 e si è comprata l'anello da sola💍 per poi obbligare -quasi- il fidanzato a chiederle di sposarla. Prendete esempio se non riuscite più ad aspettare che il vostro lui vi faccia la proposta 😏 

Ovviamente con Rose non poteva essere tutto normale xD LA AMO! 

E poi Teresa😍: avrà qualcosa in mente per questa cena a cui ha invitato Miki e Javier? Io dico di sì 😉

Vi aspettavate che Javier prendesse con tanta filosofia il fatto che Miki gli avesse nascosto della relazione con il suo cantante preferito? Vi sembra una reazione normale? 👀

E poi ci sono i Mikistiel 💑 tanti cuori per loro💖💖💖

Mi sono particolarmente emozionata a scrivere la parte in cui Miki visita il parco floreale di Parigi. Spero vi susciti le stesse sensazioni ❤️

Castiel ha organizzato una nuova scommessa, gli piacciono proprio eh... ma questa volta sarà a luci rosse🔥🔞 e credo sarà anche la più importante della sua vita❣️Preparatevi 😏

P.S Ehm... non dimenticatevi mai di Debrah.

Adesso vi saluto

Quando uscite di casa non dimenticate di indossare la mascherina😷 e di disinfettare spesso le mani 💦👐

Buona Fase Due e buon fine settimana❣️

All The Love💖

Blue🦋

  
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