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Autore: Mary P_Stark    25/05/2020    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.

 

 

 

Santa Cruz (Moore Creek Preserve) – Luglio 2022

 

 

Quando Eros e Alekos riapparvero dinanzi alla villa di Athena ed Érebos, il giovane semidio afferrò a un braccio il cugino prima di entrare nell’abitato e, turbato, domandò: «Sei assolutamente sicuro che non sia successo nulla, vero?»

Eros lo fissò pieno di comprensione, ben sapendo quanto avesse sofferto Alekos pochissimo tempo addietro – e quanto avesse fatto soffrire i suoi stessi genitori – perciò, annuendo, disse con assoluta serietà: «Stai tranquillo. I tuoi genitori stanno bene, così come il resto del parentado… più o meno.»

«Intendi Astrea? O qualcun altro sta male?» esalò il giovane, impallidendo visibilmente.

«Intendevo dire proprio Astrea. Rilassati, ragazzo, o diventerai prematuramente canuto» ironizzò Eros, dandogli una pacca sulla spalla.

Abbozzando un sorriso nell’avviarsi verso la porta d’entrata, Alekos replicò un tantino più tranquillo: «Scusa, ma negli ultimi mesi sono stato abbastanza fuori di me e perciò tendo a essere un po’ prevenuto, quando non so le cose.»

«Deimos e Phobos mi hanno spiegato per sommi capi quel che ti è successo e… cavoli, ragazzo! Tu sei davvero la quintessenza dei primati!» rise Eros, stringendogli comprensivo una mano sulla spalla. «Presto o tardi dovrai anche spiegarmi come sono andate le cose, perché i miei fratelli tendono a fare un po’ di confusione, quando si spiegano.»

«Quando vuoi» acconsentì Alekos, aprendo la porta di casa per poi annunciare il loro arrivo.

Dioniso li salutò per primo, sbracciandosi calorosamente dal divano ed esclamando il nome di Alekos ed Eros a gran voce, neanche si fossero trovati a miglia di distanza.

Più composta, Eris sorrise a mezzo dalla sua poltrona e bofonchiò: «Scusatelo. E’ in libera uscita, e risulta essere un po’ scalmanato.»

Athena ed Érebos tornarono in quel momento dalla cucina, armati di ampi vassoi ricolmi di cibo e brocche di ambrosia e, sorridenti, li salutarono entrambi.

Incuriosito, Alekos tolse le brocche dalle mani dei genitori e domandò: «Cosa festeggiamo? Eros mi ha detto che avevate fretta di rivedermi a casa.»

Athena sorrise al figlio nell’appoggiare i vassoi sul tavolino del salotto e, annuendo, ammise: «Beh, volevo fossi presente, quando avrei detto a tutti che aspetto un bambino.»

Alekos fece tanto d’occhi, a quella notizia e, prima di causare danni, poggiò in fretta le brocche sul tavolino dopodiché abbracciò la madre pieno di eccitazione ed esalò: «Oh, cielo! E’ bellissimo!»

Érebos sorrise nel notare la gioia genuina del figlio adottivo e, premuroso, aggiunse: «E’ quasi del tutto certo che nascerà come una divinità, almeno stando a Demetra, perciò volevamo essere sicuri che…»

«… che non ne fossi geloso? Per carità!» rise Alekos, terminando la frase del padre. «Avevo sempre dato per scontato che, se aveste avuto un figlio, sarebbe nato con connotati del tutto divini, perciò non vedo il problema. Io amerò mio fratello – o mia sorella – come voi amate me e io amo voi, o forse anche di più.»

Volgendosi poi verso Eris e Dioniso, il giovane domandò: «E voi? Come mai siete qui?»

«Ho aiutato Demetra con tutti gli esami di tua madre» si limitò a dire Eris con una scrollatina di spalle.

Alekos la ringraziò – guadagnandosi un grugnito in risposta – mentre Eros, allungando una mano ai futuri genitori, chiosava: «Le congratulazioni sono d’obbligo. Siamo i primi a saperlo, per caso?»

Annuendo, Athena disse: «A parte Demetra, sì, siete i primi.»

«Allora, prenderò congedo per riferirlo a Psiche. Lei ama queste cose» dichiarò Eros prima di guardare Alekos e aggiungere: «La nostra chiacchierata è solo rimandata, ragazzo. Devi raccontarmi tutto della tua avventura.»

«Non mancherò. A presto, Eros» assentì il giovane, guardandolo mentre trasmutava per raggiungere Psiche.

Nell’accomodarsi sul divano, Athena scrutò curiosa il figlio e gli domandò: «Com’è andata la tua missione? Hai avuto successo, stavolta?»

«Ho parlato con Astrea, sì» assentì il giovane, trovando il plauso dei presenti. «Ho anche litigato con Eos, nel mentre, ma quello lo avevo messo in conto.»

Un po’ sorpresa, Athena gliene chiese i motivi e, dopo aver conosciuto le argomentazioni del figlio, sospirò ma ammise: «Capisco le reticenze di Eos, ma so che hai ragione. Quindi, tornerai da lei?»

«Sì. E, proprio come farò con Eros, anche a lei racconterò la mia avventura. Spero, a questo modo, di farle capire che non può prendersi la colpa per le decisioni che altri hanno preso. Lei non può opporsi al libero arbitrio… anche se è una dea» sospirò Alekos, scrollando le spalle con fare mogio.

La madre gli sorrise comprensiva e, indicandogli piena di curiosità le mani, domandò: «Quelle croci sui dorsi le ha fatte Anita, vero?»

«Servono a proteggermi dal potere di Astrea e, a quanto pare, funzionano. Stavolta non mi sono ustionato» commentò Alekos, osservando le intricate decorazioni a forma di croce che la nonna gli aveva dipinto sulle mani con del concentrato di Henna.

Dioniso le scrutò con interesse, asserendo: «Non conosco molto la cultura cristiana, ma so che hanno simbologie molto potenti. Dici che, con queste sulle mani, le energie prodotte da Astrea sono state calmierate?»

«Mi viene il sospetto che, essendo un simbolo appartenente a un pantheon diverso, funga da scudo contro il potere latente di Astrea. Pare non riesca a riconoscerlo così, se anche avviene qualcosa di traumatico, non ne subisco gli effetti» cercò di spiegare Alekos. «Secondo nonna, poteva essere un buon metodo per mettermi al riparo da eventuali disastri, e pare abbia funzionato.»

Dioniso annuì pensieroso, ma disse: «Quando, però, saprà riconoscerli, diventerai di nuovo vulnerabile.»

«Spero che, nel frattempo, la sua rabbia sia un po’ scemata» ammise Alekos prima di notare un particolare che, in precedenza, non aveva notato.

Adocchiando con maggiore attenzione il polso destro di Eris, storse il naso e borbottò: «Zia… da quando in qua porti gioielli? E’ un altro scherzo di Afrodite?»

A sorpresa, Dioniso scoppiò a ridere mentre Eris, irritata, sollevava il braccio incriminato per dire gelida: «Se conosci il modo di toglierlo, ti sarò grata a vita. Comunque, è uno scherzo di Dioniso, stavolta.»

Mentre Athena ed Érebos tentavano di non ridere a loro volta, di fronte al volto paonazzo e irritato di Discordia, Alekos studiò con attenzione il sottile filo d’argento e diamanti che brillava al polso della dea ed esalò: «Ma… come ha fatto a mettertelo senza che tu te ne rendessi conto?»

«Nel sonno» bofonchiò Eris.

Strabuzzando gli occhi per la confusione, Alekos fissò pieno di sorpresa Dioniso e domandò costernato: «Ti sei infilato nel suo tempio… con Homados e Proioxis di guardia? Sei pazzo, per caso?!»

«E’ qui che viene il bello, ragazzo» dichiarò orgoglioso Dioniso, ricevendo per diretta conseguenza un calcio nello stinco da parte di Eris. «Ahia! Smettila di fare la selvatica, e lascia che spieghi la mia genialità ad Alekos.»

«Ti ci strozzerò, prima o poi, con la tua genialità» brontolò Eris, intrecciando le braccia sul seno con espressione irritata.

Dioniso non le fece caso e continuò dicendo: «Come tu saprai, quelle due aquile mastodontiche hanno un unico amore… a parte la loro padroncina, ovviamente.»

Alekos assentì cauto, sapendolo più che bene. «Sì, la carne di cervo. Non dirmi che...»

Ghignando furbo, Dioniso assentì e disse: «Ho preso in prestito uno dei cervi di Artemide… sai, non sono esattamente molto esperto delle zone di caccia terrestri, e poi avevo fretta. Per farla breve, comunque, ne ho preso uno dalla sua riserva e l’ho regalato a quelle due adorabili bestiole che, tutte prese da quel pranzo gratuito, si sono distratte a sufficienza così da permettermi di entrare.»

Alekos sospirò, scuotendo il capo, e domandò: «E Artemide non ti ha detto nulla?»

«Ci arriveremo dopo» disse lesto Dioniso, scuotendo una mano come per cancellare quel particolare apparentemente insignificante. «Come un ninja, mi sono intrufolato nel tempio fino a raggiungere le stanze di Eris e lì, grazie alla mia genialità, le ho fatto dono del bracciale che hai visto.»

«Hai chiesto a Efesto di manipolarlo come Era fece con il trono di nonno Zeus, giusto?» ipotizzò Alekos, guadagnandosi un’occhiata basita da parte di Dioniso.

Eris si liberò in un sorriso pieno di esaltazione mentre Dioniso, tutto preoccupato, esalava costernato: «E… e tu come conosci quel trono

Ridacchiando divertito, mentre i genitori stavano perdendo la loro battaglia per non ridere, Alekos si limitò a dire: «C’ero anch’io, quando nonna Era ne fece un discreto uso.»

«Penso che andrò da Efesto adesso» dichiarò ghignante Eris, lanciando un’occhiata di fuoco a un disperato Dioniso.

«Oh, no, dai! Non fare così, Eris, ti prego!» si lagnò il dio, allungando una mano per trattenerla prima che lei fuggisse via.

Eris, però, fu più veloce e, dopo una strizzata d’occhio ad Alekos, svaporò sotto gli occhi dolenti di Dioniso che, l’attimo seguente, la seguì per intercettarla prima che raggiungesse Efesto.

Scoppiando a ridere assieme ai genitori di fronte a quell’assurda sceneggiata, Alekos esalò: «Eros si è perso uno spettacolo eccezionale. Credo che avrebbe apprezzato anche lui i maldestri tentativi di Dioniso di fare la corte a Eris!»

Asciugandosi una lacrima d’ilarità, Athena assentì e aggiunse: «Avrebbe apprezzato anche la punizione di Artemide a Dioniso, credo.»

Curioso, il giovane le domandò: «Cos’ha fatto, zia Arty?»

«Non ti sei chiesto come mai Dion non si sia mai appoggiato allo schienale del divano?» replicò piena di ironia la madre, incuriosendo ulteriormente il figlio.

«Non mi dire che…»

Érebos emise un risolino divertito e disse: «Arty lo ha riempito di staffilate, quando si è accorta del furto, ma Dioniso non ha mosso un dito per fermarla.»

Arrossendo leggermente, Alekos borbottò: «Ah, beh… credo di sapere il perché. Zio Dioniso ha una stanza un po’…particolare, nel suo tempio, perciò credo ci sia abituato.»

«Oh» esalarono i due dèi, vagamente sorpresi.

«Ne rimasi assai sorpreso e sconvolto anch’io, perciò scappai a gambe levate da quella parte del tempio per rifugiarmi altrove» ammise Alekos.

Di quella scappatella non aveva raccontato molto, ai genitori poiché, alla fine dell’opera, vi erano stati eventi ben più importanti a cui dare peso, in quel periodo.

Con l’arrivo di un fratellino – o una sorellina – Alekos, però, decise di dimostrare tutta la maturità e serietà ritrovate e aggiunse: «Non ne abbiamo più parlato, ma vorrei scusarmi per aver ingannato Ares, quella volta. Con lui mi sono già scusato, ovviamente, ma con voi non avevo più fatto accenno a quel fattaccio.»

Athena scrollò le spalle e replicò: «Ti divertisti, almeno?»

«Ah… temo che le bevute non siano il mio forte» ammise ridacchiando Alekos, passandosi nervosamente una mano sulla nuca. La trovò umida d’ansia. «Inoltre, Dioniso ha un gusto per la… promiscuità che va ben oltre le mie attuali possibilità di resistenza.»

Érebos sorrise divertito, asserendo: «Dioniso non c’è mai andato per il sottile, coi divertimenti. Immagino vi fossero tutte le creature del pantheon, a quella festa.»

«Tu ne sei al corrente per quale motivo, caro?» ironizzò Athena, scrutando piena di curiosità il compagno.

La divinità Ctonia scrollò le spalle con naturalezza, replicando: «Non ho passato tutto il mio tempo chiuso nel mio studio, sai, in questi millenni?»

Alekos scoppiò a ridere, di fronte a quella confessione spassionata e Athena, ora più che mai curiosa, gli chiese: «Oh… e dimmi; quali erano i tuoi divertimenti preferiti?»

«Le libagioni. Senza alcun dubbio. Dioniso è un padrone di casa assai generoso, e le pietanze che serviva erano sempre eccellenti» dichiarò senza alcun problema Érebos, sfidando la compagna a replicare alle sue parole.

Athena si accigliò un poco, lo studiò nei profondi occhi blu senza trovarvi alcuna menzogna ma, non del tutto sicura, replicò: «Chiederò ai miei fratelli… e non ti dirò quali. Voglio vedere cosa mi diranno loro.»

«Fai pure. Sono candido come un giglio» dichiarò sicuro di sé Érebos.

La dea storse il naso e Alekos, nello scoppiare a ridere, dichiarò con calore: «Grazie, papà… davvero.»

«E di cosa?» domandò curioso il dio.

Alekos scosse il capo, si levò dal divano per raggiungerli e, dopo essersi inginocchiato dinanzi a loro, li abbracciò con forza, mormorando: «Di tutto.»

***

Impegnato a sistemare la cucina dopo aver preparato per sé una pizza – aveva preferito lasciare soli i genitori perché si godessero una cenetta a lume di candela – Alekos sobbalzò per la sorpresa quando percepì la presenza di un immortale in avvicinamento.

Volgendosi a mezzo, vide infine comparire una nuvoletta multicolore che, a sorpresa, lasciò il campo a Eros e Psiche.

Raramente aveva incontrato l’affascinante dea protettrice delle fanciulle ma, come sempre, un piccolo sospiro di delizia gli sfuggì dalle labbra. Per quanto lo riguardava, neppure Afrodite era bella quanto lei, ma di certo non lo avrebbe mai ammesso con la dea della bellezza.

Il fatto che, oltretutto, possedesse un’intelligenza sottile e sopraffina, accentuava in lui la sensazione di indebolimento alle proprie membra.

Era davvero un bel casino, quando la moglie di tuo cugino ti faceva andare in brodo di giuggiole.

Cercando comunque di darsi un contegno, Alekos li salutò e disse: «Non vi aspettavo… volete che ordini qualcosa?»

«Abbiamo già cenato, grazie, Alekos» gli sorrise Psiche, avvicinandosi a lui per stringerlo in un abbraccio.

Psiche era adorabile e molto coccolona, e adorava in maniera smodata gli abbracci. Quando, però, eri fra le sue tante vittime incolpevoli, la cosa poteva comportare qualche imbarazzo.

Eros ne rise, già sapendo che la moglie instupidiva molti maschi – e anche diverse femmine – e, nel dare una pacca consolatoria sulla spalla di Alekos, chiosò: «Porta pazienza. La dolcezza è una bella cosa, ma fa anche cariare i denti.»

«Oh, tesoro!» rise Psiche, dirigendosi poi con passo elegante verso il divano del salotto della dependance di Alekos.

«Beh, io ho parecchie carie, allora» chiosò sconfitto Alekos, scrollando le spalle nel raggiungere la dea sul divano, mentre Eros si accomodava su una poltrona.

«Vedrai che, quando ti abituerai a me, neppure farai più caso alla mia presenza. Ora che Eros sta di nuovo bene, voglio passare molto più tempo con la famiglia» dichiarò Psiche, battendogli affettuosamente una mano sul ginocchio. «Fin quando lui è stato ricoverato, mi sentivo un verme a uscire dal tempio – o dalla clinica – senza di lui, perciò non abbiamo avuto molte occasioni di vederci, ma adesso tutto cambierà.»

«Ne sono felice» asserì Alekos prima di guardare Eros e domandare: «Vuoi sapere di Chaos, allora?»

«Prima di tutto, lasciami dire che quello che stai facendo per Astrea è davvero encomiabile. Esculapio mi ha detto che il vuoto cosmico in cui si è auto-ritirata ha avuto un…»

Interrompendosi, Eros guardò dubbioso Psiche e le chiese: «Com’è che l’ha chiamato, cara?»

«Un effetto Doppler. Le sue onde metapsichiche hanno riverberato e, a detta di Esculapio, non era mai successo prima.»

«Bene» mormorò Alekos. «Ma è ancora poco. Dovrò fare di meglio.»

«Perché mai la cosa ti sta tanto a cuore?» domandò a quel punto Eros, passandosi una mano tra i morbidi riccioli castano scuro. «Sei troppo giovane per averla conosciuta, quindi, perché la sua storia ti ha così colpito?»

«Raccontandoti ciò che mi è successo nel regno di Chaos, capirai perché ora intendo aiutare Astrea» gli predisse Alekos, iniziando così il suo racconto.

Eros e Psiche quindi ascoltarono il suo dire con grande attenzione e, più di una volta, la dea chiese delucidazioni in merito al singolare – oltre che unico – legame che lui ed Érebos avevano intrattenuto per così tanti anni.

Man mano che il racconto procedeva, Alekos si immaginò di dire le stesse cose ad Astrea, all’ombra della sua pianta preferita, con il riflesso lontano dell’oceano a fare da sfondo al loro incontro.

Non voleva pensare a ciò che era stato distrutto sotto di loro, né ai morti o ai feriti che ogni notte, da settantasette anni, Astrea vedeva nel suo imperfetto mondo fatto di dolore e distruzione.

Desiderava con tutto il cuore strapparla a quelle tribolazioni. Più di chiunque altro, sapeva cosa volesse dire credere fieramente nelle proprie convinzioni, e conosceva anche le conseguenze letali di una simile cecità.

Lei aveva preferito distruggersi senza mai morire, un giorno dopo l’altro, patendo in eterno le pene dell’inferno mentre lui, nella sua follia di dominio, aveva preferito annientare coloro i quali aveva reputato come nemici.

In barba alla logica, in barba all’amore, in barba a ogni equilibrio, si erano spinti entrambi all’estremo, sbagliando.

Solo Eris e il suo coraggio lo avevano salvato da quel futuro vuoto e assolutista, che a sua volta sarebbe stato imperfetto e colmo di dolore e distruzione.

Lui, a quel punto, desiderava fare lo stesso con Astrea o, per lo meno, ci avrebbe provato.

Quando infine spiegò a Eros ciò che fece Discordia per lui, sospirò e terminò di dire: «Capisci cosa intendevo? Credo di capire Astrea meglio di chiunque altro, perché io ho reagito nel modo esattamente opposto al suo, ma per gli stessi motivi. Non ho usato mezze misure.»

«Se avessi avuto energia sufficiente per fermare il tuo alter ego, ti saresti condannato da solo alla solitudine? Come Astrea?» mormorò turbato Eros.

Annuendo senza paura, Alekos dichiarò: «Per salvarvi? Senza alcun dubbio. Per questo so cosa l’ha spinta, ma so anche quanto vi sia di sbagliato in questo. Ora che vedo chiaramente sia il bene che il male e ne apprezzo l’equilibrio, so che sarebbe stato sbagliato sacrificarmi – in quanto inutile gesto – così come è sbagliato che Astrea paghi per errori che non ha commesso.»

Psiche annuì torva, replicando: «Tutto ciò ti rende onore ma sei cosciente che, avendo un animo affine a quello di Astrea, potresti rimanere risucchiato dai suoi stessi pensieri? Potresti trovare giusta la sua scelta, visto che in passato l’avresti presa tu stesso.»

«Comprendo il rischio, ma ugualmente voglio correrlo» dichiarò il giovane. «Grazie al filo di Eris e al suo potere, so di essere in grado di controllarmi molto meglio, e di percepire il mondo con più chiarezza. Non fallirò proprio su questo punto.»

«Ma sai che potresti non salvarla, vero?» gli fece notare Eros, adombrandosi un poco.

«Sì, l’ho messo in conto.»

Eros si fece silenzioso e, intrecciate le braccia sul torace, socchiuse gli occhi come se stesse rimuginando sulle ultime parole del giovane. Psiche, rivolgendosi invece ad Alekos, disse: «Troverai in noi degli alleati, credimi. Non ti lasceremo solo a tentare di riportarla indietro. Io stessa portai a termine molte prove, pur di avere Eros, perciò so cosa vuol dire combattere contro un destino avverso…»

«…e una suocera testarda…» ironizzò Alekos, facendola ridere.

«Sì, e una suocera testarda. Fortunatamente, Ares fu sempre dalla nostra parte e, alla fine, anche Afrodite comprese quanto forte fosse il nostro amore. Zeus mi permise di diventare la dea protettrice delle giovani innamorate proprio grazie all’impegno sostenuto, e di questo gliene sarò per sempre grata, perché ho molto a cuore questo mio compito, anche se ormai nessuno chiede più il mio aiuto.»

Con una scrollatina di spalle, Psiche sospirò dispiaciuta ma Alekos, desideroso di vederla sorridere di nuovo, chiosò: «Credo tu non debba preoccuparti di questo. Tu ed Eros siete i personaggi più riproposti dall’arte umana. La vostra storia ha affascinato i mortali in ogni epoca e luogo, e credo lo faccia tuttora.»

Psiche gli sorrise dolcemente e, come sempre, Alekos si sentì debole e sperduto. Aveva il dubbio concreto che, prima di abituarsi ai suoi sorrisi, sarebbe occorso davvero molto tempo.

Fu a quel punto che Eros sorrise, ghignò malizioso e domandò a sorpresa: «Com’è questa storia che Artemide ha malmenato a sangue Dioniso? A causa di Eris?»

Alekos scoppiò a ridere, di fronte a quel cambio radicale di argomento e, quando gli chiese i motivi di quella domanda, ammise di aver ricevuto un messaggio mentale da Hermes, e di essere rimasto colpito dall’evento.

Comprendendo a quel punto i motivi dell’insolito silenzio del dio, Alekos allora spiegò ciò che aveva portato Artemide a coprire di staffilate la schiena di Dioniso e il dio dell’amore, davvero colpito, esalò: «Cielo! E io che credevo di averle viste tutte! Non avrei mai pensato che Dioniso potesse fissarsi su una sola donna! Ed Eris, per giunta.»

Psiche, però, replicò: «Se ci pensi bene, Eros, è abbastanza sensato, invece. Il passato di Dioniso è oscuro e pervaso dalla follia, ed Eris sa cosa voglia dire convivere sia con l’oscurità che con il dolore connesso alla mancanza di controllo di sé. Chi più di lei potrebbe capirlo? Inoltre, sai bene che Dioniso non parla mai volentieri di ciò che gli accadde in gioventù ma, con lei, potrebbe aprirsi.»

Tornando serio, Eros assentì, ammettendo: «Potresti avere ragione, cara. Eris ha un bagaglio di esperienze che potrebbe aiutare Dioniso ad accettare ciò che gli successe a causa della maledizione di Era. Dopotutto, gran parte dei suoi divertimenti servono a tenerlo lontano proprio da quei ricordi.»

«Io credo che formerebbero una bella coppia… sempre ammesso che Homados e Proioxis non divorino Dioniso» chiosò Alekos con tono volutamente serio, facendo così scoppiare a ridere i suoi ospiti.

«Beh, è un rischio reale, in effetti. Quelle due bestiole troppo cresciute la adorano e…» cominciò col dire Eros prima di sbattere le palpebre, scrutare meglio oltre le porte finestre e terminare di dire: «… e, parlando di loro, guarda chi c’è lì fuori?»

Incuriosito, Alekos puntò lo sguardo sul prato di fronte alla sua dependance, ora illuminato soltanto da qualche luce di cortesia.

Quando mise a fuoco l’enorme sagoma scura che, caracollante, stava avanzando verso la finestra, Alekos balzò in piedi ed esalò confuso: «Homados?»

«Sai anche riconoscerle?» celiò Eros, balzando prudenzialmente via dalla poltrona per andare a sedersi accanto a Psiche, che rise sommessamente di fronte alla sua ansia manifesta.

Aprendo una vetrata, Alekos assentì nel frattempo e disse: «So riconoscerle benissimo.» Rivolto poi all’arpia, aggiunse: «Cosa succede? Perché sei qui?»

Da quando l’incantesimo che aveva gettato sulle due arpie era venuto meno, il loro rapporto era tornato a essere del tutto normale, anche se Homados e Proioxis nutrivano comunque un forte sentimento verso di lui.

L’aquila arpia gracchiò infelice e Alekos, scoppiando in una risatina divertita, chiosò: «Certo che puoi dormire qui, se vuoi. E anche tuo fratello, se proprio non ce la fate ad ascoltare le serenate di Dioniso.»

Eros scoppiò a ridere, piegandosi in due e crollando contro le cosce dell’amata che, battendogli affettuosamente delle pacche sulla schiena, cercò di calmare quell’attacco di risa isteriche.

Allo stesso tempo, Homados emise tutta una serie di gorgoglii spazientiti, andando a rintanarsi in un angolo buio della cucina per poi infilare la testa sotto un’ala.

Alekos non poté che spiacersi per l’amica arpia e, quando vide planare in lontananza anche Proioxis, capì che per un po’ le due aquile sarebbero rimaste con lui.

A ogni buon conto, provò a contattare Eris che, sofferente, mugugnò: “Dammi un buon motivo per non uccidere ogni membro maschile di questo universo. Presto! O comincerò a fare una strage.”

Cercando di non ridere, Alekos replicò: “Non ti mancherei neppure un po’?”

“Uff… sì, mi mancheresti. Ma come faccio a sopportare questo scempio? Sta uccidendo I will always love you in un modo indegno!”

“Neanche sapevo che la conoscessi, quella canzone!” replicò esterrefatto Alekos.

“Non mi sottovalutare, pivello” lo prese in giro la dea. “Piuttosto… hai qualche idea?”

Alekos fece entrare anche Proioxis prima di chiudere la finestra e, nell’indirizzarla verso la cucina, disse alla padrona delle due arpie: “Chiedi a tuo padre di scatenare una tempesta. Quando zio Dion sarà infradiciato per bene, si calmerà e tornerà al suo tempio… per un po’.”

“Sadico senza essere perfido. Mi piace” ironizzò Eris. “Le mie arpie sono da te, per caso? Le ho viste involarsi in tutta fretta, quando è cominciato questo concerto non richiesto, e mi chiedevo dove fossero finite.”

“Sono qui, non temere. Hanno chiesto asilo politico, e ora riposano in cucina.”

“Chiudi il frigorifero, o domattina sarai senza bistecche” lo mise in guardia Eris, chiudendo la comunicazione per tornare al suo annoso problema.

Scuotendo il capo nel sorridere indulgente, Alekos si chiese quanto ancora Eris avrebbe resistito, prima di commettere un deicidio.

Asciugandosi le copiose lacrime di ilarità, Eros riuscì in qualche modo a raddrizzarsi e, guardando al colmo del divertimento Alekos, esalò: «Davvero quel folle sta cantando dinanzi al tempio di Eris?»

«Ebbene sì. Sta distruggendo senza pietà le pietre miliari di Whitney Houston, a quanto pare» ammise Alekos, tornando a sedersi.

«Pace all’anima sua… spero che la poveretta non senta i suoi starnazzi, dal luogo in cui dimora la sua anima» chiosò Eros. «Dion è bravo in tante cose, ma non sa cantare. E’ un autentico massacratore di note.»

«Suvvia, caro, non è un caso così disperato» replicò indulgente Psiche.

«Lo dici solo perché sei buona e gentile, ma Dion non sa cantare. Chiedi ad Apollo, se non mi credi. Con lui, nostro zio ha perso ogni speranza» scrollò le spalle Eros, come se non vi fosse bisogno di dire altro.

Dalla cucina, giunse un coro di assoluta condivisione delle parole di Eros e Psiche, non potendo fare altro, chiosò: «Amen.»

 

 

N.d.A.: Che dite? Eris risparmierà Dioniso, o si farà prestare un pugnale ammazza-dèi da Moros? ;-)

  
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