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Autore: Exentia_dream2    25/05/2020    4 recensioni
Rose Weasley è la classica ragazza intelligente che non impegna ma che, se si impegnasse, sarebbe capace di raggiungere ottimi risultati o traguardi importanti.
O, forse, rovinerebbe tutto comunque, pur impegnandosi.
E, a diciotto anni, convinta che il mondo sia un parco giochi, non sa ancora cosa fare da grande.
Si troverà impreparata ad affrontare le responsabilità che nascono dopo l'abbandono della scuola e finira a friggere patatine e cuocere hamburger.
Riuscirà a diventare grande e a conoscere, o riconoscere, l'amore?
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Angolo Autrice prima del capitolo : lo so, lo so, ho un'altra storia da finire e me ne esco con questa, ma… 

Capitemi: non si può mica dire al cervello di smettere di partorire storie malate e insane come questa? 

Se non sapete rispondere, ve lo dico io: NO. 

Come avrete capito dal titolo, questa storia un titoto non ce l'ha, perché davvero non me ne veniva in mente uno decente, perciò, si accettano suggerimenti. 

Da brava fan della Dramione, questa volta ho deciso di mettermi alla prova con una coppia che non potrebbe esistere se Draco e Hermione si sposassero, si accoppiassero e nascessero tanti mini Malfoy, perciò… 

Ecco a voi la mia Rose/Scorpius che, spesso e volentieri, sfocerà nel demenziale, ma a voi piace ridere, giusto? 

Detto questo, la mia bambina senza nome è nelle vostre mani: siate tanto clementi e ditemi che è bellissima, vi prego! 

Ah, e non dimenticate di suggerire un nome per lei… 






Capitolo 1: 

Caramelle scadute e punizioni alternative… 



Quando, nel 2017, era arrivata la lettera da Hogwarts intestata a Rose Weasley, mamma era andata in iperventilazione perché, negli anni, aveva avuto il forte sospetto che sua figlia, proprio sua figlia, fosse una magonò, dato che non avevo mai provato a smentire la sua teoria di fallimento personale nel non essere stata una buona madre. 

E no, non so cosa c'entri la magia con l'essere un buon genitore.

Papà, invece, aveva cominciato a raccomandarsi di non fare amicizia con i Purosangue e i Serpeverde - né di innamorarmene e, in particolar modo, di non sposarne uno, pena: morte di nonno Arthur dovuta ad un infarto ed immediata cancellazione del mio nome dall'albero genealogico- e di non accettare caramelle dagli sconosciuti. 

E, ad essere del tutto onesta, mi aveva raccomandato di non accettare niente, assolutamente niente, dalle mani di zio George, la sua prole e tutta la ciurma dei Potter. 

Quello che però mi avrebbe insegnato la vita sarebbe stato di non accettare caramelle dagli sconosciuti, sì, ma di non accettarle soprattutto da Hermione Granger. 



°°° °°° °°°






<<... E poi abbandonare così, senza un briciolo di impegno… >>

Eh, no, mi sono impegnata anche troppo. 

E mentre mamma sproloquiava sulla mia insana idea di abbandonare la facoltà di economia della Magiuniversità, avevo cominciato a provare l'insano istinto omicida nei confronti di quella donna che non faceva altro che spappolarmi in faccia tutti i miei fallimenti. 

<< Ma, non è vero, cioè, ho anche preso un Accettabile, mamma, perciò non vedo tutta questa mancanza di impegno da parte mia. >>

<< Hai ripetuto quell'esame quattro volte, Q.U.A.T.T.R.O. >> e mi ritrovai le sue mani davanti agli occhi con sei dita sollevate, perciò, per perorare la sua causa e renderla più credibile, le abbassai il pollice della mano sinistra e il mignolo di quella destra. 

<< Sì, così è perfetto. >> io sorrisi, mentre evitavo accuratamente di soffermarmi sulle Maledizioni Senza Perdono che sembravano uscire direttamente dai suoi capelli poco curati. << Rende meglio l'idea, adesso: se dici quattro e poi hai sei dita alzate, sai… >> no, probabilmente non aveva gradito quella precisazione. 

Anche se poi, a dirla tutta, la parola quattro era formata da sette lettere, quindi il numero di dita che aveva usato era comunque sbagliato, ma per il mio istinto di sopravvivenza poco Grifondoro e molto Serpeverde -effetti collaterali di avere un cugino con il cravattino verde-argento- decisi di non renderle noto anche questo mio giusto, giustissimo pensiero. 

<< Rose Weasley non ti permetto di puntualizzare. >>

No, decisamente non aveva gradito e, sì, ci avevo visto lungo. 

Quando strinse gli occhi per farmi capire realmente quanto le sue minacce fossero prossime a diventare molto più che minacce, decisi che era ora di sfoderare l'aria da cucciolo bastonato. << Ma, mamma, sono stata la migliore durante l'esame dei M.A.G.O. >>

Non che ciò fosse propriamente vero, ma, in qualsiasi caso, Rose uno Hermione Granger zero.

<< E la peggiore in tante altre cose, anche in Magieconomia. >>

Beh, no, le cose non erano andate esattamente come lei ricordava, cioè… avevo quasi dato fuoco al giardino quando qualche anno prima avevo provato ad allenarmi con alcuni incantesimi, tra cui l'Incendio, che si era trasformato rapidamente in un Ardemonio bello e buono e che avevo rischiato di replicare il diluvio universale quando avevo pronunciato l'Aguamenti e mi ero lasciata leggermente assalire dal panico al pensiero di ciò che sarebbe successo dopo, ma avevo quattordici anni ed era più che comprensibile. 

Comunque, mamma continuava a guardarmi con quegli occhi piccoli e cattivi di cui, sinceramente, stavo cominciando a preoccuparmi. << Sì, beh, ma la voglia di imparare in fretta e prima degli altri… >>

O quella volta in cui il mio Diffindo aveva cominciato a tagliuzzare le tende del salone e il tappeto e il divano e i miei capelli - forse anche quelli di Hugo - e quindi ci eravamo ritrovati il Ministro e parte dei dipendenti dell'ufficio Uso Improprio Della Magia tra quei pezzi di stoffa e chissà che altro in mezzo ai piedi e a cui mamma, mortificata al limite dell'immaginabile, aveva offerto una tazza di tè e un sorriso oscenamente finto scusandosi anche della creazione - impropria secondo me- dell'universo, della Terra e, nello specifico, del genere umano dai capelli rossi e gli occhi azzurri. Ma, anche in quel caso, avevo quattordici anni, quindi… 

<<... E non ammetto nessuna replica da parte tua. >>

<< D'accordo. >>

<< Tieni. >>

<< Cos'è? >>

<< Una caramella. >>

Il mio debole per tutto ciò che contenesse zucchero, cioccolato, olio di palma e tutte quelle cose che fanno cariare i denti ai bambini di cinque anni, era conosciuto in tutto il mondo magico, babbano e oltre i confini dell'universo, perciò strappai la caramella dalle mani di mamma e la mangiai immediatamente.

Solo dopo aver sputacchiato qui e lì qualche pezzo di plastica mi ero resa conto che la caramella non era scartata, ma questo non era importante. 

E poi, avevo diciotto anni e non correvo più il rischio di trovarmi sulla sedia di un dentista, in uno studio che puzzava di disinfettante, a farmi tirare un dente cariato a causa dei troppi zuccheri assunti. E, diciamocela tutta: io odiavo gli ospedali.



°°° °°° °°° 

Avevo cominciato a provare un leggero tremore alla pancia qualche minuto dopo aver ingoiato la caramella, senza masticarla ovviamente, quindi non sapevo se avesse il sapore di limone o di arancia. 

Alla fine, era una comunissima caramella agli agrumi.

Avevo comunque preferito non saltare il pranzo, perché magari quel brontolio era soltanto la fame e non un fulminante attacco di diarrea che avrebbe previsto il mio ricovero immediato al San Mungo. 

Cosa che poi, ovviamente, era successa e che io avevo chiesto succedesse: mi ero rintanata in camera e facevo spola tra il letto e il gabinetto, saltando sulle punte e stringendo le chiappe come una ballerina di danza classica che si rispetti - anche se non ero una ballerina e non ero nemmeno rispettabile, dal momento in cui avevo urlato a gran voce ed avevo chiesto a Hugo di portarmi un rotolo di carta igienica perché "sto cagando acqua". 

Alla fine, avevo scelto di disfare il letto e rotolarmi nelle lenzuola per i sudori che mi facevano sembrare una vecchietta che si affaccia alla menopausa e combatte tra una vampata di calore e l'altra che, ad intermittenza, veniva sostituita da un piccolo, microscopico istante di freddo freddissimo. 

Comunque, alle otto di sera, seduta per l'ennesima volta sulla tazza del cesso, avevo deciso di chiedere aiuto a mamma e di essere trasportata immediatamente in ospedale, in qualsiasi modo, nel minor tempo possibile.

E mamma, per un motivo che ancora non conoscevo, aveva sorriso - anzi, aveva ghignato- e mi aveva aiutata ad alzarmi e a farmi una doccia. << Puzzi come una capra sudata. >>

<< Perché sono una capra sudata. >>

Sì, avevo tutta l'aria di essere davvero una capra sudata e malaticcia che si era staccata dal gregge ed era andata in giro per i pascoli a lasciare ricordini a forma di cacca a tutte le altre capre che erano belline e agghindate e non puzzavano di capra sudata. 

Non si poteva certo dire che dai miei capelli arruffati e annodati sarebbe potuto uscire un bel pullover di cashmere morbido e profumato e, in ogni caso, dalla mia chioma non si poteva estrarre altro che un grosso nodo che si era formato tra capo e collo e che, mentre mamma mi infilava i pantaloni, mi stava facendo da cuscino. 

Perciò, lasciate stare i miei capelli comodi. 

Quando eravamo arrivati a destinazione, comunque, un'infermiera mi aveva fatto accomodare gentilmente su una sedia a rotelle, - e preciso, gentilmente è un eufemismo- mi aveva detto di aspettare lì, senza muovermi e magari senza fare troppo chiasso, ed era tornata poco dopo con una cartellina verde e una bacchetta e mi aveva fatto una sorta di terzo grado su cosa avessi ingerito, quali incantesimi mi fossero stati scagliati contro e quante volte a settimana facessi sesso. 

Sesso? Io?... Ma se sono quasi tornata vergine, tsè. 

Hugo, nel frattempo, aveva cominciato a rovistare nella borsa di mamma, in cerca di qualche zellino da spendere nei distributori automatici accalcati alle pareti bianche e verdi, ed era finito, invece, a trovare qualche documento accartocciato, un lucidalabbra scaduto da qualche anno e una di quelle caramelle che avevo mangiato anche io. 

<< È buona, mamma me ne ha fatto assaggiare una stamattina. >>

Poi, successe tutto velocemente: mamma sembrava essersi ripresa da quello stato di intontimento in cui era piombata, aveva colpito la mano di Hugo con un colpo di karate bene assestato - che forse manco Bruce Lee- e la caramella era volata più in là, sotto le altre poltrone nella sala d'attesa. 

<< No, niente caramelle. >>

<< Ma perché? >> le chiese Hugo che, dopo aver compiuto i sedici anni, era cresciuto di ottomila metri, mentre io ero rimasta all'onorevole altezza di un metro e pochi centimetri. 

A volte, avevo seri dubbi sulla fedeltà di mamma nei confronti di papà perché, a parte i capelli rossi e gli occhi azzurri e la somiglianza sfacciata a Ron, Hugo poteva essere tranquillamente spacciato per il figlio di Hagrid. 

E non volli soffermarmi sulla scena in cui Hermione Granger faceva uno spogliarello sexy per il guardiacaccia di Hogwarts, magari con un perizoma striminzito e un frustino di pelle, abbarbicata ad un albero nella Foresta Proibita. 

No, basta. 

<< Perché no? >> chiesi, giusto per capire per quale arcano e oscuro motivo io avevo potuto mangiarla e Hugo no. 

<< Sono scadute. >> fu la sua risposta lapidaria e dal tono di voce che aveva usato capii che non ammetteva repliche. 

Repliche che, invece, arrivarono dopo qualche minuto passato a guardare l'arma del reato spiaccicata sul pavimento dell'ospedale e dopo che la sedia a rotelle su cui ero seduta stava per investire un bambino. Quindi, dall'alto della mia bassezza provai a mantenere almeno uno sguardo minaccioso. << Mi hai fatto mangiare una caramella scaduta? >>

<< L'ho scoperto dopo. >>

<< E allora perché le tieni ancora in borsa? >>

<< Ho dimenticato di buttarle via. >>

<< E perché non le butti adesso? >>

<< Perché sono impegnata. >>

<< A fare cosa? >>

<< A consolare la mia bambina. >> poi, si alzò di scatto e mi abbracciò, accarezzandomi i capelli e cantando una ninna nanna che, di tanto in tanto veniva interrotta dalle sue promesse stupide e false. << Passerà tutto, amore della mamma, stai tranquilla. Tra poco starai meglio, te lo prometto. >>

E se non l'avessi conosciuta, avrei anche potuto credere alla sua miglior prova di recitazione. 

Ma, - perché c'è sempre un ma- in quel momento, il mio cervello cominciò a macchinare e a rimandarmi come un film le scene di quella mattina in cui mamma, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che darmi dell'imbecille scansafatiche inetta, senza però toccare i miei diritti di essere umano e chiudermi in camera per una settimana intera. 

Perciò, beandomi comunque di quelle coccole gratuite che servivano più a nascondere la sua infamia che a rassicurare sua figlia, una parte di me cominciò a pensare che forse e, sottolineo forse, mamma davvero non sapeva che le caramelle fossero scadute, mentre l'altra parte - quella in realtà più ampia e più incline a pensare che ogni suo gesto fosse un piccolo attacco terroristico- mi fece quasi sputare una piccola ed innocente domanda. << Mamma… questa era la tua punizione? >>

<< Ovviamente, bambina mia. >>

<< Mamma… >>

<< Sì? >>

<< Sappi che se non muoio di diarrea cronica, metterò su un piano per ucciderti. >>

<< Comincia a stilarne le basi, allora, perché non ho mai voluto attentare alla tua vita. >> 

Al mio culo sì, però. 

Finalmente si staccò e tornò a sedersi al fianco di Hugo, mentre io, moribonda e sofferente, andavo a recuperare la sedia a rotelle che poco prima stava per rendermi un'assassina di bambini non sottoposti alla supervisione dei genitori e poi, mi sedetti anche io. 

Non fu affatto necessario il ricovero, ma lo avrei preferito e lo avrei accettato con tanta gioia e, più di tutto, avrei volentieri scambiato un letto di ospedale da occupare per una settimana con quella boccetta di liquido che somigliava più al vomito di Hugo quando era tornato ubriaco che ad un antidoto contro la diarrea. Forse, stavo fissando quella pozione da troppo tempo, in attesa di trovare il coraggio di berla e mandarla giù e, probabilmente, mamma e papà - ma anche Hugo e l'infermiera- stavano davvero perdendo la pazienza e non ne potevano più di guardare la mia espressione schifata. 

Perciò, dopo che la donna vestita con il camice verde mi aveva spiegato che sì, non era proprio un bel vedere e nemmeno un bel sentire - la puzza era davvero tremenda-, ma quello era davvero l'unico modo per combattere gli effetti di quella maledetta caramella scaduta, mamma le sorrise affabile e la liquidò dicendo che avrebbe provveduto lei. 

Mi colse di sorpresa: mi tappò il naso con tutta la mano, perché a suo parere non sarebbero bastate due dita, e mi lasciò quasi morire asfissiata, finché non aprii la bocca per respirare e lei mi versò in gola quel liquido verde. 

Traditrice di una madre…

<< Bene, ora possiamo tornare a casa. >> e sorrise vittoriosa. 

Maledetta eroina di guerra, se solo Voldemort ti avesse amputato quel braccino infame. E anche l'altro magari, che non si sa mai… 

Quando tornammo a casa, sconvolta dal doppio tradimento di mamma, urlai ai quattro venti che non avrei mai più assaggiato una briciola dei pasti che cucinava, né avrei bevuto un bicchiere d'acqua, che avrei provveduto da sola al mio fabbisogno giornaliero di calorie e mi chiusi in camera mia, sbattendo i piedi per terra quando mi scaraventai sul letto e mi allontanai di scatto perché, effettivamente, le lenzuola puzzavano di capra sudata. 



°°° °°° °°° 

Non avevo ancora perdonato mamma per i tiri bassi che mi aveva giocato nei giorni precedenti e, tantomeno, avevo mantenuto la mia promessa di nutrirmi da sola perché, oltre a versare il latte sui cereali, ero davvero incapace anche di mettere una padella sul fuoco senza causare danni permanenti a me, alle persone intorno, alla casa e al vicinato intero. 

E, mossa da una pietà insormontabile nutrita dai benedettissimi sensi di colpa per ciò che aveva fatto, mamma aveva proposto di cucinare per me sotto la mia attentissima direzione, anche se io mica lo sapevo che bisognava aggiungere il sale nell'acqua dove cuoceva la pasta. 

E, a pensarci bene, mamma poteva benissimo spacciare uno dei suoi potenti veleni ridotti in polvere per sale, ma decisi di fidarmi piuttosto che morire di fame sul mio letto. 

E il suo metodo ortodosso per farmi ingerire quella pozione curativa si rivelò davvero efficace, ovviamente, con maniere più delicate e magari senza il timore di spezzarmi il collo ogni volta che mi tappava il naso che, però, assunse soltanto l'ultimo giorno di cura che mi era stata prescritta dal quel medimago più largo che alto. 

Poi, certo, ogni volta seguiva una mia messinscena melodrammatica durante la quale mi chiedevo come sarebbe andata a finire se non avessi chiesto di essere portata in ospedale e come avrebbe fatto tutta la famiglia a sopravvivere senza di me, mentre mi spalmavo sul divano e facevo di tutto per non sentire le richieste di aiuto che mamma mi urlava. 

Io non muovo un dito, nemmeno per buttare una briciola di pane sul pavimento. 

A quelle, come sempre, seguivano i suoi improperi che Hugo metteva a tacere facendo la parte della figlia femmina: dopotutto, mica era lui quello che era stato avvelenato dalla madre? Ed era più in salute di me che giacevo fintamente scioccata di fronte alla tv al plasma che papà ci aveva regalato il Natale scorso. 

<< Cosa c'era in quella caramella? >> le chiesi un giorno, mentre lei trafficava in cucina con  una padella e un cucchiaio di legno. 

<< Non lo so: le ho comprate da George. >>

Così cominciai ad immaginare mamma che camminava vendicativa tra Diagon Alley e Hogsmeade, entrava a salutare lo zio George e cominciava a parlare fitto fitto, nascondendosi da occhi indiscreti, su quale fosse il modo migliore e più doloroso per mettere in punizione una figlia che trasformava in merda tutto ciò che toccava. 

E, ovviamente, immaginavo zio George che le faceva aprire gli occhi su un mondo di prodotti più illegali che realmente testati, descrivendole attentamente tutti i possibili usi e gli effetti collaterali e non, concludendo con un semplice e sempre efficace "faglielo cagare, letteralmente". 

E, letteralmente, era successo. 

Comunque, tra tutti gli insulti che mi ballavano sulla punta della lingua, l'unica cosa che fui capace di dire dopo aver immaginato la pianificazione di un'azione tanto crudele fu: << Bene. >>

Poi andai a diventare un tutt'uno con il divano e, a tratti, con il tappeto, troppo delusa da quell'ammissione di colpa sputata lì come se si stesse discutendo del meteo, con quella piacevole nota di strafottenza e orgoglio e mi chiesi se fosse il caso di fare un salto al Ministero e tirare su una manifestazione per approvare una legge a difesa dei maghi maggiorenni che venivano maltrattati dai genitori, ma poi cominciò il mio programma preferito e decisi che forse era meglio restare dov'ero e non dare a mia madre un altro motivo per far scendere in terra il lato peggiore del suo carattere. 

Che poi, quella caramella scaduta - che forse scaduta non lo era davvero- mi era stata offerta soltanto perché avevo deciso di mandare alle ortiche gli studi e gli esami della Magiuniversità e dell'intera economia. 

Assurdo. 

Il cinque giugno duemilaventicinque, infine , dopo quasi nove anni dalle raccomandazioni che papà mi aveva fatto prima di diventare un'alunna non molto modella di Hogwarts, capí che non dovevo accettare caramelle dagli sconosciuti, né da Hermione Granger. 

Soprattutto  caramelle che Hermione Granger  aveva acquistato ai Tiri Vispi Weasley. 

   
 
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