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Autore: _Cthylla_    25/05/2020    1 recensioni
“Tutto lascia una traccia e ha la sua importanza”, soprattutto le piccole cose in una relazione a due.
Raccolta che verrà aggiornata nei momenti di “noia”, probabilmente destinata a restare incompiuta. Verranno mostrati momenti casuali della relazione tra Nickel, alias la minicon della Decepticon Justice Division, e il mio OC Bustin, il tutto ambientato prima della distruzione della colonia di Prion (il posto dove Nickel è nata e cresciuta).
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nickel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Fera In Somnio



















Un rumore sordo fece sì che la minicon iniziasse a destarsi dalla ricarica con più di un mugugno.


Rigirandosi sotto la coperta, ancora sospesa in quello stato che non era né sonno né veglia, Nickel sentì che ben presto il calore e il torpore avrebbero vinto la loro battaglia. Il suono molto attutito -a malapena percettibile- e ritmico del pendolo nel corridoio accanto alla camera da letto giungeva in aiuto, conducendola passo dopo passo a sprofondare nuovamente in qualche sogno gradevole. Allungò una mano verso l’altro lato del letto istintivamente, cercando la presenza e la vicinanza di Bustin, il suo compagno.

Il secondo rumore sordo, più forte del primo, giunse in concomitanza col rendersi conto che le sue dita verde acqua non avevano trovato altro che vuoto.

Ormai del tutto sveglia si alzò dal letto e si guardò attorno, rimuovendo anche i pannelli oscuranti che servivano a impedire che la luce proveniente dalle ampie vetrate che occupavano buona parte delle pareti della camera da letto svegliassero entrambi troppo presto al mattino.

Nella parte di giardino che vedeva sembrava tutto in ordine, sul balcone non c’era nessuno, Bustin poteva essersi alzato per un trilione di motivi del tutto validi anche se era notte fonda e poteva essere stato lui a far cadere qualcosa al piano terra, eppure si sentiva fortemente inquieta, sensazione che peggiorò ulteriormente quando il rumore sordo di prima arrivò nuovamente ai suoi recettori uditivi in maniera più prolungata e più forte.

Dopo una brevissima riflessione che la spinse ad aprire la valigetta da medico posta accanto al comodino e afferrare il bisturi, ciò che più si avvicinava a un’arma tra quel che aveva vicino, decise di uscire con cautela dalla stanza e imboccare le scale verso il piano di sotto.

Una parte di lei suggeriva che stesse agendo in modo irrazionale - “Armarti sentendo un rumore pur sapendo di non essere sola in casa? Per fortuna che quelli del tirocinio apprezzano i tuoi cosiddetti nervi saldi. E se Bustin non si stesse sentendo bene? Un bisturi sguainato non lo aiuterebbe granché” - ma l’altra, preponderante, la portò a stringere maggiormente la sua arma impropria sentendo altri rumori di oggetti che cadevano a terra.

“Sembra che vengano dal bagno” pensò.

Forse il suo pensiero non era stato sbagliato e il suo compagno stava male davvero, si disse, decidendo quindi di darsi una mossa. In quale altra maniera giustificare i rumori, la sua assenza, il fatto che nelle stanze e corridoi che stava oltrepassando sembrasse tutto in ordine e…

Interruppe i suoi passi appena prima di calpestare una pozzanghera liquida grande quanto la sua mano, né la prima né l’ultima di una lunga serie che, come vide con una rapidissima occhiata, sembrava partire dall’ingresso principale della casa.

«Cos’è?...» esclamò Nickel, sgranando i sensori ottici azzurri.

Riusciva a vedere la delicata luminescenza delle gocce e delle chiazze più vicine alla porta d’ingresso, ancora molto tipica di quello che era il fluido vitale di ogni transformer, ma si accorse anche -con sentimenti che ormai stavano superando l’inquietudine e diventando altro di peggiore- che quelle più vicine a lei e al bagno erano sempre più inquinate da una materia scura dall’aspetto vischioso alla quale non avrebbe saputo dare né un nome né un colore specifico. Neppure nei più crudi manuali di medicina che trattavano le patologie più strane e le più tremende infezioni aveva mai visto qualcosa di simile.

«Bustin?...» si decise a chiamarlo, seppur memore di come in certi film horror azioni come quella fossero fonte di guai «Bustin, dove sei?… stai bene?!»

La casa del suo compagno, diventata da qualche tempo anche la sua, in quel momento le sembrava totalmente aliena. Non più un “nido sicuro” che aveva rapidamente imparato a conoscere, considerare tale e apprezzare, bensì il rifugio di qualcosa di mostruoso e pericoloso, ferito oppure no che fosse.

“Dov’è Bustin?” si chiese ancora.

Il bisturi tremò leggermente nelle sue mani, mentre i suoi audio captavano i rintocchi del pendolo al piano superiore che scandivano le tre del mattino.

“Che gli è successo?”

Si avvicinò ancora di più al bagno. Le pozzanghere si allargavano, sempre più scure, e capì che intravedere quello stesso liquido iniziare a uscire da sotto la porta non era un’impressione.

“Cosa è-”

Un flebile lamento attraverso la porta rivelò a Nickel che lì dentro c’era il suo compagno. Avrebbe riconosciuto tra mille la sua voce, per quanto alterata potesse essere.

«Bustin!» esclamò la minicon, avventandosi contro la maniglia solo per scoprire che la porta era chiusa a chiave «Bustin, che succede?!»

Dall’interno giunse un altro lamento soffocato.

“Nnniiickeeeel…”

Il variare delle tonalità tra una normale e una più gorgogliante e mostruosa più consona a una creatura infernale che a un transformer la fecero sobbalzare all’indietro. Quasi le cadde di mano il bisturi, che brillò leggermente a causa delle luci artificiali in giardino, e il liquido scuro arrivò a lambire i suoi piedi.
Fu tentata di correre via. Sarebbe stata ancora in tempo per raggiungere la porta e andarsene da quel posto lasciando al suo destino qualunque cosa si trovasse dietro quella porta…

“Ora basta!”

Che invece decise di sfondare con tre spallate ben assestate, scivolando miseramente nello sferrare l’ultima ed evitando di cadere solo grazie alla prontezza di riflessi che portò le sue manine bianche ad aggrapparsi agli stipiti.

Quando però notò del movimento davanti a sé e sollevò le ottiche non riuscì a trattenere un grido.

Quello che fino a poche ore prima era stato il corpo del suo compagno per come lei lo conosceva si stava allargando e deformando ogni nanoclick che passava, dando forma a escrescenze che allungandosi stavano dando vita a interi nuovi arti, incluse quelle che sembravano ali membranose con un reticolato di condutture di fluido vitale disgustosamente gonfie e pulsanti; i colori di Bustin, prevalentemente bianco, nero e turchese, stavano scomparendo e lasciando spazio a sfumature che non erano né girgie, né violacee né ruggine scura, piuttosto un miscuglio; Fauci appuntite si aprirono sul grosso “tentacolo” che aveva sostituito la sua testa e si ripiegava contro il soffitto, mentre dal grosso squarcio che si trovava poco sotto il petto continuava a sgorgare materia scura come se fosse stata una piccola cascata.

Paralizzata dalla vista orrorifica, Nickel assistette impotente alla fine della mutazione della creatura che occupava tre quarti del bagno -che pure era ampio, come quello che condividevano al piano di sopra- e che, ormai, di Bustin aveva solo la maschera nera, posta poco sotto le fauci e parzialmente inglobata dalla “pelle”. Nickel vide che gli occhi di pixel bianchi ebbero un leggero tremolio quando la creatura si voltò nella sua direzione.

“No. Non ‘la creatura’, non è una creatura” pensò, mentre i suoi piedi si muovevano da soli in avanti “Questo è il mio compagno. Non ho idea di cosa gli sia successo o di cosa stia succedendo in generale, ma vedo che è ferito e che ha bisogno di aiuto”.

Non avrebbe saputo dire se quel coraggio provenisse dallo stesso spirito che tirava fuori come medico tirocinante o, più “banalmente”, dall’amore; di certo c’era solo il fatto che si avvicinò al nuovo paziente con passi più decisi, incurante anche del liquame.
Forse era impazzita.
O forse, semplicemente, non si era mai svegliata, quello era un incubo e a livello inconscio lo sapeva, anche se aveva tutt’altra impressione.

«Bustin! Mi… mi riconosci ancora, è così?!»

“Nnniiickeeeel”.

Non c’era più un briciolo di normalità neppure nella voce -che Nickel aveva l’impressione di sentire risuonare direttamente nel processore- però lui la riconosceva, in caso contrario non avrebbe pronunciato il suo nome; e ogni circuito del suo corpo era convinto, o voleva convincersi, che qualunque cosa fosse diventato Bustin non le avrebbe fatto del male finché avesse saputo chi era.

«Non so cos’è successo ma… ma non importa, ok?! Troveremo… troveremo il modo di risolvere questa cosa» affermò la minicon «A cominciare da quella ferita!»

Vvvai… Nickel…

Nella mostruosità di quella voce Nickel avvertì distintamente una nota di stanchezza, e il fatto che Bustin fosse ancora in grado di ragionare, che era qualcosa di più rispetto al riconoscerla, la indusse ad aprire ogni anta alla quale riuscisse ad arrivare cercando medicine e qualsiasi arnese che potesse aiutarla a rallentare o fermare l’emorragia.

«No. Tu sei ferito e io non ti lascio qui così, e non solo perché ho fatto un cazzo di giuramento» replicò lei, decisa «Ci sarà pure qualcosa per- aah! Mollami subito!» esclamò quando uno degli arti del mostro la afferrò da dietro all’altezza della vita e la allontanò.

Seppur ingrandita e deformata, il gesto della mano di Bustin nell’accarezzarle il volto con delicatezza assoluta -anche adesso che era un mostro- risultò anche troppo familiare.

Dormi, Nnnnickel…

«Dormire?! Come posso dormire in questa situazione?! M-ma sei… sei…»

Sentì il suo processore diventare rapidamente confuso, le palpebre metalliche pesanti e le gambe cedere.
Prima di sprofondare nel torpore e nell’incoscienza però sentì anche che il suo ultimo timore, finire a cadere riversa in quel liquame scuro, veniva scongiurato da un arto raccapricciante del suo compagno che, pronto, la sostenne.






***






La prima cosa che vide Nickel quando aprì i sensori ottici quasi di scatto fu il soffitto in metallo brunito della camera da letto, con le due strisce led, ovviamente spente, che si incrociavano al centro dividendolo in quattro.

Si catapultò fuori dalla cuccetta notando come prima cosa che il lato di Bustin sulla cuccetta era stato rifatto, esattamente come tutti i giorni -mai che riuscisse ad alzarsi prima di lui!- e, una volta rimossi i pannelli oscuranti, venire quasi accecata dalla luce del giorno le rivelò che doveva essere piuttosto tardi. Il suo orologio interno le rivelò poco dopo che era quasi ora di pranzo.

Vide la valigetta da medico dove l’aveva lasciata, l’aprì velocemente e vide che tutti gli attrezzi erano puliti e ordinati al proprio posto come li aveva lasciati la sera prima. Fatto questo uscì di corsa dalla camera da letto, raggiunse le scale e si fiondò giù scendendole tre a tre.
Con la Scintilla in gola e le ottiche che si muovevano in modo febbrile cercando di captare anche solo un minuscolo dettaglio fuori posto, Nickel si precipitò in direzione del bagno. Non c’era traccia del liquido che aveva visto, la porta non recava segni di sfondamento e, come sempre, il bagno era ordinato, candido e immacolato.

“Possibile? È possibile che mi sia immaginata tutto e che sia stato tutto solo un sogno?!” pensò.

«Nicky? Nanetta?...»

Sentire la voce di Bustin che la stava chiamando, la sua voce normale, mise metaforicamente le ali ai piedi di Nickel, che raggiunse la cucina in pochi secondi.

«Buongiorno! Ammetto che stavo quasi iniziando a preoccuparmi» disse Bustin, che indossava un virilissimo grembiule a fiorellini, armeggiando con una pentola piena di cristalli di energon tagliati a striscioline lunghe e salsa di alluminio «È praticamente ora di pranzo. D’accordo, sei una tirocinante e devi fare pratica, ma in quella clinica ti fanno lavorare un po’trop- ehm, che succede?» domandò a Nickel quando lei gli strappò il grembiule di dosso e iniziò a esaminare petto e addome «In un altro momento direi che hai voglia di fare l’amore ma la tua espressione non… Nicky? Stai tremando» osservò Bustin, avvicinandosi con l’intento di stringerla a sé «Cos’hai? Cos’è succe-»

«I tuoi valori e il tuo fluido vitale» disse la minicon, con voce ferma, tirandosi indietro «Voglio vederli. Voglio vedere tutto, se no… se no io…»

«Va bene, adesso comincio a preoccuparmi sul serio» disse l’altro minicon, obbedendo tranquillamente nel mostrarle i valori «C’è una pandemia in corso o qualcosa del genere? Qualcosa fuggito da un laboratorio? Basta che non finiamo come nel film di ieri sera».

Il film horror con la piaga che trasformava la gente in mostri che Nickel -pur essendo tornata stanca dalla clinica e felice che il giorno dopo sarebbe stato libero- aveva voluto vedere, per la precisione. Avrebbe impiegato parecchio tempo a smettere di pentirsi di quell’idea.

Rovistò in uno dei propri scomparti e tirò fuori una enerstud sterile. «Piega la testa in avanti, faccio il prelievo».

Bustin obbedì. «Tutto questo è molto strano però immagino che tu abbia le tue ragioni, dunque mi fido».

La mitezza con cui Bustin fece quel gesto fece sì che la mano con la enerstud restasse ferma a mezz’aria e Nickel rimanesse immobile. Poco dopo ritrasse lentamente la mano, senza dire una parola, vergognandosi in modo terribile di quel che era stata sul punto di fare e della sua completa mancanza di raziocinio.

“Cacciargli un ago nel collo per colpa di un incubo? Sul serio?!” pensò, rimettendo la enerstud al proprio posto.

«No… no, fa niente. Anzi, scusami» disse Nickel «Non c’è una pandemia in corso o roba del genere è solo che sono…» stavolta non si ritrasse quando lui la strinse a sé e la accarezzò «Una deficiente. Ho avuto un incubo».

«Dev’essere stato un incubo terribile. Ecco perché mi sembravi spaventata... ma stai tranquilla, è tutto a posto» mormorò lui, poggiando il mento sulla testa della compagna.

«Volevo infilarti un ago nel collo per colpa di un incubo! in nome di Prion, come fai a sopportarmi?!»

«Contavo sul fatto che se non avessi un buon motivo per farlo ti saresti fermata prima, come infatti è successo. Ho una certa stima di te, Nanetta».

«Ancora “Nanetta”? Non sei tanto più alto di me! Lo sei solo di una testa e mezza!» protestò Nickel, guardandolo con aria di rimprovero ma intimamente grata per le parole che le aveva rivolto e il fatto che non la reputasse una schizzata paranoica.

«Giusto, messa così siamo praticamente alti uguali» replicò Bustin, senza nascondere un certo divertimento nella sua voce.

«Ehi! Ti ricordo che nelle riserve di energon piccole c’è l’energon più buono!»

«Mai detto il contrario» sorrise Bustin «Ora va meglio?»

Nickel annuì. Ormai non tremava più. «Ho sognato di essermi svegliata per un rumore strano in casa… poi sono scesa, ho trovato per terra delle macchie di fluido vitale e di solo il cielo sa cosa che portavano al bagno qui sotto. Poi ho aperto la porta ti ho visto diventare una creatura orrenda con una ferita enorme che zampillava quella roba scura e… e poi mi hai fatta dormire e… ero… angosciata. Lo sono stata fino a poco fa».

«Niente più horror prima di dormire» sentenziò il minicon.

Nickel non protestò, poggiando la testa contro il suo petto. «L’unica cosa buona è che mi hai riconosciuta nonostante tu fossi diventato quel mostro».

«Non riesco a immaginare una situazione in cui potrei non riconoscerti e in cui tu debba avere davvero motivo di avere paura di me, Nickel. Credo che questo lo sappia anche tu, in caso contrario il tuo processore ti avrebbe fatto sognare qualcosa di un po’diverso».

«Sì, hai ragione. Però ti giuro, sembrava talmente reale, per quanto sappia che era assurdo!...»

Una fiammata si levò dalla pentola che durante tutto il discorso era stata lasciata incautamente sul fornello, e dopo una serie di strilli di sorpresa entrambi i minicon si adoperarono per cercare di risolvere.

«Il coperchio sulla pentola in fiamme NO!» esclamò Bustin.

L’avvertimento giunse troppo tardi, e il contenuto della pentola esplose parzialmente andando a invadere il fornello e parte del ripiano vicino, causando un principio d’incendio del quale però, fortunatamente, si occuparono gli impianti sul soffitto… innaffiando anche i due minicon, che per qualche secondo rimasero lì a guardarsi inebetiti.

«Tutto il piano di sotto…» cominciò a dire Nickel.

«No, ha rilevato che il fuoco era qui, dunque l’impianto si è attivato solo qui».

«Ah! Beh… meglio così» commentò la minicon, sentendosi piuttosto imbarazzata per il tutto.

Pochi istanti dopo, imprevedibilmente, Bustin scoppiò a ridere. «Possiamo risparmiarci entrambi la doccia per oggi, ne abbiamo già fatta una!»

Vedendolo tranquillo, Nickel sorrise a sua volta. «Già, è vero. Dato che l’incendio ormai è spento vado a prendere degli stracci e-»

«No no, non ho voglia di occuparmene adesso. Togliamo la pentola dal fornello e ripuliamo lì, all’acqua penseremo dopo se qui e allora non si sarà asciugata da sola. Andiamo giù a valle in quel ristorante che ti piaceva, ho una certa fame!»

«E pago io tutto» disse subito Nickel.

«Ni-»

«Ho quasi mandato a fuoco la tua cucina» lo interruppe la minicon.

«Eravamo qui in due, e comunque è la nostra cucina» replicò Bustin, quieto «Non ti sei ancora ambientata, mh?»

«No, non è questo, mi sono ambientata, davvero. Mi hai fatto portare qui tutto quel che avevo nella mia stanza al dormitorio e anche tutto quel che mi hanno mandato da casa quando hanno saputo che mi trasferivo, sei scatoloni…» sospirò, massaggiandosi la fronte «E miei peluches, e quel tappeto peloso viola…»

«È un tappeto bellissimo».

Nickel alzò gli occhi al soffitto. «Lo so che non è vero».

«Ed è più lungo di te, Nanetta!» esclamò il minicon, scappando via dalla cucina con una risata.

«Ancora?! Se ti prendo ti abbasso!» gridò Nickel, tirando fuori da uno scomparto una chiave inglese e correndo dietro un fuggitivo che, lei lo sapeva, probabilmente era già volato in giardino.

Mentre raggiungeva la porta d’ingresso si disse che era stato solo un incubo, dopotutto… e in quel momento esso e la bestia in sogno sembravano qualcosa di molto distante.













Un disegno della bestia in sogno è >>>>>> QUI
Ringrazio MilesRedwing per la consulenza riguardo il titolo del capitolo in latino :)
Alla prossima,

_Cthylla_
   
 
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