Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Lisbeth Salander    26/05/2020    6 recensioni
«Sai che sei davvero deprimente quando ti incolpi in questo modo di tutti i mali del mondo, Moony?».
«Perché non ci dai un taglio e mi lasci in pace, Prongs?».
«Perché poi ti autoconvinci delle idiozie che la tua mente contorta partorisce ed ho il dovere morale di riportarti sulla retta via».
«Tu riporteresti me sulla retta via? Stai solo cercando di ammorbidirmi per farmi partecipare allo scherzo che avete architettato ai danni di Mrs Purr».
«Così mi offendi».
«Ci vuole ben altro per offendere James Potter».
«Su questo potresti anche avere ragione. In ogni caso, non distrarmi come tuo solito: lo scherzo a Mrs Purr ti farebbe bene e, sì, io ti riporto sempre sulla retta via. Oggi non sei d’accordo ma un giorno, quando avrai un sacco di capelli grigi e di rughe, anche per colpa mia, ed io sarò sempre e comunque più bello di te, te ne ricorderai».
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


A stento sapeva il passato

Remus Lupin si stringeva nel cappotto consunto, incurante della pioggia che lo colpiva incessantemente. La tempesta che infuriava sopra Londra non era nulla al confronto di quella che impazzava dentro di sé.
Le ultime litigate, avute con le persone cui teneva di più al mondo, si ripetevano incessantemente nella sua testa, non lasciandogli mai tregua: prima Nymphadora, sua moglie, poi Harry Potter, l’ultimo brandello di amico che gli era rimasto.
Remus si sedette su una panchina solitaria nei pressi di Charing Cross Roads, quella strada che tante volte aveva percorso da ragazzo con i suoi amici per un’incursione nel mondo babbano, sgattaiolando via dalla non troppo lontana Diagon Alley.
Prendendosi la testa tra le mani, era a loro che cominciò a pensare e a maledire per averlo lasciato solo in un mondo che non si era mai sentito in grado di affrontare.
Era certo che Harry avesse ragione: se James fosse stato lì, lo avrebbe scosso per le spalle e lo avrebbe riportato di peso da Dora. Poteva figurarselo distintamente con gli occhiali perennemente storti ed i capelli in disordine. Non era poi così difficile immaginarlo quando aveva avuto davanti, fino a pochi minuti prima, suo figlio, fatto a sua immagine e somiglianza, tranne che per gli occhi.
Remus riusciva a vedere gli occhi di James in ogni caso: ricordava perfettamente la sfumatura color caramello e quel luccichio che non smetteva mai di animarli. Più di ogni altra cosa, però, riusciva sempre a sentire la sua voce, cristallina, pungente e con quel tono sempre latentemente canzonatorio.
Non aveva avuto il coraggio di confessarlo a nessuno, nemmeno a Sirius, una volta che si erano ritrovati dopo dodici anni: la voce di James era diventata per lui una sorta di voce della propria coscienza, che non la smetteva mai di punzecchiarlo con i suoi commenti scomodi, esattamente come quando erano ad Hogwarts e James tentava di distoglierlo – quasi sempre con successo – dai suoi tentativi di studio, come se non fosse mai andato via.
Dopo quel maledetto 31 ottobre 1981, tutto il suo mondo era svanito quella notte insieme a Lily e James, alla presunta morte di Peter, all’asserito tradimento di Sirius, persino ad Harry, affidato agli zii e che pensava che non avrebbe rivisto mai più. Tutto ciò in cui aveva creduto era andato distrutto: quell’amicizia incrollabile, che aveva rappresentato la sua più grande fonte di gioia, il pilastro della sua adolescenza, la fortuna della sua vita, era esplosa in quella notte di Halloween lasciandogli a malapena la forza per sopravvivere.
Nella miseria degli anni seguenti Remus era arrivato ad una conclusione che non avrebbe mai abbandonato, neanche dopo aver scoperto la verità su Peter e Sirius: era tutta colpa di James.
Non avrebbero mai resistito senza di lui, non si sarebbero nemmeno mai trovati se non fosse stato per lui. Nulla dei Malandrini ci sarebbe mai stato se non fosse stato per l’ostinazione e l’incrollabile fede nell’amicizia di James Potter.
Se anche Peter non li avesse traditi, se anche Sirius non fosse stato incastrato, senza di lui non avrebbero mai potuto farcela. Senza di lui, loro tre non erano in grado di mantenere in vita quell’amicizia.
Ricordava ancora quando, al sesto anno, aveva spiegato ad una incredula Lily Evans, sulla via dell’irreversibile innamoramento per quello che sarebbe poi diventato suo marito, le dinamiche del loro quartetto.

 
Novembre 1976
«Sirius è la mente, Peter è il braccio, io, beh, io sono i nervi, credo».
«E James?».
«Lui è il cuore, Lily. È lui che ci tiene uniti».
 
Morto James, sarebbero comunque morti tutti loro e la loro amicizia non sarebbe sopravvissuta: non c’era equilibrio senza di lui. Sirius avrebbe finito per litigare con loro, avrebbe perso il controllo ed avrebbe discusso con Remus e non ci sarebbe stato più nessuno a smorzare gli animi dopo le litigate. Peter si sarebbe chiuso in sé stesso. Tutti loro si sarebbero chiusi nel dolore sordo provocato da quella perdita. Erano troppo diversi, loro tre, per poter affrontare un evento del genere insieme.
James, nonostante la sua indole malandrina, era l’unico che riusciva a placare le inquietudini di Sirius, a saper indirizzare Peter, ad indicare a Remus la speranza anche quando non riusciva a trovarla. Non aveva mai dubitato di nessuno di loro e lo aveva pagato con la vita.
 
Dicembre 1980
«Remus, guarda che Lily ed io lo sappiamo che la spia non sei tu».
«Come fate a saperlo?».
«Ti conosciamo, Remus. Non faresti mai del male a nessuno».
 
Era stato James ad evitare che lui e Sirius si trasformassero in due assassini ai danni di Piton ed era stato sempre James a risanare la crepa che si era venuta poi a creare tra di loro. Era stato a causa sua, del bambino con gli occhiali storti e i capelli spettinati, se quelle personalità così improbabili erano divenute amiche. Se non li avesse tenuti così uniti, Remus non avrebbe sentito tutto quel dolore: era tutta colpa sua. 
 
Dicembre 1975
«Sai che sei davvero deprimente quando ti incolpi in questo modo di tutti i mali del mondo, Moony?».
«Perché non ci dai un taglio e mi lasci in pace, Prongs?».
«Perché poi ti autoconvinci delle idiozie che la tua mente contorta partorisce ed ho il dovere morale di riportarti sulla retta via».
«Tu riporteresti me sulla retta via? Stai solo cercando di ammorbidirmi per farmi partecipare allo scherzo che avete architettato ai danni di Mrs Purr».
«Così mi offendi».
«Ci vuole ben altro per offendere James Potter».
«Su questo potresti anche avere ragione. In ogni caso, non distrarmi come tuo solito: lo scherzo a Mrs Purr ti farebbe bene e, sì, io ti riporto sempre sulla retta via. Oggi non sei d’accordo ma un giorno, quando avrai un sacco di capelli grigi e di rughe, anche per colpa mia, ed io sarò sempre e comunque più bello di te, te ne ricorderai».
 
Ed era vero. James era sempre riuscito a riportarlo sulla retta via. Non lo aveva mai lasciato solo, neanche dopo lo scherzo di Sirius che aveva minato molto il loro equilibrio.
Nonostante quell’amicizia assurda che lo legava a Sirius, James era rimasto al suo fianco in quei giorni successivi. Lo aveva protetto – lo sapeva – dalle insistenze di Sirius per far pace, aveva consentito che avesse i suoi spazi, che si prendesse il suo tempo e poi lo aveva spinto a fidarsi ancora.
 
Maggio 1976
«Ti rendi conto che non potete andare avanti così, vero?».
«James, non insistere. Lasciami in pace.  Tu non capisci».
«Non fare lo stronzo, Moony. Non con me».
«Hai ragione. Tu non c’entri niente ma non dovresti essere mio amico. Hai visto cosa succede».
«Oddio, ancora con questa manfrina?!».
«Prongs, avrei potuto ferire anche te quella notte o peggio».
«Non è successo, Remus. Sirius si è comportato da idiota ma non lasciare che vada tutto perso. Lo sai che è un buon amico».
 
Fino alla fine di Hogwarts, con James, Sirius e Peter, cui negli ultimi due anni si era aggiunta Lily, Remus si era sentito intero. A parte quella piccola minuscola crepa, aveva davvero creduto di poter combattere quel che c’era fuori da lì.
Se le trasformazioni in Lupo Mannaro non facevano più male ma erano diventate momenti meravigliosi da trascorrere con i suoi amici, tutto sembrava possibile.
La Mappa del Malandrino, le notti nel parco e nella foresta, la scoperta di un nuovo passaggio segreto, Sirus e Peter che si trasformavano insieme per far impazzire Mrs Purr e lui e James che si nascondevano sotto il mantello piegati in due dalle risate, le scorpacciate in cucina a chiacchierare con Elfi Domestici che si offrivano di lavorare per loro erano divenuti per Remus l’eco di un’altra vita. Si era sforzato a lungo di non pensare a quei momenti, non quando era l’unico rimasto.
La voce di James, però, riusciva sempre a fare capolino nella sua mente.
 
Giugno 1978
«Quel che abbiamo combinato in questa scuola è storia. Nessuno potrà e dovrà mai dimenticarlo».
«Prongs, non so come dirtelo ma la maggior parte delle cose che abbiamo fatto in questa scuola è leggermente...illegale. Nessuno DOVRA’ saperle».
«Come sei puntiglioso, Moony. L’importante è che restino tutte nella nostra testa. Quando la guerra sarà finita, faremo di meglio».
 
Non c’era stato di meglio da fare perché la guerra era finita soltanto con la morte di James e, anche se Remus avesse voluto ricordare, non era rimasto nessuno con cui condividere e rievocare quei ricordi: aveva creduto Peter morto per anni e Sirius era rinchiuso ad Azkaban.
Non poteva vivere nel passato e si era rimboccato le maniche per quel futuro che era stato di gran lunga peggiore di quello che aveva temuto ad Hogwarts. Trovare un lavoro stabile era stato impossibile. Nonostante la brillante carriera accademica alle spalle, nonostante una manciata di Eccezionale ai G.U.F.O. e ai M.A.G.O., ad un certo punto la sua Licantropia saltava fuori e nessuno voleva assumere un Lupo Mannaro per quanto brillante fosse. Per di più, negli anni erano state approvate varie leggi che gli impedivano di avere un vero lavoro. Sopravviveva con lavori saltuari o spesso cercava qualcosa tra i Babbani. Oltre suo padre, tormentato dai sensi di colpa, non gli era rimasto nessuno che lo conoscesse davvero.
 
Gennaio 1979
«Ho una proposta per te. In realtà, più che una proposta è una cosa che ho deciso, una comunicazione, direi».
«Prongs, posso sapere cosa stai blaterando?».
«Non sopporto più di vederti distrutto e depresso per questi idioti che non capiscono il tuo valore, Moony. Quando la guerra finirà, cambierà tutto».
«Non cambierà niente, James. Nessuno vuole lavorare con un Lupo Mannaro».
«Tu sei una persona brillante, Remus. Un giorno diventerai Professore e sarai il migliore insegnante che uno studente possa mai immaginare. Per i miei figli pretenderò soltanto Professori all’altezza di Remus John Lupin. Immagina che incubo sarebbe ritrovarsi Snivellus come insegnante!».
«Dai, James. Non credo di avere la pazienza adeguata per poter insegnare a chicchessia né di esserne capace».
«Hai costretto me a studiare per anni. Certo che hai la pazienza adeguata e ne sei più che capace! In ogni caso, fino a quel giorno, ci penso io a te».
«Non se ne parla, James. Ti sei appena sposato, hai Lily, avrai dei figli».
«Sono sufficientemente ricco per mantenere mia moglie, almeno dodici figli ed anche quel brontolone dello zio Remus».
«Non ti sembra che dodici figli siano un po’ troppi?».
«Lo sai che ho sempre avuto manie di grandezza».
 
James gli aveva tolto quel peso per tutti gli anni della guerra, opponendosi a qualsiasi tentativo di ringraziamento. Quando i primi di agosto 1993 Silente si era presentato alla sua porta per offrirgli il posto di Professore di Difesa contro le Arti Oscure, Remus aveva pensato immediatamente a James.
Lo aveva immaginato con il suo solito sorriso storto e l’aria compiaciuta di quando aveva ragione e non faceva nulla – ma proprio nulla – per non pavoneggiarsene.
Aveva riflettuto molte volte, durante gli anni, sul tornare ad Hogwarts. Nei primi anni era un’idea ricorrente di Sirius, che sentiva la nostalgia della Foresta e della Stamberga Strillante.
In seguito, era stato un pensiero in cui aveva cercato rifugio. Aveva creduto che tornare lì, dove li aveva conosciuti, dove tutto era iniziato, avrebbe potuto aiutarlo a tamponare le ferite. Ripercorrere da solo gli stessi passi fatti con loro, forse, avrebbe potuto essere catartico.
Alla fine, però, aveva abbandonato quell’idea: tornare sarebbe stato soltanto più penoso per lui. Avrebbe rivissuto mille episodi in cui non c’era alcun indizio di quello che sarebbe venuto dopo o forse di indizi ce n’erano stati sin troppi ma era stato lui a non aver voluto vedere.
Quando ad Hogwarts era tornato sedendo dal lato dei Professori, la sensazione era stata dolceamara. Ricordava una storia per ogni singolo angolo di quella scuola ma non c’era nessuno con cui condividere quelle storie, se non Harry.
 
Febbraio 1981
«Se dovesse accadermi qualcosa, mi prometti che starai accanto ad Harry?».
«Non ti accadrà niente, Prongs».
«Non puoi saperlo. Se dovesse succedere, ci sarai?».
«Certo che ci sarò, James. Non so se Sirius me lo consentirà ma ci sarò».
«Dagli consigli intelligenti per cavarsi fuori dai guai, come quelli che davi a me e Sirius e che abbiamo ascoltato un po’ tardi. Cerca di dargli cioccolata a sufficienza. Né Lily né Sirius capiscono davvero il potere della cioccolata».
«Ti prometto che, quando ci sarò io nei dintorni, ad Harry non mancherà mai la cioccolata».
«E poi assicurati che sappia sempre come sentirmi vicino».
 
L’incontro con Harry era stato per lui uno dei pochi motivi di felicità degli ultimi anni. Conoscerlo, diventare suo amico gli aveva fatto fare, per un po’, pace con il mondo.
Anche quando non gli aveva rivelato l’amicizia che lo legava ai suoi genitori, nel parlare con lui riusciva a scorgere entrambi. Dopo pochi incontri e dopo averlo accuratamente osservato a lezione, era stato in grado di individuare i tratti di somiglianza con Lily e James.
Se fossero stati vivi, avrebbero sicuramente litigato per decidere a chi Harry somigliasse di più almeno sul piano caratteriale, perché su quello fisico – purtroppo per Lily – non c’era partita.
Anche su quello caratteriale, in realtà, al momento sembrava vincere James date le scorribande non autorizzate di Harry ad Hogsmeade o l’ingenuità disarmante che si portava addosso. James avrebbe riso con aria trionfante e Lily avrebbe fatto finta di arrabbiarsi.
Era così che sarebbe dovuta andare.
Invece, erano rimasti solo lui ed Harry, che dei suoi genitori non sapeva niente. In quell’anno trascorso a vegliare sul figlio del suo migliore amico, Remus aveva seriamente pensato di confessare a Silente del problema che lo affliggeva da dodici anni, della voce di James nella sua testa a dargli consigli ma era certo che Silente avrebbe sorriso e gli avrebbe detto di ascoltare la propria coscienza.
La verità era che, in ogni caso, era colpa di James.
Negli anni di amicizia lo aveva talmente ricoperto di chiacchiere, privo com’era di qualsiasi filtro tra la mente e la bocca, che la sua mente non era mai più riuscita a liberarsi di tutto ciò che gli aveva detto. Forse avrebbe dovuto informarsi su qualche Pozione o da qualche Guaritore.
 
Ottobre 1972
«Quanto la fai lunga, Remus. Hai solo un piccolo problema peloso».
 
La parentesi ad Hogwarts era stata, appunto, soltanto una parentesi ma questa volta Remus era preparato. Aveva sempre saputo che sarebbe stato troppo bello per durare.
Quanto meno aveva ritrovato Sirius, quanto meno non era più rimasto solo, quanto meno c’era qualcun altro che capiva i suoi tormenti e che ne portava ancora di più. Non era più l’unico rimasto dei Malandrini.
In verità, era solo James ad essere morto, solo lui ad averli lasciati ad annegare nel dolore, condannati a ripensare senza tregua a quel passato quasi perfetto.
 
Dicembre 1977
«Moony, Moony, Moony. Ho una domanda per te: cosa sono questi musi lunghi?».
«C’è un certo malcontento per la tua latitanza degli ultimi giorni, Prongs».
«Com’è che si dice? Ubi maior minor cessat. E poi anche se non sono sempre nei vostri dintorni non è che ho smesso di volervi bene».
 
La morte di Sirius, avvenuta due anni dopo essersi ritrovati, aveva ricordato a Remus il proprio destino: trovare degli amici ed essere condannato a perderli.
Non poteva più permettersi di precipitare nel baratro, però. C’era di nuovo uno scopo, di nuovo la guerra e c’era Harry da proteggere, c’erano ancora delle promesse fatte a James e Lily che doveva onorare, seguire le orme di Sirius nello stare accanto ad Harry per quanto gli sarebbe stato possibile.
Nella dedizione cieca a quella causa, Remus aveva dimenticato una delle sue regole auree: non innamorarsi mai, non abbassare la guardia, non lasciare a quello spiraglio di felicità di aprire squarci di vite impossibili per lui.
Nymphadora Tonks, però, non era stata come tutte le altre donne avute in passato, avventure fugaci a cui non aveva mai dato una possibilità. Lei aveva fatto una cosa che nessun altro – a parte i suoi amici – aveva mai fatto prima: era rimasta, cercando di abbattere con una pazienza ed una tenacia indistruttibili ogni muro che Remus aveva tirato su nei suoi trentasette anni di vita.
L’amore per Nymphadora era per lui un’arma a doppio taglio: ad ogni attimo di pace, gioia e felicità provata con lei corrispondevano i sensi di colpa per la vita a cui la stava condannando, ignorando le proteste di lei.

 
Settembre 1979
«Dovresti proprio dare una possibilità a quella ragazza, Moony».
«James, non se ne parla. Sai bene il perché. Ripetiamo questa conversazione da quando avevamo quattordici anni, ti rendi conto?».
«Mi rendo conto del fatto che per conquistare l’amore della mia vita ho impiegato diversi anni mentre tu hai la fortuna di attirarle tutte a te con la tua aria timida e gli occhi da lupacchiotto e non la cogli».
«Il problema non sono solo gli occhi da lupacchiotto. È più il resto».
«Infatti, come al solito, il problema è la tua mente contorta. Dovresti smettere di lasciare che sia la Licantropia a definirti, Remus. È un piccolo problema peloso e sono sicuro che c’è più di una persona che la pensa come me».
 
Era questo che gli avrebbe detto James. Gli avrebbe detto che stava facendo una grandissima idiozia, che stava rovinando il suo matrimonio con una donna incredibile che lo aveva visto ed amato per quello che era ma che, soprattutto, stava buttando all’aria la sua occasione di diventare padre.
Poteva sentire quel suo tono di delusione e rimprovero che usava raramente e proprio per questo era in grado di mortificarlo così tanto.
E Remus sapeva che Harry aveva ragione, che James non avrebbe mai voluto che abbandonasse la propria moglie ed il proprio figlio per accompagnare il suo di figlio, diventato adulto. Sapeva anche che, se lo avesse fatto, un giorno suo figlio si sarebbe vergognato di lui, per quella codardia che stava dimostrando.
Con la testa ancora tra le mani e la pioggia che gli batteva sul capo, non faceva altro che tormentarsi. Quel vivere non aveva mai fatto così male. Mai come dal giorno in cui Dora gli aveva detto di essere incinta la Licantropia era diventata per lui un’ossessione ed aveva preso il sopravvento il timore di aver condannato il suo bambino alla sua stessa maledizione. Mai come in quel periodo aveva lasciato che la Licantropia lo definisse, privandolo di assaporare pienamente tutte quelle piccole, minuscole gioie che la vita aveva deciso di regalargli: il matrimonio con Dora, la paternità.
La coscienza di Remus nella persona di James Potter era particolarmente delusa da lui. Dietro gli occhiali storti che scivolavano sul naso, Remus vedeva distintamente lo sguardo di disappunto che sembrava dirgli «io mi sono frapposto tra la morte e mia moglie e mio figlio e tu non sei semplicemente in grado di stare accanto a Dora e al bambino?».
Con uno sforzo sovraumano Remus si alzò da quella panchina. Non sapeva se fossero passati pochi minuti o ore e iniziò a camminare verso casa.
Avrebbe implorato Dora se ce ne fosse stato bisogno, l’avrebbe supplicata di perdonarlo per quelle parole, le avrebbe spiegato – questa volta a cuore aperto e senza filtri – che cosa rappresentava per lui quel futuro che si era aperto dinanzi a loro, le avrebbe raccontato ogni cosa. Era sempre stato difficile, per Remus, il futuro. A stento sapeva il passato.
 
31 luglio 1981
«Allora, James, com’è diventare padre?».
«Onestamente, Moony, non c’è mai stato altro che ne valesse altrettanto la pena».
 

 Note: Scrivendo e pubblicando questa one - shot sto contravvenendo ad una delle mie regole auree, ossia mai scrivere e pubblicare qualcosa su personaggi che ami perché non ne sarai mai soddisfatta e Remus, James e Sirius (che qui non c'è ma annovero comunque tra i miei prediletti) sono personaggi che mi hanno sempre molto affascinata. Si parla sempre dell'amicizia tra James e Sirius e tra Remus e Sirius perché sono quelle più immediate e percepibili nella saga. Si dà sempre poca attenzione al rapporto di James e Remus, che, invece, è per me altrettanto forte ed importante. 
L'idea che James fosse il collante del gruppo è abbastanza diffusa ed io sono d'accordo sia per quel poco di loro visto nel Peggior ricordo di Piton sia per altri dettagli, come, ad esempio, che fosse Sirius a dubitare di Remus mentre Remus afferma certo che James non dubiterebbe mai dei suoi amici (da qui ho desunto che non condividesse l'idea di Sirius).
Il titolo della storia è una parafrasi di una frase di Baricco che avevo trascritto anni fa su un quaderno. Ad un certo punto è quasi cambiato ma mi ero troppo affezionata a questo. La storia si svolge non appena Remus ha litigato con Harry nei Doni della Morte. 
Remus "incolpa" James perché alla fine è quello che non lo tradisce e non lo "lascia" mai, non facendogli mai dimenticare il dolore provato. Gli spezzoni di conversazione, ovviamente, sono tendenzialmente a doppia lettura perché anche se riferiti al passato restano per Remus terribilmente attuali, non riuscendo ad uscire davvero da quelle logiche. Ed è sempre grazie a questa specie di versione di James grillo parlante che Remus prova a scendere a patti con l'idea di paternità. 
Ho lasciato i nomi dei Malandrini in originale. Non so perché ma con la versione italiana non riesco a familiarizzare.
Fine dello spiegone e prometto solennemente che proverò ad abbandonare l'angst per un po', anche se devo dire che ha aiutato parecchio il mio umore in queste giornate
.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lisbeth Salander