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Autore: Sapphire_Raven    26/05/2020    0 recensioni
Tema di letteratura che si è misteriosamente (o forse non tanto) trasformato in una fanfiction, ovvero: come sarebbe la seconda Cantica dal punto di vista della nostra guida preferita?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dante Alighieri, Virgilio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente, dopo centinaia di anni passati nel Limbo, riesco a respirare dell’aria fresca. Ripensando ai miei compagni del primo Cerchio, mi sento un privilegiato per aver avuto l’onore di compiere questo viaggio che, per quanto faticoso, mi ha permesso di uscire dalla voragine infernale. Anche Dante sembra sollevato e, con lo sguardo rivolto al cielo, ammira la volta stellata sopra le nostre teste. Io, Virgilio, l’ho condotto attraverso gli orrori dell’Inferno, Cerchio dopo Cerchio, Bolgia dopo Bolgia, fino all’incontro con colui che governa quel regno di dolore, Lucifero in persona. Per lui dev’essere stato veramente difficile confrontarsi con il Male in maniera così cruda, ma era un passo necessario per permettergli di proseguire il suo viaggio verso la salvezza, verso la beatitudine e verso Dio. Ora siamo qui, su una spiaggia, e di fronte a noi si staglia la montagna del Purgatorio in tutta la sua imponenza. In questo luogo le anime vengono purificate dai loro peccati per poi poter essere degne di accedere al Paradiso.

Comincia ad albeggiare e il cielo si tinge di un azzurro simile al colore di uno zaffiro. È uno spettacolo meraviglioso, ma non abbiamo il tempo di godercelo quanto vorremmo, dobbiamo continuare il nostro viaggio. Sto per richiamare Dante, quando ci appare un vecchio dalla lunga barba bianca che, squadrandoci da capo a piedi con sguardo severo, ci domanda chi siamo e come abbiamo fatto ad arrivare lì. Probabilmente crede che siamo dannati fuggiti dall’Inferno e non posso dargli torto, visto come siamo sporchi di fumo e di terra. Istintivamente, faccio inginocchiare il mio protetto di fronte al vecchio in segno di umiltà e prendo la parola. Conosco quest’uomo, è Catone l’Uticense, colui che, pur di non cedere la propria libertà in favore della dittatura di Cesare, si era tolto la vita. Proprio per essere stato un simbolo di libertà non è stato condannato all’Inferno, ma posto a guardia del Purgatorio. Gli spiego che una donna del cielo, Beatrice, mi aveva pregato di fare da guida a Dante attraverso l’Inferno per ricondurlo alla salvezza. Preferisco non raccontare a Catone di tutto il nostro viaggio, ma lo prego di farci proseguire il cammino per quella libertà che era stata tanto preziosa per lui. Concludo il mio discorso ricordandogli di Marzia, sua amata, che ora si trova nel Limbo, dicendogli che, se ci lascerà passare, le parlerò di lui una volta tornato laggiù. Catone, pur affermando che oramai l’amore per Marzia non ha alcuna influenza su di lui, acconsente a lasciarci passare e mi invita a lavare il viso di Dante per ripulirlo dalla fuliggine. Detto questo, scompare.

Faccio rialzare Dante e lo porto dove la spiaggia è più bassa per raccogliere della rugiada con cui togliergli la sporcizia dal volto. Mentre mi dedico a questo rito, penso a Catone e a come il fatto di essere morto per la sua libertà l’abbia reso così tanto degno di rispetto da essere stato scelto come guardiano del monte Purgatorio. Mi chiedo se anche tra settecento anni ci saranno delle persone come lui, pronte a dare la vita per i propri ideali. Penso che l’unico vantaggio di essere un’anima sia quello di poter vedere ciò che accadrà in futuro, pur riuscendo a distinguere chiaramente solo gli eventi molto lontani nel tempo. Decido di fare affidamento su quest’abilità per scoprire se Catone avrà dei degni successori e, con mia grande gioia, vedo che saranno in molti, donne e uomini, giovani e vecchi, famosi e anonimi che, pur non venendo citati nei libri di storia, faranno la loro parte nella difesa dei propri ideali e del bene comune. Proprio per questa determinazione e per il loro senso di giustizia, molti saranno ostacolati o persino uccisi dai loro oppositori, ma il loro ricordo sarà di esempio alle generazione successive. Tra tutti, mi colpiscono particolarmente le figure di due giudici italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: entrambi desiderosi di liberare il loro Paese dalla corruzione e dalla malavita, si dedicheranno ai processi contro la criminalità organizzata, ma proprio per questo saranno in costante pericolo di vita, fino a quando non verranno uccisi in due tragici attentati che rimarranno nella memoria degli italiani per lungo tempo. Dopo la morte arriveranno anche loro su questa spiaggia, dove, simbolo della lotta per i propri ideali e per la libertà del proprio Paese, resteranno al fianco di Catone come custodi del Purgatorio. È un bene che due uomini come loro ricevano un incarico così importante come ricompensa per le loro ammirevoli azioni.

Una volta finito di lavare il viso a Dante, gli cingo la vita con un giunco, pianta simbolo di umiltà, come mi aveva ordinato Catone. La pianta che avevo strappato subito ricresce identica a prima e il mio protetto si stupisce molto di ciò, ma non fa domande.

Ora dovremmo rimetterci in cammino verso il monte, ma il nostro sguardo viene attratto da una nave che si avvicina velocemente alla riva senza bisogno di vele o remi, poiché guidata dalla volontà divina. Su questa barca, un angelo nocchiero trasporta le anime destinate al Purgatorio. Anche stavolta esorto Dante ad inginocchiarsi davanti allo spirito celeste e lui, non riuscendo a sopportare la luce che l’angelo emana, è costretto a distogliere gli occhi. Una volta che la nave giunge a riva, lo spirito celeste ci appare ancora più bello e luminoso, mentre tutte le anime scendono sulla spiaggia, guardandosi intorno spaesate. Vedendoci, decidono di chiederci informazioni su come si sale al monte, ma sono costretto a rispondere che anche noi, come loro, non conosciamo questo luogo. Il Purgatorio è un contesto nuovo persino per me, dovrò imparare a muovermi in esso al più presto possibile, dopotutto sarò io a dover guidare Dante fino in cima. Improvvisamente le anime si accalcano attorno a noi, vedo la curiosità e la sorpresa nei loro occhi. Che si siano rese conto che Dante è ancora vivo? Una di loro si fa avanti e cerca di abbracciare il mio protetto, ma invano: per tre volte le mani di Dante tornano al suo petto senza riuscire a stringere lo spirito di fonte a sé. L’anima si presenta come Casella e, su richiesta di Dante stesso, intona una canzone che comincia con “Amor che ne la mente mi ragiona”. La sua voce è così dolce che tutti gli spiriti che erano con noi si fermano ad ascoltare e, lo ammetto, anche io mi devo essere lasciato distrarre dal suo canto, ma vengo riportato bruscamente alla realtà da Catone, che intima alle anime di smettere di oziare e di andare a purificarsi dai loro peccati. Tutti fuggono verso il monte, io e Dante compresi. Non riesco a descrivere la vergogna che ho provato nell’essere ripreso da Catone. Come guida designata dal Paradiso per accompagnare Dante nel suo viaggio non potrei permettermi nessun errore, ma questa volta è stato più forte di me. In futuro dovrò stare più attento, non posso permettere che distrazioni del genere possano intaccare l’immagine che il mio protetto ha di me.

Prima di accedere al Purgatorio vero e proprio, dovremo attraversare l’Antipurgatorio, dove le anime attendono prima di poter salire il monte. Incontriamo la schiera degli scomunicati, che devono stare nell’Antipurgatorio per trenta volte la durata della loro scomunica, a meno che le preghiere dei loro cari ancora in vita non riescano ad accorciare questa permanenza. Tra loro c’è anche Manfredi di Svevia, scomunicato ingiustamente dalla Chiesa per ragioni politiche. Proseguendo, oltre ai pigri a pentirsi, troviamo i morti di morte violenta. Costoro, stupiti del fatto che Dante sia ancora vivo, decidono di seguirci lungo la salita. Tra tutte le anime che si accalcano attorno a noi chiedendo una preghiera, ce ne sono tre particolarmente degne di nota: per primo Iacopo del Cassero, che racconta come i sicari mandati dal marchese d’Este l’avessero ucciso nonostante fosse fuggito in territorio padovano. Ci appare poi Bonconte da Montefeltro, la cui anima era stata contesa tra un angelo e un diavolo. Ferito mortalmente in battaglia, aveva esalato l’ultimo respiro invocando il nome di Maria, perciò il suo pentimento aveva fatto sì che fosse condotto in Purgatorio, ma il diavolo si era vendicato mandando una tempesta che aveva fatto straripare i fiumi e la piena si era portata via il corpo di Bonconte in modo che non ricevesse sepoltura. Per ultima, si fa avanti l’anima di una donna che, quasi timidamente, chiede a Dante di ricordarsi di lei una volta tornato nel mondo dei vivi. Si chiama Pia e, pur non rivelando i dettagli della sua morte come avevano invece fatto Iacopo e Bonconte, lascia intendere che a ucciderla sia stato il marito, forse perché progettava di sposare un’altra. Il racconto di Pia mi commuove molto e il fatto che lei sia stata capace di perdonare l’uomo che l’ha ingiustamente strappata alla vita mi fa riflettere: so che tante donne come lei arriveranno in questo luogo, uccise dai propri mariti e compagni per gelosia, o per follia, e forse non tutte sapranno perdonare un atto così crudele. Sono donne di tutte le età e di tutti i Paesi, segno di come la violenza contro di loro non sia destinata a finire presto. Alcune delle loro storie diverranno celebri, ma molte altre rimarranno nell’ombra, sconosciute ai più, e sarà forse per questo che il problema verrà spesso sottovalutato o persino ignorato. È veramente terribile vedere come il genere umano, che tanto si vanta di essere superiore alle altre creature, finirà sempre per essere preda della violenza. Prima di separarci da questa folla di anime, rivolgo un ultimo sguardo in direzione di Pia, che risponde con un cenno del capo. Sicuramente ha intuito quello a cui stavo pensando.

   
 
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