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Autore: Kris    26/05/2020    1 recensioni
Cloud aveva deciso di scappare da Edge ai primi sintomi di Geostigma, ma il motivo non era quello che Tifa pensava. No, lei, Denzel e Marlene non avevano perso contro dei ricordi. Era tutto il contrario. Cloud aveva paura di perdere quella felicità che aveva appena iniziato ad assaporare.
Forse… quando era in pace con i suoi demoni, tornare ad essere il Cloud di Nibelheim non era un’impresa così titanica.
(Riferimenti a FF7:AC, FF7 Remake, e On the way to a smile)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Denzel, Marlene Wallace, Tifa Lockheart
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Fic ispirata da una dichiarazione fatta da Nojima (scrittore della trama) in un'intervista su FF7:AC: "Da quando Cloud ha iniziato a vivere con Tifa e a lavorare, ha ottenuto una vita pacifica come non l'ha mai sperimentata prima, ma [più è felice, più] al contrario inizia ad essere ansioso. In questo frangente contrae il Geostigma e si rende conto che non solo non può proteggere le persone che ama, ma che dovrà affrontare la propria morte, e fugge".

La canzone è “Walk me home” di P!nk. Ambientata tra pochi giorni prima, durante, e qualche mese dopo Advent Children Complete. Riferimenti a FF7R e On the way to a smile - Case of Tifa (romanzo), quindi spoiler alert.
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Walk me home
 

Il Geostigma non gli dava pace.
I primi sintomi erano apparsi solo una settimana prima, ma gli sembrava che stessero peggiorando velocemente. Il momento peggiore era quando stava guidando Fenrir: più di una volta aveva dovuto fermarsi al bordo della strada e aspettare che le fitte passassero.
Tutte le volte gli apparivano davanti agli occhi immagini che in quel preciso momento voleva dimenticare.
Marlene.
Denzel.
Tifa.
 
Era questo dolore che Denzel provava ogni giorno, di continuo, da mesi?
Non c’era da stupirsi svenisse.
Poco tempo prima, Cloud gli aveva promesso che avrebbe trovato una cura: gli occhi di Denzel si erano illuminati all’idea che il suo eroe stesse combattendo per lui. Quella gioia assoluta tutta infantile nei suoi occhi e lo sguardo fiducioso di Marlene al suo fianco gli davano forza: sulla sua scrivania, di solito coperta solo dalle mappe che usava per il suo lavoro di corriere, era comparso un libro di anatomia umana e svariate foto di Geostigma.
E allora perché aveva smesso di cercarla una volta che lui stesso aveva iniziato a risentirne?
Lo sapeva, ma non riusciva a dirlo a voce alta.
 
Aveva paura.
 
***
There's somethin' in the way you roll your eyes
Takes me back to a better time
When I saw everything is good
But now you're the only thing that's good


Cloud era appena uscito dalla doccia e si stava asciugando i capelli biondi quando una fitta improvvisa gli pervase il braccio: era come una scossa elettrica ad alto voltaggio, continua. Lo prese così di sorpresa che non riuscì nemmeno ad urlare.
D’istinto coprì il braccio sinistro con l’asciugamano fino a quando il dolore non cessò quel che bastava per vedere cosa fosse successo.
Il terrore gli attraversò gli occhi.
L’asciugamano era coperto da un liquido nero che conosceva fin troppo bene.
 
Geostigma.
 
Girava voce che il Geostigma fosse contagioso, ma Cloud sapeva che era solo una voce dettata dall’ignoranza e dalla paura. Non se ne sapeva la causa, ma non gli passò neanche per un secondo per la mente che potesse essere colpa di Denzel.
La testa gli cominciò a girare, troppi pensieri si rincorrevano nella sua mente per riuscire a metterli in ordine. Dopo un breve periodo di stordimento, finalmente la mente di ex-soldato cominciò a carburare di nuovo.
 
Non lo devono sapere.
 
Gettò l’asciugamano nel lavandino e iniziò a sfregare con del sapone fino a quando la macchia non svanì. Fortunatamente tenevano cerotti e disinfettante nell’armadietto del bagno: prese delle bende e fasciò il braccio, coprendo la ferita di colore scuro ancora purulenta. L’esperienza con Denzel gli aveva insegnato che quella ferita non sarebbe più andata via: doveva trovare un modo per nasconderla.
 
- Cloud, perché le maniche lunghe?
Non appena mise piede al piano inferiore, Cloud venne colto di sorpresa.
Si girò verso Tifa. Stava preparando la lista della spesa per i piatti da servire quella sera al bar.
- Cosa?
Tifa indicò il braccio di Cloud.
- Il vestito. Non fa troppo caldo?
- Ah… Correndo in moto fa ancora freddo.
Per coprire le bende al braccio aveva deciso di ritirare fuori il set d’abiti – rigorosamente nero – a maniche lunghe che aveva rimesso nell’armadio qualche giorno prima. Persino lui capiva che Tifa non era del tutto convinta. Dopotutto, era primavera.
- Oggi devo attraversare le montagne a nord di Midgar, quindi in moto farà particolarmente freddo. – aggiunse. Cloud sapeva che Tifa non avrebbe investigato troppo sulle sue strane scelte d’abbigliamento, e infatti la ragazza gli sorrise.
- Certo. Anche il monte Nibel era freddo in tutte le stagioni.
Cloud annuì, e Tifa sembrò soddisfatta.
- Per che ora pensi di tornare oggi?
- Sarò a casa per cena.
Tifa lo guardò corrucciata.
- Denzel oggi sembra avere una buona giornata, sono sicura voglia passare un po’ di tempo con te.
- Vuoi che torni prima?
Cloud aveva sentito da un cliente regolare del Seven Heaven che Tifa sembrava avere qualche problema a relazionarsi con la cieca devozione che Denzel provava per Cloud. Doveva ammettere che la cosa lo divertiva più del dovuto: Tifa non glielo aveva mai detto apertamente. Che fosse una leggera gelosia? Verso Denzel, o Cloud?
- I bambini ne sarebbero contenti. Amano aiutarti nel lavoro.
Cloud si appoggiò al bancone e fece un mezzo sorriso.
- Vuoi che torni prima… per passare del tempo con i bambini…?
Tifa lo guardò: sembrava divertito. Capì l’allusione e roteò gli occhi.
- Non so cosa tu voglia dire, signor Strife.
- Ah no?
- No, e penso che se resti qui al bancone ancora a lungo finirà che tornerai dopo cena, altro che in anticipo.
Cloud sorrise e sfiorò leggermente la mano di Tifa che stringeva ancora la penna, appoggiata al bancone.
- A dopo.
- Fai attenzione.
- Come sempre.
Tifa gli sorrise e Cloud uscì di casa, dirigendosi verso la moto che aveva preparato con i pacchi da consegnare la sera prima.
Nella sua mente si rincorrevano immagini dei bambini che lo circondavano al tavolo chiedendogli informazioni sui vari posti della mappa che aveva segnato, Tifa che lo accoglieva la sera con un “bentornato”, Denzel che gli chiedeva di mostrargli qualche mossa con la spada, Marlene che gli ricordava il compleanno di Tifa (come se l’avesse mai scordato), Tifa che gli raccontava di una cliente in preda a crisi d’amore…
 
Una fitta al braccio interruppe il flusso di immagini e si strinse il braccio.
O erano forse quelle immagini ad aver scatenato la fitta?
 
…o meglio, l’idea di non poter più vedere quelle immagini?
 
Quella sera, Cloud non tornò a casa.
Né tornò la sera dopo.
 
*****
Tryna stand up on my own two feet
This conversation ain't coming easily
And darlin', I know it's getting late
So what do you say we leave this place?

 
Sapeva di essersi comportato da vigliacco. Ne era consapevole e si odiava per il dolore e disappunto che sicuramente stava causando a tutti e tre.
Ma era proprio quello il problema.                  
 
La mia famiglia…
 
Quel giorno, mentre si dirigeva verso le montagne, un’ondata di panico l’aveva letteralmente travolto.
Il Geostigma non aveva cura.
Domani, tra una settimana, o forse tra un anno… sarebbe morto.
E quella famigliola avrebbe avuto un componente in meno.
Tifa avrebbe di nuovo perso la sua famiglia.
Di nuovo, non sarebbe riuscito a proteggerla da quel dolore che la perseguiva periodicamente. L’aveva vista piangere così tante volte… il giorno della morte di sua madre, quando Sephiroth aveva ucciso suo padre, quando la Shinra aveva distrutto lo Slum 7, la sua nuova casa.
Cloud sapeva quanto Tifa amasse la loro piccola famiglia e la pace che erano riusciti a ricostruire ad Edge, alle porte della ormai decadente Midgar.
Voleva davvero vederla di nuovo piangere… al suo capezzale?
 
 
Walk me home in the dead of night
I can't be alone with all that's on my mind, mhm
So say you'll stay with me tonight
'Cause there is so much wrong goin' on outside

 
 
Aveva cercato di curare Denzel e non solo aveva fallito, ma lui stesso si era ritrovato con la stessa malattia.
 
Non riesco nemmeno a proteggere me stesso… come posso pretendere di proteggere gli altri?
 
Da qualche parte nella sua mente, Cloud sapeva che il collegamento era sbagliato, però non riusciva ad impedirsi di entrare di nuovo in quel tunnel nero.
 
Non ho potuto salvare Zack. Non sono arrivato in tempo per salvare Jessie e Biggs, Aerith è stata letteralmente uccisa davanti ai miei occhi.
 
Salvare Denzel era in qualche misura il suo modo di cercare di mettere i conti in pari: era sicuro Aerith avesse mandato Denzel da lui per salvarlo. E Cloud ci aveva davvero creduto.
Fino a quella mattina.
 
Vigliacco.
 
Sì. Era un vigliacco.
Ma aveva paura.
Paura di perdere quella flebile gioia che aveva finalmente ottenuto. Quella parvenza di normale quotidianità che aveva davanti ai suoi occhi ogni mattina, scendendo in cucina e trovando Marlene aiutare Tifa a preparare la colazione e Denzel distribuire i piatti sul tavolo. Ogni giorno nel suo cuore si formava un piccolo cristallo di serenità, il cui calore sembrava offuscare il peso dei propri crimini passati.
 
Dev’essere il mio contrappasso. Non mi è permesso provare felicità quando ho sulle spalle decine… centinaia di vite.
 
La paura di perdere tutto ciò che amava lo stava facendo scappare esattamente dalla fonte di quell’amore.
 
*****
There's somethin' in the way I wanna cry
That makes me think we'll make it out alive

 
- Non starai pensando che ti va bene morire così?
Cloud non sapeva cosa rispondere. Tifa era sempre stata troppo brava a leggergli dentro, e lui non era mai stato bravo con le parole.
- Come sospettavo.
- Non ha cura -, disse Cloud.
- Non ferma Denzel dal continuare a combattere. Non scappare, perché non combattiamo insieme? Aiutiamoci a vicenda.
Tifa aveva ragione, ma Cloud non riusciva ancora a trovare le parole per spiegarle cosa lo stava tormentando. Il disappunto di aver fallito di nuovo, la paura di arrecare a lei e ai bambini nuovo dolore – dolore che non aveva modo di eliminare.
- È perché non siamo una vera famiglia?
La frase di Tifa lo fece finalmente reagire.
No, non è quello.
Non voleva che Tifa traesse una conclusione sbagliata dal suo silenzio. Abbassò ancora di più il capo, non riusciva a guardarla negli occhi.
- Io… non penso di poter salvare nessuno.
Cloud sentiva gli occhi di Tifa su di sé, ma tenne ostinatamente il capo chino. Un bambino che veniva sgridato, lo definiva lei. Anche in questo aveva ragione.
- Che sia una famiglia… o amici… nessuno.
Non era esattamente tutto quello a cui aveva pensato nelle ultime settimane, ma era il meglio che fosse riuscito a mettere insieme. Sicuramente il problema non era perché non avevano legami di sangue: voleva che questo fosse chiaro.
Il problema era lui stesso, e la totale inettitudine nel proteggere qualsiasi cosa avesse mai provato a costruire nei suoi 23 anni di vita.
- Te lo trascini dietro, ancora e ancora...
Cloud alzò lievemente lo sguardo, perplesso. Non era esattamente la reazione che si aspettava da Tifa.
A dire il vero non sapeva bene che reazione si aspettasse del tutto, ma forse dava per scontato che l’avrebbe perdonato e compreso dolcemente, come sempre. Sicuramente non si aspettava una Tifa arrabbiata – l’aveva vista poche volte perdere le staffe, e con lui poteva contarle sulle dita di una mano.
- Smettila di scappare!
 
***
Walk me home in the dead of night
I can't be alone with all that's on my mind, mhm
So say you'll stay with me tonight
'Cause there is so much wrong goin' on outside

 
 
- Abbiamo perso contro dei ricordi?
Forse era stata l’ultima frase con cui Tifa lo aveva lasciato prima di uscire dalla stanza dei bambini, o il tono triste con cui l’aveva proferita, che gli aveva fatto capire che scappare non era la reazione giusta. Se aveva caro qualcosa, doveva lottare per proteggerlo. Sapeva che anche Zack glielo avrebbe detto.
E nel mentre, era ora che Cloud iniziasse a perdonarsi.
La cosa ridicola è che negli ultimi due anni era sempre stato lui a spingere Tifa ad affrontare i suoi fantasmi e sensi di colpa. Come quando l’aveva vista non del tutto convinta di poter aprire un nuovo bar, o quando erano tornati temporaneamente a Midgar dopo la caduta di Meteor.
- Tifa, so che sei più forte di così. E se te ne dimenticherai, te lo ricorderò io.
- Davvero?
- …probabilmente.
Era così affascinato dalla solarità e calore della ragazza che non riusciva a concepire come potesse darsi colpe che non aveva. O perlomeno, colpe che condividevano e che potevano sopportare insieme. Era anche per questo che negli ultimi anni aveva provato a tornare il più possibile il Cloud di Nibelheim, non il freddo Soldier, ma il ragazzo attento ai cambiamenti intorno a sé, forse taciturno, ma tutto sommato gentile.
Dopotutto, aveva promesso a Tifa che insieme avrebbero ritrovato una vita normale.
Cloud poteva avere tanti traumi ancora da gestire, ma non voleva che intralciassero le promesse fatte a quelle persone con cui aveva scelto di costruire un futuro.
 
***
So come on and show me how we're good
I think that we could do some good

 
Circondato da bambini esultanti che lo toccavano e abbracciavano, il primo sguardo che aveva cercato era il suo. Era sempre stato il suo, fin da quando poteva ricordare.
Tifa gli stava sorridendo, soddisfatta. Sembrava dirgli, “vedi che è andato tutto bene? Mi aspetto finalmente tu l’abbia capito”.
Anche Cloud stava sorridendo. Quand’era stata l’ultima volta che aveva sorriso dal cuore?
Forse l’avere il perdono di Aerith, ed essere stato benevolmente ripreso da Zack per aver dimenticato la loro promessa, era uno stadio necessario per riconfermare che il sorriso di quelle tre persone era l’unica cosa che gli importava, più dello rischiare la vita per proteggerle.
 
Scompigliò i capelli di un bambino vicino a lui: alla fin fine, non gli dispiaceva avere a che fare con dei bambini. Forse… quando era in pace con i suoi demoni, tornare ad essere il Cloud di Nibelheim non era un’impresa così titanica.
 
Non sono solo.
 
***
 
So say you'll stay with me tonight

 
Aprì lentamente gli occhi: un raggio di sole lo colpiva direttamente in viso. Dovevano essere già almeno le otto.
Quel giorno aveva deciso di far combaciare il proprio giorno di riposo con quello del bar: era l’anniversario dell’apertura del locale, ma non avevano ancora deciso come festeggiare, quindi non avevano fretta di alzarsi.
Tifa era di solito più mattiniera di lui, ma stava ancora dormendo al suo fianco e non dava cenno di svegliarsi. Rimase ad osservarla, tranquilla nel suo sonno finalmente sempre meno interrotto da incubi.
Erano passati alcuni mesi dalla battaglia contro Kadaj e Sephiroth, il Geostigma suo e di Denzel era guarito, e tutto era tornato tranquillo.
Voleva sperare tutto fosse migliorato, ad essere sincero. Faceva fatica a metterlo a parole, ma sperava che Tifa non temesse più di vederlo scappare di casa. A volte si chiedeva quanti degli incubi che l’avevano svegliata nel cuore della notte negli ultimi anni in realtà fossero dovuti ai suoi errori del passato, a parole non dette, a preoccupazioni non sufficientemente dissipate.
Aveva promesso a Marlene che d’ora in poi li avrebbe protetti lui, e ne era sicuro. Non importava quante volte i traumi del passato sarebbero tornati a tormentarlo, quei piccoli cristalli di serenità che raccoglieva ogni giorno l’avrebbero aiutato a dipanare la nebbia del senso di colpa.
Le baciò la fronte e richiuse gli occhi, godendosi quella rara mattina di tranquillità. Marlene e Denzel si sarebbero svegliati a breve e li avrebbero tirati giù dal letto con l’energia che solo dei bambini felici potevano avere.
Sentì Tifa muoversi leggermente sotto il suo abbraccio e sorrise.
 
La mia famiglia.
   
 
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