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Autore: ChiaFreebatch    26/05/2020    7 recensioni
Non sono brava a scrivere Oneshot. Sono tendenzialmente prolissa e non sono minimamente dotata del dono della sintesi ma... E' un regalo, scritto di getto per un'amica. Steve e Bucky ragazzini in uno stralcio d'estate, una forte amicizia destinata a mutare in qualcosa di più granze.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Glicine"

Scritta di getto.Non sono brava a scrivere Oneshot. Sono tendenzialmente prolissa e non sono minimamente dotata del dono della sintesi ma... Volevo scrivere una cosa tenera e piccina ad una mia amica, una persona speciale a cui voglio un mondo di bene. Dida77 grazie per avermi portata nel fandom, grazie per essermi amica, grazie per capirmi ed essermi vicina <3 Ti voglio tanto bene.

 

A 75 miglia ad est di Manhattan, ove la penisola di Long Island si biforca in due, troviamo l’oasi di pace di tutti i newyorkesi.

La North Fork.

Una sorta di zona di campagna, lontana dal trambusto della metropoli, carica di verdi prati, vigneti, e costellata da piccole casette colorate bagnate dalle acque dell’Oceano Atlantico o che, insinuandosi nella biforcazione, danno origine al canale Long Island Sound.

In una di queste piccole casine, rivestita da lastre lignee di colore blu, Steven Rogers e Bucky Barnes erano soliti trascorrere buona parte delle vacanze estive.

Zia Edith, sorella della madre di Steven, possedeva questa piccola e graziosa casetta ad un soffio dalla spiaggia, circondata da un bianco steccato che ne delimitava il giardino.

Una porticina bianca al centro di esso conduceva ad un piccolo vialetto che scendeva sino alla spiaggia ed al piccolo porticciolo ove era ormeggiata la vecchia barchetta di zio Bertie.

Lo zio di Steve era deceduto un paio di anni prima ma la zia non aveva avuto cuore di disfarsi di quella piccola barca a remi e così, se ne stava legata al porticciolo, utilizzata unicamente come luogo di rifugio e di gioco dei due ragazzini.

Il quattordicenne Bucky se ne stava scalzo. I pantaloni di tela marrone arrotolati sono alle ginocchia, la camicia di lino slacciata per metà metteva in mostra il torace esile e abbronzato del ragazzino.

“Guarda Stevie… Sta volta ce faccio!”

I capelli castani mossi dal vento tiepido di quel pomeriggio estivo.

“Certo che ce la fai… Ce la fai a cascare in acqua come al solito”

Steven Rogers se ne stava seduto sulla riva.

Indossava calzoncini corti blu scuro ed una camicia bianca con le maniche arrotolate sugli avambracci magrissimi.

“Smettila di portarmi sfortuna!” Replicò l’amico in bilico sul bordo della barchetta.

“Non è sfortuna, è logica… Non puoi camminare sul bordo senza ribaltare quella barchetta…” Si scostò il ciuffo biondo dalla fronte pallida.

“Sì che posso! Ho capito come fare… Devo bilanciare il peso in un modo preciso…” Spalancò ulteriormente le braccia avanzando cauto.

“Spiegami perché devi ostinarti a fare una cosa tanto sciocca! Siamo qui da due settimane e quante volte sei finito in acqua per la tua testardaggine?”

Bucky fermò il proprio lento incedere e sbuffò “Senti chi parla di testardaggine! Quello che si è quasi ammazzato per dimostrare a tutti di riuscire ad arrampicarsi sull’olmo della zia!”

Steve si impettì un poco allargando le spalle sottili.

I palmi posati sulle ginocchia nude.

“Che c’entra… Io sapevo di essere in grado di farlo. Bastava solo un po’ di pratica! Tu sfidi le leggi della fisica!”

“Di che??” La sua voce si fece acuta.

Rogers scosse il capo e levò gli occhi acquamarina al cielo.

“Lascia stare” Borbottò tornando a fissarlo.

Barnes gli dava le spalle. La camicia tesa sulle sue spalle che si stavano facendo più ampie sin troppo velocemente.

Notò la nuca sbucare oltre il colletto della camicia ed i capelli castani arricciarsi un poco in quella zona.

Distolse lo sguardo nel percepire un brivido lungo la schiena.

Nell’avvertire quel desiderio costante di passare le dita tra quei fili castani.

Arrossì di se stesso e di quei pensieri inopportuni.

Sbuffò alzandosi in piedi.

L’alluce sfiorò l’acqua fredda, rimestò un poco tra i sassolini.

“Steve!!! Ce la faccio, ce la faccio!!” Urlò.

Rogers si volse verso destra con uno scatto.

L’amico era riuscito a camminare sul lato lungo della barchetta.

Inarcò un sopracciglio biondo “Adesso cadi”

“Ma perché?? Oh chiudi il bec….”

Barnes vacillò pericolosamente, le braccia si mossero spasmodiche.

Un tonfo sordo, acqua su tutto il porticciolo.

“Perché con il tuo dolce peso sei arrivato a prua…” Replicò come se nulla fosse accaduto.

“Oh al diavolo!!” Urlò riemergendo.

Steve sorrise camminando sulle travi un poco consunte che si insinuavano nell’acqua e sbirciò in giù.

James lo guardava con il viso all’insù, un’espressione astiosa.

“E’ colpa tua, sei un… Un menagramo!” Posò i palmi sulle travi.

“Sono solo dotato di senso logico” Ghignò retrocedendo di un passo.

Barnes fece leva e con uno slanciò risalì sul porticciolo.

Si alzò in piedi e Steve lo occhieggiò fradicio fino al midollo.

“Senso logico eh!” Borbottò scrollandosi il capo come se fosse un cucciolo di cane.

Rogers rise riparandosi il viso con le mani “Mi schizzi!”

“Ti sta bene… Meriteresti che ti lanciassi in acqua” Gli si avvicinò pericolosamente.

“No!” Tese le braccia in avanti “Non osare!”

Bucky ghignò, un luccichio attraversò gli occhi celesti.

“E se invece osassi?” Lo afferrò per i polsi.

Steve levò il naso all’insù, l’amico si era fatto decisamente più alto in quegli ultimi mesi cosa che invece il proprio corpo non voleva nemmeno prendere in considerazione.

Spalancò gli occhi e scosse il capo “Buck no!”

Bucky lo trasse a sé ed il suo ciuffo biondo sfiorò la mascella marcata.

Lo abbracciò stretto e rise posandogli il mento sulla testa.

“Scemo non ti butterei mai in acqua… Sei appena guarito, che faccio se ti ammali di nuovo?”

Steve sorrise chiudendo gli occhi, premette la fronte contro il suo collo ed inspirò a fondo.

Restarono in silenzio per una manciata di secondi poi il richiamo di zia Edith fece voltare entrambi verso la collinetta su cui si ergeva la casa blu.

“Dobbiamo andare” Mormorò il più piccolo. “E tu devi asciugarti subito…”

“Sì”

Si separarono di malavoglia e Bucky gli fece l’occhiolino incamminandosi per primo.

Steven lo osservò incedere a passo sicuro, i vestiti bagnati aderivano al suo corpo.

Arrossì abbassando lo sguardo e lo seguì silenzioso.

...

Quando Bucky terminò la doccia, si rivestì velocemente e reggendo un asciugamano si frizionò i capelli avviandosi verso il giardino.

Il sole iniziava a calare lentamente.

Il cielo tinto dei colori rossastri del tramonto imminente.

Si guardò attorno alla ricerca di Steve.

Lo vide seduto sulla panchina in ferro battuto che zia Edith aveva posizionato sotto il grosso glicine.

I profumati fiori dai colori violacei si arrampicavano lungo parte della facciata posteriore della casa spuntando poi sui rami tortili che creavano una sorta di pergolato.

Lo osservò leggere un libro.

Il ciuffo biondo mosso dal vento.

La sua figura così aggraziata.

Si sentì uno sciocco ma il vederlo in quella posizione, circondato dalla bellezza del glicine, lo condusse al paragonarlo ad un quadro ben fatto.

Inspirò a fondo, l’asciugamano fermo sulla spalla.

Lo osservò ancora un poco forte del fatto che l’altro non lo avesse notato.

Stevie era bello. Bello e delicato.

Bello di una bellezza che sfuggiva a tanti ma che personalmente non aveva mai messo in dubbio.

Era così piccolo e perfetto in ogni suo dettaglio, intelligente e coraggioso, testardo e risoluto.

Steve gli stringeva il cuore.

Steve era il suo mondo.

Sbuffò grattandosi la mascella conscio di quanto quei sentimenti fossero forti. Conscio di quanto fossero potenzialmente sbagliati per quel mondo in cui vivevano.

Erano entrambi ragazzini e forse tutto quell’amore era eccessivo. Se lo era ripetuto con costanza tuttavia non riusciva a sfuggire a quel sentimento.

Lo teneva sopito per non turbare l’altro.

Per timore di perderlo ma… Era lì. Fermo nel proprio cuore e sapeva che sarebbe rimasto lì a lungo, per sempre.

Prima o poi avrebbe reso l’altro partecipe.

Prima o poi.

“Che fai lì in piedi come uno stoccafisso??”

Si riscosse al richiamo del biondino.

“Stavo pensando a quanto sei secchione Rogers… Non si studia nelle sere d’estate” Scrollò le spalle avvicinandosi a passo lento.

Rogers inarcò entrambe le sopracciglia e sollevò il libro.

Bucky notò le dita pallide così sottili e aggraziate spiccare contro la copertina marrone.

Il giro del mondo in ottanta giorni. Non sto studiando Barnes” Arricciò le labbra in un mezzo sorriso.

“Oh meglio… Molto meglio” Gli si sedette accanto sgomitandolo un poco.

“Zia ha portato questa… Ne vuoi?” Chiuse il libro posandolo sul basso tavolino.

“Limonata? Sì grazie!”

“E’ un po’ troppo dolce per i miei gusti ma non diglielo o sì offende…” Sospirò.

Si chinò afferrando una grossa caraffa e riempì un bicchiere.

Bucky notò il polso sottile tremare sotto il peso della brocca.

Si mosse con l’istinto di fare da sé ma si trattenne mordendosi il labbro inferiore.

Steve odiava essere aiutato e personalmente cercava di rispettare questo suo desiderio onde evitare di innervosirlo inutilmente.

Gli costava spesso fatica ma si tratteneva e Steve, che si accorgeva di ogni singolo dettaglio, gliene era infinitamente grato.

Lasciò che terminasse l’operazione e tese una mano verso di lui.

“Grazie” Gli sorrise e la punta delle dita sfiorò quelle pallide.

Steven annuì con un piccolo sorriso e si rimise composto.

Levò il viso all’insù fissando i rami tortili così fitti e spessi dal creare una buona zona d’ombra quando il sole era alto nel cielo.

Bucky sorseggiò la limonata trovandola effettivamente sin troppo zuccherina.

“Sai che i fiori hanno un significato Buck?” La voce delicata dell’amico lo distolse dai propri pensieri.

“Ne ho sentito parlare” Abbassò le braccia sulle cosce.

Il bicchiere tra le mani.

Rogers proseguì a parlare.

Il nasino sempre all’insù.

“Mamma conosce il significato di tantissimi fiori… Sul suo quaderno di disegni ad acquarello ne ricopia di ogni specie e accanto ne scrive il significato” Spiegò sfiorando un grappolo di fiori violetti che scendevano sino a terra.

“E tu li conosci Stevie?” Domandò rigirandosi il bicchiere tra le mani.

Rogers fece spallucce.

“Non di tutti”

Si piegò con la schiena raccogliendo da terra un singolo fiore del glicine che il vento aveva fatto volar via.

Se lo rigirò tra pollice ed indice.

Inspirò a fondo e si alzò in piedi.

Buck sollevò il viso.

I capelli ancora un poco umidi tutti arruffati.

Steve lo osservò silenzioso. Senza sorriso.

“Dammi la mano”

Barnes assottigliò lo sguardo curioso e tese il palmo.

Il biondino vi posò il fiore e gli richiuse le dita a pugno posandovi poi sopra le proprie.

“E’ per te" Il viso vicino a quello dell’altro "Il glicine simboleggia l’amicizia sincera Buck” Sussurrò.

L’amico spalancò gli occhi e sussultò “Oh…” Mormorò incapace di distogliere lo sguardo da quelle iridi acquamarina “Grazie” Sorrise piano.

“Non è esattamente il fiore che avrei voluto regalarti ma per ora va bene così” Si scostò sorridendo divertito dell’espressione dell’altro.

Recuperò il libro e si allontanò di qualche passo.

“Che vuoi dire??” Corrugò le sopracciglia dubbioso.

“Vado a cambiarmi che tra un po’ si cena… Mi sono accorto di avere i calzoncini un po’ bagnati e mi danno fastidio” Replicò ignorando la domanda dell’amico.

“Stevieeeee…. Che fiore mi vorresti regalare??” Non cedette.

Rogers sorrise fermandosi sul gradino di casa.

Il palmo posato sullo stipite bianco.

“Una rosa” Sorrise scostandosi il ciuffo dal viso.

Bucky ancora seduto sulla panchina inarcò un sopracciglio “Ah… E cosa vuol dire??”

Rogers rise scuotendo il capo “Te lo spiegherò un’altra volta Buck”

Rientrò in casa.

Il sole si tuffò nell’oceano.

La sera scese su North Fork.

“Steveeee” Si alzò correndo verso casa “Cosa vuol dire??”

Rogers non rispose a quella domanda.

Non quella sera almeno.

Lasciò Bucky a rimuginare.

La consapevolezza dell’amore nel cuore nonostante la sua giovane età.

La speranza che prima o poi Bucky avesse capito.

La speranza di essere ricambiato.

Sbirciò oltre la tendina della propria finestra al primo piano.

Bucky era seduto sul prato e si grattava il capo.

In quell’istante si volse e sollevò il viso.

Incrociò i suoi occhi e l’amico spalancò le braccia in una muta richiesta.

Steve rise e scosse il capo.

Barnes rise a sua volta e sbuffando si stese sull’erba.

Chiuse gli occhi ed inspirò a fondo l’aria salmastra.

Il suo cuore batteva con forza.

Quello di Steve seguiva il medesimo ritmo.

Se solo avessero saputo di condividere quel medesimo sentimento.

Un altro fiore di glicine svolazzò posandosi sul petto di James.

Lo raccolse fissandolo ad un soffio dal viso.

Sorrise felice.

Amicizia sincera… Per il momento poteva bastare.

 

Fine.

 

Lo so, è una cosa piccina, ma arriva dal cuore , spero ti sia piaciuta Dida77 <3

   
 
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