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Autore: ciocoreto    27/05/2020    8 recensioni
Akito si strofinò il naso dolorante e gettò uno sguardo poco interessato all'oggetto dei desideri di Sana: una comunissima felpa rosa, con la stampa di una ciotola di ramen fumante sopra. La cosa più inquietante? Quella ciotola stava sorridendo.
Chi ha avuto la stupidissima idea di disegnarci sopra quell'orrendo smile?
{VI classificata (parimerito) al contest Il Citazionista 3 indetto da SherylHolmes sul forum di EFP.}
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi di questa storia appartengono a Miho Obana. Essa non è stata scritta a scopo di lucro, ma soltanto per diletto personale.





Questa storia partecipa al contest Il Citazionista 3 indetto da SherylHolmes sul forum di EFP.
La citazione scelta e tradotta in italiano è: “I do not deserve what you are doing for me.” “Yes, you do.”





NdA: Ho iniziato a scrivere questa storia anni fa, ma non le ho mai dato una conclusione fino ad oggi. Il fatto di esserci riuscita è una piccola, grande soddisfazione. Volevo che fosse dolce e simpatica, niente di complesso. Spero di riuscire a strapparvi un piccolo sorriso.
Il banner che le ho fatto rende l'idea di come dovrebbe essere un particolare elemento alla fine della storia. Capirete.

* 21.150,450 yen = circa 180 euro.






(icon by me)


Smiling Ramen Bowl










   «Quella felpa... è così carina!»

   Prima che Akito potesse anche solo pensare di scappare, si ritrovò con il viso incollato alla vetrina di un negozio di vestiti. Il dolore al naso lo costrinse a chiudere gli occhi e ad imprecare sottovoce, mentre Sana insisteva a spingerlo con più forza contro il vetro.

   «Akito, non ho mai visto niente di più bello!» squittì lei con euforia.

   «Sana, è una dannatissima felpa!» gemette sofferente Akito, cercando di divincolarsi. Ma per quanto si sforzasse, l'impressione di essere diventato un tutt'uno con la vetrina non lo abbandonò nemmeno per un istante.

   Come faceva Sana ad essere così dannatamente forte?

   «Sta' zitto!» lo ammonì lei, lanciandogli un'occhiata di fuoco che ovviamente il destinatario non poté vedere.

   Finalmente si decise a lasciarlo andare. Akito si strofinò il naso dolorante e gettò uno sguardo poco interessato all'oggetto dei desideri di Sana: una comunissima felpa rosa, con la stampa di una ciotola di ramen fumante sopra. La cosa più inquietante? Quella ciotola stava sorridendo.

   Chi ha avuto la stupidissima idea di disegnarci sopra quell'orrendo smile? si ritrovò a pensare nella propria testa, stando ben attento a non esprimere la sua opinione ad alta voce. Quella ciotola mi irrita.

   Curioso di sapere quanto potesse costare un simile obbrobrio, si sporse per scorgere il cartellino del prezzo: 21.150,450 yen. *

   Ma cosa...?!

   Una follia. A quel prezzo si sarebbe potuto comprare montagne e montagne di sushi.

   Afferrò Sana per un lembo della maglia e la incitò a staccarsi dalla vetrina. «Andiamocene», mugugnò con indifferenza.

   Lei gli lanciò uno sguardo spazientito e sbuffò: «Come fa a non piacerti?»

   «Costa un patrimonio!»

   La vide concentrarsi per la prima volta sul cartellino del prezzo. La vide anche sbiancare e deglutire incredula. «Beh... Non è tantissimo!» rise nervosa. «Con l'impegno posso mettere da parte un po' di soldi e comprarla!»

   Akito guardò altrove e riprese a camminare, lasciandola lì, davanti al negozio. «In giro puoi trovare felpe più belle di quella e ad un prezzo sicuramente più basso. Lascia perdere. Andiamo adesso.»

   Non si voltò a guardarla, ma se lo avesse fatto avrebbe visto uno strano fuoco accendersi nei suoi occhi: la determinazione. Quella felpa era appena diventata l'amore della sua vita e Sana avrebbe fatto di tutto per averla.

   Sarai mia!










   Il giorno dopo, ore 00:00.
   Il telefono squillò per la terza volta e solo allora Akito si decise a rispondere, allungando un braccio e sporgendosi con fatica dal letto sul quale stava cercando di dormire da più di un'ora.

   «Pronto?» sussurrò flebilmente, come se qualcuno lo avesse appena distrutto a suon di bastonate.

   «Akito, sto racimolando i soldi! Sono a buon punto!» La voce di Sana gli perforò i timpani.

   Ma è impazzita?

   «Sana, è mezzanotte...»

   «E quindi? Volevo informarti!»

   Akito sospirò e chiuse gli occhi sconsolato. «Non potevi informarmi domani? E comunque tu sei un'attrice, o sbaglio? Trovare i soldi non dovrebbe essere un problema per te.»

   «Lo so, ma la mamma non ha accettato di darmi i soldi quando è venuta a conoscenza del prezzo della felpa.»

   Ci sarà una ragione! pensò Akito, spostandosi alcuni ciuffi biondi dalla fronte.

   Sana era ossessionata da quella felpa. Per lui era la cosa più brutta che avesse mai visto, per lei la più bella. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere distintamente quell'orrenda ciotola di ramen sorridergli e fargli la linguaccia, quasi come per prenderlo in giro. Era un incubo. Non sarebbe più riuscito a mangiare ramen per un mese.

   «Akito... Riuscirò ad averla, vero?»

   La voce di Sana gli parve sconsolata, ma soltanto per un attimo. Era consapevole che, se lei voleva una cosa, prima o poi la otteneva, in un modo o nell'altro.

   Strinse le palpebre pesanti e trattenne uno sbadiglio. «Lo spero con tutto il cuore, Sana. Non credo che riuscirei a sopportare altre chiamate nel cuore della notte.»

   «È soltanto mezzanotte!»

   Sospirò pesantemente e si morse il labbro inferiore nel tentativo di trattenere istinti omicidi più forti di lui. Aveva sonno. Era così inconcepibile per lei che qualcuno a mezzanotte avesse di meglio da fare che stare a sentire le sue pene d'amore nei confronti di una dannatissima felpa rosa con un'inquietante ciotola di ramen sopra?

   «Buonanotte, Sana.»

   Riattaccò velocemente, prima che strazianti lamenti di dolore potessero giungergli dall'altro capo del telefono.
   A volte proprio non riusciva a capire quella ragazza. E soprattutto non riusciva a capire che cosa ci trovasse di così interessante in lei. Doveva essere pazzo.










   Ore 00:30. Il telefono riprese a squillare.

   «Pronto?» gemette allo stremo delle sue forze.

   «Akito, se dovessero esserci altri colori oltre al rosa... quale sceglieresti?»

   Qualcuno mi aiuti.










   «Akito, non hai una bella cera oggi.»

   «Sta' zitto.»

   Tsuyoshi si lasciò scappare una risatina, ma non aggiunse altro. Si limitò a camminare al suo fianco, come ogni mattina, lungo la strada che li avrebbe portati a scuola. Sapeva che l'amico stava affrontando per la prima volta in vita sua uno dei problemi più grandi per il genere maschile: avere una ragazza e renderla felice. O in questo caso, almeno tenerla a bada. Sana non aveva un carattere facile, questo l'aveva imparato persino lui che in passato aveva avuto una cotta per lei. Le occhiaie sul volto di Akito un po' lo facevano sorridere, un po' gli facevano tenerezza.

   «Non è ancora riuscita a darsi pace per quella felpa, eh?»

   «Non ne avrà finché non sarà riuscita ad ottenerla.»

   Quanto la conosceva bene...
   Se avesse potuto permettersela, gliela avrebbe regalata lui, quella dannatissima felpa. Il problema erano proprio i soldi: non ne aveva abbastanza e suo padre non glieli avrebbe mai prestati. In più non poteva nemmeno contare sulla madre di Sana, che già aveva detto la sua al riguardo. Quindi i casi erano due: o si metteva il cuore in pace e aspettava pazientemente che Sana riuscisse con le sue forze a comprarsela – e col lavoro che faceva, probabilmente non ci avrebbe messo poi così tanto –, oppure...

   «Ci sono!»

   Tsuyoshi sussultò.
   Akito si bloccò sul posto e fissò l'amico come se in testa gli fosse appena balenata l'idea più ovvia di tutte. Di certo non avrebbe retto altre notti in bianco, perciò doveva fare qualcosa. E sapeva anche cosa.

   «Hai per caso una felpa rosa?»

   Tsuyoshi corrugò la fronte. «Scusa?»










   Dopo scuola, Akito corse a casa senza aspettare nessuno, né Sana né Tsuyoshi. Aveva ben chiaro in mente quale sarebbe stato il suo obbiettivo della giornata e non aveva tempo da perdere. Sicuramente Sana quella sera lo avrebbe chiamato ancora, prima per chiedergli cosa gli fosse successo, poi per decantare ancora il suo amore per quella felpa oscena. Inoltre, suo padre e sua sorella Natsumi non erano ancora rientrati. Motivo in più per correre come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
   Appena entrato in casa, lasciò cadere a terra lo zaino e si fiondò su per la rampa di scale, diretto verso la stanza di Natsumi. Tsuyoshi non aveva saputo aiutarlo, ma forse sua sorella – senza saperlo ovviamente – sì. Lei era una ragazza, in fondo.

   «A mali estremi...»

   Si avventò sul suo armadio, perfettamente ordinato e sistemato. La fretta non lo fece pensare: iniziò ad afferrare abiti a caso e lasciò cadere disordinatamente sul pavimento quelli che non andavano bene. Tutti. Perché sì, alla fine dei conti, non esisteva un singolo indumento di colore rosa lì dentro. Forse solo un paio di mutande e un reggiseno – che Akito si vergognò immediatamente di aver toccato, e per poco non li lanciò fuori dalla finestra aperta, terrorizzato –.
   Sconvolto dal fatto che sua sorella non avesse niente di rosa, per puro caso, si ritrovò a fissare la sua immagine riflessa nello specchio dell'armadio. Aveva i capelli arruffati, l'espressione stranita, i vestiti di Natsumi tra i piedi e... una felpa rossa addosso. Anzi, non proprio rossa, ma arancione – era molto vecchia e scolorita –.
   Qualcuno, lassù, gli voleva bene.










   «Com'è?»

   «Akito, non so come dirtelo...» Tsuyoshi fece un respiro profondo. «È la cosa più brutta che abbia mai visto.»

   Akito si avvicinò quasi ringhiando allo schermo del computer. «Questo perché tu non hai visto l'originale!»

   Era in videochiamata con l'amico dal portatile di suo padre. Per fortuna, altrimenti dal vivo lo avrebbe morso sul serio. Fra le mani stringeva il lavoro che lo aveva impegnato per l'ultima ora e mezza: la sua felpa e il disegno che aveva cercato di fare a mano con un pennarello nero al centro del petto. Perché ci aveva impiegato così tanto tempo? Perché lui e il disegno erano due cose completamente incompatibili.

   «Ma davvero è così male?» chiese forse più a se stesso che a lui, guardando la sua opera da vicino.

   «Il sorriso è strano... Poi non è nemmeno rosa.»

   «Oh, al diavolo!»

   Chiuse lo schermo del portatile bruscamente, interrompendo la videochiamata. Uscì dallo studio di suo padre strisciando la felpa sul pavimento, mentre la sua testa iniziava soltanto in quel momento a rimuginare su alcuni dettagli.

   Il rosso scolorito, quasi arancione, è una variante del rosa salmone... Giusto? Guardò meglio e si rispose da solo. Forse no.

   In quel momento, qualcuno suonò al campanello. Akito si bloccò confuso a metà del corridoio che portava alla sua stanza. Chi poteva essere a quell'ora? Era troppo presto perché suo padre e sua sorella fossero già tornati e probabilmente Tsuyoshi era a casa a preoccuparsi di aver ferito i suoi sentimenti, non avendo apprezzato il suo duro lavoro. L'unica opzione possibile gli fece sbarrare gli occhi terrorizzato e correre il più velocemente possibile verso la sua stanza. Nascose frettolosamente la sua orribile felpa sotto il cuscino della sedia davanti alla sua scrivania, per poi precipitarsi giù per la rampa di scale fino alla porta d'entrata: se l'avesse fatta aspettare troppo, probabilmente si sarebbe insospettita.
   Quanto la conosceva bene...
   Ed infatti era proprio lei: Sana. Sul volto aveva un'espressione pensierosa e a tratti preoccupata.

   «Akito... stai bene?»

   Ansimando, la invitò ad entrare facendosi da parte e iniziando a pregare che non prendesse l'iniziativa di andare in camera sua. Cosa assai improbabile, perché loro andavano sempre in camera sua.

   «Che ti è successo? Sei scappato alla fine delle lezioni senza dire niente.» Lei lo scrutò, soffermandosi soprattutto sui suoi capelli arruffati. «E anche il tuo aspetto non è dei migliori.»

   E intanto salivano le scale verso il piano di sopra, verso la stanza di Akito, proprio come previsto. La faccenda iniziò a farsi pericolosa nel momento in cui Sana varcò la soglia e andò a sedersi proprio sulla sedia di fronte alla scrivania, sul cuscino che nascondeva l'oggetto della sua vergogna. Pregò con tutto se stesso che non si accorgesse di niente e si andò a sedere sul proprio letto.

   «Io avevo... bisogno di andare di corsa in bagno», esordì a quel punto, forse tradendosi con il suo stesso tono di voce.

   Infatti Sana lo fissò confusa. «Ma non potevi usare i bagni della scuola, scusa?»

   «Non mi sentivo bene e non ci ho pensato.»

   «Non ti sentivi bene?» esclamò lei, guardandolo preoccupata e dimenandosi sulla sedia in preda all'ansia.

   Dannazione, Kurata. Stai ferma!

   «Prima non stavo bene! Adesso mi sento molto meglio.»

   Una manica della felpa uscì fuori dal cuscino, spenzolandosi verso il pavimento e attirando l'attenzione di Sana in un batter d'occhio. «Ma che cos'è? Perché sei sempre così disordinato?» commentò scocciata, alzandosi e sollevando il cuscino.

   «Ferma!» urlò Akito, gettandosi su di lei e cercando di portarle via dalle mani la felpa.

   Ma ormai era troppo tardi. Sana non era stupida e non c'era dubbio sul fatto che fosse molto più agile di lui: si liberò come se niente fosse dalla sua presa, e una volta che fu lontana dalle sue grinfie, aprì la felpa davanti ai suoi occhi. Quegli occhi grandi che divennero ancora più grandi quando realizzò di cosa si trattasse.

   Akito sbuffò e guardando altrove si grattò la nuca, pronto a sentire le grasse risate di Sana da un momento all'altro. «Non è niente, è solo... una prova, ma la stavo buttando via», provò a giustificarsi.

   Sana in quel momento gli stava dando le spalle, ma se avesse potuto vederla in faccia avrebbe notato i suoi occhi brillare e la sua bocca tremare leggermente.

   «Lo so che fa schifo, ok? Non c'è bisogno-»

   Venne interrotto dalle braccia di Sana, che gli avvolsero il collo, e dai suoi capelli rossi e profumati sulle labbra. In una mano stringeva ancora la felpa. Riusciva persino a percepire il suo cuore contro il proprio petto, tanto batteva forte, e non sapeva nemmeno come sentirsi.

   «È per me?» mugugnò lei, il viso sepolto nel collo di Akito e la voce che tremava.

   «Se la vuoi...»

   Forse solo in quel momento Sana realizzò quanto lo avesse infastidito negli ultimi giorni per una sciocchezza del genere. Eppure lui, non potendola accontentare, aveva comunque cercato un modo per farlo. E come sempre quando Akito faceva qualcosa per lei, la lasciava senza parole, con qualcosa di unico, che non avrebbe trovato in nessun tipo di negozio. Qualcosa che poteva avere soltanto lei. Sentì gli occhi farsi improvvisamente umidi.

   «Non merito tutto ciò che fai per me», singhiozzò commossa.

   Akito sbuffò, lasciandosi scappare un sorriso. Sei una stupida, Kurata.

   «Sì, invece.»

   Portò una mano dietro alla sua testa e la strinse a sé. Chi più di Sana, chi più di lei, avrebbe meritato tutto ciò che lui poteva dare? Anche se lo faceva impazzire dalla mattina alla sera, anche se era il suo esatto opposto... Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.










   «Stanotte sei riuscito a dormire? Quindi Sana è riuscita a comprare quella felpa?»

   Lungo la strada che percorrevano insieme tutte le mattine per andare a scuola, Akito poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo. Quella notte aveva dormito come un bambino, senza che nessuno lo chiamasse ad orari impossibili per osannare capi di abbigliamento di dubbio gusto. L'unica pecca era stato il pugno nell'occhio che sua sorella Natsumi gli aveva tirato non appena era tornata a casa e aveva trovato il suo armadio completamente devastato. Ancora gli faceva male lo zigomo, se ci ripensava.

   «Beh...»

   «Buongiorno, ragazzi!»

   Una folata d'aria potentissima, quasi disumana, li investì da dietro, superandoli e lasciandoli interdetti. Sana, con la sua solita energia, si voltò a guardarli qualche metro più avanti e con un grosso sorriso sulle labbra li salutò, sventolando in aria un braccio. Addosso aveva la divisa della scuola e sopra...

   «Ma quella...» Tsuyoshi guardò sconcertato quella scena.

   Akito sorrise.
   Sana continuò a sventolare in aria la mano, il viso radioso e la ciotola di ramen con il sorriso sghembo sulla felpa rossa consumata, che assieme a lei dava loro il buongiorno.










   
 
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