Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    27/05/2020    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ryuken appariva divertito, a quella sua reazione.

Anzi...i TANTI Ryuken, visto che il venerabile maestro aveva scomposto sé stesso in decine e decine di immagini speculari, al punto da apparire perfettamente indistinguibili l'una dall'altra. E che andavano e procedevano senza sosta in ogni direzione.

Non si riusciva più a percepire la sua presenza, all'interno del piccolo cortile.

Sembrava sparito. Come svanito, oppure dissolto. O magari poteva aver iniziato ad espandersi fino al punto di abbracciare e circondare l'intero universo.

Pareva esser dappertutto. Ma anche in nessun luogo, al contempo.

Era una cosa inspiegabile.

Sorrisero tutti, all'unisono.

“Sei sorpreso, non é vero?” Disse, rivolgendosi probabilmente al ragazzo. Ma in quelle condizioni era difficile stabilire con chiarezza persino quello.

La sua voce echeggiava tutt'intorno, fino a far tremare e rimbombare le alte pareti. Ma dava anche l'impressione di provenire da un luogo sconosciuto, remoto. Da un luogo che non facesse parte di quel mondo, di quella realtà.

Sembrava giungere addirittura da un'altra dimensione.

“Consideralo un onore” continuò. “Il gesto di massimo rispetto che avrei potuto effettuare nei tuoi confronti. Un segno con cui voglio riconoscere appieno la tua abilità ed il tuo valore. Devi sapere che é una delle tecniche più potenti di cui posso disporre. Forse la più potente, in assoluto. E ho deciso di offrirtela. L'ho rivelata apposta per te. Si chiama HOKUTO SHINKEN SHICHISEI TENSHI.”

“Schichisei...tenshi?” Ripeté Kenshiro. “M – ma...ma é...”

“Si” Gli rispose il vecchio, precedendolo nelle parole. “E' una delle ultime tecniche della nostra scuola. Uno degli ultimi tesori, tra i meglio riposti. LA POSIZIONE DELL' ATTACCO AL CUORE SEGRETO DELLE SETTE STELLE. Il movimento che viene generato durante l'esecuzione di questo colpo é molto simile al moto ondoso dell'oceano. Di conseguenza é totalmente casuale quanto imprevedibile. Pur sforzandoti al massimo...non potrai in alcun modo intuire da quale direzione giungeranno i miei assalti.”

Era vero. Gli spostamenti sia delle gambe che dei piedi delle copie erano praticamente impercettibili. Era come se stesse scorrendo direttamente sul pavimento. Sembrava fluttuarci sopra.

Era pazzesco. Persino inquietante.

Il giovane guardò per una frazione di secondo verso il cielo. Come se lassù ci potesse essere una via di uscita. O come se da quel luogo, dagli spazi celesti potesse arrivare un insperato aiuto o una soluzione valida.

“Mh. Stai pensando di metterti in una posizione sopraelevata per meglio capire i miei spostamenti?” Gli chiese Ryuken. “Non funzionerà. Ho scelto volutamente questo luogo proprio per le sue dimensioni ridotte. La tecnica che sto usando dà il suo meglio negli spazi ristretti. Non ti potrai allontanare da me, e nelle condizioni in cui ti ritrovi non puoi neanche mettere un minimo di distanza. E se ti azzardi a tentare di saltare...ti intercetterò e ti colpirò non appena proverai a farlo. Non te ne darò nemmeno il tempo.”

“E' tutto inutile” aggiunse. “Non puoi fuggire.”

Aveva previsto tutto. Ogni cosa. O forse no.

Se davvero Kenshiro aveva avuto l'intenzione di fare quella mossa...doveva averla abbandonata da subito, rendendosi conto che non era assolutamente attuabile.

Né in quel momento, né in quel contesto.

“Perdonate la franchezza, padre” disse, con tono calmo. “Ma riguardo al fuggire...dovete sapere che non ne ho mai avuta l'intenzione. Nemmeno di fronte a voi. Piuttosto la morte. Raoul e Toki...i miei due fratelli maggiori non sono certo gli unici, a voler combattere ad oltranza e ad ogni costo.”

“Neanche io” annunciò. “Neanche io la conosco, la ritirata.”

Fece un respiro profondo e si piegò lievemente sulle proprie ginocchia, come a volersi rannicchiare su é stesso.

Lasciò quindi che il suo sguardo perdesse ogni punto di riferimento, fino a sfocarsi. Fino a far finire sullo sfondo ogni elemento che si trovasse dentro al suo campo visivo. E concesse alla sua mente di vagare libera, senza concentrarsi su nulla.

I suoi occhi stavano puntando decisamente verso il basso, in direzione di un punto pressoché imprecisato del terreno.

Non stava degnando il suo maestro della benché minima attenzione.

Appariva quasi presuntuoso a concedersi un simile lusso, nonostante il fare da parte di lui nei suoi confronti fosse dichiaratamente ostile.

La sua era un'esuberanza che poteva costargli caro. Parecchio caro.

Come ebbe malauguratamente ad accorgersi e a vedere pochi istanti dopo, quando notò che una delle immagini illusorie di Ryuken si stava dirigendo verso di lui con uno scatto fulmineo. E tentando un affondo con le dita della mano aperta.

Lo evitò per un soffio, con un breve balzo all'indietro.

Questa volta ne aveva chiaramente percepito l'intenzione assassina. Inoltre...stava mirando direttamente ai suoi punti segreti di pressione.

Non c'era più alcun dubbio, questa volta. Se mai ve ne fosse stato in precedenza.

Suo padre stava colpendo per uccidere. Per ucciderlo.

“I miei complimenti, Kenshiro.”

Le parole del suo maestro sembravano provenire anch'esse da un punto totalmente imprecisato del cortile. Al ragazzo parve di avere l'impressione di sentirla vibrare all'interno della propria testa.

“E' proprio come immaginavo” continuò la voce, imperturbabile. “Sei il primo che riesce a sfuggire a questo attacco. Tra i miei innumerevoli avversari...tutti coloro che tra essi hanno avuto l'onore di ricevere questo colpo sono morti al primo tentativo. Senza nemmeno riuscire a schivare.”

“Ma da te non mi aspettavo certo di meno” gli rivelò. “Solitamente, l'imprevedibilità di questa tecnica genera ansia e terrore in ogni nemico che si ritrova a fronteggiarla.”

Come dargli torto, dopotutto. Chiamare tecnica una cosa del genere era quantomeno riduttivo. Sfiorava l'insulto, a volerla dir tutta.

Un prodigio, ecco quello che sembrava. Un vero e proprio prodigio.

“Colui che la subisce si ritrova già sconfitto in partenza” continuò il vecchio, quasi intuendo lo stato d'animo che albergava nel corpo del giovane. “Il terrore lo assale, ed egli abbandona rapidamente ogni velleità di vittoria. Possiamo dire che si ritiene già morto ancora prima di finire ucciso per mia mano. Ma tu...nonostante il momento difficile riesci a mantenere la calma ed il sangue freddo. Nonostante la situazione sia per te critica. Questo é bene. E dimostri di possedere anche una notevole abilità strategica. Hai analizzato e saputo valutare istantaneamente ogni fase, ed hai scelto la contromisura che ritenevi più indicata. Anche se le tue conoscenze sono di sicuro inferiori alle mie, almeno per ora. Hai fatto di necessità virtù.”

“Bravo” commentò. “Bravo davvero. Sai usare i tuoi punti deboli a tuo vantaggio. Non é da tutti.”

Aveva ritenuto opportuno congratularsi con lui. Così come quest'ultimo aveva in egual modo ritenuto opportuno mettere bene ed ancora in chiaro un certo concetto.

“Ve l'ho già detto, padre” gli ribadì. “Non so sicuro che ciò che sto usando possa servire a qualcosa. Ma se davvero avete intenzione...se davvero avete intenzione di uccidermi, non me ne rimarrò qui ad attendere passivamente la fine. Combatterò e mi opporrò con tutti i mezzi di cui dispongo.”

“Una giusta osservazione, figlio mio. Devo darti ragione, anche se a malincuore. Perché mi duole dirti che la tecnica del COMBATTIMENTO SENZA PENSIERO non ti potrà essere di aiuto a lungo.”

HOKUTO SHINKEN MOUHSOOUH HINSATSU.

IL COLPO VINCENTE ALL'OMBRA SENZA PENSIERI.

Il suo anziano maestro ci aveva preso in pieno.

I COLPI SENZA PENSIERO. Una risorsa estrema. La sola ed unica possibilità contro contro un avversario di pari abilità, capacità e valore. Se non addirittura superiore.

Contro combatttenti di tale calibro era perfettamente inutile cercare di seguire le loro mosse con lo sguardo.

Erano troppo precise e troppo veloci. Al punto che, nel momento stesso in cui le si riusciva a scorgere, esse erano già andate irrimediabilmente a segno. Con effetti letali, nella maggior parte dei casi.

Era quindi più opportuno evitare di guardarli direttamente o di fissarli dritti negli occhi, nel tentativo di intuire i loro propositi.

Non si sarebbe ricavato né ottenuto nulla. Se non il solo rischio di far smascherare i propri, nel caso l'altro si fosse dimostrato altrettanto esperto.

Era meglio lasciar andare sia lo sguardo che l'attenzione alla deriva, concentrandosi piuttosto sulla propria aura combattiva e su quella del contendente. E al momento in cui sarebbero entrate inevitabilmente in contatto ed in conflitto, ascoltando e prestando orecchio ad ogni loro minima e possibile variazione.

Anche in questo caso, chiamarla tecnica era alquanto riduttivo.

Utilizzandola si entrava in una modalità di combattimento alquanto peculiare, e propria solo a chi praticava la Divina Arte di Hokuto ed aveva iniziato ad addentrarsi nei suoi segreti.

E tra questi segreti, appresi e sviluppati nel corso di duemila anni di storia e tradizione...vi era anche la convinzione che lo spirito vince e trionfa sempre, sulla materia.

Consisteva nel sentire, piuttosto che nel vedere.

Ma con la propria coscienza interiore, piuttosto che con i propri organi sensoriali.

Con l'anima, piuttosto che con il corpo. Che in quel modo finiva col reagire e rispondere in automatico a qualsiasi stimolo esterno. Specie a quelli comprendenti una qualunque minaccia.

I pugni, i calci, i blocchi e le schivate non erano più manovre elaborate e ragionate, ma reazioni istintive in replica ad una sensazione di imminente pericolo. Che poteva sostanzialmente provenire da qualunque cosa e da qualunque direzione.

Ogni indizio era utile. Che si trattasse di uno spostamento d'aria, una vibrazione delle membra o dell'epidermide, una goccia di sudore che cade al suolo, un improvviso mutamento o turbamento delle energie spirituali o anche solo una semplice quanto subitanea intuizione e basta.

In tale modalità non si spendeva nemmeno la frazione di secondo necessaria a prefigurare mentalmente il gesto. I tempi tra la sua elaborazione e la successiva risposta venivano praticamente azzerati.

Ci si affidava più alla memoria muscolare, che a quella del cervello, durante l'esecuzione di tali tecniche.

Un animale si comporta esattamente nella medesima maniera, pur con le dovute differenze.

Una preda si accorge immediatamente di un predatore, quando quest'ultimo invade il suo territorio. Eppure seguita a restare dov'é, placida ed indisturbata. Decide di rimanersene tranquilla, nonostante l'aggressione sia ormai imminente. E nonostante tutt'intorno a lei stia già scendendo un sinistro presagio di morte, accompagnato da un altrettanto sinistro quanto funereo silenzio.

In realtà non sta decidendo proprio nulla. E' il suo istinto, che sta agendo tramite lei.

L'erbivoro continua a brucare, anche se il cacciatore gli é ormai prossimo. Solo ogni tanto alza lo sguardo, per controllare che tutto proceda bene. Ma in realtà...nulla sta andando bene.

In cuor suo lo sa. Sa che là in fondo c'é qualcosa. Qualcosa che brama la sua carne viva e pulsante ed il suo sangue caldo.

Sa che laggiù...potrebbe esserci la sua fine. Che viene verso di lui, a larghe ed inesorabili falcate.

Sta per arrivare. Ma ancora non ha raggiunto la distanza critica. Il punto di non ritorno, oltre il quale la fuga verso la salvezza diventa impossibile. Persino il solo tentativo.

Una volta oltrepassato quel limite...non cé più scampo. Non si può nemmeno provare a scappare senza venire ghermiti e divorati all'istante.

Vita e morte in natura giocano su quel filo sottile. Più fragile della bava di un rospo o del filo di un'intricata ragnatela.

Lo fanno da sempre. Da quando esiste il mondo.

Ed anche per l'uomo era uguale. Nemmeno egli poteva costituire un'eccezione, al normale ordine delle cose.

Si narra ancora oggi che i primitivi, all'età della pietra, fossero dotati di capacità sovrumane.

Come il sollevare svariati quintali di peso con un solo braccio. Oppure riuscire a riconoscere la presenza di una belva feroce prima che questa apparisse. O a scattare rapidamente al sopraggiungere di qualunque fiera o nemico.

Se rimanevano sul posto anche un solo paio di secondi in più, avrebbero finito col soccombere. Alla pari di qualunque altro essere vivente che il creato aveva voluto designare come cibo a favore di altri ben più grossi e potenti.

L'uomo ha sviluppato un'intelletto sorprendente, nel corso dei secoli. E ha saputo piegare l'ambiente ai suoi scopi, obiettivi e desideri. Ma ha dimenticato una cosa importantissima.

L'uomo ha dimenticato il fine per quale é nato.

L'uomo domina il pianeta. Ma si tratta di un ben misero regno. Perché, nel profondo...

Perché nel profondo l'uomo nasce come PREDA.

E, dentro di sé...lo sa. Ne é perfettamente consapevole.

E forse il suo primo pensiero, nato nel nel momento stesso in cui si rese conto di aver ottenuto la capacità di formularli...fu proprio quello di AVERE PAURA. Mentre il secondo, originatosi nel momento immediatamente successivo, fu quello di avere bisogno di qualcosa con cui potersi DIFENDERE. Da solo, senza l'aiuto di nessuno.

Fu da quel preciso momento che nacque la lunga e gloriosa storia delle arti marziali. Un percorso durato quasi due millenni. Quasi quanto la storia stessa di colui che le ha ideate, ovvero l'uomo.

Un percorso che é iniziato nel medesimo istante in cui il genere umano ha iniziato a raccontare delle sue gesta ai propri simili, nel tentativo di tramandarle e conservarle. Un percorso che finisce e culmina con la Divina Scuola dell' Hokuto Shinken.

Era proprio questo ciò che si raccontava, quando si parlava di quegli antichi popoli ormai scomparsi. E da cui ha avuto origine l'uomo moderno e contemporaneo.

Razze completamente estinte. Ma non certo dimenticate. E comunque, mai del tutto.

Stirpi che ormai non calcavano il suolo terrestre da tempo ormai immemore, ma che non avevano smesso di esistere. Almeno nell'immaginario e nei ricordi collettivi delle genti. E ciò grazie anche alle innumerevoli leggende che avevano finito col sorgere sul loro conto, e sui miti che ne narravano le gesta.

Erano argomenti buoni per una novella da ascoltare mentre si stava seduti, rannicchiati ed in cerchio attorno ad un focolare, rimanendo al contempo gradevolente soggiogati dal chiarore e dal tepore della fiamma. Ma che erano in grado di lasciare ancora il segno. E di impressionare chi voleva, chi se la sentiva di prestare ancora il suo orecchio.

In fin dei conti...non ci si stanca mai di sentire una buona storia.

Questo si diceva, su quegli esseri incredibili. Che all'alba dell'umanità i suoi primi rappresentanti potessero far sfoggio di caratteristiche a dir poco fuori dal comune, eccezionali. Che fossero in grado di spostare pesi enormi usando un briciolo della loro reale forza. Che potessero sollevare una massa decine di volte più grande e pesante della loro. Esattamente come si dice che facciano le formiche, messe ad equivalente quanto debita proporzione.

Anche se un uomo dovrebbe valere sicuramente di più di una formica, pur mantenendo tutto il dovuto rispetto per ogni essere vivente.

Oppure che riuscissero a fiutare e capire quando un animale affamato della loro carne si fosse messo sulle loro tracce, in modo da poterlo evitare o seminare. Oppure di coprire vaste distanze nel giro di una frazione di secondo mediante una rapida corsa o un altrettanto rapidissimo balzo, verso l'alto od in lungo. Ed il tutto poco prima che potesse sopraggiungere qualunque calamità, in modo da raggiungere una posizione sicura dall'imminente pericolo. E proprio un istante prima che esso potesse apparire o palesarsi. O spesso addirittura nell'attimo stesso in cui faceva la sua comparsa. Ma a quei tempi persino un misero attimo poteva fare una differenza fondamentale. Perché avrebbe potuto costar loro la vita.

Quell'esitazione, quell'incertezza di troppo a causa della quale sarebbero inevitabilmente morti.

Tra le altre cose si diceva che non avessero bisogno di medicine, medicamenti o farmaci, visto che non erano ancora in grado di produrli.

La farmacologia, a differenza delle pratiche guerriere, non aveva iniziato a muovere nemmeno i suoi primi passi.

Le loro conoscenze scientifiche in tal merito erano scarsissime, per non dire inesistenti. Eppure, si raccontava che alcuni tra loro potessero addirittura guarire ferite, traumi, escoriazioni e malanni con il semplice tocco o imposizione delle proprie mani.

Tra i vari scopi per cui venne creata la Divina Arte di Hokuto c'era anche quello di recuperare queste funzioni primitive, arrivando così a sviluppare e ripristinare l'intero potenziale di un individuo.

Perché non si trattava certo di dotare le persone di facoltà o di poteri mistici, niente affatto.

Niente di tutto questo. Ma piuttosto di recuperare quelle antiche capacità che erano andate perdute con la civilizzazione e con l'avvento dell'era moderna.

Capacità che si trovano dentro ogni essere umano. E che sono e restano sempre presenti, anche quando sopite. Perché fanno parte della sua stessa essenza, e non può fare a meno di possederle.

Giuacciono come addormentate, sul fondo e nel profondo dell'inconscio.

Il potenziale che viene sfruttato dall'essere umano é, in generale, molto al di sotto delle sue vere possibilità.

La maggior parte della gente, nel corso della sua più o meno lunga esistenza, riesce ad impiegare circa il trenta per cento delle sue capacità reali. Ma i predestinati, mediante le tecniche del Divino Pugno dell' Orsa Maggiore, possono farlo.

Tramite questa disciplina é possibile arrivare ad impiegare anche le capacità latenti, fino a coinvolgere interamente anche il restante settanta per cento.

Quando, nel corso della storia, arriva un'epoca buia dove sorge una potenza oscura in grado di spazzare via vite, affetti, amicizie, popolazioni intere, qualunque cosa...un uomo deve essere in grado di ergersi sopra a tutti gli altri, per riportare l'ordine e la pace.

Per riportare la luce.

Perché il male...non muore mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ryuken tentò un altro affondo, e Kenshiro lo schivò ancora per un pelo. Questa volta compiendo un balzo di lato verso la parete di destra del muro.

Vi poggiò sopra un piede e vi si rannicchiò leggeremente contro con l'intera sua figura. Poi diede una breve ma piuttosto decisa spinta e, sfruttando i vecchi mattoni come un vero e proprio trampolino, si lanciò verso il basso per cercare di raggiungere quel piccolo lembo di cortile non ancora occupato dalle copie del suo avversario.

Non che gli ci sarebbe voluto molto, di questo passo. Le sue immagini si stavano continuando a sdoppiare e moltiplicare senza sosta fino ad invadere ogni spazio disponibile. E ben presto...ci sarebbero senz'altro riuscite, a farlo.

Non importava. Quel che contava davvero era di guadagnare almeno un attimo. Sia per respirare che per riflettere.

Un attimo che un simile frangente doveva risultare prezioso almeno quanto l'oro. O come l'acqua di un'oasi nel pieno deserto dopo una traversata lunga un'intera giornata.

Sentì qualcosa di estremamente caldo e denso colargli lungo la parte sinistra della fronte.

Era sottile. Doveva essere un rivolo. Ed era facile immaginare cosa lo componesse.

Prese a tastarsi ripetutamente in quella zona con le prime due dita della mano corrispondente.

Alcune gocce di uno scarlatto vivo sulle punte dei polpastrelli.

Suo padre lo aveva mancato davvero di un niente, anche questa volta. Ed il solo sfiorarlo di striscio era bastato a lacerargli la pelle.

Ma lo aveva messo in conto. Anzi...pensava peggio. Quel balzo di prima non lo aveva eseguito con l'unica intenzione di sfuggirgli. Lo scopo primario era un altro.

Voleva, doveva vederci assolutamente chiaro. E almeno in questo ci era riuscito, anche se aveva l'impressione che non sarebbe servito a migliorare la sua situazione. Né a modificarla.

Neppure di una virgola.

In ogni caso...aveva potuto osservare il suo maestro dall'alto, anche se solo per una frazione di secondo. E aveva fatto una scoperta interessante.

Si sentiva come un naufrago a bordo di una misera zattera in procinto di venire inghiottita da un gorgo gigantesco.

Può scegliere tra una fine rapida oppure lunga. Può scegliere se mollare la presa e affogare, oppure rimanere aggrappato e finire a schiantarsi contro la cintura di scogli sul fondale. Ma intanto che decide...può scoprire di possedere una terza scelta, anche se applicabile ad un periodo di tempo alquanto ristretto.

Può decidere di colpo di smetterla di concentrarsi sulla propria pelle e su quel che ancora gli rimane della propri esistenza, per rivolgere la sua totale attenzione al vortice stesso. Per scoprirne di più. Per scoprirne il più possibile nel breve tempo che gli resta, pur sapendo che non potrà mai condividere le sue scoperte con nessun altro.

Forse, in tal modo...potrebbe anche arrivare a salvarsi, addirittura.

Chissà.

Ritenere di essere già morti e di non avere più nulla da perdere. Magari, a decidere di voler fare così...la si potrebbe anche scampare.

Guardò le decine di copie in movimento dell'anziano monaco.

“E'...é come immaginavo” gli disse, semplicemente. “E' proprio come immaginavo. Il vostro...non é affatto un movimento casuale.”

“I miei complimenti, figliolo” fece Ryuken. “Mi sorprendi sempre di più. E mi stai rendendo sempre più orgoglioso di te, ad ogni istante che passa. Avevo ben ragione, io...avevo ben ragione di ritenerti così forte. Come ti ho detto prima...sei molto di più di quello che tu stesso pensi. E di quanto ti ostini a voler dare a vedere. Ti é bastato un attimo. Un solo attimo, per comprendere al volo ogni cosa.”

Il moto dei suoi duplicati sembrò rallentare, anche se impercettibilmente. Ma la cosa non sfuggì al suo giovane allievo, che parve rilassarsi leggermente.

Era come se sapesse di non dover temere altri attacchi. Almeno nell'immediato.

“Stà tranquillo” annunciò suo padre. “Non ci corre dietro nessuno. La lotta...la lotta é come una danza, Kenshiro. Come una tempesta. Hai suoi momenti di frenesia e di quiete. E queste due fasi si alternano e si mescolano, lasciandosi il posto l'una con l'altra. Continuamente.”

Frenesia e quiete. Tempesta e sereno. Reprimere ed esprimere. Bianco e nero. Luce e tenebre. Uomo e donna.

La danza dello Yin e dello Yang.

Sempre lì si torna.

Al mutamento. Che é origine di tutte le cose.

“Non ci corre dietro nessuno” gli ripeté. “Il nostro non deve per forza essere un combattimento furioso che dura pochi secondi. Si può anche prendere una pausa, e parlare. Ed é proprio ciò che faremo, tra poco. Ci sono alcune cose che voglio raccontarti, prima di continuare.”

Si prese un breve, brevissimo attimo. Poi riprese col discorso.

“Ciò che sto per dirti é il segreto sulla nostra arte di cui nessuno ti aveva ancora parlato. Devi sapere che i sette astri che costituiscono la nostra costellazione tutelare vengono anche definite LE SETTE STELLE DELLA MORTE. Da tempi immemori si vocifera che le stelle di Hokuto governano la morte. Ma non é questo l'unico motivo. Ve n'é altro, più recondito. Le sette stelle dell' Orsa Maggiore sono state scelte sin dal primo momento in cui fu creata e perfezionata la nostra arte prodigiosa perché rappresentano una cosa fondamentale. Sono state scelte perché si ricollegano agli angoli morti di un combattente.”

“Gli...gli angoli morti, dite?”

“Si, Kenshiro. Le sette stelle di Hokuto rimandano agli angoli morti che ogni individuo istintivamente mostra mentre si ritrova impegnato in un combattimento per la vita. E questa cosa vale per tutti. Sia per un guerriero che per una persona comune. Ogni mossa, ogni movimento che effettua in quel preciso momento contiene in sé sette angoli morti. E quando si é conoscenza di questo aspetto...si può essere in grado di ammazzare ed eliminare qualunque avversario. In altre parole...le sette stelle si possono trovare sia in cielo che sul corpo di chi stiamo affrontando. Sono le pietre miliari, gli ostacoli insuperabili che bloccano il nemico e lo invitano alla morte, vanificandone sia l'offesa che la difesa!!”

Il vecchio parve sul punto di infervorarsi, per un solo attimo. Poi tornò immediatamente calmo e compassato al pari di prima, se non di più.

“La nostra costellazione protettrice presiede e governa la morte” gli spiegò. “E di conseguenza anche chi pratica l'arte marziale di cui sono il simbolo, l'egida. Vengono chiamate anche le sette stelle della sventura. E con tutta probabilità, é proprio così che stanno le cose. Ti ho detto che ogni uomo, inconsapevolemente o meno, possiede i propri angoli morti. Essi rappresentano il punto, il momento in cui le sue barriere sono completamente abbassate e sguarnite. Ciò avviene di norma quando la paura lo costringe a reagire. La paura di venire uccisi, per l'appunto. Il desiderio di sopravvivere e la volontà combattiva diventano troppo forti perché si possa continuare a trattenerle. E si finisce quindi con l'attaccare impunemente, sprigionandole tutte quante in un colpo. O magari si cerca di proteggersi. Oppure si decide di schivare, o addirittura fuggire. E' indifferente. Indipendentemente da quel che si decide di fare...quel che conta prima di ogni altra cosa é la reazione. Poiché essa induce alla distrazione. Ci si fissa su di un'unica cosa e ci si dimentica di tutto il resto. In quel breve, infinitesimale attimo ci si ritrova totalmente e contemporaneamente sguarniti in sette punti diversi. E quello...quello é il momento proprizio. Il momento decisivo che noi di Hokuto sfruttiamo per piazzare le nostre tecniche micidiali. In particolar modo quelle rivolte direttamente agli Tsubo. I sette angoli morti si tramutano nei portali di accesso dove convogliare la nostra forza spirituale, dopo averla raccolta, concentrata e guidata all'interno del nostro stesso organismo. Le direzioni cardinali dove indirizzarla. Poichè é proprio da lì, da quegli angoli morti che la inviamo ai punti segreti di pressione collegati ai meridiani del corpo umano. E correlati ai principali centri nervosi ed organi vitali. Grazie ai quali possiamo controllare o distruggere le membra dell'avversario, a seconda della nostra volontà. Hai capito, ora?”

La lezione doveva essere terminata. Infatti, non appena ebbe finito di parlare, le sue copie ripresero a spostarsi e a muoversi per ogni dove fino ad occupare l'intero chiostro. Fino ad occupare anche le ultime zone rimaste libere, in modo da precludere e bloccare ogni possibile via di fuga.

E forse era proprio questo, ciò che doveva avere in mente. Soprattutto vedendo ciò che iniziò a fare subito dopo.

Gli assalti ripresero particamente all'istante. E se mai fosse possibile iniziarono a farsi sempre più frenetici ed intensi, cominciando a provenire da più direzioni in simultanea.

Non si fermava più. E non si sarebbe più fermato, con tutta probabilità. Almeno fino a quando...

Almeno fino a quando non lo avrebbe fatto giacere a terra morto, come minimo.

Ormai la sua volontà di uccidere era più che evidente. Gliela si poteva percepire con chiarezza negli occhi, negli spostamenti impetuosi, nei movimenti serrati e nei colpi che sferrava.

Kenshiro era sempre riuscito ad evitarli di un nulla, fino ad adesso. Ma era l'unica contromisura che poteva apporre, e che aveva saputo escogitare.

Cercare di difendersi, arretrando e spostandosi di lato. Non poteva fare altro, in quel momento.

Non gli riusciva di capovolgere i fronti. E nemmeno di prendere l'iniziativa. E l'offensiva da parte del suo maestro si stava facendo via via sempre più incisiva ed incalzante col trascorrere dei secondi e dei minuti. Entrambi talmente lenti ed eterni da sembrare ore.

Suo padre aveva perfettamente ragione. Non sarebbe durato a lungo, così.

Doveva fare assolutamnete qualcosa, o per lui sarebbe stata la fine.

Ma...cosa?

Cosa avrebbe potuto fare?

Come si può colpire un avversario, quando l'avversario stesso NEMMENO ESISTE?

“E' tutto inutile” lo avvertì Ryuken, che dovette percepire con estrema chiarezza il suo sconforto. “Non potrai riuscire a schivarli in eterno. Ti informo che la quintessenza della tecnica che sto usando consiste proprio nel portare l'avversario nelle condizioni di esporre automaticamente i propri angoli morti. Inutile chiederti se hai badato ai movimenti sia miei che dei miei doppi, visto che te ne sei già accorto e me ne hai dato pronta conferma tu stesso.”

Il ragazzo annuì, senza parlare. E continuando a non guardare.

“Bene” gli fece il vecchio. “Hai già notato per conto tuo che i nostri spostamenti stanno formando la costellazione dell' Orsa Maggiore. E che stanno seguendo la disposizione delle sette stelle che la compongono. Senza rendertene conto...stai seguendo un percorso obbligato. Sin da quando é iniziata la nostra sfida. E ti ho di fatto costretto io, a seguire questo percorso. Una volta che un avversario si ritrova coinvolto in questo tipo di attacco, non ha praticamente più alcuno scampo. A maggior ragione se si tratta di uno appartenente alla nostra scuola. Perché, visto che si sta parlando di tecniche di Hokuto...sappi che il colpo che sto utilizzando trae la sua massima efficacia proprio in situazioni come questa. Si dimostra ancora più efficace se applicato contro uno che pratica la Divina Arte. Perché noi, in battaglia, tendiamo a muoverci disegnando nello spazio il gruppo di stelle che ci rappresenta. E che ci é proprio.”

Seguirono quindi altri due fulminei affondi. Col secondo che strappò di netto al discepolo una ciocca dei suoi capelli nero corvino.

“Non c'é niente che tu possa fare. Per quanto tu ti possa sforzare, il tuo istinto verrà irresistibilmente attratto dalla tua costellazione di riferimento. Che é proprio quella che sto tracciando io, col mio corpo, insieme a tutte le altre mie immagini illusorie. Il SHICHISEI TENSHIN é stato ideato proprio per questo. E' la tecnica segreta che i maestri detentori dello stile Hokuto Shinken usavano per punire gli allievi ribelli o scomunicati, qualora utilizzassero il Divino Pugno in modo indebito o indegno. O nel caso continuassero ad usarlo, nonostante gli fosse stato imposto il veto. E sempre con questo colpo liquidavano i successori o aspiranti tali che non si dimostravano all'altezza. E' la tecnica che la Divina Arte di Hokuto ha creato per DISTRUGGERE SE' STESSA, in caso ve ne fosse il bisogno o la necessità.”

Nonostante la gravità delle parole appena enunciate e nonostante la furia dei due precedenti attacchi, il tono del monaco rimaneva pacifico e conciliante. Sembrava avesse ripreso la lezione interrotta in precedenza.

Il sermone non era ancora terminato, dunque. Ma lo sarebbe stato ben presto, senza alcun dubbio. E allora...

Allora sarebbe stato ben facile intuire come sarebbe andata a finire.

“E' così che stanno le cose” asserì, dando pienna conferma di quello che ormai doveva apparire come l'esito più che scontato di quello scontro. “E' proprio come ti ho appena detto. Una volta accerchiato e messo sotto assedio, l'avversario che subisce questo colpo non può fare altro che dirigersi inavvertitamente al punto designato, dove svelerà i suoi angoli morti. E tu...tu sai bene qual'é il punto di cui parlo, non é vero?”

Il viso del ragazzo rimase impassibile ancora per qualche istante. Poi assunse un'espressione sorpresa e sbigottita al tempo stesso.

Sembrò quasi sul punto di sbiancare, come in preda ad una subitanea quanto sconcertante rivelazione.

“La...la stella...” balbetò convulamente. “...P – padre, v – voi intendete dire l – la stella...la stella della...”

“E così, figliolo. Guarda il cielo, ora.”

Kenshirò esitò.

“Cosa ti prende?” Gli domandò suo padre. “Coraggio, fallo. Non sfrutterò di certo il tuo attimo di distrazione per attaccarti, se é questo ciò che temi. Ti do la mia parola.”

I tanti Ryuken estesero il braccio destro e puntarono il dito indice verso l'alto, in un eloquente invito. Ed il giovane decise di obbedire.

Guardò a sua volta, seguendo con gli occhi la direzione mostrata dalle molteplici dita.

Eccola.

Eccola là. Era già apparsa con l'avvicendarsi delle prime ombre che indicavano l'ormai imminente sopraggiungere della notte.

ALCOR.

LA STELLA DELLA MORTE.

Così veniva chiamata. E con reverenziale quanto ancestrale timore. Sia a nominarla che a sentirla nominare.

La piccola luce che brillava vicino al penultimo astro del Grande Carro. Due stelle talmente appaiate da sembrare una sola. Ma che una sola non lo erano affatto.

Purtroppo.

La stella che di consueto, secondo un'antichissima leggenda, viene adibita a segnalare una dipartita imminente.

Quella che di solito vedeva chi era destinato, per un motivo o per l'altro, a lasciare molto presto questo mondo.

Il suo trapasso, dal preciso momento in cui egli riusciva ad avvistarla, poteva avvenire in qualunque istante. Entro la fine dell'anno, del mese o della settimana corrente. O addirittura entro la fine della stessa giornata. Nessuno, nemmeno tra i più grandi sensitivi o indovini, era in grado di poterlo stabilire con chiarezza.

Una sola cosa era certa, quando diventava visibile.

Più che certa, quando accadeva che la penultima stella finiva con non essere più una, ma risultavano due ben distinte.

E cioé che la sua comparsa equivaleva ad avere il proprio destino irreversibilmente segnato.

No vi era ne vi poteva essere alcun più futuro, per lo sventurato in questione.

“La trappola é ormai scattata” sentenziò l'anziano maestro. “Non ti resta che una cosa sola, da poter fare.”

Kenshiro seguitava a ad evitare i suoi occhi. Dovunque si trovassero in quel momento, sparsi tra le innumerevoli repliche. Ma le su orecchie rimanevano ben tese e all'ascolto, pronte a captare il più flebile suono o rumore.

“Sappi che esiste una sola tecnica, in grado di contrastare il mio attacco.” gli disse suo padre.

“E...e quale sarebbe?” Gli chiese il ragazzo.

“Non posso rivelartela” gli confidò il vecchio. “Dovrai arrivarci da solo. Io non posso aiutarti in alcun modo. E nemmeno posso insegnartela. Dovrai arrivarci per conto tuo.”

L'espressione di suo figlio si fece stupita.

“C – cosa?!” Esclamò, incredulo.

“Ci devi arrivare per conto tuo. Ti ho posto in una situazione senza alcuna via di uscita. Ma se sarai capace di venirne fuori...allora forse potrai acquisire una consapevolezza nuova. Qualcosa che ti sarà molto utile, in futuro. E quello di cui ti sto parlando...é proprio la tecnica con cui si può sconfiggere LA POSIZIONE DELL' ATTACCO AL CUORE SEGRETO DELLE SETTE STELLE.

Ma nessuno può mostrartela. Neanche io. Devi trovarla da te. Osservando quel che sta succedendo dentro e intorno a te, e scavando nel profondo del tuo essere. Devi attingere alle tue risorse più recondite. Ma se non ce la farai, e non riuscirai a capire quel che che vedrai e scoprirai...allora non ti spetterà che la morte. Devi farcela, altrimenti...per te sarà la fine. Riuscire, o morire. Non avrai una terza possbilità.”

“Ma stà molto attento” lo ammonì. “E qualunque cosa tu decida di fare...cerca di farla in fretta. Molto in fretta. La mia danza sta per volgere al termine. E' giunta alla conclusione.”

Non appena ebbe concluso con le parole i suoi doppi scattarono tutti in avanti contro l'avversario, con un movimento estremamente rapido e perfettamente simultaneo, scagliandoglisi addosso.

Kenshiro si rattrappì su sé stesso, preparandosi all'impatto e cercando di offrire la minor superficie vulnerabile possibile.

Ma il ripetutivo quanto angoscioso interrogativo continuava a turbinare e vorticare senza pace dentro alla sua mente.

Che cosa mai avebbe potuto fare?

In quale modo avrebbe mai potuto reagire, se nemmneo sapeva da quale direzione sarebbe sopraggiunto il colpo assassino?

Cosa poteva risultare anche solo efficace , in simili condizioni? Quale tecnica?

Come poteva opporsi?

Poi, d'un tratto...un brivido.

Una sorta di acuta scossa elettrica gli attraversò la zona compresa tra il retro del padiglione auricolare destro e la parte più sotto del collo, proprio di fianco alle prime due vertebre cervicali per arrivare fino alla base della nuca.

Alle sue spalle.

Ora.

“ATAH!!”

Mollò un violentissimo colpo di rovescio, effettuato col dorso della mano, e girandosi di quasi centoottanta gradi con l'intero corpo per imprimere una potenza ancora maggiore.

Non poteva fallire. Eppure...

Eppure non colpì che l'aria.

Il suo pugno era andato a vuoto. Anche se...

No, non era così. Non aveva fallito. Anche se quella era stata la sua prima e chiara impressione.

Non sentiva più alcuna minaccia provenire da dietro di lui.

Aveva sventato l'attacco.

“Davvero incredibile.”

Si voltò di nuovo in avanti.

Le copie del suo mestro continuavano a muoversi, a spostarsi e a fondersi tra loro per poi ricrearne di nuove.

“Mi voglio congratulare con te” gli fece. “Sei il primo, che resiste a questa tecnica. Ma nessuno ha la stessa fortuna due volte. Farai meglio a prepararti, perché il mio prossimo colpo andrà a segno.”

Kenshiro emise un sospiro, profondo e prolungato.

“Allora...” disse, “...farò in modo di non impedire che avvenga.”

Abbassò completamente il braccio sinistro, che si trovava in posizione avanzata, fino a portare la mano all'altezza della coscia. Poi, dopo aver arretrato quello opposto insieme a tutto quanto il fianco corrispondente, lo caricò fin dietro la testa, chiudendolo a pugno e tenendolo pronto a colpire.

Un attacco preparato. Premeditato.

Telefonato, sarebbe venuto da dire. Peccato che non era buona nemmeno come battuta.

Non faceva nemmeno ridere, visto cosa e quanto vi fosse in ballo.

Un'autentica idiozia, ecco ciò che stava facendo.

Una mossa assurda. Stava di fatto dichiarando apertamente le proprie intenzioni ad un contendente di cui non era in grado di intuire le mosse. Men che meno di contrastarle.

Un vero e proprio suicidio. O, peggio ancora...una presa in giro.

L'intero esercito di Ryuken spalancò i propri occhi, con fare stupefatto.

“K – kenshiro!” Esclamò. “T – tu...tu stai esponendo volontariamente i tuoi angoli morti!!”

“Si, padre” fu la risposta.

“T – tu...tu ti rendi conto di quello che stai facendo? Sei...sei uscito di senno, forse?!”

“Affatto. Ma mi rendo conto di non essere riuscito a trovare la tecnica di cui parlavate. Non ho idea di che cosa si tratti. So di avervi deluso. Ma voglio ugualmente vincere, nonostante tutto. E se non metto in gioco la mia vita...non potrò riuscirci.”

“...Capisco. Ammiro il tuo coraggio. E anche la tua forza di spirito. Ma mettere in gioco la tua vita non ti basterà. Rinunciarvi non é sufficiente, per sconfiggere il mio colpo. Bisogna andare oltre la vita stessa!!”

“Cosa...cosa volete dire, padre?”

“Basta parlare, figlio mio. Ora ti attaccherò di nuovo. E questa volta non ti lascerò scampo. Non mi sfuggirai.”

“E allora attaccatemi, forza. Io non rinuncio. E non fuggo.”

Gli fece un cenno con le prime due falangi della mano chiusa a pugno, dopo averla girata su sé stessa.

Sono qui che vi aspetto” lo invitò. “Fatevi sotto.”

I duplicati ricominciarono a fluttuare e a slittare sul pavimento, per poi confluire verso un unico e comune obiettivo. Per l'ultima volta.

Decine e decine di mani esplosero in una miriade di colpi.

Il giovane allievo se le sentiva già su di sé. Sul punto di piombargli addosso come le gocce di pioggia di una tempesta di proporzioni a dir poco ciclopiche.

Ma non le stava guardando. Non osava farlo.

Volgere lo sguardo su di esse non avrebbe significato che una sola cosa. Una soltanto.

La morte. Certa ed inevitabile.

Doveva attendere. Resistere e pazientare.

E fu proprio allora che lo sentì. Lo percepì in modo chiaro e limpido, Fin troppo.

Una nuova, pungente scossa.

Di nuovo quel brivido. Questa volta nella zona compresa tra il petto e la sua carotide, entrambi pulsanti.

Fece un rapidissimo mezzo quarto di giro in quella direzione, e...

La vide.

O, meglio...le vide.

Non c'era tempo da perdere. Non c'era davvero più tempo.

Fece partire il suo destro. Di puro impulso. Senza mettersi a sprecare nemmeno mezzo secondo per ragionare e mirare.

Così. Di puro istinto. Che era la sola cosa che gli era rimasta, e su cui poteva fare affidamento.

“ATAH!!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le punte delle quattro dita erano posizionate in verticale e a perpendicolo, rispetto al terreno. Ed erano conficcate in pieno sterno, all'altezza del plesso solare. Ed in corrispondenza di uno degli tsubo più letali.

Il colpo affondato da suo padre lo aveva raggiunto nel torace, immergendosi in esso fino a toccare il punto segreto di pressione collegato al centro vitale in prossimità del cuore.

Non una sola goccia di sangue era stata versata, o ne era scaturita fuori.

E con tutta la probabilità non sembrava aver provato il benché minimo dolore. O forse, più semplicemente...non aveva fatto nemmeno in tempo a sentirlo, o ad aver modo di rendersene conto.

Seguì con gli occhi le quattro lunghe falangi, fino alle loro attaccature. Fino al preciso pu to in cui confluivano nel dorso. E fu allora che si accorse che il suo palmo sinistro vi era poggiato sopra.

Doveva aver eseguito quel movimento basandosi unicamente sui propri riflessi, senza nemmeno guardare. Ed era quasi riuscito a bloccare l'attacco da parte di colui che era suo tutore e maestro.

Soltanto quasi, però. Non del tutto, malauguratamente.

Risalì quindi con la vista lungo tutto il braccio, vino ad incrociare di nuovo il volto del vecchio. Ed i suoi occhi, finalmente.

Li fissò a lungo.

Era...strano. Il monaco appariva visiblmente stupefatto.

A Kenshiro bastò spostare le pupille e mettere a fuoco la parte sinistra del suo volto, appena sopra la candida e folta barba, per rendersi immediatamente conto del motivo di tale smarrimento.

Il suo braccio destro.

Il diretto che aveva sferrato lo aveva sfiorato sulla guancia. Causandogli uno sfregio lungo tutta la guancia, da cui fuorisciva una copiosa stilla color rosso acceso.

Oltre a questo, le immagini illusorie sembravano totalmente scomparse.

“Padre...” gli disse, con un filo di voce.

“K – Kenshiro...” gli rispose Ryuken, visibilmente sconvolto. “T – tu...tu avevi...tu avevi escogitato tutto quanto di puro proposito, non é cosi? Era...era questo che avevi...che avevi in mente sin dall'inizio, dunque?”

“...E'...é esatto, padre. Perdonatemi, se potete. Ma...vi devo correggere. Non ho esposto volutamente i miei angoli morti. Ne ho creato uno solo. Li ho fatti confluire in un unico angolo morto.”

“T – tu...tu lo hai fatto apposta! Ma certo! Come...come ho fatto a non capirlo prima?”

“Ho creato un corridoio, un passaggio obbligato che vi ho costretto a percorrere. Se volevate raggiungermi e colpirmi, potevate passare solo da lì. Ed io...io vi ho atteso al varco. Non sono riuscito ad interpretare adeguatamente i vostri movimenti, e nemmeno ad intuire da quale direzione potessero provenire i vostri colpi. Ma una cosa...una cosa l'ho capita. Nel momento stesso in cui avete attaccato, siete uscito allo scoperto. Per riuscire a portare a segno il colpo decisivo...dovevate per forza esporvi. Non avevate altro modo. Ed io...io ho voluto puntare tutto su quell'unica occasione. Sapevo che non ne avrei avute, di ulteriori.”

“E'...é davvero incredibile” ammise il suo insegnante. “Ti...ti voglio rinnovare i miei complimenti, figliolo. Non solo sei il primo ad essere sopravvissuto alla mia tecnica, ma...ma sei anche l'unico che sia riuscito a restituire un colpo. Non hai potuto intuire le direzioni degli attacchi che ho eseguito mentre ero impegnato con questa mossa, eppure...sei riuscito a scamparla. Nessuno era mai riuscito a ferirmi, mentre utilizzavo il Shichisei Tenshin. Ed inoltre...inoltre lo avevi quasi sventato. Ma...mi dispiace per te. Come ti dicevo prima...non é stato sufficiente. Mi dispiace davvero.”

Già. Era vero, purtroppo. Non era bastato.

La sua mano sinistra aveva deviato l'attacco di pochissimi millimetri, rispetto alla direzione originaria. Giusto quel margine infinitesimale necessario a salvargli la vita. Se non fosse stato per quello, sarebbe morto sul colpo. I suoi organi interni sarebbero finiti in pezzi, causando un'emorragia letale.

Così facendo aveva attenuato gli efffetti. Ma senza riuscire a bloccarli del tutto, però.

Dopo pochi istanti percepì un tenue calore irradiarsi ed espandersi nella gabbia toracica, tra le costole. Il segno inequivocabile che l'energia spirituale del maestro, dalle dita che erano penetrate dentro di lui per alcuni millmetri, si stavano facendo strada dentro al suo corpo, fino a raggiungere il punto segreto di pressione per poi attivarlo.

Cercò di concentrarsi su quella sensazione, su quel'energia che scorreva, in modo da tentare di assoggettarla e controllarla.

Era la cosiddetta tecnica di emergenza, da utilizzare in casi estremi e quando ci si trovava in pericolo di vita. Ma non era detto che funzionasse. Non se l'avversario che stava provando a danneggiare in modo permanente i suoi tsubo era il sommo Ryuken. Oppure uno dei suoi fratelli maggiori. Ma da solo non era certo un buon motivo per desistere.

Dopotutto...cosa gli era rimasto da fare?

Cosa aveva da perdere?

Mai abbandonare. Mai arrendersi. Neanche lui conosceva la ritirata.

Cerco di connettere quella corrente impetuosa che sentiva dentro di sé alla propria, di entrarci in sintonia. Cercò di sintonizzarsi sulla stessa frequenza di vibrazione, e di ridurre l'impetuoso fiume che era in procinto di travolgere ogni cosa ad un semplice affluente, un pigro rigagnolo.

Voleva, doveva deviarlo, controllarlo. Cercando di interferire il meno possibile, perché era un'operazione la cui delicatezza e fragilità equivaleva a quelle impiegate di norma per disinnescare un ordigno ad orologeria.

Aveva una bomba, dentro. In procinto di esplodere da un momento. E in casi come quello...bisogna saper scegliere e tagliare i fili corretti.

Intervenire direttamente sul flusso significa farlo scatenare seduta stante. Con tutte le tragiche conseguenze del caso.

Lo seguì con la mente, cercando di farlo passare senza permettergli di stazionare in un punto ben preciso. E prestando attenzione anche al dolore che iniziava a far capolino e che iniziava ad aumenteare di più, sempre di più, altrimenti non sarebbe riuscito a sopportarlo.

Doveva portare il tutto verso il punto di fuga. Lo stesso usato dalle onde elettromagnetiche per fuoriuscire dall'organismo dopo essersi immesse dal lato destro, seguendo l'asse di inclinazione e rotazione terrestre del globo terracqueo, ed averlo attraversato per intero.

Non vi riuscì, purtroppo. E se ne rese conto con estremo rammarico. L'energia del suo maestro era troppo potente perché potesse riuscire a neutralizzarla.

Un velo nero e pesante gli cadde sulle palpebre mentre sentiva le gambe farsi molli per poi diventare subito di dopo della consistenza del piombo solido, insieme al resto delle membra.

Non ce la faceva più a reggersi in piedi.

“P...padre...” mormorò.

Fu la sua ultima parola. Stramazzò a terra disteso, senza emettere più un solo suono o lamento.

Aveva perso i sensi. Ma farlo nel bel mezzo del combattimento equivaleva ad una condanna capitale. Senza la benché minima possibilità di appello.

Nonostante fosse rimasto privo di conoscenza, Ryuken riprese a discorrere.

“Il nostro é un combattimento all'ultimo sangue” specificò, con un sospiro. “E quindi solo la morte lo concluderà. Lo stabilisce il codice. Un duello come il nostro deve per forza terminare con la dipartita di uno dei due contendenti. Chi muore ha perso, Kenshiro. Perciò...ora ti attaccherò di nuovo. Il fatto che tu sia svenuto non ha alcuna rilevanza.”

“Spero...prego che tu sia riuscito a sentirmi ugualmente.” concluse.

Prese a scindersi e a sdoppiarsi di nuovo. E quetsa volta i suoi replicanti, veri o fittizi che fossero, puntarono tutti quanti decisi verso il corpo esanime del ragazzo senza alcuna esitazione, nenabche minima.

Non c'era più nulla, a trattenerlo o bloccarlo.

Le sue molteplici mani gli calarono sopra come quelle di un guaritore o di un taumaturgo in procinto di effettuare un'imposizione di stampo miracoloso. O quelle di un sacerdote sul punto di rivolgere l'estrema unzione.

Ma non vi era nulla di munifico o benefico, in ciò che stavano e che stava facendo il suo legittimo proprietario. E nemmeno di magnanimo.

Stavano per dare il colpo di grazia. Il colpo decisivo ad una persona inerme.

Nessuna pietà. E' la legge.

Da sempre. E ciò che stava accadendo non costituiva certo un'eccezione. Non poteva costituirla.

Nemmeno quello. Anzi...a maggior ragione quello.

Quel che andava fatto doveva essere fatto.

Fino in fondo.

Fino alla fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va? Spero bene.

La fase di Lock – Down si é ammorbidita un poco, anche se sia la regione che la città dove vivo io rimangono sorvegliate speciali.

Rispettivamente Lombardia e Milano, nella fattispecie.

Sembra che il peggio sia passato. Poteva essere gestita meglio? Sicuramente, a parer mio.

Adesso molto dipende da noi. Ma le avvisaglie sono tutt'altro che buone.

E poi abbiamo il coraggio di fare la morale ai paesi del Nord Europa, che ci criticano.

E fanno bene, gente. Dovremmo solo chiuderci la bocca, quando parliamo di loro.

Perché non ne siamo degni, ecco la verità.

Amo il mio paese, ma ritengo che molti di noi lo vedono come unica realtà possibile,

Danno per scontato che sia così in tutto il resto del mondo.

Quando tutto sarà finito...provate a fari un giro in Belgio, in Olanda, in Danimarca o in Svezia, se potete.

Basta poco. Il biglietto di un treno.

E rendetevi conto di cosa significa vivere in un paese che é anni luce davanti al nostro. Dove tutto funziona e arriva in orario, si rispetta l'ambiente e le città in cui si vive ma soprattutto la propria nazione, e i cittadini seguono le regole senza lamentarsi o trovare scappatoie per aggirarle.

E' tanto difficile seguire le regole? Pare di si. Almeno per noi.

Ma non dispero. Un giorno ci riusciremo a rendere questo paese vivibile.

Siamo un grande popolo. Lo dimostra il fatto che siamo ancora qui, e abbiamo resistito a tutto.

Anche se stavolta é dura. Si prospetta una crisi senza precedenti, che metterà in ginocchio migliaia di persone.

Ma ce la faremo.

Però...ricordiamoci che non si può passare la vita intera a resistere e basta.

Bisogna anche VIVERE, prima o poi. Bisogna imparare a farlo.

Ora veniamo all'episodio.

Qui avviene finalmente il combattimento che forse tutti noi avremmo voluto vedere, almeno una volta. Ma che per ovvie ragioni non si é mai svolto.

Kenshiro vs Ryuken.

Ovviamente, la cosa mi ha gasato all'inverosimile e mi sono scatenato.

Ed é stato davvero emozionante, lasciate che ve lo dica.

I combattimenti sono il mio pane. Scriverei solo di questo!!

Mi esaltano, queste cose. E se avete letto la mia storia su Joe, ve ne sarete senz'altro accorti.

Qui ho riprovato le medesime sensazioni.

E cioé di trovarmi in prima fila ad assistere a un duello sensazionale, di cui avevo l'onore di fare la telecronaca.

Ho anche cercato di fornire una spiegazione scientifica del funzionamento degli Tsubo, almeno secondo l'ottica della Divina Arte di Hokuto.

Mi sono basato sul Dim Mak e sul Qin – na, le discipline cinesi che sfruttavano i punti vitali del contendente per effetuare colpi micidiali e dagli effetti letali.

Ed infine ci ho aggiunto un pizzico di farina del mio sacco.

Spero vi piaccia, insomma. Ma ancora non é finita, sappiatelo!

Come farà Kenshiro a salvarsi?

Da come la vedo io...esiste un solo modo. Immagino sappiate già quale.

Veniamo ora al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Kuumo no Juuza, vento di luce e Innominetuo per le recensioni all'ultimo capitolo.

Ed un grazie ed un bentornato anche a Devilangel476 per la recensione, oltre che del quarto, anche dell'episodio precedente.

Bene, credo sia tutto.

Un grazie ancora a tutti e alla prossima!!

 

See ya!!

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

   
 
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