Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    27/05/2020    4 recensioni
Laurent Reve Grandier Jarjayes arriva in Normandia una sera di giugno.Dovrebbe fermarsi un paio di mesi, ma finirà per viverci.Devastato dal dolore, inizia a scrivere un diario, testimone di un viaggio fatto di ricordi, pensieri, sogni; vi riporterà i suoi pensieri, i suoi sogni, i ricordi e piccoli segreti -che non conosceva e man mano scopre- che lo aiuteranno a ricostruire la storia della sua famiglia ed a crescere, arrivando oltre a ciò che aveva immaginato.
NB I disegni sono realizzati da me con tecnica mista, acquarello , matita, china
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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Rouen, 9 luglio 1816.

 

 

Siamo arrivati ieri, in tarda serata, ma ero troppo stanco per prendere penna e calamaio; il viaggio in diligenza, nonostante una breve pausa per pranzare, mi ha rotto un po' le ossa (e ho appena 22 anni,immagino Girodelle). Nonostante tutto, e mi riferisco anche a Victoria, il viaggio non è andato male, e ci siamo adeguati alle circostanze limitando le nostre interazioni a discorsi vaghi e generali.

Il signor Dubois ci ha personalmente atteso, davanti a casa, e ci ha subito fatto sentire a nostro agio; la casa si trova nel centro di Rouen, non è grandissima ma davvero bella: appartiene alla sua famiglia da qualche secolo e quando lui non ci sarà verrà sicuramente lasciata ai figli, sempre che decidano ti ritornare in Francia (uno è nel nuovo mondo, l' altro in Inghilterra).

Sarà lui ad aiutarmi in questi primi passi, compreso il fatto di regolarizzare la mia posizione di cittadino straniero, anche se sono nato qui.

Visto che ho deciso di restare, non mi servirà molto, ma dovrò comunuque mettere a posto molte cose. Mi ha detto che il viaggio a Parigi, di fatto, non sarà necessario ma io e François ci andremo comunque.

Tra un po' la colazione sarà pronta, devo sbrigare a vestirmi, e svegliare quel poltrone di François, che se potesse dormirebbe tutto il giorno. Oggi ci aspetta una giornata di svago, a dire la verità; per le altre questioni, avremo a disposizione comunque molto tempo.

 

 

 

 

Quando Reve ed il cugino arrivarono nella sala da pranzo, erano già tutti presenti, tranne Victoria che si scusava per un gran mal di testa che non le permetteva nemmeno di uscire dal letto. Reve sapeva che non era una bugia, perchè conosceva bene queste sue emicranie, ma il dubbio che non avesse voglia di vederlo o che non volesse ancora trovarsi in imbarazzo, comunque, gli venne.

Passati i soliti convenevoli, la compagnia si preparò per una buona colazione: sarebbero stati fuori tutto il giorno, serviva parecchia energia.

François era elettrizzato; per quanto si adattasse – e gli piacesse – la vita di campagna, aveva una mente curiosa, perennemente in movimento, era curioso, voleva conoscere il mondo. Nei suoi occhi verdi vi era un fuoco, sempre acceso...Ecco perchè lui e Reve, per quel poco che si erano frequentati, erano sempre andati d' accordo: anche Oscar e Andrè la pensavano così, fin da quando li osservavano, da piccoli....

 

Normandia, quasi venti anni prima.

Ci daranno dei grattacapi, quei due” disse Andrè alla sua Oscar, accarezzandole il grembo e indicando Reve e François che giocavano sulla spiaggia.

L' ho notato anche io: hanno entrambi un bel carattere...François lo sa tenere sotto controllo, Reve, non tanto....è impulsivo, incostante a volte, cambia umore spesso...”rispose Oscar osservando il figlio.

chissà da chi ha preso” rispose Andrè, ridendo forte.

Perchè ridi,papà?” chiese il figlio, con la sua vocina infantile

Sono felice, Laurent, ecco perchè rido” rispose lui, alzandosi in piedi ed andando verso il figlio per prenderlo in braccio “sono felice di avere un figlio come te, ecco tutto !!!”

 

Oscar osservò quel quadretto, speranzosa che il futuro potesse portare, d' ora in poi, solo che cose belle.

 

 

“E' tutto di vostro gradimento?” chiese Dubois, finendo di bere la sua tisana, a capotavola.

“Si,signore. Grazie ancora per la sua ospitalità e per l' aiuto che saprà darci” disse Reve, con un sorriso.

“Bene. Spero vi siate nutriti a dovere, perchè oggi credo vi porterò a spasso per qualche ora...sempre che Girodelle se la senta” disse Dubois, osservando

l' amico.

“ci proverò , amico mio; potremo sempre servirci di qualche carrozza, nel caso, ma non vedo l' ora di fare due passi con voi” risposte.

Girodelle , nonostante tutto, sembrava in forma: forse, il fatto di trovarsi in Francia e tornare nei vecchi luoghi conosciuti, lo stava curando più di qualsiasi altro tonico contro il mal di schiena.

Fu così che la combriccola partì per quella giornata di svago, libera, dove i ragazzi poterono osservare le bellezze del luogo, compresa Notre Dame, la cattedrale , che un famoso pittore avrebbe ritratto più volte, verso la fine di quel secolo..

Erano estasiati, si fermarono un bel po' ad osservarla, con François che fungeva da cicerone e spiegava ai presenti – e anche a qualche cittadino curioso- le varie tecniche di costruzione adoperate .

“non smetti mai di stupirmi” disse Reve al cugino, quando finita la “lezione” ripresero a passeggiare, questa volta alla ricerca di refrigerio e di una taverna dove bere qualcosa. Dubois e Girodelle camminavano dinnanzi a loro, probabilmente intenti a ricordare i vecchi tempi, e parevano sereni.

“Perchè mai? Mi reputi un villano ignorante?” chiese François, sarcastico.

“certo che no...ma che dici? Intendo che dovresti prenderti un po' più sul serio, a volte” rispose Reve.

François lo fissò, poi scoppiò a ridere. “ah, amico, cugino, fratello...io sono fatto così, e sono felice: non mi cruccio delle cose, mi faccio gli affari miei, studio i miei libri...dovresti fare così anche tu: ti prendi troppo sul serio” rispose.

Reve rimase basito ma si, in fondo lui aveva ragione, forse avrebbe dovuto godersi un po' più la vita.

“...Dici? Forse hai ragione....ma a parte ciò, che dici di farci una bevuta? Ho la gola completamente arsa, questo tempo mi manda alla follia, un giorno fa caldo,uno freddo, stamattina faceva fresco e ora....”

“va bene, Reve, non c'è bisogno di tutto sto giro di parole per dirmi che vuoi berti uno, due tre o forse quattro calici di vino” disse François.

“allora è deciso... fammi dire a Girodelle ed al nostro ospite che ci fermiamo qui....Florian! Monsieur Dubois! Noi vorremmo fermarci qui, alla ricerca di una taverna o una locanda dove bere qualcosa: vi unite a noi? “ disse Reve

Gli uomini si girarono all' unisono, e declinarono l' invito: avrebbero proseguito ancora per qualche tempo, poi sarebbero tornati a casa in carrozza.

Si accordarono quindi che i due giovani non andassero persi, e quindi ognuno proseguì per la sua strada.

François e Reve camminarono ancora un bel po', sempre con il naso per aria, finchè non trovarono un posto di loro gradimento, ed entrarono.

“Finalmente” disse Reve, sedendosi al tavolo della taverna “ non sono più abitutato a camminare così tanto” disse stendendo le gambe sotto il tavolo e lamentandosi di avere sbagliato calzatura.

“...sembri mio padre!!! “ disse François leggendo su un pezzo di carta scritto a mano il menu “ dunque, che cosa ci facciamo portare?” chiese l' amico, notando che l' oste si stava avvicinando. Era quasi ora di pranzo: quindi, decisero di mangiare e si fecero portare sidro, moules frites, altri frutti di mare, e per finire del sidro e del vino.

“finiremo per scoppiare” disse Reve quando l' oste si allontanò con la comanda.

“si , ma saremo felici” rispose François-

 

Nel frattempo, si guardarono intorno; la taverna era piena di gente, di qualsiasi estrazione sociale, anche se la gran parte dei presenti era costituita da borghesi o comunque classi medio alte.

“cosa stai pensando?”chiese François seguendo con lo sguardo Reve.

“ nulla, stavo osservando in giro” .

François rimase in silenzio, giocherellando con il bicchiere ormai vuoto di sidro; conosceva il cugino, e sapeva che nella sua testa stavano passando un pò di cose.

“ Credi che sia giusto così?” chiese Reve, indicando i tavoli intorno ai loro.

“così come? A cosa ti riferisci?” chiese François.

“guardati in giro...ci sono solo che uomini e donne di un certo tipo, non vedo gente comune....”

“ancora non capisco dove vuoi andare a parare,Reve : cosa intendi?”

“voglio dire che, anche se ora insieme al Re c'è una costituzione che dovrebbe regolare le cose, in realtà non è cambiato nulla. I poveri e le classi meno abbienti sono sempre fuori da qualsiasi contesto.... la rivoluzione cosa è stata servita, se non si è imparata davvero la lezione? Eh si che sono stati spesi testi e testi, sull' argomento....” rispose, infervorato.

“Reve, abbassa la voce...non vorrei passare dei guai” disse François capendo benissimo le parole dell' amico; nel frattempo l' oste arrivò con i piatti, ed i due iniziarono a mangiare, di gusto.

“Capisco cosa intendi, ora, e sono d' accordo con te, anche se tu hai proprio sta fissa, della Rivoluzione...” disse poi ad un tratto François, mentre ingurgitava dei frutti di mare.

“Una fissa?” disse Reve, alterato, picchiando il pugno sul tavolo e trattendendo a stento la rabbia-

“Si, hai capito bene: una fissa. Non puoi, in ogni cosa che fai e che trovi, metterti a questionare...ci sono modi e tempi per farlo: ascoltami bene, cerchiamo di non passare dei guai. Ti ho chiesto solo questo. Stai calmo” . François disse le cose in modo pacato, e fissava Reve negli occhi, per riportarlo alla ragione. Sapeva di avere sbagliato a dire così, e si scusò, anche se la reazione del cugino gli diede da pensare; ma visto la crisi che lo aveva colto qualche settimana prima, non diede peso al tutto.

I due uomini continuarono il loro desinare più o meno tranquillamente, grazie al sidro ed al vino: quindi, pagarono il conto ed uscirono dal locale, per riprendere il loro cammino e forse anche la loro discussione, se non fosse per

una voce interruppe il loro proseguire.

“scusate, signori” disse qualcuno alle loro spalle “ ehi, dico a voi, una parola, per favore”

I due si girarono, e si trovarono davanti un uomo, ben vestito, dall' aspetto nobile e ricercato. Aveva un accento inglese, ma parlava comunque un francese impeccabile. Gli occhi erano azzurri come uno dei laghi alpini che Reve aveva visitato, ed i capelli erano un biondo chiaro, ma non troppo. Si, era decisamente straniero.

“mi chiamo Alexander Carter Shaw, sono un cittadino inglese di origine svedese. Vi chiedo perdono per avervi disturbato. Ero seduto ad un tavolo di distanza dal vostro, con altri due uomini, ed ho ascoltato la vostra conversazione. “ disse, d' un fiato. Reve inizò a sudare freddo: che il cugino avesse ragione? Si erano appena messi nei guai?

L' uomo probabilmente vide i due sbiancare in volto, quindi fece cenno di spostari a lato della strada, distanti dalla gente di passaggio.

“non preoccupatevi:non voglio farvi del male. Vi ho sentito parlare di una argomento che sta a cuore anche a me, più di quanto pensiate...inoltre il vostro viso non mi è nuovo” disse indicando Reve

“mi dispiace, signore, ma io credo proprio di non conoscervi” rispose lui, sempre più stupito della piega che stavano prendendo gli eventi “ non so davvero come aiutarvi”.

“Chiedo scusa, forse mi sono sbagliato: in ogni caso, volevo avvisarvi di stare attenti, perchè danno la caccia a chi come noi vorrebbe un mondo nuovo” disse.

Reve e François si guardarono in viso l' un l' altro. “in realtà Monsieur Carter Shaw noi non siamo nessuno, le mie erano considerazioni fatte d' impeto...”disse Reve.

Quello strano uomo li osservò ancora un attimo, poi li salutò e girò sui tacchi, scusandosi ancora per l' accaduto.

 

 

 

***

 

 

 

“Oggi, in una taverna, un uomo ci ha fermati. Ha detto di chiamarsi Alexander Carter Shaw e di essere cittadino inglese di origine svedese. Ha ascoltato alcune nostre conversazioni, e quando siamo usciti, ci ha seguiti” disse Reve,mentre beveva del cognac insieme a Girodelle, nel salottino di casa Dubois. Victoria era seduta insieme a loro. La cena era già stata servita e i presenti si erano trovati un attimo per fare un pò conversazione sulla giornata passata.

Girodelle, sorpreso, fissò i suoi occhi dentro quelli del ragazzo.

“E cosa voleva? Vi ha minacciati?” chiese, preoccupato.

“no, assolutamente!” disse François.

“infatti...è stato molto gentile, si è presentato dicendo che aveva ascoltato la nostra conversazione e probabilmente ci ha preso per altre persone....” disse Reve.

“scusami, ma di cosa stavate parlano?” chiese Girodelle, sempre più stupito e curioso. Anche Monsieur Dubois aveva le orecchie ben tese.

“stavo facendo alcune considerazioni insieme a François, riguardo al fatto che in quella locanda vedevo solo persone abbienti, e che certi privilegi ancora non vengono concessi a chi possiede poco o nulla...e ho accennato alla Rivoluzione” disse Reve, posando il bicchiere sul tavolo ed andando verso il caminetto. Rimase quindi li, fermo, ad aspettare una qualsiasi reazione.

Girodelle, cambiò colore in viso.

“Reve, devi stare molto attento, santo cielo!!! “disse, alzando la voce.

Reve rimase sconvolto da quella reazione. Anche Victoria , a giudicare dai suoi occhi sgranati.

“Perdonami, Florian...” disse il ragazzo, a testa bassa e sorpreso dalla reazione del vecchio.

 

“signori, vi pregherei di lasciami solo con Reve....no, tu resta pure, Marcel” disse ai presenti e a Dubois, già sulla porta per andre con gli altri in salone.

 

I tre restarono in silenzio un bel pò.

 

“Reve, ora siediti: dobbiamo parlare” disse infine Girodelle. Prese ancora un sorso di cognac. Reve si mise a sedere, proprio di fronte a loro, pronto ad ascoltare.

 

“Tua madre e tuo padre ci hanno, di fatto, chiesto di farti da tutori, e questo – almeno per quanto riguarda me – credo che tu già lo sapessi. Cerca di capire la nostra preoccupazione. Hai l' indole e il carattere di un purosangue, come lo era tua madre, e l' ardore e la tenacia di tuo padre; hai passato un brutto periodo e posso comprendere le tue reazioni ed i tuoi pensieri, affanciandoti e prendendo consapevolezza di te, delle cose, della tua famiglia.

Reve, ti ho visto crescere, non voglio che tu corra pericoli. Per quale motivo credi che non abbiano aspettato a parlarti così tanto della Rivoluzione? Perchè avevano dei segreti personali da nascondere? Probabilmente si, e va bene così; ma sappi, che hanno sempre tergiversato perchè ti conoscevano. Sapevano che avresti preso le cose di petto, e ti hanno protetto. Sei sangue del loro sangue. Tu non c'eri sulle barricate, o davanti alla Bastiglia, quando li hanno quasi uccisi e tuo padre , disperato, ha tenuto tra le braccia tua madre morente sperando che si salvasse – come per fortuna è accaduto- ; non c'eri a vedere cosa è successo dopo, le persone che scomparivano solo perchè volevano dire la propria opinione, o il vagare da un posto all' altro per non esser scoperti. Io, Dubois, Bernard, Alain e molti altri abbiamo salvato parecchie di queste persone, rischiando la propria vita “ disse Girodelle, con le lacrime agli occhi “ Reve, porta pazienza, e cerca davvero di ascoltare le parole sconnesse e istintive di un vecchio. Andrè e Oscar hanno fatto questo per non farti passare quello che hanno passato loro... lo hanno fatto per amore, solo per amore ...”

Reve ascoltava in silenzio, con le lacrime agli occhi. Non disse nulla, perchè la sua mente tornava a Nyon, alla serenità di quei giorni fatta di passeggiate, di cene, di corse a cavallo, di duelli con la spada, di letture, e di amore.

Non sapeva cosa dire, perchè aveva molte cose in testa, oltre a questi ricordi.

Tergiversò per un attimo cercando le parole adatte, e dopo un attimo si alzò, iniziando a fare avanti e indietro per il salottino, con le mani dietro la schiena.

“io vi ringrazio... queste parole sono molto importanti per me, perchè vanno ad unirsi a tutti i vari tasselli dispersi qui e là nel mio animo e nel mio cuore, costruendo la mia identità. Mi scuso se con il mio comportamento vi ho fatto preoccuapare, e vi sono grato, dal profondo del cuore, di avermi parlato così francamente. Rispetto le volontà di mio padre e mia madre, che mi hanno cresciuto tenendomi lontano dai pericoli e dalle sofferenze....ma..sono un uomo, ora. Lasciate che faccia le mie esperienze...lasciatemi libero di farle” disse, d' un fiato, mentre le lacrime rigavano il suo volto.

 

“sapevo che sarebbe arrivato questo momento e conoscevo il rischio delle mie parole “disse Girodelle, chinando il capo. “ ma va bene così.

“abbiamo ritenuto opportuno parlartene... ora che sai, valuta tu come vuoi vivere...noi non possiamo impedirtelo” disse infine Dubois. “ora hai un quadro della situazione, ma prima che tu decida cosa fare della tua vita, devi renderti conto che la Francia sta vivendo un momento particolare...ci sono persone come noi, per così dire liberali, che vorrebbero cambiare le cose, e non sono viste di buon occhio.”

“io non so di cosa voi stiate parlando, monsieur Dubois, ma state sicuro che non mi metterò nei guai. Voglio solo visitare la Francia, andare a Parigi, vivere fino in fondo la storia della mia famiglia.... Ora scusatemi, andrei a riposare....” rispose, uscendo dalla porta. Non era stato molto cortese e se ne rendeva conto, ma aveva fretta di raggiungere una persona.

 

Girodelle e Dubois si guardarono.

“noi il nostro compito lo abbiamo sempre fatto, rispettando le volontà di Oscar e di Andrè; non possiamo però metterci contro il destino, e se Reve vuole questo, è giusto che sia così” disse Dubois.

“gia “ rispose Girodelle “non possiamo metterci contro il destino, soprattutto quello delle Rose”

Piano piano si alzò, e , accompagnato dall' amico, tornò in salone con gli altri.

 

Reve non andò a dormire, ma con una scusa qualsiasi, uscì e cercò di raggiungere la taverna dove qualche ora prima, aveva incontrato quell' uomo. Prese una carrozza, ed in poco tempo raggiuse il luogo; vi era un gran viavai di gente, ma non riusciva a scorgere Alexander. Aveva voluto andarci solo, senza dire niente nemmeno a François, perchè era una questione sua.

Passeggiò per circa mezz'ora per la piazzetta antistante il locale, poi finalmente lo vide, e questa volta fu lui a fermarlo.

“Monsieru Shaw” chiamò, prima sottovoce e poi più forte.

“Si?” disse l' uomo, voltandosi

“Mi chiamo Reve Grandier, ci siamo incontrati oggi. Ho una curiosità, perdonatemi” disse. Alexander si avvicinò, guardandosi intorno

“ditemi pure...”rispose l'uomo.

“mi avete detto, oggi, che vi pareva di avermi visto da qualche parte, in un quadro, forse. “

“si, è così” rispose l' uomo, rilassandosi “ assomigliate molto ad una persona ritratta in quadro che si trova nella casa di famiglia. A dire la verità, è proprio identico a voi. Questa cosa mi ha incuriosito parecchio...”

“ vi ricordate se vi era un nome, un riferimento? Per mera curiosità, nulla di chè” rispose Reve, sorridendo cercando di mettere Alexander a suo agio.

“Si, ricordo qualcosa. Mio zio teneva molto a quel quadro, ritraeva un suo caro amico, che non ha più rivisto. So che voleva mandargliero, ma poi tornò partì, girovagò un po' e tornò in Svezia, cosicchè il quadro rimase a casa nostra. “ rispose Alexander.

Reve era curioso, a questo punto.

“Che strana storia” disse “ non vi ricordate niente altro?

“si, il nome che vi era sul ritratto. Andrè Grandier” rispose Alexander, fissandolo negli occhi, serio.

Reve gelò.

“Come si chiamava, Vostro zio?” chiese con un filo di voce

“Fersen. Era il conte Hans Axel di Fersen”.

 

 

 

   
 
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