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Autore: _miky_    27/05/2020    8 recensioni
Sequel di “Ci sei stata sempre e solo tu”.
Sana e Akito dopo non poche difficoltà sono finalmente riusciti a dichiararsi e a trovare il loro giusto equilibrio.
Ma come in tutte le relazioni dovranno affrontare nuove sfide, nuove gelosie e nuovi problemi.
Riusciranno a rimanere uniti e a superare gli ostacoli che il futuro gli riserverà?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Nuovo Personaggio, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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CAPITOLO 49 ● SANA E AKITO
 

In che momento si accorse di non amarlo più?
A pensarci bene vi erano state numerose occasioni eppure lei non se ne era mai resa veramente conto, o forse era solo una banale scusa che continuava a ripetersi per alleggerirsi la coscienza.
Si sentiva terribilmente in colpa perché sapeva che era lei la causa della sua sofferenza.
Tornata dalla Grecia si era rifugiata nella quotidianità, mostrando ad Akito il suo migliore sorriso. Erano andati a convivere in quella casa che lui aveva comprato per loro, e fu proprio quella novità a tenerla impegnata. Ciò la rendeva euforica e il problema era proprio questa sensazione di ottimismo. Non era legata alla sua insolita positività caratteriale ma utilizzava questo sentimento per liberare un suo stato di ribellione. Si sentiva prigioniera della sua stessa vita e si buttò a capofitto nel mondo del lavoro, accettando di registrare parecchi spot pubblicitari oltre ai soliti servizi fotografici. Le sue giornate erano sempre così colme di impegni che rientrava a casa sfinita, dando poi la colpa alla stanchezza dei suoi continui sbalzi di umore.
Era sempre stata una frana in fatto di relazioni ma doveva ammettere che una cosa con gli anni l’aveva capita: la comunicazione era alla base di ogni rapporto. In passato era riuscita sempre a confidargli i suoi più intimi pensieri ma stavolta qualcosa era cambiato, o per lo meno, lei si sentiva diversa. Mille pensieri contraddittori sfrecciavano nella sua testa ma non riusciva a metterne a fuoco nemmeno uno. Avrebbe potuto inventarsi la classica scusa legata alla nuova esperienza che stavano vivendo come “la convivenza è impegnativa”, ma anche un estraneo avrebbe intuito che la causa di questo malessere dipendeva da lei. Aveva sempre avuto il brutto vizio di scappare dai suoi problemi ma stavolta inaspettatamente agì differentemente. Si accomodò come spettatrice della sua stessa vita, troppo codarda per prendere una decisione che avrebbe certamente cambiato la sua vita e quella di Akito.
Quando si trovava insieme ad Hayama cercava di essere la Sana di sempre, non voleva in alcun modo mostrargli questo suo lato perché non sarebbe stata pronta a sostenere una discussione. Inoltre era a conoscenza delle preoccupazioni che nutriva Akito.
Fuka le aveva confidato che una sera aveva ricevuto inaspettatamente una telefonata da parte di lui che le chiedeva se fosse accaduto qualcosa in Grecia. Cogliendola impreparata aveva cercato di inventarsi una scusa plausibile che potesse spiegare in qualche modo l’ambiguo comportamento della sua amica. Si era sentita una merda a mentirgli ma non aveva intenzione di prendersi la responsabilità di sganciare una notizia-bomba di quel genere. Perciò aveva provato più volte a far ragionare Sana, insistendo sul fatto che doveva trovare il coraggio di spiegargli quei sentimenti contrastati che l’avevano allontanata da lui.
Fuka era sicura che un confronto fosse la soluzione per risolvere una volta per tutte la questione Marco. D’altra parte Sana era contraria a tutto ciò, non aveva la minima intenzione di sollevare alcun problema, era convinta che sarebbe riuscita ad uscirne da sola. Inoltre era stufa di esser trattata come una bambina perché da quando aveva conosciuto Marco si sentiva giudicata da tutti.
Le settimane trascorrevano e Marco le mancava ogni giorno, dalla sua partenza si erano sentiti di rado. Da quel lontano saluto in aeroporto aveva come percepito un distacco, e secondo lei non era dovuto al fuso orario o agli impegni di lui. Ciò la rendeva ancora più triste e nervosa, decidendo così di sospendere l’università.
Aveva lasciato un inspiegabile vuoto dentro di lei e incurante di una possibile reazione da parte di Akito, decise di indossare il braccialetto che le aveva regalato l’amico lo scorso natale per sentirlo in qualche modo vicino.
Perché non aveva il coraggio di affrontare la situazione?
Perché solo dopo che Marco aveva deciso di realizzare i propri sogni aveva capito di provare un forte sentimento nei suoi confronti?
In una calda domenica di luglio si trovava sdraiata sul letto a sfogliare distrattamente una rivista quando vide Akito uscire nudo dal bagno. Si soffermò a osservarlo a lungo mentre lui avanzava con disinvoltura verso l’armadio con ancora i capelli umidi. Nonostante lo avesse già visto più volte così si sentì arrossire e, avvertendo il suo sguardo, Akito sfilò i boxer appena indossati per dirigersi con passo sicuro da Sana. Facendosi leva con le braccia si distese sopra di lei, dandole un delicato bacio all’angolo delle labbra. I loro occhi si incrociarono per un momento poi Akito azzerò nuovamente la distanza baciandola con maggiore trasporto. Le sue mani accarezzavano i suoi esili fianchi che di riflesso premevano decisi contro il corpo nudo di lui. Si tolse i pantaloncini insieme agli slip, ritrovandosi  sopra ad Akito che ne approfittò per levarle il top così da baciarle i piccoli seni.
Malgrado avesse spesso mille pensieri doveva ammettere che le piaceva far l’amore con Akito, si sentiva desiderata come donna ma allo stesso tempo amata. Non sapeva spiegare esattamente il motivo, forse era determinato dal fatto che in quei momenti emanava una sorta di sicurezza e dominanza che secondo lei mancava nella loro vita di coppia. È vero, in passato si era impegnato nel conquistarla però era proprio in quelle situazioni di crisi che avrebbe voluto avvertire la sua presenza costante.
Perché non reagiva? Perché l’aveva sempre lasciata andare?
Quando sentì nascere in lei un calore lungo il corpo dato dal movimento ritmico e deciso, Akito si sollevò per darle un lungo bacio. Poi uscì da lei, la voltò e la penetrò nuovamente. Lo sentì irrigidirsi mentre spingendo con maggior intensità raggiungevano insieme l’apice del piacere.
Si sdraiarono con il respiro affannato l’uno accanto all’altra, intrecciò la sua mano in quella di Sana baciandole poi il polso.
Non avrebbe mai potuto scordare lo sguardo rilassato e sereno cambiare in un attimo. Il colore ambrato dei suoi occhi erano in netto contrasto con ciò che trasmettevano,  freddi e delusi. I lineamenti sul suo volto erano contratti e il tono della sua voce nel chiederle “Perciò è questo il problema?” risultava adirato e spazientito.
“Come? No-Non capisco…”
Era successo tutto così velocemente che si rese conto di cosa stava accadendo solamente quando lui le sollevò bruscamente il braccio nel quale vi era il bracciale di Marco.
“Basta, non fare l’ingenua con me Kurata!”
“Da quando devo chiederti il permesso su ciò che posso indossare?!” ribatté scrollandosi dalla sua presa.
“Pensi davvero che sia così cretino?” urlò scrutandola “Ti sei innamorata di lui?”.
Rimase spiazzata da quella improvvisa domanda così diretta ma che probabilmente si era insediata nella sua mente da parecchio tempo.
Non sapendo cosa rispondergli si voltò per potersi rivestire. Lui rimase in silenzio, sapeva però che era in attesa di una sua risposta. Sentiva il suo sguardo trafiggerla, così farfugliò “Come ti salta in mente di farmi una domanda del genere?”.
Akito non rispose e Sana vide nettamente i suoi nervi fremere mentre si rivestiva in silenzio. Sussultò nel sentire sbattere violentemente la porta della camera, poco dopo in casa regnò l’assoluto silenzio. Se ne era andato.
In che momento si accorse di non amarlo più?
Quando invece di preoccuparsi di perdere la persona con cui aveva deciso di costruirsi una vita, aveva paura di perdere il ragazzo che in quel preciso momento si trovava in un altro continente.
I giorni seguenti furono strani, era come se la situazione si fosse in qualche modo ribaltata.
Quando si ritrovavano nella stessa stanza lo osservava spesso, non lo aveva mai visto così furente.
Si muoveva in modo meccanico e intuì che molto probabilmente la sua mente continuava a rimuginare su parecchie questioni. Aveva più volte provato ad instaurare una qualsiasi conversazione per cercare di comprendere cosa potesse pensare, ma lui non le permetteva di avvicinarsi. La ignorava e ciò la intristì ulteriormente.
Non sapeva come rimediare al casino che aveva combinato così decise semplicemente di prendersi una giornata di ferie. Sistemò casa, si truccò e indossò uno degli abiti che più volte aveva avuto il piacere di sfilarle. Infine ordinò il suo piatto preferito.
Sospirò a fondo nel sentirlo rientrare, avrebbero parlato e chiarito la situazione ne era certa fino a quando non vide la figura sorpresa di Akito all’ingresso del soggiorno. Non appena incrociò il suo sguardo spento, Sana comprese che la serata sarebbe andata diversamente da come se l’era immaginata.
“Stavolta no…” sussurrò lui “Ho riflettuto a fondo e così non può funzionare”.
“No Hayama…” cercò di ribattere Sana “Che dici… Non dire così”, ma Akito la interruppe subito “Io non ce la faccio più a continuare così…”.
“È passata una settimana e nonostante tu abbia cercato di parlarmi, non hai minimamente voluto affrontare il problema. Perciò dimmelo tu cosa dovrei pensare?! Credo di averti lasciato il tuo spazio perché so quanto una convivenza possa risultare difficile all’inizio. Sei un vulcano di energia e non mi sono opposto quando hai deciso di voler dedicare più tempo al tuo lavoro perché so bene quanto ti renda felice la tua indipendenza! Però ora ho capito che il problema è tutt’altro.”
“Scusami…” affermò Sana mentre gli occhi le si inumidivano “Akito io non volevo ferirti…”.
A poco a poco si sentì crollare e calde lacrime le incorniciarono il viso. Si sedette sul bordo del divano e prendendo un profondo respiro provò a essere per la prima volta sincera con lui.
“Io devo confidarti una cosa… So bene che poi cambierà tutto  tra di noi, ma è giusto che tu conosca la verità...” si fermò nuovamente, le tremava la voce e sentiva l’aria mancarle “Lui è venuto in Grecia a salutarmi prima della sua partenza per l’America. Abbiamo trascorso un paio di giorni insieme e… E se Marco non mi avesse fermato io l’avrei baciato…”
Si nascose il viso tra le mani mentre le ultime parole le morirono in gola. Rivelare ad Akito la verità fu la cosa più difficile in assoluto.
“Perdonami se puoi Akito…”
Una strana sensazione si impadronì in lei perché sapeva che quell’ultima confidenza fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Da quel momento in poi non sarebbero più stati Sana e Akito.
 
***
 
 
Sai che cosa penso?
Che non dovrei pensare.
Che se poi penso sono un animale
E se ti penso tu sei un’anima.
Ma forse è questo temporale
Che mi porta da te.
E lo so, non dovrei farmi trovare
Senza un ombrello anche se
Ho capito che
Per quanto io fugga
Torno sempre a te.
Che fai rumore qui
E non lo so se mi fa bene
Se il tuo rumore mi conviene.
Ma fai rumore, sì
Che non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale
Tra me e te.
E me ne vado in giro senza parlare
Senza un posto a cui arrivare
Consumo le mie scarpe
E forse le mie scarpe
Sanno bene dove andare
Che mi ritrovo negli stessi posti
Proprio quei posti che dovevo evitare.
E faccio finta di non ricordare
E faccio finta di dimenticare.
Ma capisco che
Per quanto io fugga
Torno sempre a te.

 
Se gli avessero chiesto come si vedeva da lì a qualche anno non sarebbe riuscito a dare una risposta esaustiva ma avrebbe sicuramente avuto un’unica certezza, lei. Non si sarebbe immaginato di certo un futuro lontano da casa e dai suoi affetti. La vita fin da piccolo lo aveva già messo a dura prova, ma forse questa volta era più complicato riuscire a ritornare a galla. Molto probabilmente se lei non lo avesse aiutato da bambino, avrebbe vissuto come un lupo solitario. Con il senno di poi, forse sarebbe stato meglio.
Avrebbe tranquillamente ignorato i suoi problemi, sfogando il proprio odio contro gli altri. Alla fine era solo a causa di lei se ora si ritrovava in quella condizione di malessere.
Per questo motivo si era trasferito ormai da ben tre anni dall’altra parte del mondo. Chi poteva dirlo, forse era stata una decisione avventata ma aveva bisogno di ritornare a respirare.
Non riusciva più a vivere nella sua stessa città. Vi erano troppi ricordi che facevano male e, come se non bastasse, il presente alle volte risultava ancora più dannoso del passato. Il solo pensiero di poterla incontrare un giorno qualsiasi in un qualunque posto lo disgustava. Ed era la verità, ormai detestava lei e il suo egoismo. Aveva dato tutto sé stesso per lei, per far funzionare la loro impossibile storia. Il risultato ottenuto alla fine qual’era stato?
Ogni volta che gli pareva di aver fatto un piccolo passo avanti, tornava dieci volte indietro.
Dalla loro rottura si erano raramente intravisti ma ogni singola volta che vedeva un suo piccolo dettaglio gli pareva di morire. L’amava ancora non poteva negarlo ma l’odio che provava nei suoi confronti andava ben oltre al sentimento. Si era tenuto dentro tante, troppe cose e fu proprio durante il primo compleanno di Ludo, la bimba nata da Fuka e Takashi che decise di affrontarla.
Si ricordava ancora quel giorno di festa, aveva iniziato a mandare giù qualche bicchiere di troppo, proprio per riuscire ad affrontare quella lunghissima giornata. Ed era stato proprio l’alcol ad offrigli il coraggio necessario per urlargli letteralmente contro tutto ciò che si era tenuto dentro. Si, a pensarci meglio aveva sbagliato i modi o forse il luogo, oppure entrambe le cose però non poteva negare di essersi finalmente liberato dell’enorme peso che si era portato per più di un anno.
Il giorno seguente aveva trovato sul comodino della sua vecchia camera da letto un post-it da parte di Tsuyoshi in cui gli chiedeva di telefonargli non appena si fosse ripreso, e fu proprio in quell’occasione che notò dei documenti accantonati da ormai parecchio tempo. In passato infatti aveva rinunciato ad alcune proposte lavorative estere per costruire una vita insieme a lei. Che idiota! Il cuore di Lei aveva già compiuto la sua scelta. Non era stato nemmeno troppo difficile farle ammettere ciò che provava, glielo si leggeva in faccia.
Già dal suo rientro dalla Grecia e con l’imminente convivenza, aveva percepito che qualcosa si era rotto. Non era più la sua Sana. No! Per quanto lei stessa cercasse di negare la cosa e recitasse la parte della fidanzata innamorata e felice, non era riuscita a convincerlo. Dopo tutti quegli anni la conosceva fin troppo bene, forse meglio anche di quanto lei stessa pensava di conoscersi. Era stato lui a troncare il rapporto, stufo e umiliato dal suo comportamento. Quando poi lei con il volto in lacrime gli aveva confidato ciò che successe durante il soggiorno in Grecia, qualcosa dentro di lui mutò radicalmente. Se ne andò in silenzio, chiudendo ogni rapporto con lei e mettendo la casa in vendita. Il suo unico desiderio era quello di dimenticare perciò non era stato poi così difficile mollare tutto e allontanarsi da tutti i suoi affetti. Non aveva più motivo per rimanere in Giappone.
Giunti a quel punto, ricominciare gli pareva l’unica soluzione se voleva sopravvivere al dolore senza l’aiuto di nessuno. Si, perché stavolta voleva farcela da solo. Avrebbe ricomposto la sua vita, anche se ora gli pareva di ricostruire un puzzle di mille pezzi uguali con raffigurato solo cielo.

A Barcellona si era ambientato stranamente bene. Si era trasferito in un bilocale molto confortevole che godeva  di un ampio terrazzo il quale si affacciava su un parco. Colpito proprio da ciò, ne aveva subito approfittato per correre così da perdersi successivamente nei meandri della città. Rimase impressionato dalle diverse strutture architettoniche e dalla vivacità del posto, ma ciò che lo rapì realmente furono i panorami. Aveva infatti scoperto dei luoghi tranquilli in cui poteva rifugiarsi dalla caotica Barcellona. Il che sarebbe anche risultato un bene se fosse riuscito a smettere di pensare ai suoi tormenti, ma forse era proprio quella la chiave: riuscire a convivere con certi dolori.
Era strana se non imprevedibile la vita, aveva dedicato anima e corpo per essere uno dei migliori karateca così da poter trasmettere la sua passione ai suoi ormai ex allievi, e ora si ritrovava a svolgere una professione diversa.
Lavorava in una clinica privata come fisioterapista e l’idea di riuscire ad aiutare così tanti pazienti di età differente lo faceva stare bene. Fino a poco tempo prima non credeva nemmeno di essere una persona empatica, e forse era proprio il fatto che sapesse cosa si provasse dall’altra parte a renderlo tale. Fu proprio la spiacevole esperienza alla mano a indirizzarlo a specializzarsi in passato in fisioterapia.
Qui legò con un paziente di nome Antonio appassionato di automobili da corsa. Dopo alcune sedute di riabilitazione, lo aveva invitato ad uscire con lui per aiutarlo ad ambientarsi. Gli aveva raccontato che era solito partecipare a gare di velocità clandestine ma nell’ultima corsa aveva  perso il controllo della sua auto finendo così fuori percorso. Nonostante gli mancasse l’adrenalina della corsa non era ancora sicuro di voler ritornare a gareggiare, anche perché era certo che sua sorella gemella Karina, a cui era molto affezionato, lo avrebbe mandato lei stessa all’altro mondo. Toni, così lo chiamavano i suoi amici, era un ragazzo carismatico ed espansivo ma allo stesso tempo non invadente. Prima dell’incidente lavorava come meccanico in un’officina e fu proprio grazie alle sue conoscenze nel settore che trovò velocemente un’automobile. Ormai lo conosceva da alcuni anni e non ebbe mai compreso il motivo per il quale Toni si fosse così impegnato nell’aiutarlo ad ambientarsi.
Non menzionava mai la sua malinconica infanzia né la sua storia con Sana perché non voleva più essere guardato da nessuno con quello sguardo compassionevole, lo detestava.
Inoltre le serate con Toni e la sua numerosa compagnia risultavano sempre spensierate e divertenti.
“Non ti piacciono le ragazze spagnole?” si ricordò che gli avesse chiesto Toni indicando qualche ragazza lì intorno. Spiazzato dalla domanda non ebbe risposto.
Non gli andava di spiegargli il casino che aveva in testa.
“Non voglio farmi gli affari tuoi amico!” aveva aggiunto subito dopo aver bevuto un sorso di birra “Però fossi in te la dimenticherei… Si vive una volta sola!”.
Trascorsi alcuni giorni, aveva deciso di provare ad ascoltare il consiglio spassionato di Toni nonostante si sentisse impacciato e a disagio al solo pensiero. Perciò per sciogliere la tensione le prime volte ordinava qualche shot in più, fino a quando la cosa non gli risultò naturale. Si era comunque prefissato delle regole che sicuramente a occhio esterno potevano risultare ridicole, ma non gli importava. Evitava le ragazze con l’iniziale del nome S ed escludeva a propri quelle dai capelli ramati. Non portava mai nessuna ragazza a casa, preferiva invece dirigersi da lei o in qualche Motel. Riteneva più semplice ritornarsene a casa perché non voleva assolutamente dormire insieme a loro, secondo lui era un momento intimo da condividere. Inoltre voleva proprio evitare situazioni ambigue o di false aspettative, non si impegnava nemmeno troppo a corteggiarle. Se dopo pochi appuntamenti intuiva che la ragazza desiderava qualcosa in più troncava la cosa immediatamente.
Non si sentiva uno stronzo perché al mondo era davvero pieno di persone che volevano divertirsi come lui.  

Aveva mantenuto un ottimo rapporto con Tsuyoshi e anche se non lo avrebbe ammesso facilmente, gli faceva piacere sentirlo. Era stato il suo primo vero amico e nonostante conoscesse la sua indole nel fare la vecchia zabetta, era riuscito a non menzionare Sana nei suoi tanti racconti legati al Giappone. Impresa ardua ma non impossibile a quanto pare. Forse la delusione avuta con la sua ex ragazza Aya, gli aveva aperto un mondo? Chi poteva dirlo, comunque a lui andava benissimo così.
L’ultima volta che l’aveva incontrato era venuto a trovarlo a Barcellona per una piccola vacanza. Ormai era più di un anno che non si vedevano perché Tsuyoshi era molto impegnato con il suo lavoro. Era stato da poco promosso come assistente personale del suo intransigente CEO in un’azienda di pubblicità.
L’unica persona che riusciva ad incontrare spesso era Alex. Lavorava come assistente di linea e ormai era già un anno che quando si trovava a Barcellona, soggiornava alcuni giorni da lui.
Alex era stata un punto di riferimento importante dopo la rottura con Sana.
Non volendo parlare con nessuno, aveva passato intere settimane di completa solitudine nella sua vecchia camera sfogando la sua rabbia su chiunque andasse a trovarlo. Il fatto che continuassero a domandargli come stava o se avesse bisogno di qualcosa lo innervosiva ulteriormente. Aveva perso anche l’entusiasmo di insegnare l’arte del karate e ciò lo rendeva triste perché aveva trovato sempre un rifugio nello sport.
Un pomeriggio qualsiasi si era svegliato e aprendo gli occhi intravide Alex seduta sul bordo del suo letto. Era già pronto a cacciarla via quando qualcosa lo bloccò. Era rimasto sorpreso dal fatto che nonostante lei si fosse accorta che non dormisse più, non lo avesse degnato di uno sguardo. Aveva continuato a leggere il suo libro, incurante di lui. Passarono alcuni giorni prima che Alex si ripresentasse nuovamente in camera sua e ogni volta si ripeteva sempre la stessa scena. Ogni tanto si sedeva scomposta sulla scrivania con il suo portatile, altre volte si accomodava a gambe incrociate in fondo al letto a disegnare sul suo blocchetto. Si portava sempre qualcosa da fare, come per tenersi impegnata a non disturbarlo. Non sapeva esattamente come e dove trovava quella forza interiore ma non spezzò mai quel silenzio. I suoi appuntamenti non erano mai fissi e con il passare del tempo si stupì di sperare nel suo arrivo.
Solo molto più avanti Alex cominciò a salutarlo con un semplice ciao, e anche se lui non le rispondeva non pareva scoraggiata. Spesso gli portava anche qualche pietanza a cui non sapeva resistere e, da quel momento in poi, avevano iniziato a seguire distrattamente le repliche di vecchie serie televisive oppure qualche stupido reality.
Una tarda sera di inverno, come ormai di consuetudine, Alex salutandolo spense la televisione e fu proprio in quell’attimo in cui stava per alzarsi dal letto che le afferrò istintivamente la mano facendola così sussultare. Si voltò di scatto e Akito non avrebbe mai scordato l’espressione sorpresa sul suo viso e nemmeno il sorriso nato nei suoi occhi del colore del cielo. A ripensarci, era successo tutto talmente in fretta, ma fu sicuro che per entrambi il tempo si fosse fermato. Era rimasta immobile per un momento prima di sussurrargli un timido ciao, così diverso da tutti quelli pronunciati nei giorni scorsi che ebbe il potere di scaldargli il cuore come ormai non succedeva da tanto. Notò molteplici emozioni susseguirsi sul suo volto, sembrava in conflitto con sé stessa come indecisa sul da farsi.
La sua mano lentamente accarezzò il braccio di lei che, come guidata da quel semplice gesto, si avvicinò maggiormente. Si ritrovarono sdraiati l’uno accanto all’altra stretti in un abbraccio. All’ora non era riuscito a comprendere ciò che provava per lei.
Il suo profumo femminile e fresco lo avvolgeva e la sua calda pelle era screpolata in alcuni punti a causa del freddo di gennaio. Riusciva a sentire il battito forte e deciso del suo cuore ed ebbe come la sensazione che il suo stesse ricorrendo quello di lei. Cingendole la vita accarezzò il fianco tatuato, e immaginò di seguire le linee sinuose che guidavano le foglie autunnali impresse sulla sua pelle. Si addormentò così mentre Alex giocherellava con qualche ciocca dei suoi capelli, accorgendosi in quell’istante di dormiveglia quanto cominciasse a infastidirgli la lunghezza.
Da quel momento in poi qualcosa era cambiato.
Avevano iniziato a trascorrere più tempo insieme e Alex rimase piacevolmente stupita quando un tardo pomeriggio Akito si presentò a casa sua. I giorni scorrevano veloci, chiacchieravano di piccole cose superflue, commentavano programmi televisivi oppure la prendeva in giro quando lei gli mostrava soddisfatta qualche bozza di disegno. Non mancavano di certo momenti di silenzio, ma anche se entrambi rispettavano i reciproci spazi, ci pensava Daniel ad interrompere i loro pensieri. Al rientro da scuola la sua testolina era solita sbucare sul ciglio della porta, invitandoli a giocare a qualche videogioco.
Akito rimase meravigliato nel perdere contro Alex, era brava e agguerrita perciò dovette impegnarsi parecchio se non voleva farsi umiliare.
Qualche settimana dopo Alex avvicinandosi al viso di Akito sfiorò le lunghe ciocche di capelli che ricadendo lungo la fronte andavano a nascondergli gli occhi. “Tagliamo?” gli chiese semplicemente, e nel giro di poco si ritrovò seduto su una sedia in bagno. Sinceramente non pensava fosse una cattiva idea finché non la vide riflessa allo specchio con in mano un pettine e un paio di forbici. Afferrando i suoi capelli gli disse semplicemente di rilassarsi e così chiuse gli occhi sentendo solo il rumore delle forbici tagliare. Quando li riaprì Alex aveva quasi finito ma invece di guardare la sua immagine riflessa, il suo sguardo si posò sulla figura di lei intenta a perfezionare il taglio. I loro sguardi a quel punto si incrociarono e la vide arrossire mentre abbozzava un timido sorriso. Poi quasi timidamente tornò a concentrarsi sulla chioma di lui.
Una volta uscito dalla doccia si strofinò forte i capelli con un asciugamano, finalmente osservò il risultato. Era un taglio diverso dal solito, i capelli erano corti sulle tempie e più lunghi sulla sommità della testa. Inclinò la testa da un lato all’altro e rimase soddisfatto di questo cambio look e dopo aver indossato dei jeans e una felpa, si diresse in camera sua dove Alex lo stava aspettando. La trovò sdraiata sul letto impegnata a disegnare sul suo album e quando lo sguardo di lei si sollevò la vide arrossire nuovamente. Poi mise il quaderno in borsa senza mostrargli cosa stesse raffigurando.
Con l’avanzare della primavera erano tornati a correre insieme al parco e ogni tanto si offriva di accompagnarla a fare shopping. Aveva osservato spesso i suoi acquisti e da ciò intuì che le piacesse seguire le varie tendenze che offriva la moda. Alex era decisa nello scegliere i vestiti, forse era dettato dal fatto che amava vestirsi principalmente con colori monocromatici. Raramente l’aveva vista con abiti colorati ed entrando in un negozio gli aveva confidato che preferiva far compere la mattina. Il centro commerciale era poco affollato e i camerini erano più puliti rispetto all’orario pomeridiano. Con lo scorrere del tempo conobbe altri suoi lati caratteriali. Era solita lasciare sul fondo del bicchiere l’ultimo goccio e quando gli chiese il motivo arricciò il naso, guardò l’oggetto con un certo ribrezzo nonostante avesse appena finito di berlo. Mangiarono spesso insieme e notò che Alex preferiva cambiare la forchetta dopo aver consumato la prima portata. Daniel la prendeva in giro per questo ma sua madre gli spiegò che aveva questa fissazione fin da quando era una bambina. Ciò lo fece ridere perché non immaginava fosse così sofisticata.
L’aveva vista più volte dormire di lato abbracciata ad un secondo cuscino e, a differenza sua amava il caffè zuccherato e le ricche colazioni. Constatando lui stesso quanto potesse diventare nervosa e scorbutica se non facesse colazione appena alzata dal letto. Rimase meravigliato nel vederla inaspettatamente allegra non appena morse il primo boccone e sorseggiato il suo immancabile caffè.
Le sue unghie erano sempre curate con colori diversi in base alla stagione in cui si trovavano, portava spesso differenti modelli di anelli e un orologio sul polso destro.
Ciò che però lo lasciò di stucco fu la sua fobia per i pesci, lo aveva scoperto per caso mentre stava aiutando suo padre a cucinare. Le aveva mostrato il pesce che un amico di famiglia aveva pescato quel giorno. La reazione di Alex fu inaspettata poiché urlò terrorizzata di non avvicinarsi a lei con in mano quell’animale. Non sapeva nemmeno lei il motivo ma gli confidò che molto probabilmente, malgrado amasse nuotare e il mondo marino l’affascinasse, non avrebbe mai avuto il coraggio di tuffarsi per fare un’escursione subacquea.
Akito accettò finalmente i numerosi inviti da parte di Tsuyoshi, provando diversi nuovi locali proposti da alcuni colleghi di lavoro con cui aveva iniziato ad uscire il suo amico. Qualche volta si aggregavano a loro anche Gomi e Hisae e fu molto contento di vedere Alex chiacchierare con la fidanzata del suo amico.
Nell’ultimo periodo anche se di rado, capitava che Alex provasse a domandargli se sentisse il bisogno di sfogarsi ma ogni volta evitava di risponderle. Come era già successo in passato assecondava la sua richiesta silenziosa cambiando prontamente discorso. Non sapeva come facesse a comprenderlo visto che quando si comportava così aveva di fronte un muro, però lei non si scoraggiava. Gli rimaneva accanto e Akito non ebbe mai la sensazione di sentirsi a disagio o sottopressione. Di conseguenza non seppe il perché una notte mentre tornavano a casa da una festa, decise improvvisamente di abbassare il volume della radio e di raccontarle ciò che fosse successo con Sana. Guidava silenziosa senza interromperlo, ascoltando e rispettando le sue lunghe pause. E quando entrambi si accorsero che presto sarebbero giunti a casa, imbucò la superstrada girovagando così senza meta. Ciò lo spronò a continuare. Era come se stesse compiendo un viaggio nei ricordi e a quel punto stava unicamente a lui decidere se lasciarsi finalmente tutto alle spalle e chiudere con il passato.
Solamente alla fine parcheggiò l’auto vicino ad un supermercato. Spense il motore e Akito osservandola con la coda del’occhio vide i lineamenti tirati del suo volto rimuginare su un qualcosa che non era riuscito a cogliere. Con la testa appoggiata sul finestrino picchiettava distrattamente le dita sul volante, poi all’improvviso spezzò quel silenzio.
“Mi dispiace davvero tanto Aki…” gli disse con voce rauca voltandosi verso di lui. Nella penombra della notte gli sembrò di vedere un luccichio nei suoi occhi.
Non aggiunse altro e non riuscì a comprendere il motivo per il quale non gli confidò ciò che pensasse realmente, forse per non ferirlo ulteriormente. In fondo non c’era poi molto da commentare. Cosa avrebbe potuto chiedergli… Se l’amasse ancora? Come si sentisse nonostante fosse passato quasi un anno? Ormai era inutile rispondere a queste domande.
Trascorsero il resto della notte seduti in macchina, ognuno perso nei propri pensieri ad aspettare l’alba.
Presto sarebbe giunta l’estate ma ciò che cambiò realmente per Akito non fu la stagione.
Sapeva che Alex era in cerca di un impiego, l’aveva aiutata lui stesso a compilare il curriculum da presentare alle varie aziende e quando gli comunicò che aveva superato i colloqui come assistente di linea, la notizia lo spiazzò. Non riuscì ad essere completamente felice per lei perché anche se inizialmente sarebbe ritornata spesso a casa, egoisticamente sapeva quanto questo lavoro l’avrebbe tenuta parecchio impegnata in futuro. Aveva bisogno di lei. Questi mesi trascorsi in sua compagnia gli erano sembrati più leggeri. Aveva paura, non voleva precipitare nuovamente nel vuoto senza paracadute. Quando si salutarono provò a spiegarle in modo impacciato ciò che provava ma Alex intuendo le sue intenzioni lo bloccò. I suoi occhi chiari si riempirono di lacrime e nonostante volesse avvicinarsi per abbracciarla, rimase ancora una volta sorpreso. Gli sorrise asciugandosi il viso con il dorso della mano come per farsi forza.
“So che non sei d’accordo con questa mia improvvisa decisione … Ma ho riflettuto a lungo e sono sicura, questo lavoro mi aiuterà a crescere” scrollò le spalle e abbassando lo sguardo incrociò le braccia al petto “È passato un po’ di tempo ormai eppure mi sono resa conto di non essere riuscita ancora a superare il tradimento e l’abbandono di mio padre. Devo trovare la pace con me stessa…”.
“Perché non me ne hai parlato prima?” le domandò sedendosi sul gradino del marciapiede davanti a casa.
Alex lo imitò guardando fissa davanti a sé.
“Non posso scaricare sempre su di te le mie preoccupazioni e anche se so che mi avresti ascoltato Aki… Come potevo parlarti di queste cose quando vedo ancora nei tuoi occhi il male che ti ha procurato la tua ex!” si voltò verso di lui stringendogli entrambe le mani “Ti voglio bene Aki. Non te l’ho mai detto ma con te sto davvero bene, mi sento sicura e riesci a rendermi felice davvero con poco e… Per quanto possa essere bello questo sentimento allo stesso tempo mi fa paura. Chissà forse si è giusti nel momento sbagliato… L’unica cosa di cui ora mi sento sicura è che ho bisogno di mettere me al primo posto e Aki se posso permettermi di darti un consiglio cerca di farlo anche tu… Promettimelo…”
Akito silenzioso annuì “Quando tornerai?”.
“Tra quattro giorni… Direzione Mosca. Appena arriverò in hotel lo sai che ti chiamerò per raccontarti tutto!” sorrise mentre si accoccolò tra le braccia di lui “Sei una bella persona Akito”.



 
Ciao !!!
Che emozione tornare a scrivere questa storia iniziata davvero tanti anni fa! 
Con il tempo ho finalmente chiarito tanti dubbi e ora credo di essere pronta a dar una fine a questa FF con cui sono cresciuta. 
Ringrazio Lella e Stefy per avermi spronata ma soprattutto per aver ascoltato i miei dubbi pieni di confusione e insicurezze.
Mi sono davvero impegnata tantissimo nel provare ad esprimere sia i sentimenti di Sana che di Akito spreando di non risultare troppo pesante, motivo per cui ho deciso anche di aggiornare stasera... Per non continuare a rillegere e modificare il capitolo all'infinito xD

Un bacione e a presto!

Miky
  
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