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Autore: Stephaniee    28/05/2020    0 recensioni
Primo ed Ultimo - Terza Parte
Il primo ricordo che avevo riguardava il rumore del mare, lente e regolari le onde si infrangevano sulla costa silenziosa, trascinandomi in uno stato di calma e serenità.
Il secondo di ricordo era il silenzio, sul balcone della nostra casa, infranto solo dal fumare di Francy.
Il terzo era il rumore del vento, sempre presente a tarda sera e durante le mie mattine passate a vedere l'alba.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Primo ed ultimo la Trilogia'
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Chapter fourteen
I have to love myself first
 

Sentivo le sue mani addosso, erano bollenti, non mi lasciavano andare, fuori era buio, in casa nemmeno un filo di luce. Potevo sentirlo sorridere sotto alle mie labbra mentre impaziente cercavo di trattenermi dal far succedere qualcosa di inevitabile. Dalla porta ci eravamo spostati in camera da letto, dove c’era effettivamente solo il letto e parte delle mia roba sparsa in giro ancora da sistemare. 
Potevo percepire ogni centimetro della mia pelle, ero terrorizzata a morte ma allo stesso tempo, Andrey mi faceva sentire a mio agio, sarei potuta rimanere tra quelle lenzuola anche per tutta la giornata successiva.Ormai ero in biancheria intima e mi si erano asciugati del tutto i capelli, anche se potevo sentire che si erano tutti spettinati, Andrey era in mutande e dio stava diventando sempre più difficile non lasciarmi andare del tutto.

Sentivo che era la cosa più naturale del mondo, che non avrei potuto evitarlo. La mia conclamata forza di volontà non poteva farci nulla. Forse l’avevo esaurita tutta perchè ero inerme di fronte a quella situazione.

Seduta sopra il mio capo, una persona che sembrava essere tanto meravigliosa quanto misteriosa, cercavo di pensare alla svelta a cosa volevo fare.

“Kat non devi farlo se non ti va.” Sembrava aver colto il mio dilemma nonostante il buio presto che ci circondava, e che amplificava tutti gli altri sensi a mille.

“No, mi va. E’ quello che mi va di fare di più in questo momento”

Ed era la verità, contro la quale non potevo in nessun modo combattere.
Andrey non rispose ed in un battere di ciglia mi ritrovai completamente nuda sopra di lui, che non aveva perso un solo secondo e stava giocando impaziente con il mio seno e con la parte più preziosa del mio corpo. 
Lo sapevo che era inevitabile. Mi arresi a me stessa mentalmente e agganciai le mie gambe alla sua vita, sfilandogli le mutande.

Ed ora non sarei potuta tornare indietro.

 

 

La luce del mattino mi destò dal tepore in cui mi trovavo. Per una manciata di secondi mi sentì al mio posto nel mondo.
Spostai lo sguardo ricordandomi della sera precedente e vidi Andrey supino che dormiva con un’espressione rilassata, che raramente gli avevo visto in viso in ufficio. Riluttante da lasciare il letto caldo, mi alzai e andai in bagno. Mi aspettava una lunga giornata di scatoloni da disfare. 

Accesi la macchina del caffè e ne feci subito uno per me.

Non potevo fare a meno di sorridere.

Nel frattempo sentì dei rumori provenire dalla mia camera, e poco dopo Andrey apparve, rigorosamente nudo, nella mia cucina.
"
Buongiorno” biascicò dandomi un bacio leggero sulle labbra che mi sorprese piacevolmente.

“Buongiorno a te” risposi “caffè?”

Lo vidi annuire mentre cercava i suoi vestiti per la stanza dirigendosi verso il bagno, lo seguì con il caffè pronto per portarglielo quando lo trovai con il mio spazzolino in bocca intento a lavarsi i denti. 

“Se vuoi posso rimanere ad aiutarti con gli scatoloni oggi. Potranno fare a meno di me ormai.”

La proposta mi lasciò un po’ basita: Non era troppo?

“Se invece preferisci fare da sola, posso andare a lavoro senza problemi”

 

Il suo comportamento mi stava mettendo un po’ a disagio. Ero stata benissimo quella notte, mi aveva fatto stare bene, sentire a mio agio. Sembrava una mattina normale, come se quello che era accaduto accadesse da sempre, eppure tanti punti interrogativi mi ruotavano in testa.

“Non devi tornare dalla tua fidanzata?”

Mi pentì quasi subito dopo averlo chiesto. Sarà stata l’abitudine con Luke, sarà stata la paura di innamorarmi di nuovo di qualcuno che non poteva essere solamente mio, ma mi venne quasi spontaneo chiederlo.
I
l suo sguardo tornò ad essere quello della sera precedente, profondo, sfuggente con un misto tra rabbia e tormento.
Si qualcosa tormentava Andrey. E avrei dovuto scoprire di che si trattava.

 

“Non sono fidanzato Kat.”

 

Non era fidanzato, va bene. Ma sicuramente c’era qualcosa sotto la chiamata di ieri, la ragazza del treno e quello sguardo sofferente che aveva appena si toccava l’argomento. E io avrei scoperto di che si trattava.

 

“Che ne dici se vado a prendere la colazione e poi ti aiuto con gli scatoloni?” Propose lui, abbozzando un sorriso tranquillo.

 

“Va bene, ti aspetto qui. Nel frattempo mi do una sistemata”

“Ti trovo già molto carina così”

 

Si era avvicinato a me, potevo sentire il profumo della sua pelle mischiato al mio, in un attimo fui invasa dal sapore del caffè delle sue labbra sulle mie e mi fu impossibile non abbandonarmi nuovamente a lui.
Nonostante il lasso di tempo breve, mi erano mancate le sue mani addosso.
Mi salutò poco dopo andando a recuperare dei croissant. Mi diedi una sistemata ed indossai una tuta comoda, iniziando a recarmi in camera per recuperare qualche scatolone.

Mi accorsi che un iPhone vibrava sul mio comodino ma non era il mio. C’erano diverse chiamate tutte provenienti dalla stessa persona, con annessi messaggi. Erano piuttosto preoccupati.
Un senso di smarrimento di invase, aveva detto di non essere fidanzato perchè mentire? Perchè farmi questo?

Lasciai lo scatolone dove si trovava, presi il cellulare ed uscì. 

Avevo bisogno di aria, di riflettere e di capire meglio. Iniziai a camminare velocemente nelle vie adiacenti al mio nuovo palazzo, camminavo senza nemmeno notare cosa mi circondasse, come avvolta da una nuvola nera. Ero terrorizzata. Perchè mi infilavo sempre in queste situazioni? Perchè mi ero concessa a qualcuno che nemmeno in ventiquattro ore aveva già mentito o omesso qualcosa? 
Ricevetti una telefonata da Andrey. 
Rimasi a fissare l’iPhone per qualche secondo indecisa sul da farsi. La mia testa urlava “scappa, scappa a gambe levate prima di ferirti di nuovo,” il mio cuore urlava “aspetta, chiedi spiegazioni.” Ed io avevo seguito troppe volte la testa negli ultimi anni, privandomi di tante cose.
Tornai a fatica sulla via di casa mia, trovando Andrey nell’ingresso del palazzo piuttosto preoccupato.

“Pensavo fosse successo qualcosa. Stai bene? Sembri sconvolta”

“Si. Saliamo”

Furono solo le uniche due parole che uscirono dalla mia bocca. Ero impossibilitata a dire qualsiasi cosa perché troppo concentrata a pensare rumorosamente.

“Kat. Che succede?”

“Niente.”

“Kat, lavoriamo insieme da un po’ ormai. Lo so quando c’è qualcosa che non va, si vede.”

“Ok, arriviamo all'appartamento prima.”

 

Entrai silenziosamente nella mia casa accasciandomi sul divano come sfinita da una lunga corsa.

“Senti Andrey. Ero in camera a prendere gli scatoloni, volevo cominciare a sistemare. E c’era il tuo telefono, ti assicuro che non l’ho sbloccato o fatto nulla, anche perchè non conosco il codice. Ma squillava, incessantemente e le chiamate venivano tutte dallo stesso numero. Così quando ha smesso di squillare ho potuto constatare che avevi ricevuto anche diversi messaggi di qualcuno che decisamente ti aspettava per la notte ed invece tu sei rimasto qui.” 

 

Lo vidi sedersi rumorosamente sul divano vicino a me, fissandomi con quello sguardo. Quello misto tormento, profondità e rabbia. Solo che ora sembrava la rabbia a prevalere.

 

“E io ti giuro che non mi devi nessuna spiegazione, non sono affari miei e nemmeno mi sarebbe dovuto cadere l’occhio, ma è successo. Ed ora non mi va molto di giocare alla coppietta che disfa gli scatoloni con te. Non dopo questa notte. Scusami.”

 

Ero davvero dispiaciuta. Era così raro per me trovare qualcuno che mi piacesse, che mi facesse sentire a mio agio, ed ora dovevo rinunciarvi, ma dovevo farlo per me. Per la mia sanità mentale e fisica: non potevo permettermi di nuovo una situazione del genere.

Andrey non disse granchè, sospirò e mi diede una delle brioche. Si alzò e andò in camera, tornando con il telefono in mano, intento a leggere i messaggi che gli erano arrivati.

Poi riprese il cappotto, si avviò alla porta esattamente come la sera prima e mi rivolse lo stesso sguardo. Io non mi mossi, era decisamente una scena triste, non avrei minimamente voluto questo. Ma dovevo farlo.

Mi aveva già mentito in meno di un giorno.

Andrey avviò una telefonata ed uscì dalla porta di casa mia. Buttai la colazione nel cestino e mi misi a letto, dove il suo profumo quasi non mi soffocò. Avevo fatto la cosa giusta? Avevo sbagliato? 

Ero certa razionalmente di aver fatto la cosa migliore per me. Dio chissà come era preoccupata. Che schifo.

E lui aveva avuto il coraggio di spassarsela con me la notte prima. Eppure lui non mi aveva dato quell’impressione, mi era sembrato sincero quando aveva detto che non era fidanzato.

Comunque non mi aveva fornito altra spiegazione, era semplicemente uscito, parlando al telefono probabilmente con lei.

 

Mandai una mail a tutto lo staff dichiarando malattia e poi chiamai il mio medico.
Mi diede sulla fiducia due settimane. 
Era meglio creare un distacco, per evitare situazioni spiacevoli.
Poi, forse dallo stress o dalla stanchezza del giorno prima mi appisolai.

Abbracciata al cuscino.


 
   
 
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