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Autore: Woody Lee    29/05/2020    0 recensioni
Il lavoro dello scrittore è assai difficile, Aiden Rowe lo sa bene.
Spera che la sua esistenza non sia affatto terribile pur sapendo che dovrà crearsi il lavoro per continuare a mangiare.
Da quando Lewis Lynom, un misterioso scienziato mise sul mercato un nuovo prodotto che sconvolse la vita della popolazione mondiale, Aiden ripercorrerà sui suoi passi e attraverso i suoi ricordi tutta la sua esistenza. Dalla morte di suo padre alle sue avventure da giovane, magari ritrovando la felicità perduta chissà dove.
Uno scritto fantascientifico di cui risulta essere un bel ricordo per i più grandi e un sogno da poter realizzare per i più giovani.
Ogni critica e ogni commento positivo verranno accettati e amati per migliorare di capitolo in capitolo la storia che ne verrà fuori.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Chi ha passato la vita a descrivere la realtà non sa come farne parte”.

È una citazione che lessi da qualche parte, molto tempo fa, non ricordo chi la pronunciò o chi la scrisse però penso che una frase del genere sia azzeccata per questo capitolo. Coloro che iniziarono ad usare l’Illimitatore Astrale, persero la cognizione del tempo e soprattutto faticavano a distinguere la realtà dalla finzione, come in Inception. Un’importante percentuale di utenti, chiese un risarcimento alla GlassCon poiché decisero che la loro vita non andasse “buttata” dentro una realtà virtuale. La compagnia rispose con i dati ottenuti proprio dall’uso dell’AU da parte di quelli insoddisfatti, dimostrando che il 79% di essi non avevano nemmeno seguito il tutorial d’inizio. Lewis Lynom mi suggerì di non saltarli poiché la mia esperienza dentro al programma dipendeva proprio dai tutorial. Dopo aver visitato la gelateria trapelata dai miei ricordi d’infanzia, l’ologramma di Lynom mi insegnò a spostarmi attraverso il globo facendomi materializzare in cima all’Everest, sulle spiagge di Sidney e Al Polo Sud. Mi insegnò a creare una stanza personalizzabile, tutta mia, dove potevo invitare gli amici che mi sarei fatto nell’AU e creare feste, convention, viaggi da un punto del mondo all’altro in pochi secondi e con la compagnia di chi avrei voluto io, se avessi voluto.
L’AU ha un potenziale infinito, uno strumento capace di cambiare le vite delle persone immuni alle meraviglie della vita. La realtà, per quel genere di persone, non era altro che un’odiosa assenza di felicità e che dopo anni di sforzi inutili non erano ancora riusciti ad averla. Ma chi ci dice che quello che abbiamo sempre desiderato sia la nostra felicità? Ma poi, chi l’ha detto che sia un bene materiale invece che un senso di libertà, un’emozione, magari anche un solo brivido lungo la schiena? 

In Portogallo, esiste un posto chiamato Cabo da Roca. È famoso per essere il punto più occidentale d’Europa e i tramonti sono unici. Il panorama è spettacolare, sembra che l’unica cosa che divida me dal Sole sia l’immenso oceano Atlantico che lo stesso Cristoforo Colombo navigò seicento anni prima. È strano pensare che a distanza di secoli si possano osservare gli stessi identici fenomeni naturali, quali i tramonti, le albe, le costellazioni, che gli uomini e le donne più importanti mai esistiti abbiano osservato dando chissà quale spiegazione scientifica o mitologica. Non dimenticherò mai le sfumature dei colori caldi causati dal tramonto fino a sparire nell’oscurità della notte; il vento mi scompigliava i ricci che mi cadevano sulla fronte e per la prima volta riuscivo a sentire la sua musica quando mi passava tra le orecchie. Ma niente di tutto ciò era paragonabile ai capelli della donna che conquistò il mio cuore.
La conobbi alla Brown University, nell’aula di scienze. Stavo aspettando il professor Rogers per rivedere gli orari dei corsi che avrei seguito poiché scelsi tre facoltà diverse e non avevo ancora la minima idea di cosa farne della mia vita. Ricordo che varcò la soglia e si fermò a guardarmi. Aveva i capelli di molte sfumature di rosso, alla chioma erano più scuri e sulle punte il rosso sfociava in un arancione fiammante. Indossava denim jeans, nere Nike ai suoi piedi, una    Polo nera con lo stemma della Brown e un anello bianco all’anulare destro. Era una visione fuori dal comune, rimase a guardarmi per qualche secondo in silenzio. Girò lo sguardo verso l’aula vuota e posò di nuovo gli occhi su di me. 

“Ciao” dissi.
“Chi sei?” Mi chiese.
“Sono Aiden, e tu?” Le porsi la mano. Io ero in piedi alla cattedra leggendo un capitolo di Harry Potter e l’Ordine della Fenice mentre aspettavo.
“Perché sei qua?” Mi chiese avvicinandosi e ignorando la mia mano aperta. Eravamo ai lati esterni della cattedra e nell’aria si sparse un buon profumo, credevo fosse entrato qualcuno con un grosso mazzo di fiori freschi.
“Aspetto il professore di Scienze, il Signor Rogers. Gli farò qualche domanda sugli orari delle lez-“
“Il signor Rogers non ci sarà oggi. Ha comunicato che tarderà il suo rientro dal Brasile per un’altra settimana” alzò un sopracciglio e io chiusi il libro. Aveva gli occhi chiari con sfumature verdi. La sua voce era tiepida, in un certo senso la rendeva più formale.
“Ma le lezioni inizieranno...” provai a dire ma mi fermò subito.
“Lo so. Ma il professore ha avuto qualche screzio con la burocrazia brasiliana.” serrò le labbra.
“Come fai ad avere certe informazioni su un professore?”
Esitò guardando il mio libro di Harry Potter chiuso tra le mie mani ma non rispose.

“Va bene, non sono affari miei” dissi prendendo il mio zaino da terra e infilandoci il libro.
“Non è come pensi” disse subito con voce alta.
“Non sto pensando a niente” mi feci sfuggire un sorriso.
“Come no.” Rimase a guardarmi offesa. Cercai subito un argomento per cambiare discorso.
“Non mi hai ancora detto il tuo nome”
“Elena...Rogers”
“Curioso, come il professore, siete imparentati?” Elena arrossì tanto da confondersi con i capelli. Non rispose.
“Elena?”
“Si” 

Non capii bene se rispondesse alla mia domanda o al suo nome ma ci fu qualche attimo di silenzio e notai il suo viso tornare al solito colore roseo e restammo a guardarci.
“Beh è stato un piacere, ora devo proprio andare” Elena si aggiustò lo zaino in spalla e si girò per andarsene.
“Elena” la chiamai mentre varcava la soglia.
“Si?”
“Mi chiedevo se...” credo stessi arrossendo perché sentivo la mia fronte bollente “...ti andava di, non so, bere un caffè. Se non bevi il caffè conosco un bar dove fanno dell’ottimo pollo fritto e se non mangi il-”
“Di sicuro ci vedremo in giro. Ciao Aiden” mi salutò con un veloce gesto della mano e uscì dalla classe. Credevo di aver sbagliato tutto con lei e non avrei più avuto il coraggio di guardarla negli occhi da quel momento.
“Idiota” mi dissi a bassa voce.

 

Steve lo conobbi qualche giorno prima. Mia madre che mi aveva accompagnato in macchina anche per aiutarmi a sistemare le mie cose. Entrammo nella stanza 109 del dormitorio maschile e notai appeso sul muro, sopra uno dei letti, sette poster di cantanti e gruppi piuttosto famosi. Riconobbi i Queen, i Rage Against The Machines, i Led Zeppelin e David Bowie. Gli altri tre poster non mi dicevano niente, ma amavo il modo in cui si confondevano con la parete Bianca. Steve uscì dal bagno mentre si tirava su la cerniera lampo. Aveva i capelli corti, biondi, occhi chiari e un piercing al sopracciglio sinistro. Era veramente un bel ragazzo. Vide me e mia madre con due scatole in mano e si bloccò.

“Chi è lo studente qui?” Disse poi sorridendo mettendosi le mani in tasca.
Mia madre ne uscì lusingata a quanto pare. Steve si avvicinò e mi tese la mano.
“Io sono Steve, piacere” gli strinsi la mano.
“Aiden, piacere. Quando sei arrivato?” Gli chiesi mentre appoggiai lo scatolone con i libri sul mio letto.
“Ieri sera. Volevo mangiarmi il pollo fritto al diner qua vicino, dicono sia una tradizione mangiarlo la prima sera al campus. Se vuoi ti aiuto a sistemare così possiamo farci un salto. Non credo di averlo mai mangiato così buono”
“Mi hai convinto” dissi mentre mia madre entrò con altre due scatole stracolme di libri.
“Voi due farete bene a tenere questa stanza in ordine” ci disse posando le scatole sul letto.
“Non si preoccupi” disse Steve.
“Ce la caveremo” dissi io.

In effetti c’è la cavammo per qualche tempo. Siamo riusciti a tenere la nostra stanza piuttosto pulita per qualche settimana, ma agli inizi di novembre, con gli esami di fine semestre che cominciavano ad avvicinarsi sempre di più, ci concentrammo di più sui nostri libri che all’igiene della 109 e non ci meravigliamo se trovavamo qualche appunto perso giorni prima, tra gli indumenti ancora da lavare ammassati al proprio angolo del letto.
Io e Elena seguivamo quasi le stesse identiche classi. Filosofia e Storia dell’Arte le ho volute evitare per concentrarmi di più su Lettere , Inglese e Storia. Ci vedevamo sempre in classe, si sedeva accanto a me, ma anche sugli spalti del campo, al diner, in biblioteca e Scoprii che le interessavano i film europei, in particolare Bertolucci e Von Trier, le piaceva la musica classica e leggeva davvero ogni libro che le consigliavano. Era puro oro, senza nessun dubbio lo è ancora. 

La presentai anche a Steve, una sera, al Diner.
Per tutta la sera, parlarono di musica e del fatto che le donne non sappiano guidare. Poi passarono alla politica ed è lì che andai in bagno. Passammo una serata piacevole a mangiare pollo fritto e a bere soda. Credetti di aver trovato i miei Ron e Hermione ma non ci vollero sette anni perché iniziassero ad uscire assieme. A quanto pare, Elena aveva occhi e orecchie solo per Steve e il suo immenso sarcasmo.
Steve riusciva ad ottenere buoni risultati in ogni materia, ma aveva difficoltà a comprendere alcune regole di Fisica o Psicologia perciò Elena veniva nella nostra stanza ad aiutarlo a studiare. Mi avevano chiesto se non fosse di disturbo il fatto che ci fossero lì anche loro a studiare ma dissi che non era affatto un problema.
Perciò, senza farmi sentire, stavo sul mio letto a leggere o a studiare per conto mio. Ogni volta che Steve sbagliava a pronunciare i nomi di Nietzsche o Freud, Elena lo ammoniva. A volte stava in silenzio e io la osservavo dietro ai  miei libri mentre i suoi occhi erano posati su Steve che non riusciva a capire dove avesse sbagliato.
Lui non la meritava visto l’esito del loro divorzio, ma sarei una persona orribile se dicessi che con me avrebbe avuto una vita degna della sua importante figura. Fu la persona più brillante che io abbia mai conosciuto, sapeva badare a se stessa e non sarei mai riuscito ad amare la vita come l’amava lei. Era speciale ascoltarla mentre parlava della sua giornata. Riusciva a spiegare un capitolo di storia rendendolo veramente interessante, insomma, ne ero perdutamente innamorato. 

A malincuore dico di non essere mai riuscito a condividere i miei sentimenti per lei, sono sempre stata una persona piuttosto riservata e l’Amore non è mai stato il mio sentimento preferito. Non che fossi un codardo, così la penso io, ma la sentivo lontana da me come se ci fosse un posto di blocco a due passi dal suo cuore. 

Si sposò con Steve qualche anno dopo terminata l’università e entrambi si trasferirono a Boston cosicché lei potè avere il ruolo di  di sostegno alla Northeastern University mentre Steve poteva dedicarsi a tempo pieno alla sua musica. Rimasi in contatto con il mio migliore amico ovviamente, ogni tanto li rivedevo, sembravano felici; comprarono una proprietà niente male e riuscirono a stabilirsi ma col passare degli anni, anche i fiori più belli sono destinati a morire e finirono con spegnere l’ultima scintilla di passione che li teneva ancorati l’uno all’altro.

Steve lasciò la casa ad Elena e si trasferì qui a New York dove tutt’ora produce musica dentro al suo studio di registrazione/appartamento. Riusciva a guadagnare componendo musica per le pubblicità televisive oppure producendo qualche pezzo per cantanti di discreto successo. Ci siamo promessi di berci uno shot ogni volta che in tv apparivano le pubblicità con i suoi brevi motivi musicali. Una sera, sulla CNN andarono in onda tre pubblicità di fila dove i sottofondi erano stati composti dal mio Steve e finii col tornare a casa cantando a squarciagola la canzoncina della pubblicità di uno spazzolino elettrico. Ero fiero di lui e lo sapeva benissimo.
Poi l’AU arrivò nelle nostre case e Steve dedicò tanto tempo, dentro il programma, a cercare nuove ispirazioni per le sue opere. Decise di produrre un album tutto suo con le nozioni apprese su Internet e creando un concept album davvero niente male. Ci trovammo sempre più spesso dentro la sua stanza personalizzata nell’AU. Aveva creato un’immenso parco giochi solo per noi due con una piscina a forma di osso, un barbecue sempre acceso, alcol e droghe di vario tipo e un luminosissimo palco dove poteva esibirsi alla sua consolle ogni volta che voleva. Lui era la star lì dentro, io il suo fan numero uno.
Il mio personale ologramma di Lewis Lynom mi spiegò come creare la mia stanza. All’inizio erano solo quattro bianche mura con una finestra che dava sull’universo, in particolare si poteva vedere perfettamente la costellazione di Orione. Iniziai a immaginarmi Disneyland ma non essendoci mai stato, il programma materializzò davanti a me il classico castello che si vede sempre all’inizio di ogni film targato Disney. 

“Wow” 

Essendo un uomo di trentaquattro anni in crisi d’identità, cancellai subito Disneyland e mi concentrai sul Tanafjorden, in Norvegia. È stato uno dei posti più suggestivi che io abbia mai visitato. Decisi che semmai fosse andato tutto male nella mia vita, avrei comprato un terreno presso il villaggio di Torhop e avrei vissuto da eremita con le poche famiglie che abitavano quel villaggio. Le coordinate sono 70.4814366 , 27.9858681 .

Grazie all’Illimitatore Astrale, in un lampo mi trovai proprio in riva al fiordo ed essendoci stato in agosto, il programma ricreò perfettamente il clima fresco di un fiordo norvegese in estate. Il sole era alto, il cielo di un brillante azzurro. L’aria era pulita e feci un respiro profondo. Sentii l’ossigeno arrivarmi dritto al cervello e decisi che quello era il posto perfetto per la mia stanza.
Riuscii anche a settare dalle impostazioni dell’AU, il punto di log-in. Ogni volta che sarei entrato nel programma, il mio punto di partenza sarebbe stata la mia casa in legno a Torhop sulle rive del Tanafjorden. Il panorama mi avrebbe aiutato a schiarirmi le idee, a procedere con la mia scrittura creativa e magari sarei riuscito anche ad iniziare un libro. Chissà.
Per l’architettura della casa mi ispirai all’opera dell’architetto scandinavo Alvar Aalto che trovai dentro uno dei libri di Arte di Elena. Sembrava il tronco di un enorme albero. Le finestre illuminavano tutte le stanze circolari della casa, il rivestimento era in legno naturale e le linee curve, in un certo senso, ne definivano il volume. Decisi che avrei seguito un design minimalista per gli interni. Puro legno scandinavo per i mobili essenziali con lavabi e vasca idromassaggio in ceramica. Un comodo divano nel salotto che offriva un ampio panorama del fiordo e un seminterrato per il mio spazio lettura circondato da alti scaffali (sempre in legno) pieni dei libri che ho letto durante la mia esistenza.
Quando fui sicuro che fosse tutto finito, invitai Steve nella dimora dei miei sogni e rimase a bocca aperta. Si congratulò per la mia immaginazione, soprattutto per l’area fumatori (che era appunto il balcone che dava sul fiordo) dove ci trovavamo in quel momento.

“Sai cosa manca però?” Mi disse mentre uno spinello si materializzò tra le sue labbra che accese all’istante con una piccola palla di fuoco uscita fuori dal nulla.
“Illuminami” gli risposi.
“Le donne. Certo, non è una tana del sesso questa, ma faresti bene a mettere qualche pianta in giro. Le donne vanno pazze per il verde...qualcosa di afrodisiaco magari”
“Se lo dici tu, ma ti ricordo che siamo dentro ad una realtà virtuale e posso pensare a qualsiasi donna incontrata nell’arco della mia vita”
“Non hai tutti i torti ma non puoi scopare con dei pixel a forma di donna sexy”
“Non hai tutti i torti” ripetei a bassa voce. Poteva sembrare molto superficiale come persona ma ricordo che questo Steven Henson era riuscito a conquistare l’unica donna che avessi mai desiderato. Mi passò la canna.
“E dove si fa amicizia in una realtà virtuale?” Chiesi
“Al forum ovviamente”

  
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