Nota: premetto che sono consapevole del fatto che non aggiorno da secoli. Ma per chiunque segua la fiction... la scriverò tutta ^^ anche se molto, molto lentamente..
Oh, e grazie innanzitutto ad Adrienne perchè mi punzecchia e vuole gli spoiler XD e alle persone che leggono e commentano questa storia.
Questo capitolo lo dedico a Neera aka Reiko, che ha sofferto tanto prima di vederlo pubblicato! (sì, ho visto la data dell'ultimo aggiornamento e sono colpevole...)
*...l'incantatore...*
capitolo V
Il
giardino sembrava vuoto e silenzioso.
Era una contraddizione, perché il sole splendeva e
tutto era un tripudio di vita, tra i canti degli uccelli, lo stormire
delle
fronde, il ronzare degli insetti.
Ma da quando gli artisti girovaghi se n’erano andati,
era come se fosse venuto meno il suo senso dell’udito.
Una musica cessata all’improvviso.
Era quel tipo di armonia della cui esistenza ci si
accorge solo nel momento in cui svanisce.
Kurogane non aveva mai pensato che Yuui fosse
circondato da una musica – non aveva mai razionalizzato una
simile
considerazione.
Eppure, ora che se n’era andato, queste note si erano
spente. E dalla loro assenza, era risalito al loro aleggiare
nell’aria, tra i
rami di quel giardino: quelle note avevano preceduto Yuui prima del suo
arrivo
vicino al campo di allenamento, e si erano soffermate attorno a loro
nei
momenti di riposo all’ombra del pozzo.
In quegli ultimi giorni, per il ninja era stato come
riguadagnare un senso – una sorta di percezione fisica, una
scossa che
percorreva il lato del suo corpo dalla parte dove l’altro gli
si avvicinava.
Una bussola interna che avvertiva e segnalava la sua
presenza, quando era nei pressi.
Ora, il segnale era lontano.
Era come aver perso nuovamente una parte del suo
corpo.
***
La carovana degli artisti girovaghi procedeva lungo la strada ghiaiosa, costellata di pozzanghere. Normalmente, gli zoccoli dei cavalli e le ruote del carro, con il loro movimento, avrebbero sollevato una nuvola di polvere, ma il terriccio umido rimaneva incollato a terra, plasmandosi docilmente nelle impronte dei viaggiatori.
Il numero dei componenti della carovana era
consistentemente diminuito, dopo che avevano lasciato il palazzo
dell’Imperatrice. Per l’evento, Ashura aveva
assoldato anche alcuni artisti del
luogo – era la prima volta che si ritrovavano a dare
spettacolo davanti a un
pubblico così importante a Nihon, e il capocomico aveva
ritenuto più saggio non
rischiare di sfigurare, incrementando il loro numero con altri acrobati.
Ma questi erano stati licenziati immediatamente dopo
la partenza: dovevano muoversi in fretta, e, per farlo, dovevano essere
in
pochi. Inoltre, Ashura-o non voleva certo coinvolgere estranei nei loro
problemi, anche perché non si poteva mai sapere chi si
nascondesse dietro
l’allegra facciata di un saltimbanco.
Erano rimasti in sette.
Karen, che cavalcava in testa alla comitiva, il viso
dallo sguardo dolce contornato da boccoli dello stesso colore delle
fiamme che
scaturivano dai suoi eleganti incantesimi di fuoco.
Accanto a lei Karura, i capelli argentei legati sulla
nuca, il viso fiero e il mento diritto, alto, mentre osservava sicura
la strada
davanti a lei.
Insieme a loro viaggiava anche la sorella di Karura,
la piccola Karyoubinga, una bambina dalle eccezionali doti canore, la
cui
salute era purtroppo molto instabile: per questo, si esibiva assai
raramente. Durante
gli spostamenti, la piccola sedeva sempre sul carro dei bagagli e
dell’attrezzatura, accanto ad Ashura-o, dove poteva riposare
e dormire.
Karura, sorella estremamente protettiva e preoccupata
del benessere della piccola, non avrebbe mai scelto di farle
intraprendere un
simile viaggio, se solo le circostanze che le avevano spinte a farlo
non
fossero state così gravi.
Un uccello andò a posarsi sulla spalla della donna
dai capelli argentei; aveva lunghe penne bianche e nere, e un collo
arcuato,
potente quanto grazioso: Garuda. Agli spettatori, era presentato
semplicemente
come un bell’animale ammaestrato, in grado di fare i numeri
più impensabili al
comando della sua padrona, ma era molto più di questo.
Durante il viaggio,
sorvegliava la carovana dall’alto, andando in ricognizione
per loro lungo il
tratto di strada che dovevano percorrere, avvertendoli nel caso di
pericoli o
agguati. Karura aveva saputo creare un’intesa perfetta con
l’uccello, e i due
sembravano legati da un filo invisibile.
Con la sua grande esperienza in fatto di volatili, la
donna era stata di grande aiuto a Yuui nel perfezionamento
dell’incantesimo
della fenice, e l’aspetto del suo animale magico era in buona
parte ispirato
alla magnificenza di Garuda.
Dietro il carro, a formare una solitaria
retroguardia, veniva un uomo dai capelli castano chiaro, un volto
gentile:
Seichiiro era un maestro delle magie che comandavano il vento, e i suoi
numeri
includevano improvvisi mulinelli d’aria, che, opportunamente
combinati al fuoco
di Karen, diventavano aggraziate danze e caroselli di fiamme e
scintille
sospese nel vuoto… ma le folate del suo vento potevano
diventare
improvvisamente taglienti come lame invisibili, imprevedibili nella
direzione e
devastanti nella potenza.
Aveva un modo di fare sempre premuroso e gentile,
anche se ogni tanto i suoi pensieri sembravano volare indietro, alla
casa
lontana dove aveva lasciato moglie e figlia.
Forse non erano una vera e propria compagnia di
artisti girovaghi, ma il loro travestimento stava funzionando bene. Era
anche
piacevole.
Erano i primi a perdersi nei loro spettacoli, come se
i loro poteri fossero finalizzati soltanto a quello, a divertire un
pubblico
deliziato e plaudente. Era piacevole crederci: era uno dei poteri della
magia,
riuscire a trasportare lontano dalla realtà perfino il suo
stesso creatore -
che tuttavia doveva essere sempre pronto a tornare indietro, senza
esitazioni.
A fianco del carro condotto da Ashura, Fay e Yuui viaggiavano
sulla stessa cavalcatura, un alto destriero bianco.
La principessa Tomoyo era stata molto generosa nel fornire
alla compagnia i cavalli per il viaggio, in modo tale che ce ne fossero
a
sufficienza anche per dare il cambio agli animali, una volta che
fossero stati
troppo stanchi.
Eppure i due fratelli montavano lo stesso cavallo,
che non sembrava risentire della fatica di trasportare due cavalieri.
Yuui manovrava le briglie con una certa noncuranza,
in maniera quasi automatica, i pensieri persi tra le sponde tristi e
infide che
erano abituati a percorrere da molto tempo e le nuove correnti che li
avevano
sfiorati solo in quegli ultimi giorni.
Inoltre, Ashura-o aveva detto che erano di nuovo in fuga.
Che li stavano inseguendo ancora.
Sospirò, ma strinse le briglie più saldamente;
avrebbe avuto bisogno di un àncora - si sentiva ogni giorno
di più come una
piccola scialuppa in balia di onde sempre più alte e scure.
Ma non ce l’aveva,
non ce l’aveva.
***
Accadde
qualche giorno dopo; la compagnia viaggiava
verso sud a velocità sostenuta – per lo meno, la
più sostenuta che potesse
permettersi viste le dimensioni e la composizione.
Si avvicinava il tramonto, e la strada proseguiva in
mezzo alle colline brulle, senza dar segno di incrociare centri
abitati. C’era
tempo, prima che facesse buio, ma ci avrebbero messo un po’ a
montare
l’accampamento, visto che dovevano pernottare
all’aperto.
Così, non appena trovarono un luogo che sembrava
adatto, decisero di accamparsi.
Vicino al carro venne acceso un fuoco da campo, e
cucinarono una cena piuttosto frugale, mentre alcuni si recavano in
fretta e
furia a fare scorta di legname per il fuoco.
La serata era limpida e così sembrava sarebbe stata
anche la notte.
Yuui si raggomitolò nel suo giaciglio osservando le
stelle oltre i rami degli alberi sopra di lui.
Il palazzo della principessa gentile e del ninja
scontroso era sempre più lontano, a nord. Yuui chiuse gli
occhi, per non vedere
quelle stelle ed impedire a se stesso di chiedersi se risplendevano
allo stesso
modo anche tra le fronde degli alberi di quel giardino… e
se, per caso, lui non
fosse ancora lì, ad osservarne il riflesso nelle acque scure
del laghetto.
Ben presto, la stanchezza ebbe la meglio sui
pensieri, e il giovane si lasciò trasportare nel mondo dei
sogni come dalla
lenta risacca della marea.
Ma il riposo dei viaggiatori, quella notte, non era
destinato a durare a lungo.
Yuui spalancò gli occhi, svegliandosi di soprassalto,
nello stesso istante in cui Fay – gli occhi fissi sulle
tenebre che permeavano
il bosco vicino al loro accampamento, si chinava su di lui, silenzioso,
per
avvertirlo.
Una mezza dozzina di uomini, forse qualcuno di meno.
Dovevano aver notato la presenza delle donne, e ne avevano dedotto che
la
superiorità numerica del gruppo di artisti girovaghi non
sarebbe stata un
problema.
Yuui non poté impedire che un sorriso leggermente
amaro gli inarcasse gli angoli della bocca. Avrebbero pagato caro
quell’errore
di valutazione.
Sentì un cambiamento nel respiro di Karen, che
dormiva a poca distanza da lui, segno che anche lei si era svegliata.
Usò un piccolo incantesimo per accertarsi che tutti
fossero all’erta, e così era.
Fay si alzò per andare ad avvertire Ashura-o (non ve
n’era bisogno, di fatto, perché era già
sveglio, ma faceva parte della
strategia): in quel momento, rendendosi conto che le loro prede si
erano
accorte della loro presenza, gli aggressori uscirono allo scoperto,
slanciandosi fuori dagli alberi all’improvviso, pur di non
perdere il vantaggio
della sorpresa.
Balzarono in piedi, e Yuui attivò l’incantesimo in
cui quelli erano già incappati avvicinandosi troppo
all’accampamento: sulla
fronte di ciascuno degli uomini comparve un marchio luminoso.
Quelli rallentarono la carica, sorpresi e
perfettamente visibili nel buio della notte, e quando tornarono a
posare gli
occhi sull’accampamento, trovarono che i suoi componenti
avevano formato un
cerchio difensivo intorno al carro dove dormivano Ashura-o e
Karyoubinga.
Furono Karen e Seichiiro a scagliargli addosso i loro
incantesimi, e gli assalitori osservarono allibiti e improvvisamente
tremanti
di paura la barriera fatta di fuoco e vento che li circondava, sorta
dal nulla,
eppure rovente e sibilante.
Un momento dopo, piombarono a terra, immobilizzati da
una magia di Yuui.
Seichiiro e Karen lasciarono svanire i loro
incantesimi, mentre si avvicinavano assieme a Yuui ai malcapitati,
osservandoli
con un certo sospetto attraverso la cortina di fuoco e vento che andava
rapidamente dissolvendosi.
“Avete sprecato la vostra magia, con questi. Non
sembrano molto più che comuni banditi.”
Commentò inespressivo Ashura-o,
raggiungendoli.
Si avvicinò ad uno dei prigionieri, inginocchiandosi
accanto a lui, e Yuui allentò leggermente il suo
incantesimo, così da lasciare
che l’uomo fosse in grado di parlare.
“Vi manda qualcuno?” chiese nella lingua di Nihon.
Per un attimo, prima che pronunciasse quella frase,
gli occhi di Ashura-o brillarono di magia.
Il malvivente fece per scuotere vigorosamente la
testa, ma, non riuscendoci, si lasciò sfuggire un mugolio
che somigliava ad un
“no, signore”.
Era sinceramente spaventato.
Ashura sorrise con fare rassicurante, tornando a
rivolgersi agli altri.
“Sono solo dei malviventi di strada. Non avrebbero
mandato gente così sprovveduta nemmeno per
testarci… In ogni caso, non gli farà
male passare la notte così. Avranno del tempo per
riflettere.”
Aggiunse usando nuovamente la lingua del luogo.
Questo suggeriva che i poteri di Ashura avrebbero
avuto una qualche influenza sui sogni che i banditi avrebbero fatto
quella
notte. Sempre che fossero riusciti ad addormentarsi.
***
“Sembrava
un po’ più giovane, ma sempre idiota
uguale.” commentò Kurogane. O forse era lui ad
essere invecchiato, nel
frattempo.
Tomoyo sorrise, osservando distrattamente gli uccelli
che svolazzavano tra le fronde degli alberi. Ovviamente, non era quella
la
risposta che si aspettava alla sua domanda.
Negli
ultimi tempi, constatò Kurogane, camminare nel
giardino del palazzo portava quasi sempre a sgradevoli conversazioni.
Cominciava ad odiarli, quei vialetti.
Dal silenzio della principessa, tuttavia, capì che la
risposta non era sufficiente, e che lei stava ancora aspettando.
“Mi è sembrato che nascondesse qualcosa”
disse alla
fine.
Tomoyo annuì lentamente. Ashura-o e la sua compagnia
di artisti girovaghi erano molto più di quello che
lasciavano apparire.
“Di cosa pensi che si tratti?”
“E come accidenti faccio a saperlo?! Non si riesce a capire
mai nulla fino a che non è troppo tardi, con quell’idiota!”
Kurogane si
rese conto di quello che aveva appena detto, e si incupì
ancora di più.
Tomoyo aspettò che gli passasse l’impeto di
rabbia,
prima di parlare.
“Kurogane, pensi che se non avessi mai incontrato lo
Yuui di Valeria saresti riuscito a capirlo comunque?”
“Non ne ho idea.”
Kurogane incrociò le braccia con un gesto nervoso.
Avrebbe reagito allo stesso modo a quell’incantesimo, se non
l’avesse già visto
in azione a Celes?
I loro occhi si sarebbero incontrati comunque?
L’idiota sarebbe comunque riuscito a trovare una
scusa per chiamarlo “Kurobau” o con qualsiasi altro
stupido nomignolo?!
Anche Tomoyo sembrava persa nelle sue meditazioni.
“Però forse non saresti stato tanto pronto a
recepire i suoi segnali, non
credi?” la principessa si voltò verso il ninja con
un sorriso dolce ad
incresparle le labbra.
“Chissà, anche questo Yuui potrebbe aver bisogno
di
una mano da parte tua… magari non in senso letterale, questa
volta!” ridacchiò
lei, mentre Kurogane la fulminava con un’occhiataccia.
“Cosa diamine vorresti dire?”
“Che se niente accade per caso, ci sarà
sicuramente
un senso nel vostro incontro.”
“E cosa dovrei fare? Rincorrerlo e fargli da balia?”
Tomoyo lo guardò, sempre sorridente, ma con gli occhi
seri.
“E’ questo che senti di voler fare?”
Kurogane aggrottò le sopracciglia.
“E a che scopo?” Questo Yuui
aveva qualcuno
con cui stare. Questo Ashura-o non sembrava affatto
in preda alla
follia. Il mago non sembrava solo. “Il mio posto è
qui.” Commentò pacato ma con
decisione.
Tomoyo annuì lentamente, mentre il sorriso tornava ad
estendersi agli occhi.
“Il tempo non smette mai di apportare
cambiamenti…”
disse, quasi tra sé e sé.
Nonostante avesse dei presentimenti piuttosto chiari
riguardo alla situazione, non poter conoscere il futuro
l’aveva privata delle
certezze. Ma da questo vuoto sentiva nascere una forte
curiosità, ed anche una
buona dose di speranza.
Amaterasu
guardava in silenzio il giardino dalle
finestre delle sue stanze.
Aveva osservato il comportamento di Kurogane, in
quegli ultimi tempi.
Generalmente, era difficile che il ninja lasciasse
trapelare i suoi sentimenti – a meno che non si trattasse
dell’esaltazione per
un’imminente battaglia – ma per chi lo conosceva
bene, il disagio ed il
contrasto di emozioni del suo animo si erano rivelati evidenti, in quel
periodo.
E la stessa Amaterasu non poteva fare a meno di
sentirsene coinvolta.
Souma la raggiunse presso la finestra.
“Siete preoccupata per Kurogane?”
Amaterasu annuì, gli occhi sempre fissi sul giardino.
“Ha sofferto così tanto. Ricordi quando lo
incontrammo per la prima volta?”
Souma annuì. Nella mente di entrambe il ricordo era
ben vivido: un ragazzino con il viso sconvolto dall’orrore e
dalla follia che
il dolore aveva causato, coperto di sangue, gli occhi dilatati tinti di
un
rosso demoniaco. La forza con cui stringeva il cadavere dilaniato della
madre e
la katana del padre, nell’altra mano.
Allora, Tomoyo l’aveva salvato dai demoni che si
erano impadroniti di lui. Era stato soprattutto grazie alla
principessa, se il
guerriero aveva potuto a sua volta essere in grado di aiutare anche i
suoi
compagni, di dare amore a chi ne aveva ricevuto così poco.
“Vederlo così mi fa sentire impotente.
E’ così
ingiusto. Nemmeno i miei poteri di Imperatrice possono nulla, contro il
suo
dolore. Nemmeno la mia musica.”
Souma le prese la mano. “La principessa Tomoyo ha
fiducia che il futuro potrà migliorare le cose.”
Amaterasu voltò verso di lei i suoi grandi occhi
celesti, sorridendole. “E io ho fiducia in mia sorella. Ma la
fiducia nel
domani non basta a cancellare il dolore del presente.”
Racchiuse la mano scura della ninja tra le sue dita
candide.
Scrutando le iridi ambrate di Souma, poteva intuire
cosa significasse rimanere soli in un mondo dove la persona amata aveva
smesso
di esistere.
“Se tu dovessi andartene, non credo sarei in grado di
resistere all’impulso di seguirti.”
Souma la guardò sorpresa, ma poi sorrise quasi
maternamente, posando l’altra mano su quelle
dell’Imperatrice.
“Avete un compito molto importante da svolgere, qui.
Non dovreste comportarvi impulsivamente.”
Amaterasu sbuffò, sporgendo leggermente il labbro
inferiore, facendo prendere alla sua piccola bocca una piega quasi
imbronciata.
“I miei sentimenti e il mio ruolo politico vanno in
direzioni troppo diverse. Vedi di non mettermi nella posizione di dover
scegliere… - tornò seria, un sorriso appena
accennato e un’espressione decisa
negli occhi – Non morire senza di me.” disse in
tono che non ammetteva repliche.
Souma sorrise mestamente, mentre acconsentiva,
chinandosi a baciarla.
***
Il
viaggio della compagnia di artisti proseguiva.
Yuui osservava il paesaggio scorrergli accanto con un
distacco che a tratti si tingeva di nostalgia.
Nostalgia senza senso, perché quell’armonia che
aveva
ascoltato come da dietro una porta chiusa, quel tepore avvertito come
mettendosi addosso una coperta o un indumento ancora tiepido del calore
altrui,
era qualcosa che lui non aveva mai posseduto, né desiderato
razionalmente di
avere.
Del resto, nessuno avrebbe davvero ricavato nulla di
buono dallo stargli accanto. Quindi… perché mai
aveva anche solo inconsciamente
desiderato che qualcuno si interessasse a lui? Che qualcuno gli si
volesse
avvicinare?
Era meglio che il paesaggio scorresse via ai suoi
lati, e che lui si limitasse ad osservarlo. Era bello così,
il paesaggio.
Lontano, senza di lui.
***continua***