Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: MystOfTheStars    12/08/2009    0 recensioni
..un'altra mia allucinazione mentale su cosa potrebbe essere di Kurogane e Fay dopo un ipotetico finale di TRC. Ma stavolta è triste.
Quel Kurogane e quel Fay sono davvero anime gemelle? O forse...?
In ogni caso, sempre KuroXFay.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Ashura Oh , Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nota: premetto che sono consapevole del fatto che non aggiorno da secoli. Ma per chiunque segua la fiction... la scriverò tutta ^^ anche se molto, molto lentamente..

Oh, e grazie innanzitutto ad Adrienne perchè mi punzecchia e vuole gli spoiler XD e alle persone che leggono e commentano questa storia.

Questo capitolo lo dedico a Neera aka Reiko, che ha sofferto tanto prima di vederlo pubblicato! (sì, ho visto la data dell'ultimo aggiornamento e sono colpevole...)





*...l'incantatore...*

capitolo V





Il giardino sembrava vuoto e silenzioso.
Era una contraddizione, perché il sole splendeva e tutto era un tripudio di vita, tra i canti degli uccelli, lo stormire delle fronde, il ronzare degli insetti.
Ma da quando gli artisti girovaghi se n’erano andati, era come se fosse venuto meno il suo senso dell’udito.
Una musica cessata all’improvviso.
Era quel tipo di armonia della cui esistenza ci si accorge solo nel momento in cui svanisce.
Kurogane non aveva mai pensato che Yuui fosse circondato da una musica – non aveva mai razionalizzato una simile considerazione.
Eppure, ora che se n’era andato, queste note si erano spente. E dalla loro assenza, era risalito al loro aleggiare nell’aria, tra i rami di quel giardino: quelle note avevano preceduto Yuui prima del suo arrivo vicino al campo di allenamento, e si erano soffermate attorno a loro nei momenti di riposo all’ombra del pozzo.
In quegli ultimi giorni, per il ninja era stato come riguadagnare un senso – una sorta di percezione fisica, una scossa che percorreva il lato del suo corpo dalla parte dove l’altro gli si avvicinava.
Una bussola interna che avvertiva e segnalava la sua presenza, quando era nei pressi.
Ora, il segnale era lontano.
Era come aver perso nuovamente una parte del suo corpo.

***

La carovana degli artisti girovaghi procedeva lungo la strada ghiaiosa, costellata di pozzanghere. Normalmente, gli zoccoli dei cavalli e le ruote del carro, con il loro movimento, avrebbero sollevato una nuvola di polvere, ma il terriccio umido rimaneva incollato a terra, plasmandosi docilmente nelle impronte dei viaggiatori.


Il numero dei componenti della carovana era consistentemente diminuito, dopo che avevano lasciato il palazzo dell’Imperatrice. Per l’evento, Ashura aveva assoldato anche alcuni artisti del luogo – era la prima volta che si ritrovavano a dare spettacolo davanti a un pubblico così importante a Nihon, e il capocomico aveva ritenuto più saggio non rischiare di sfigurare, incrementando il loro numero con altri acrobati.
Ma questi erano stati licenziati immediatamente dopo la partenza: dovevano muoversi in fretta, e, per farlo, dovevano essere in pochi. Inoltre, Ashura-o non voleva certo coinvolgere estranei nei loro problemi, anche perché non si poteva mai sapere chi si nascondesse dietro l’allegra facciata di un saltimbanco.


Erano rimasti in sette.
Karen, che cavalcava in testa alla comitiva, il viso dallo sguardo dolce contornato da boccoli dello stesso colore delle fiamme che scaturivano dai suoi eleganti incantesimi di fuoco.
Accanto a lei Karura, i capelli argentei legati sulla nuca, il viso fiero e il mento diritto, alto, mentre osservava sicura la strada davanti a lei.
Insieme a loro viaggiava anche la sorella di Karura, la piccola Karyoubinga, una bambina dalle eccezionali doti canore, la cui salute era purtroppo molto instabile: per questo, si esibiva assai raramente. Durante gli spostamenti, la piccola sedeva sempre sul carro dei bagagli e dell’attrezzatura, accanto ad Ashura-o, dove poteva riposare e dormire.
Karura, sorella estremamente protettiva e preoccupata del benessere della piccola, non avrebbe mai scelto di farle intraprendere un simile viaggio, se solo le circostanze che le avevano spinte a farlo non fossero state così gravi.
Un uccello andò a posarsi sulla spalla della donna dai capelli argentei; aveva lunghe penne bianche e nere, e un collo arcuato, potente quanto grazioso: Garuda. Agli spettatori, era presentato semplicemente come un bell’animale ammaestrato, in grado di fare i numeri più impensabili al comando della sua padrona, ma era molto più di questo. Durante il viaggio, sorvegliava la carovana dall’alto, andando in ricognizione per loro lungo il tratto di strada che dovevano percorrere, avvertendoli nel caso di pericoli o agguati. Karura aveva saputo creare un’intesa perfetta con l’uccello, e i due sembravano legati da un filo invisibile.
Con la sua grande esperienza in fatto di volatili, la donna era stata di grande aiuto a Yuui nel perfezionamento dell’incantesimo della fenice, e l’aspetto del suo animale magico era in buona parte ispirato alla magnificenza di Garuda.


Dietro il carro, a formare una solitaria retroguardia, veniva un uomo dai capelli castano chiaro, un volto gentile: Seichiiro era un maestro delle magie che comandavano il vento, e i suoi numeri includevano improvvisi mulinelli d’aria, che, opportunamente combinati al fuoco di Karen, diventavano aggraziate danze e caroselli di fiamme e scintille sospese nel vuoto… ma le folate del suo vento potevano diventare improvvisamente taglienti come lame invisibili, imprevedibili nella direzione e devastanti nella potenza.
Aveva un modo di fare sempre premuroso e gentile, anche se ogni tanto i suoi pensieri sembravano volare indietro, alla casa lontana dove aveva lasciato moglie e figlia.


Forse non erano una vera e propria compagnia di artisti girovaghi, ma il loro travestimento stava funzionando bene. Era anche piacevole.
Erano i primi a perdersi nei loro spettacoli, come se i loro poteri fossero finalizzati soltanto a quello, a divertire un pubblico deliziato e plaudente. Era piacevole crederci: era uno dei poteri della magia, riuscire a trasportare lontano dalla realtà perfino il suo stesso creatore - che tuttavia doveva essere sempre pronto a tornare indietro, senza esitazioni.


A fianco del carro condotto da Ashura, Fay e Yuui viaggiavano sulla stessa cavalcatura, un alto destriero bianco.
La principessa Tomoyo era stata molto generosa nel fornire alla compagnia i cavalli per il viaggio, in modo tale che ce ne fossero a sufficienza anche per dare il cambio agli animali, una volta che fossero stati troppo stanchi.
Eppure i due fratelli montavano lo stesso cavallo, che non sembrava risentire della fatica di trasportare due cavalieri.
Yuui manovrava le briglie con una certa noncuranza, in maniera quasi automatica, i pensieri persi tra le sponde tristi e infide che erano abituati a percorrere da molto tempo e le nuove correnti che li avevano sfiorati solo in quegli ultimi giorni.
Inoltre, Ashura-o aveva detto che erano di nuovo in fuga. Che li stavano inseguendo ancora.
Sospirò, ma strinse le briglie più saldamente; avrebbe avuto bisogno di un àncora - si sentiva ogni giorno di più come una piccola scialuppa in balia di onde sempre più alte e scure. Ma non ce l’aveva, non ce l’aveva.

***

Accadde qualche giorno dopo; la compagnia viaggiava verso sud a velocità sostenuta – per lo meno, la più sostenuta che potesse permettersi viste le dimensioni e la composizione.
Si avvicinava il tramonto, e la strada proseguiva in mezzo alle colline brulle, senza dar segno di incrociare centri abitati. C’era tempo, prima che facesse buio, ma ci avrebbero messo un po’ a montare l’accampamento, visto che dovevano pernottare all’aperto.
Così, non appena trovarono un luogo che sembrava adatto, decisero di accamparsi.
Vicino al carro venne acceso un fuoco da campo, e cucinarono una cena piuttosto frugale, mentre alcuni si recavano in fretta e furia a fare scorta di legname per il fuoco.
La serata era limpida e così sembrava sarebbe stata anche la notte.


Yuui si raggomitolò nel suo giaciglio osservando le stelle oltre i rami degli alberi sopra di lui.
Il palazzo della principessa gentile e del ninja scontroso era sempre più lontano, a nord. Yuui chiuse gli occhi, per non vedere quelle stelle ed impedire a se stesso di chiedersi se risplendevano allo stesso modo anche tra le fronde degli alberi di quel giardino… e se, per caso, lui non fosse ancora lì, ad osservarne il riflesso nelle acque scure del laghetto.


Ben presto, la stanchezza ebbe la meglio sui pensieri, e il giovane si lasciò trasportare nel mondo dei sogni come dalla lenta risacca della marea.
Ma il riposo dei viaggiatori, quella notte, non era destinato a durare a lungo.
Yuui spalancò gli occhi, svegliandosi di soprassalto, nello stesso istante in cui Fay – gli occhi fissi sulle tenebre che permeavano il bosco vicino al loro accampamento, si chinava su di lui, silenzioso, per avvertirlo.
Una mezza dozzina di uomini, forse qualcuno di meno. Dovevano aver notato la presenza delle donne, e ne avevano dedotto che la superiorità numerica del gruppo di artisti girovaghi non sarebbe stata un problema.
Yuui non poté impedire che un sorriso leggermente amaro gli inarcasse gli angoli della bocca. Avrebbero pagato caro quell’errore di valutazione.
Sentì un cambiamento nel respiro di Karen, che dormiva a poca distanza da lui, segno che anche lei si era svegliata.
Usò un piccolo incantesimo per accertarsi che tutti fossero all’erta, e così era.
Fay si alzò per andare ad avvertire Ashura-o (non ve n’era bisogno, di fatto, perché era già sveglio, ma faceva parte della strategia): in quel momento, rendendosi conto che le loro prede si erano accorte della loro presenza, gli aggressori uscirono allo scoperto, slanciandosi fuori dagli alberi all’improvviso, pur di non perdere il vantaggio della sorpresa.


Balzarono in piedi, e Yuui attivò l’incantesimo in cui quelli erano già incappati avvicinandosi troppo all’accampamento: sulla fronte di ciascuno degli uomini comparve un marchio luminoso.
Quelli rallentarono la carica, sorpresi e perfettamente visibili nel buio della notte, e quando tornarono a posare gli occhi sull’accampamento, trovarono che i suoi componenti avevano formato un cerchio difensivo intorno al carro dove dormivano Ashura-o e Karyoubinga.


Furono Karen e Seichiiro a scagliargli addosso i loro incantesimi, e gli assalitori osservarono allibiti e improvvisamente tremanti di paura la barriera fatta di fuoco e vento che li circondava, sorta dal nulla, eppure rovente e sibilante.
Un momento dopo, piombarono a terra, immobilizzati da una magia di Yuui.
Seichiiro e Karen lasciarono svanire i loro incantesimi, mentre si avvicinavano assieme a Yuui ai malcapitati, osservandoli con un certo sospetto attraverso la cortina di fuoco e vento che andava rapidamente dissolvendosi.
“Avete sprecato la vostra magia, con questi. Non sembrano molto più che comuni banditi.” Commentò inespressivo Ashura-o, raggiungendoli.
Si avvicinò ad uno dei prigionieri, inginocchiandosi accanto a lui, e Yuui allentò leggermente il suo incantesimo, così da lasciare che l’uomo fosse in grado di parlare.
“Vi manda qualcuno?” chiese nella lingua di Nihon.
Per un attimo, prima che pronunciasse quella frase, gli occhi di Ashura-o brillarono di magia.
Il malvivente fece per scuotere vigorosamente la testa, ma, non riuscendoci, si lasciò sfuggire un mugolio che somigliava ad un “no, signore”.
Era sinceramente spaventato.
Ashura sorrise con fare rassicurante, tornando a rivolgersi agli altri.
“Sono solo dei malviventi di strada. Non avrebbero mandato gente così sprovveduta nemmeno per testarci… In ogni caso, non gli farà male passare la notte così. Avranno del tempo per riflettere.”
Aggiunse usando nuovamente la lingua del luogo.
Questo suggeriva che i poteri di Ashura avrebbero avuto una qualche influenza sui sogni che i banditi avrebbero fatto quella notte. Sempre che fossero riusciti ad addormentarsi.

***

“Sembrava un po’ più giovane, ma sempre idiota uguale.” commentò Kurogane. O forse era lui ad essere invecchiato, nel frattempo.
Tomoyo sorrise, osservando distrattamente gli uccelli che svolazzavano tra le fronde degli alberi. Ovviamente, non era quella la risposta che si aspettava alla sua domanda.

Negli ultimi tempi, constatò Kurogane, camminare nel giardino del palazzo portava quasi sempre a sgradevoli conversazioni.
Cominciava ad odiarli, quei vialetti.
Dal silenzio della principessa, tuttavia, capì che la risposta non era sufficiente, e che lei stava ancora aspettando.
“Mi è sembrato che nascondesse qualcosa” disse alla fine.
Tomoyo annuì lentamente. Ashura-o e la sua compagnia di artisti girovaghi erano molto più di quello che lasciavano apparire.
“Di cosa pensi che si tratti?”
“E come accidenti faccio a saperlo?! Non si riesce a capire mai nulla fino a che non è troppo tardi, con quell’idiota!” Kurogane si rese conto di quello che aveva appena detto, e si incupì ancora di più.
Tomoyo aspettò che gli passasse l’impeto di rabbia, prima di parlare.
“Kurogane, pensi che se non avessi mai incontrato lo Yuui di Valeria saresti riuscito a capirlo comunque?”
“Non ne ho idea.”
Kurogane incrociò le braccia con un gesto nervoso. Avrebbe reagito allo stesso modo a quell’incantesimo, se non l’avesse già visto in azione a Celes?
I loro occhi si sarebbero incontrati comunque?
L’idiota sarebbe comunque riuscito a trovare una scusa per chiamarlo “Kurobau” o con qualsiasi altro stupido nomignolo?!
Anche Tomoyo sembrava persa nelle sue meditazioni. “Però forse non saresti stato tanto pronto a recepire i suoi segnali, non credi?” la principessa si voltò verso il ninja con un sorriso dolce ad incresparle le labbra.
“Chissà, anche questo Yuui potrebbe aver bisogno di una mano da parte tua… magari non in senso letterale, questa volta!” ridacchiò lei, mentre Kurogane la fulminava con un’occhiataccia.
“Cosa diamine vorresti dire?”
“Che se niente accade per caso, ci sarà sicuramente un senso nel vostro incontro.”
“E cosa dovrei fare? Rincorrerlo e fargli da balia?”
Tomoyo lo guardò, sempre sorridente, ma con gli occhi seri.
“E’ questo che senti di voler fare?”
Kurogane aggrottò le sopracciglia.
“E a che scopo?” Questo Yuui aveva qualcuno con cui stare. Questo Ashura-o non sembrava affatto in preda alla follia. Il mago non sembrava solo. “Il mio posto è qui.” Commentò pacato ma con decisione.
Tomoyo annuì lentamente, mentre il sorriso tornava ad estendersi agli occhi.
“Il tempo non smette mai di apportare cambiamenti…” disse, quasi tra sé e sé.
Nonostante avesse dei presentimenti piuttosto chiari riguardo alla situazione, non poter conoscere il futuro l’aveva privata delle certezze. Ma da questo vuoto sentiva nascere una forte curiosità, ed anche una buona dose di speranza.

Amaterasu guardava in silenzio il giardino dalle finestre delle sue stanze.
Aveva osservato il comportamento di Kurogane, in quegli ultimi tempi.
Generalmente, era difficile che il ninja lasciasse trapelare i suoi sentimenti – a meno che non si trattasse dell’esaltazione per un’imminente battaglia – ma per chi lo conosceva bene, il disagio ed il contrasto di emozioni del suo animo si erano rivelati evidenti, in quel periodo.
E la stessa Amaterasu non poteva fare a meno di sentirsene coinvolta.
Souma la raggiunse presso la finestra.
“Siete preoccupata per Kurogane?”
Amaterasu annuì, gli occhi sempre fissi sul giardino.
“Ha sofferto così tanto. Ricordi quando lo incontrammo per la prima volta?”
Souma annuì. Nella mente di entrambe il ricordo era ben vivido: un ragazzino con il viso sconvolto dall’orrore e dalla follia che il dolore aveva causato, coperto di sangue, gli occhi dilatati tinti di un rosso demoniaco. La forza con cui stringeva il cadavere dilaniato della madre e la katana del padre, nell’altra mano.
Allora, Tomoyo l’aveva salvato dai demoni che si erano impadroniti di lui. Era stato soprattutto grazie alla principessa, se il guerriero aveva potuto a sua volta essere in grado di aiutare anche i suoi compagni, di dare amore a chi ne aveva ricevuto così poco.
“Vederlo così mi fa sentire impotente. E’ così ingiusto. Nemmeno i miei poteri di Imperatrice possono nulla, contro il suo dolore. Nemmeno la mia musica.”
Souma le prese la mano. “La principessa Tomoyo ha fiducia che il futuro potrà migliorare le cose.”
Amaterasu voltò verso di lei i suoi grandi occhi celesti, sorridendole. “E io ho fiducia in mia sorella. Ma la fiducia nel domani non basta a cancellare il dolore del presente.”
Racchiuse la mano scura della ninja tra le sue dita candide.
Scrutando le iridi ambrate di Souma, poteva intuire cosa significasse rimanere soli in un mondo dove la persona amata aveva smesso di esistere.
“Se tu dovessi andartene, non credo sarei in grado di resistere all’impulso di seguirti.”
Souma la guardò sorpresa, ma poi sorrise quasi maternamente, posando l’altra mano su quelle dell’Imperatrice.
“Avete un compito molto importante da svolgere, qui. Non dovreste comportarvi impulsivamente.”
Amaterasu sbuffò, sporgendo leggermente il labbro inferiore, facendo prendere alla sua piccola bocca una piega quasi imbronciata.
“I miei sentimenti e il mio ruolo politico vanno in direzioni troppo diverse. Vedi di non mettermi nella posizione di dover scegliere… - tornò seria, un sorriso appena accennato e un’espressione decisa negli occhi – Non morire senza di me.” disse in tono che non ammetteva repliche.
Souma sorrise mestamente, mentre acconsentiva, chinandosi a baciarla.

***

Il viaggio della compagnia di artisti proseguiva.
Yuui osservava il paesaggio scorrergli accanto con un distacco che a tratti si tingeva di nostalgia.
Nostalgia senza senso, perché quell’armonia che aveva ascoltato come da dietro una porta chiusa, quel tepore avvertito come mettendosi addosso una coperta o un indumento ancora tiepido del calore altrui, era qualcosa che lui non aveva mai posseduto, né desiderato razionalmente di avere.
Del resto, nessuno avrebbe davvero ricavato nulla di buono dallo stargli accanto. Quindi… perché mai aveva anche solo inconsciamente desiderato che qualcuno si interessasse a lui? Che qualcuno gli si volesse avvicinare?
Era meglio che il paesaggio scorresse via ai suoi lati, e che lui si limitasse ad osservarlo. Era bello così, il paesaggio.
Lontano, senza di lui.

***continua***

  
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