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Autore: evelyn80    29/05/2020    5 recensioni
I Chicago si ritrovano tutti insieme in uno studio fotografico per dare vita alla copertina del loro primo Greatest Hits: "Chicago IX"
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lee Loughnane, Robert Lamm, Terry Kath, Walter Parazaider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Make me smile'
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Storia di uno scatto “quasi” perfetto



 

Los Angeles, 20 settembre 1975

 

I Chicago al completo varcarono la soglia dello studio fotografico guardandosi attentamente intorno. Era la prima volta – escludendo la piccola foto su Chicago VI in cui tutti erano volutamente rimasti seri – che sarebbero apparsi sulla copertina di un loro album. E anche l'album in uscita stesso era una novità: la prima raccolta dei loro più grandi successi composti fino a quel momento. *(1
Jimmy Guercio, il loro produttore, li aveva contattati una settimana prima, dandogli appuntamento presso il miglior studio fotografico di tutta Los Angeles con la voce squillante per l'eccitazione.
«Ragazzi! Sabato prossimo fatevi trovare tutti in gran forma. Ho in mente un'idea geniale per la copertina di Chicago IX!».
Peccato che, nell'ingresso dello studio, non ci fosse proprio nessuno ad attenderli.
Flash, il cocker spaniel nero e bianco di James, dopo aver fiutato a lungo il pavimento coperto dalla moquette lanciò un paio di latrati profondi, come a segnalare la loro presenza. Il suo intento funzionò perché dopo alcuni secondi Jimmy Guercio, seguito da un altro uomo con la macchina fotografica appesa al collo, li raggiunse dando loro il benvenuto. *(2
«Ragazzi! Finalmente siete arrivati!», li accolse spalancando le braccia. «Venite, venite», aggiunse, facendo ampi gesti verso il corridoio da cui era appena apparso. «Non vedo l'ora di farvi vedere cosa ho in mente per la copertina!».
Fece loro strada lungo un corridoio infinito su cui si aprivano varie porte, contro ognuna delle quali Flash si fermava ad annusare e a lasciare un proprio ricordino.
«Ma era proprio necessario farmi portare anche il cane?», chiese James, strattonando il guinzaglio del cocker per evitare che inondasse il corridoio con la sua urina.
«Certo! È assolutamente fondamentale!».
Il trombonista scambiò un'occhiata dubbiosa con Walter, storcendo la bocca verso il basso come per dire: “Accidenti, che esagerato...”. Strattonò il cane per l'ennesima volta e raggiunse il resto del gruppo che stava per entrare in una delle stanze più vaste del complesso.
«Ecco qua!», esclamò di nuovo Guercio, indicando con un gesto teatrale delle braccia la parete di fondo della stanza. Appesa al soffitto per mezzo di grosse funi di canapa, sospesa a un metro da terra, stava una vecchia piattaforma di legno sporca di fuliggine e macchiata di vernice, di quelle che usavano un tempo i lavavetri o gli imbianchini. E, come a confermare la sua funzione, a entrambe le estremità della pedana stavano appesi alcuni barattoli di vernice gialla e rossa e alcuni rotoli di corda.
«Allora? Che ne dite, eh?», chiese il loro produttore, ammiccando verso la parete con le sopracciglia inarcate.
«Dobbiamo ritinteggiare la stanza? Io avevo capito che dovevamo fare le foto per la copertina dell'album», rispose Terry dubbioso, grattandosi la testa.
«Ma certo che no!», esclamò Jimmy Guercio, scuotendo il capo. «Venite, vi faccio vedere».
Li guidò verso una grossa scrivania posta dal lato opposto della piattaforma. Sui fogli da disegno sparsi sulla sua superficie erano ritratti alcuni schizzi per la nuova copertina. Il giovane produttore ne prese uno e lo mostrò ai ragazzi.
«Ecco: voi vi improvvisate imbianchini per andare a dipingere il vostro logo sulla facciata di un palazzo e farvi pubblicità», spiegò, indicando lo schizzo della piattaforma con sopra aggrappati degli omini stilizzati. «Nel frattempo, siccome lo state facendo senza permesso, la signora proprietaria dell'appartamento che state imbrattando tenterà di tagliare una delle corde di sostegno della pedana con una mannaia» - il dito di Jimmy si spostò verso l'alto - «mentre un poliziotto vi minaccerà con un manganello. E non è tutto». Fece una pausa teatrale prima di continuare. «Visto che non siete capaci di dipingere, sarete tutti imbrattati di vernice e sarete aggrappati alla piattaforma che sta per cadere. Allora? Che ve ne pare?».
«Una cagata pazzesca», rispose Robert per primo, scuotendo la testa.
«Non ho nessuna intenzione di sporcarmi i capelli con la vernice, ieri ho fatto la messa in piega!», aggiunse Peter, quasi strillando in tono isterico.
Terry si accostò alle spalle del bassista e fece l'atto di scompigliargli la lunga chioma bionda, facendolo saltare di lato con un gridolino, prima di rispondere. «A me non dispiace come idea. Tu che ne dici, Danny?».
Il batterista annuì. «Io non ho alcun problema a sporcarmi».
«Neanche io», aggiunse James, «ma Flash, in tutto questo, che ruolo ha?», chiese, cercando di trattenere il cocker che aveva già macchiato la moquette con la propria pipì in diversi punti della stanza.
«Lui sarà sulla pedana con voi. Gli animali vanno tanto di moda...».
Il trombonista scambiò lo stesso sguardo dubbioso di poco prima con Walter, che comunque annuì dando il proprio benestare.
Lee, invece, storse il naso. «Io, sinceramente, vorrei evitare di macchiarmi di vernice. Non mi piace molto l'idea di dover poi strofinare per giorni e giorni per mandarla via».
«Tranquilli, è vernice all'acqua», disse il fotografo, parlando per la prima volta. «Una semplice doccia e il colore andrà via».
«Tu che ne pensi, amigo?», chiese Terry a Laudir, che fino ad allora si era guardato attentamente attorno ma non aveva spiccicato parola.
Il brasiliano si strinse nelle spalle. «Sono abituato a ben peggio...».
«Bene, allora è deciso!», esclamò Guercio, battendo le mani con entusiasmo. «Andate a cambiarvi. In fondo al corridoio troverete lo spogliatoio con tutto l'occorrente. I vestiti sono già stati debitamente macchiati. Poi tornerete qui e completeremo l'opera. Su su...», li esortò quando li vide esitare, «andate!».
Gli otto ragazzi percorsero il corridoio in fila indiana, James in ultima posizione, trattenuto da Flash che continuava a fermarsi per marchiare il proprio territorio. Una volta giunti nel camerino trovarono i vestiti che avrebbero dovuto indossare, ognuno contrassegnato da un cartellino con il nome, appesi a delle grucce in un angolo.
«Dai, in fondo sarà divertente», disse Terry, prendendo gli abiti che gli erano stati assegnati – una camicia turchese e un paio di jeans troppo stretti – e cominciando a indossarli. «Cazzo, forse non avrei dovuto mangiare quei burritos strada facendo...», aggiunse, trattenendo il fiato per allacciare il bottone dei pantaloni.
«Adesso non cominciare a mollare i tuoi gas di scarico, per favore!», esclamò Lee, afferrando i propri abiti di scena e allontanandosi di colpo mentre il chitarrista si premeva entrambe le mani sulla pancia.
Piegandosi in avanti, Terry sganciò uno dei suoi famosissimi peti pestilenziali.
«Ahhhhhhh...», sospirò, «ora va molto meglio...».
Gli altri ragazzi cominciarono ad affrettarsi, prima che l'aria nella stanza diventasse irrespirabile.
«Ehi, ma io ho solo questa da mettere?», chiese Peter fissando la salopette, un tempo bianca, che gli era stata assegnata.
«Anch'io ho solo una salopette», replicò Lee indossando un berrettino marrone.
«E io pure», aggiunse Danny, l'unico – a parte Terry – perfettamente a suo agio nella stanza. Ormai era talmente abituato a convivere con gli effluvi dell'amico da non farci neanche più caso. «Anzi, a me non hanno dato manco il cappello, mentre voi invece ce l'avete».
Indicò un altro berretto marrone appeso alla gruccia di Peter.
«Cosa?! Io quell'affare in testa non me lo metto! Mi rovinerà tutta la piega!», esclamò il bassista, la voce di nuovo istericamente acuta.
«E piantala con questa storia, Bellicapelli!», esclamò Robert, già pronto in maglietta e pantaloni bianchi adeguatamente variopinti, prendendo il cappellino dall'appendiabiti e calcandolo in testa al bassista. Così facendo, ne approfittò per lanciare una lunga occhiata al suo petto coperto dalla fitta peluria bionda, mordendosi il labbro inferiore al pensiero di ciò che avrebbe voluto fargli. *(3
Dopo aver fatto pipì praticamente ovunque e aver annusato ripetutamente il deretano di Terry, Flash abbaiò un paio di volte in direzione dei ragazzi, si mise un secondo seduto a grattarsi distrattamente un orecchio, poi afferrò i pantaloni che Walter aveva appena tolto e cominciò a mordicchiarli, bucandoli con i lunghi canini affilati.
«No, Flash, no!», gridò esasperato il sassofonista, recuperando l'indumento ormai irrimediabilmente rovinato. «Erano nuovi... Jacklynn me li annoderà al collo al posto della cravatta...», esalò scuotendo il capo, per poi lasciare il camerino al seguito dei suoi compagni di band.
Di nuovo nello studio, Jimmy Guercio squadrò i ragazzi con occhio critico.
«No... ancora non ci siamo», disse, per poi muoversi rapidamente attorno a loro. Prese il berretto di Peter e lo mise sulle ventitré, scompigliando i capelli del bassista e facendolo urlare per lo sdegno; arrotolò le maniche della maglietta di Walter, mettendo in evidenza i suoi bicipiti; poi corse ai barattoli di vernice, inzuppò un paio di pennelli e imbrattò le braccia e la faccia di tutti. Peter si contorse per cercare di sfuggire alla sua presa ma Robert lo afferrò e lo tenne fermo, permettendo al loro produttore di spennellargli ben bene il braccio e la spalla destra di rosso. Per completare l'opera, il tastierista gli passò la mano sulla parte di pelle verniciata, spargendogli la tinta fin sulla schiena e godendosi quel contatto altrimenti proibito.
Una volta pronti, il fotografo mostrò loro come posizionarsi sulla piattaforma.
«Vi metterete quasi tutti sul lato sinistro, così da sbilanciarla. Dobbiamo far finta che stiate per cadere. Tranquilli», aggiunse, quando vide i ragazzi che si lanciavano sguardi preoccupati, «la pedana rimarrà a questa altezza. Poi inseriremo la facciata del palazzo con un fotomontaggio».
Nel frattempo due comparse – un uomo vestito da poliziotto e un altro vestito da donna con tanto di bigodini in testa – si piazzarono dietro un pannello bianco a fianco della piattaforma, facendo spuntare testa e braccia da un'apertura che simulava una finestra aperta.
«E chi è la padrona dell'appartamento, Magilla Gorilla?», chiese ironico Terry, fissando l'uomo con i bigodini che rispose con un ghigno feroce, ovviamente contrariato all'idea di dover impersonare una donna. *(4
«Molto bene, Stan! Un'espressione perfetta!», esclamò Jimmy Guercio indicandolo. «È proprio quella che dovrà apparire sulla foto!».
Intanto il fotografo continuava a guidare i ragazzi.
«Bene, Walter, tu sdraiati qui. Aggrappati con la destra alla tavola e tieni questo con la sinistra». Mentre parlava gli aveva messo in mano un barattolo di vernice rossa. «Robert, tu aggrappati qui con entrambe le mani e lasciati penzolare nel vuoto», riprese, indicando al tastierista la sua posizione.
Il ragazzo obbedì, stendendo le lunghe gambe sul pavimento e facendo inclinare leggermente la pedana verso sinistra.
«James, Laudir, Terry e Danny: voi quattro salite sulla piattaforma. Laudir, siediti accanto a Walter; James, tu mettiti appoggiato qui». Il fotografo prese i gomiti del trombonista e li sistemò sulla tavola di protezione della pedana, mettendogli poi un barattolo nella mano destra e un pennello nella sinistra. «Terry, tu dovrai fingere di cadere verso l'interno della pedana e Laudir ti sosterrà. Danny, tu invece ti aggrapperai alle funi e guarderai verso la signora che sta tagliando una delle corde con la sua mannaia».
«Quale signora?», chiese il batterista trattenendo a stento una risata. «Magilla?».
Stan, l'uomo in bigodini, si produsse in un altro ghigno satanico suscitando ancora una volta l'approvazione di Jimmy Guercio.
Il fotografo continuò come se non fosse stato neanche interrotto. «Lee, Peter: voi vi aggrapperete alla parte esterna della piattaforma. Tu alla tavola e alle corde», aggiunse indicando il trombettista, «e tu ti aggrapperai a Lee. Avvolgi il piede destro al rotolo di fune, ecco, così!», concluse rivolgendosi al bassista.
«E Flash?», chiese James, indicando il proprio cane alle prese con le tende dello studio.
«Deve salire anche lui sulla piattaforma!», esclamò Guercio mettendosi le mani tra i lunghi capelli scuri. «Presto, chiamalo!».
Il trombonista fischiò e il cocker lo raggiunse scodinzolando, le lunghe orecchie nere che gli penzolavano accanto al muso. Annusò per un po' la pedana, l'inguine di Robert e il braccio di Walter, poi salì sulla piattaforma mettendosi seduto proprio accanto alla testa del sassofonista e prendendo subito a masticare l'estremità di un rotolo di corda.
«Ecco, perfetto, perfetto! Ora state fermi immobili!», gridò Jimmy Guercio, entusiasta.
Il fotografo prese la macchina fotografica e la piazzò sul cavalletto, poi iniziò a dare le ultime disposizioni.
«Stan, fingi di tagliare la corda con la mannaia. Paul, agita il manganello e guarda verso Danny».
I due uomini obbedirono.
«Il ghigno, mi raccomando il ghigno!», ricordò Guercio.
«Terry, appoggiati a Laudir e alza la gamba. Di più... di più...».
«Ehi, ma così finirò davvero a palle all'aria!», esclamò il chitarrista cercando disperatamente di mantenere l'equilibrio.
«Peter, Lee: voglio vedere espressioni più spaventate. Ricordatevi che avete paura di cadere!».
«Ma io ho paura! Ho paura di scompigliarmi i capelli!», gridò il bassista, isterico.
«Aggrappati meglio alla salopette di Lee», continuò il fotografo, fingendo di non averlo sentito.
Peter, desideroso di portare a termine il servizio fotografico il prima possibile, obbedì alla richiesta.
«Ahi!!! Così mi schiacci i coglioni!!!», gridò il trombettista, la parte in questione compressa dalla stoffa che tirava.
«Walter, anche tu devi essere spaventato! Spalanca la bocca!».
Proprio in quel momento, Flash ricordò che non aveva ancora marchiato la pedana come suo territorio. Alzò la gamba e cominciò a fare pipì sulla schiena del sassofonista.
«Flash... noooooooo!», gridò Walter, facendo voltare Laudir verso di lui.
«Ecco, così è perfetto!», gridò il fotografo.

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Spazio autrice:

Scusate, ma avevo davvero bisogno, in questo periodo così nero che sto passando, purtroppo, di scrivere qualcosa di comico.
Qualche giorno fa, guardando la copertina di Chicago IX e fissando le espressioni sui volti dei ragazzoni ho cominciato a domandarmi, e a immaginare, come potesse essersi svolto quel servizio fotografico. Guardando le loro facce, ho immaginato appunto che Lee avesse i “gioielli di famiglia” compressi nella salopette, e che il cane stesse facendo pipì sulla schiena di Walter. Da lì è nato tutto il delirio che avete appena letto. Spero che ne sia uscito qualcosa di decente, e di avervi fatto almeno sorridere un po'.
Vi lascio alle note numerate.
*1) - Chicago IX, uscito il 10 novembre 1975, è il primo Greatest Hits della band ed è anche il primo album in cui i ragazzi compaiono in copertina. L'unica eccezione è appunto Chicago VI, in cui sono presenti solo i loro volti e tutti dall'espressione molto seria. Naturalmente all'interno degli album precedenti sono presenti loro immagini, ma tutte non visibili dall'esterno. Questo perché, soprattutto nei primi anni della loro carriera, i ragazzi erano convinti che il gruppo nel suo insieme fosse molto più importante dei singoli componenti, e quindi non amavano apparire in copertina lasciando il posto al loro logo.
*(2 - Non ho idea di chi sia il proprietario del cane che appare in copertina, e non ho nemmeno idea se James abbia mai avuto o meno un cane. Questa cosa è frutto della mia fantasia. Ho scelto il nome Flash ispirandomi al cane di proprietà dello sceriffo Rosco P. Coltrane, nella vecchia serie TV “Hazzard”.
*(3 - “Bellicapelli” è un soprannome che ho inventato io per Peter, facendolo pronunciare a vari membri della band in varie storie, vedendo che in diversi video compare con la chioma perfettamente curata e talmente coperta di lacca da muoversi tutta insieme. Da questo nasce anche la sua paura di vedere i suoi capelli scompigliati, frutto della mia fantasia. L'accenno alla passione nascosta di Robert nei confronti di Peter si trova anche in altre mie storie. Secondo la mia personalissima story line i due poi diventeranno amanti nell'agosto del 1977.
*(4 - “Magilla Gorilla” è uno dei personaggi creati dalla fantasia di Hanna-Barbera, protagonista di uno show a lui dedicato prodotto dal 1963 al 1967.

  
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