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Autore: chemist    29/05/2020    0 recensioni
Un gruppo di ragazzi si trova ad una festa quando il cielo della cittadina in cui vivono viene solcato da qualcosa di incredibile, che cambierà la loro vita…e tutte quelle a venire.
Storia basata su un sogno particolarmente bizzarro che ho fatto un po' di tempo fa.
Genere: Introspettivo, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: La scimmia e il documento
 
“Il te stesso…di un altro mondo?”.
Anche se scandite lentamente, quelle parole mi risultarono più strane ripetute da me stesso piuttosto che pronunciate da un tizio di cui, per inciso, non conoscevo ancora niente, se non che si chiamava Ben.
Non sapevo nemmeno perché stessi riflettendo su quello che aveva detto: era palesemente una stronzata. Voglio dire, una luce nel cielo che ti permette di vedere te stesso, ma in un’altra dimensione o cose così? Neanche un bambino o un pazzo ci crederebbero.
Diciamo però che dopo aver sentito l’urlo di un ragazzo spaventato da qualcosa che avevo visto nel cielo, dopo essere stato attraversato da un’onda d’urto anomala e dopo aver visto una trentina di persone incantate e mentalmente sconnesse, beh, se non altro iniziavo a pensare che quello non fosse un giorno come gli altri.
Ricordo che considerai addirittura l’ipotesi che si trattasse di un sogno: magari da un momento all’altro mi sarei svegliato dopo una lunga pennichella e avrei scoperto che la mia mente, nel frattempo, s’era fatta un bel viaggetto.
Inutile dire che non era un sogno, e anche se lo fosse stato, era ben lungi dal finire.
Questo Ben, saltato fuori dal nulla, ora mi guardava come se vedesse in me la sua unica fonte di salvezza: “e-esatto…è stato t-t-tremendo!”.
“Ben, si vede che sei scosso ma…” si intromise Eva, avvolgendogli le spalle con un braccio per farlo sentire al sicuro, “…non potresti provare ad essere un po' più preciso?”.
Proprio quando stavo iniziando a perdere la pazienza, Ben riuscì finalmente a ridurre considerevolmente il proprio tremito. “Ci posso provare”, confermò, e dopo aver inspirato a fondo cominciò a raccontare l’accaduto.
“Stavo ballando con un gruppetto di amici quando un ragazzo lì fuori ha urlato all’improvviso; non so chi fosse, forse un amico di Lina, ma è entrato e ha detto ‘venite tutti fuori, guardate cosa c’è in cielo’…ci stavamo divertendo dentro, ma eravamo anche curiosi perché sembrava che quel tizio se la stesse facendo addosso dalla paura, quindi siamo usciti e…lo abbiamo visto”.
Fece una piccola pausa, lo sguardo fermo su un punto indefinito.
“All’inizio era parecchio distante, tanto che molti di noi pensavano fosse solo un aereo; poi però ha iniziato a scendere, e a scendere ancora, finché non ha preso la forma di un grosso disco bucato. Si spostava da una parte all’altra e a me sembrava anche che ruotasse su se stesso, ma non ne sono sicuro…in ogni caso, eravamo ormai tutti concentrati a guardarlo, me compreso, ma poi c’è stata…come dire, una specie di vibrazione tutt’intorno a noi, una strana luce bianca ha avvolto tutto ciò che mi circondava e il disco si è ingigantito…o meglio, sono io che mi stavo avvicinando ad esso, come se mi stesse risucchiando!”.
A malincuore dovetti interromperlo per esternare un dubbio: “beh, lì fuori in questo momento ci sono decine di altre persone che si trovano nello stesso stato in cui ti sei trovato tu, ma i loro piedi non si sono mai sollevati da terra…”.
“Si, beh, potrebbe essere stata un’illusione” rispose Ben con molta più disinvoltura di quanta ne richiedesse l’argomento trattato. “In effetti, per tutto il tempo mi sono sentito come se il mio corpo non stesse subendo niente di particolare…era la mia mente a vivere tutte quelle cose…”.
“Quali cose? Vai avanti” suggerì Eva.
“Quando sono…ehm, entrato nel portale, mi è apparso davanti agli occhi un flusso velocissimo di immagini…erano troppe e riesco a ricordarne soltanto due, quelle che sono rimaste visibili per più tempo: una scimmietta di peluche e un documento, sul quale però non sono riuscito a capire cosa ci fosse scritto…prima che me lo chiediate, non ho la minima idea del loro significato”.
Stavolta, malgrado la fretta che aveva di scoprire il resto, fu Eva a interromperlo: “non dicevi di aver visto il te stesso di un altro mondo?”.
“Infatti” ribadì Ben. “Mentre cercavo di dare un senso alla scimmia e al documento, le immagini sono scomparse e al loro posto si è aperto un altro buco. Lo sfondo era indefinito, ma di colpo mi è apparsa davanti agli occhi una copia esatta di me stesso, il che come potete immaginare mi ha provocato un bello spavento. Pensavo si trattasse di un’altra immagine o di una sorta di grande specchio…ma poi la mia copia ha iniziato a parlare!”.
Ben ricominciò a tremare, ed Eva pensò che forse ci stavamo spingendo troppo oltre.
“Ben, non sei obbligato a dirci che cosa ti ha detto…”.
“Invece si! Devo dirvelo” esclamò lui con vigore. “Solo riportandovi tutti i dettagli abbiamo una chance di venirne a capo”.
“Allora continua” lo esortai.
“Aveva un’espressione enigmatica, e la sua voce era uguale alla mia. ‘Salve, Ben, ti trovo in forma’, mi ha detto. Io gli ho chiesto chi fosse, e nel farlo temo di avergli anche urlato contro perché mi ha risposto ‘sta’ calmo, non c’è motivo di agitarsi. Io sono te. Sono Ben, ma di un altro mondo, diverso dal tuo. Volevo solo vedere come te la passavi’”.
Ben spostò ossessivamente lo sguardo da me ad Eva, da Eva a me, forse per soppesare le nostre reazioni.
Vidi Eva boccheggiare, come se avesse udito parole di un linguaggio incomprensibile, e capii che probabilmente aveva raggiunto il limite; quindi, senza una fottuta ragione, domandai a Ben: “e dimmi…questa tua copia, era esattamente uguale a te? In tutto e per tutto?”.
“Fisicamente si” rispose lui, forse rincuorato dal fatto che fossimo ancora lì ad ascoltarlo invece di mandarlo al diavolo insieme a quell’insulsa storia, “ma aveva, come dire, uno stile diverso…era ben pettinato, aveva la barba curata e dei vestiti eleganti: giacca, camicia, persino una cravatta…roba che io detesto”.
‘In pratica sta ammettendo pubblicamente di essere un barbone’, pensai.
Non provavo nessuna ostilità nei suoi confronti, ero solo maledettamente confuso e cercavo punti di contatto con la realtà.
“E poi cos’altro è successo?” azzardai. Eva continuava a tacere.
“La mia copia mi ha detto ‘vieni, ti porto a fare un giro nel mio mondo’, e poi si è voltato, quasi come se volesse accompagnarmi…ma proprio quando lo sfondo dietro di lui stava iniziando ad assumere una forma, ho visto un flash che ha fatto scomparire tutto, come quello dei televisori…e mi sono ritrovato qui con voi. Questo è tutto”.
 
Per qualche minuto (che sembrò un’eternità) restammo tutti e tre in rigoroso silenzio, ognuno perso in pensieri diversi. Dopo di che Eva, come se si fosse svegliata solo allora da un lungo sonno, si schiarì la voce e disse: “Ben, vorrei parlare un attimo in disparte con Dan, se non ti dispiace…ma tranquillo, non andiamo da nessuna parte, non ti lasciamo da solo”.
“Certo, certo…fate pure” acconsentì Ben, quindi Eva mi invitò con un cenno del capo a spostarci un po' più in là.
 
“Prima di prendere una qualsiasi decisione” esordì, quando fu certa che la distanza impedisse a Ben di origliare, “vorrei avvisarti che non sono sicura che ci si possa fidare di lui”.
“Ma non mi dire” risposi io sarcasticamente, come se ciò non fosse già abbastanza evidente da quanto avevamo appena udito.
“Sono seria, Dan” mi rimproverò lei. “Ben è il fratellastro di Lina; potrà anche sembrarti un bravo ragazzo, e infondo lo è, ma lui ha…sofferto di tossicodipendenza, in passato, e per quanto ne sappiamo potrebbe soffrirne ancora”.
‘Ma tu guarda: Lina Garrison ha un fratellastro drogato’, pensai tra me e me, prima di realizzare quanto fosse stupido concentrarsi su quel particolare in un momento come quello.
“Quindi…cosa suggerisci di fare?” domandai dubbioso.
“Non lo so, forse dovremmo solo…aspettare che si riprendano anche tutti gli altri”.
“E se non si riprendessero? Voglio dire, è passato un bel po' di tempo da quando Ben ha iniziato a parlare…e poi c’è una cosa che non quadra: ha parlato anche lui di vibrazione, magari intendeva l’onda d’urto di poco fa…se così fosse, potrebbe esserci un minimo di verità nella sua storia”.
“O magari ha semplicemente ingigantito la cosa…te lo ripeto: non possiamo dare troppo peso a quel che esce dalla sua bocca, potrebbe essere mentalmente poco stabile”.
“Io credo che valga comunque la pena investigare ed eventualmente…fare qualcosa” insistetti, mentre Eva scrollò le spalle disorientata.
“Hai un’idea migliore?”.
“Non so se sia migliore ma si, ho un’idea” dissi con tono un po' più fermo. “Vieni, torniamo da Ben: tossicodipendente o no, è giusto che anche lui esprima la propria opinione”.
Così ci riavvicinammo al ragazzo, che d’un tratto si alzò in piedi e mi tese una mano.
“Comunque in tutto questo casino non abbiamo avuto modo di presentarci” disse con un mezzo sorriso. “Io mi chiamo Benedict, ma puoi chiamarmi anche tu Ben; se sei venuto alla festa immagino che tu conosca Lina…beh, io sono suo fratello. Fratellastro, a voler essere più precisi”.
“Capisco” risposi, fingendo di non saperne nulla. “Io sono Jordan, ma chiamami pure Dan”.
“Allora? Che si fa?” chiese lui impaziente. Anche Eva aspettava indicazioni, dato che non le avevo neanche accennato i miei piani.
“Bene, è ovvio che ci troviamo in una situazione senza precedenti. E in casi come questo, c’è una sola persona al mondo con cui andrei a parlare…”.
   
 
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