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Autore: Corydona    30/05/2020    2 recensioni
Alla vigilia delle Olimpiadi a Roma, gli allenatori delle nazionali di calcio erano stati molto chiari: niente relazioni tra la squadra maschile e quella femminile. Per molti non era stato un problema accettare l’imposizione; ma non per Serena Villa, che si ritrova ai Giochi insieme al suo ragazzo, un calciatore dell’under23, con cui ha una storia che tiene segreta persino alla sua migliore amica e compagna di squadra.
Inoltre, sta pensando di lasciare la Roma, squadra per cui gioca e in cui è cresciuta, se si dovesse presentare quell’offerta in cui da quando ha iniziato a giocare. La vetrina internazionale la può porre sotto i riflettori e magari può attirare proprio quel club che sogna e per cui tifa sin da bambina.
Riuscirà a disputare una buona Olimpiade, o le sue questioni personali avranno la meglio?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olimpiadi Romane'
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 Mi butto sul mio sedile negli spogliatoi. Qualcuno mi passa una bottiglia, ma non mi rendo neanche conto di chi sia: le mie attenzioni sono tutte per la zia, che sembra pronta a dire qualcosa.

 «Allora, loro sono più vulnerabili sul lato sinistro quindi, Giada e Spine, dovete attaccare da quella parte. Ma voglio vedere più cambi gioco, quindi passatela alla Mari che ci pensa lei. Alessia, devi proporti di più!»

 «Vabbuò, ma che teng'a fa'?» ribatte Alessia. «Io avanti ci vado!»

 L'allenatrice sembra non avere nulla da aggiungere al terzino campano, visto che continua il suo "giro".

 «Cicero, occhio a quando Alessia e Serena salgono, e soprattutto a quando Prisca rientra e allo scambio di posizione tra lei e Villa. D'accordo?»

 «No, perché se la Cox esce dalla difesa per marcare la Prisca…» obietta Marisa, ma non riesce a terminare la frase.

 «Allora deve inserirsi una tra Serena e Livia. Noce, prova a scambiare ogni tanto posizione con la Spine!»

 Sento mormorii di assenso. Livia Nocentini annuisce, senza dire nulla. Ma io scambio un'occhiata con Federica: siamo entrambe perplesse. Per quanto sia una buona attaccante, messa dietro sulla linea di centrocampo rischia solo di combinare qualche danno… quello non è proprio il suo ruolo. E poi sta meglio in avanti, dove può puntare l'avversaria e far passare la palla!

 Marisa si siede vicino a me.

 «Se la Ryan ti marca, tu scarica la palla. Io cercherò di liberarmi, ma se no dalla a Prisca o Ale. Per fortuna non mi stanno marcando e sono libera.»

 «La White potrebbe dire che ti devono prendere…» mormoro.

 Marisa scrolla le spalle, senza commentare.

 Elena si avvicina a noi.

 «Per ora sta andando bene, ma in difesa dobbiamo essere più compatte, sennò ci segnano.»

 Annuisco. So di essere stata un po' disordinata in fase difensiva, ma perché a un certo punto ho preso come una sfida personale la marcatura di Ryan... e penso che lei abbia fatto lo stesso con me. Per quasi tutto il primo tempo non ci siamo tolte gli occhi di dosso!

Un magazziniere mi passa la maglia da indossare nel secondo tempo. Mi tolgo quella sudaticcia e mi vado a dare una mezza sciacquata sotto la doccia. Mi cambio e ritorno sotto il tunnel che porta al campo.

 «La zia sta facendo un cazziatone a Colachins» sento dire alle mie spalle. Prisca. "Colachins" è il soprannome insentibile che ha affibbiato a Marta Colachini.

 «Porella… almeno non l'ha fatto davanti a tutte» commenta la voce di Giada.

 Mi giro appena, interrogativa.

 «Dice che deve muoversi e che non ha fatto un cazzo per tutta la partita» mi spiega Prisca, senza che io debba chiedere.

 Sospiro. Decisamente non vorrei essere nei panni di Marta…

 Mi fermo all'ingresso del tunnel, dove già c'è l'arbitro brasiliano, Clara Fernandes, che sta scambiando qualche parola con Sarah Ryan. A fine primo tempo si è lamentata un po' per una mia entrata… Abbella, se te volevo fà male, te facevo male. E mo stavi ancora a piagne.

 Sorrido. Se vuole farsi ammonire, questo è il modo giusto!

 Quando anche le altre azzurre sono qui, l'arbitro ci permette di rientrare in campo. Qualcuna delle neozeladesi esce insieme a noi, e vedo distintamente la Davies parlare con Giulia, forse di una delle azioni, o forse proprio di altro, perché il portiere della Juve sta sorridendo.

 «Marta!» chiamo la centravanti, che invece stava andando da Prisca. Mi si avvicina e le dico: «Quando la Mari ha la palla, tu buttati dentro, tanto Prisca esce, quindi deve esserci qualcuno. Occhio, dico ad Ale di metterla bassa, che loro di testa la prendono sempre!»

 Lei si limita ad annuire, rabbuiata. Non oso immaginare come sia prendere una lavata di capo durante una partita così importante…

 

 Le neozelandesi ci chiudono in difesa nei primi dieci minuti. Sono partite molto determinate e motivate, ma noi siamo concentrate e riusciamo a non concedere tiri in porta. Ma loro ci stanno tenendo nella nostra trequarti e ora come ora sembra complicato uscirne, visto che a ogni palla contesa riescono sempre a prenderla loro.

 Ce la stanno facendo sudare… ma se noi possiamo uscire da qui con un punto, potrebbe non essere troppo male. Anche se nessuna di noi ha intenzione di lasciare il campo senza aver segnato almeno un gol.

 Mi fermo un attimo a riprendere fiato, dopo aver deviato in angolo un filtrante. Sono dovuta ripiegare al posto di Alessia, che marcava l'esterno neozelandese. La Smith quasi si ferma lì per battere il piazzato, ma qualcuna la richiama e le dice di andare in difesa.

 Il pallone viene calciato dalla Ryan e io, ancora una volta, lo guardo scavalcarmi e finire verso il secondo palo, dove ancora una volta è appostata Giada. Ma Giulia chiama la palla e la smanaccia in avanti, verso Prisca, che, ad occhi chiusi, serve Federica, che già è partita in contropiede.

 Inizio a correre, senza sapere come finirà l'azione. Marta mi supera, buttandosi dentro l'area. Federica lascia il pallone a Giada, che deve essersi teletrasportata da un capo del campo all'altro.

 Arrivo alla lunetta davanti l'area di rigore e rimango ferma, mentre Giada arriva sulla linea del fondocampo. Le neozelandesi stanno tornando, sento i loro passi, i loro respiri. E anche la voce della Ryan che urla qualcosa alle altre.

 Il terzino alza appena la testa e vede Marta, pronta a ricevere sul dischetto del rigore.

 Il tempo si ferma. Ho capito cosa sta per accadere e, ne sono certa, lo hanno capito tutti.

 L'assist di Giada è rapido, ma per Colachins non è un problema. La prende di prima, forse un po' male, proprio di fronte a me.

 Un istante dopo la rete si smuove, con il portiere neozelandese a terra.

 Corro verso Marta, che a sua volta sta andando da Giada… e abbraccio entrambe gridando qualcosa.

 Dagli spalti si sente qualcosa, grida, esultanze, cori, insulti, nonloso.

 «Daje regààààà!» urla Prisca.

 Lo speaker dell'Olimpico annuncia: «Gol dell'Italia! Marta…»

 «Colachini!» è la voce unica che sentiamo attorno a noi.

 «MARTAAAA»

 «CO-LA-CHI-NI!»

 E così, per altre tre volte.

 Sorrido, tornando nella nostra metà campo insieme a Federica.

 Con la coda dell'occhio scorgo Marta andare dalla zia e abbracciarla. Forse ha meritato la ramanzina, ma io credo che ancora di più abbia meritato questo gol. Giusto per far vedere di che pasta è fatta.

 

 «Forse non l’hanno presa troppo bene» commenta Prisca ridendo. Ma come fa a ridere? Ci hanno chiuse di nuovo nei venti metri!

 Per fortuna il loro ultimo tiro è uscito poco sopra la traversa. Anche se ora è Giulia ad avere il pallone tra le mani, io non mi sento affatto tranquilla.

 E Prisca ride. Bah.

 «Su Giada, su Giada!» sento urlare dalla zia all'indirizzo del portiere.

 Il terzino destro riceve il pallone, ma lo passa subito a Marisa. Vedo Prisca avvicinarsi a me e so di dover prendere il suo posto in avanti, in modo da scambiarci di nuovo.

 Il numero dieci la tocca di prima per Alessia, che sta scappando verso la linea del fondocampo. Salta la Smith e si accentra, con la Ryan che subito le si avvicina.

 Le chiamo la palla, ma il passaggio viene intercettato dalla Lewis, che la lancia subito avanti, dove Hannah Davies la riceve, prima di iniziare a correre. La fuoriclasse neozelandese salta prima Marisa, poi Livia che era in ripiegamento. Giada la segue a ogni passo, senza lasciarla andare, ma la Davies si accentra e tira in porta.

 Giada allarga una gamba, per provare a deviare il pallone, ma a prenderlo è Carlotta, che è decisiva… purtroppo.

 Giulia si era già buttata dalla parte verso cui aveva tirato la Davies.

 Pareggio.

 «Ma che cazzo!» grida Prisca, scocciata. Ora è tutto tranne che sorridente. E ci credo.

 Finché la partita non finisce è meglio non gongolare troppo.

 Infatti passiamo altri dieci minuti barricate in difesa, cercando di contrastare il loro assedio. Prendo un paio di calci sugli stinchi, ma l'arbitro Fernandes fa finta di non vederci. Al quarto fallo che mi fa la Ryan per togliermi il pallone, finalmente si becca il giallo, eppure lei continua a protestare perché a suo dire sono entrata con i tacchetti sulle sue gambe due minuti fa.

 Certo come no.

 Rimango per un istante spalmata a terra sul prato: devo riprendere fiato. Devo far scorrere un po' di tempo, almeno per allentare la pressione psicologica sulle ragazze.

 «Daje, Sere

 La voce di Prisca stavolta è inespressiva. Alzo appena la testa e mi pulisco con le mani da un paio di fili d'erba che mi sono rimasti appiccicati sulle labbra.

 «Ci vorrebbe un gol» le dico, apatica. Come se io non fossi davvero qui, nel mio corpo, ma altrove, lontana anni luce da questo campo da gioco, da questa partita. Arriva qualche suono indistinto alle mie orecchie, forse dagli spalti.

 «Ci vorrebbe sì» concorda la mia migliore amica, porgendomi la mano per rialzarmi da terra.

 La afferro e mi tiro su. Guardo Elena, che sta parlando con l'arbitro e che lancia occhiate cagnesche alla Ryan, quasi a dirle che si è meritata il cartellino.

 «Oh, Seré, tutt'appost

 Annuisco ad Alessia, che già ha preso il pallone tra le mani, come se volesse battere lei la punizione per mettere un cross lunghissimo in area.

 «Lasciala!» le grida Prisca, che poi le indica la bandierina del calcio d'angolo, quella dove lo batteremmo noi. Significa che deve andare avanti. La punizione infatti è affidata al sinistro di Carlotta, che invece di lanciare lungo, come le neozelandesi si aspettavano, la passa quasi in orizzontale alla Mari, lasciata libera dalle attaccanti con la maglia bianca.

 E la nostra regista lancia di prima verso Alessia, che si è liberata dalla marcatura della Kelly, che aveva di fronte. Con una finta prova a saltare la Smith, ma il terzino non la perde d'occhio e la fa indietreggiare di un passo. Corro verso di lei, così la Ryan è costretta a inseguirmi, a meno di non permettere ad Alessia di servirmi all'ingresso dell'area.

 La mia compagna di nazionale si ferma, e dà un'occhiata a come siamo messe. Mi volto e mi accorgo che Marta è marcata stretta dalla Cox, ma Livia sta arrivando.

 Cerco di liberarmi della Ryan, anche se non è semplice: sembra quasi una sfida tra me e lei per questa zona del centrocampo.

 «Vai dentro!» mi grida Prisca. So che sta parlando con me, perché per le altre userebbe un soprannome astruso dei suoi.

 Giro alle spalle della Ryan, ed entro in area di rigore.

 Ma il pallone non passa, perché una delle neozelandesi lo intercetta e riparte. Fermo la corsa e torno indietro, verso la nostra metà campo.

 Sento il fiatone e le gambe che iniziano a pesare… per fortuna, però Elena riesce a recuperare la palla e la prima cosa che fa è passarla a Marisa, che va da Giada, che sta sgaloppando sulla destra.

 Federica, che l'aveva quasi sostituita in difesa nel momento dell'attacco delle nostre avversarie, inizia a correre; ma io sono già dalle parti dei loro difensori. Sono stata una lumaca in ripiegamento.

 «Alla Sere, alla Sere!» urla la zia. Il terzino della Fiorentina non può non sentirla, è solo a qualche metro da lei.

 Il pallone mi arriva preciso sul petto e lo metto a terra. Scorgo Prisca con la coda dell'occhio, e so dove sta per andare, perché ho visto anche io un buco tra le maglie bianche. Gliela passo rasoterra e lei la tocca quanto basterebbe per metterla in porta.

 Ma il portiere della Nuova Zelanda si stende e riesce a deviare con la punta delle dita.

 Alzo il pollice verso Giada, per dirle che andava bene, ma sento l'imprecazione rabbiosa di Prisca per un altro tiro che non è finito come voleva lei.

 La vedo prendere il pallone e andare dritta alla lunetta del calcio d'angolo. Elena e Carlotta salgono, ma alcune delle neozelandesi sembrano ferme.

 Mi volto e vedo una delle ragazze in maglia bianca distesa a terra, con Marisa che le dà una mano con i crampi. Do un'occhiata al tabellone: tra una cosa e l'altra siamo quasi al quarantesimo e ancora non ci sono stati cambi.

 Come non detto: nella zona del quarto uomo vedo Simona e i suoi capelli blu, che la rendono inconfondibile. Lo speaker dello stadio annuncia che è Marta a uscire per far entrare la centravanti dell'Inter.

 Mi passa davanti, ma la fermo per abbracciarla: se stiamo sull'uno a uno contro queste qui, è merito del suo gol.

 «Grande Colachins» le dico soltanto.

 Lei sorride, ma non dice niente e va fino dal quarto uomo.

 «Villa! Villa! Sei stanca?"»

 La voce della zia mi trapassa i timpani. Faccio segno che posso ancora continuare, e lei continua a chiedere la stessa cosa alle altre, mentre nel frattempo anche la White fa uscire la Ryan per la Taylor.

 Mi avvicino all'area di rigore neozelandese, pronta a intercettare se dovessero ripartire. Il pallone di Prisca passa di un soffio sulla testa di Elena, ma un difensore la rimette in angolo.

 «Serena!» urla la zia, mentre la Nuova Zelanda fa un altro cambio. Mi volto e vedo l'allenatrice paonazza in viso, tra il caldo e il fatto che sta gridando da quasi novanta minuti. «Battilo tu!»

 Non annuisco nemmeno, ma corro verso la bandierina, dove Prisca stava sistemando la palla.

 «Lascia» le dico soltanto. Lei annuisce, forse avrà sentito le indicazioni.

 Do un'occhiata veloce al centro dell'area, prima di prepararmi a battere l'angolo. Sono tutte marcate, ma Simona è lasciata in disparte, forse non si sono ancora accordate su chi deve marcarla. E a Marta chi ci pensava?

 Infatti la Martin va subito a prenderla. Niente, non posso metterla su Simona.

 Prendo la rincorsa e colpisco il pallone con l'interno destro. L'impatto è forte, ho messo tutta la forza che avevo: non volevo metterla precisa, ma forte. Volevo che quella palla corresse.

 E corre, fino a finire sulla fronte di Carlotta, che salta di qualche centimetro sull'avversaria. Completamente immobile, guardo il suo colpo di testa entrare in rete… sono pietrificata.

 Due a uno! Siamo due a uno!

 «Eddaje!» grida la voce di Prisca, che riconoscerei fra milioni.

 «Gol dell'Italia! Carlotta…»

 «Tor-ri-si!» sillaba lo stadio. E giù altre tre volte, come prima avevano fatto per Marta.

 Insieme alla mia migliore amica raggiungo le altre, che stanno esultando sulla pista di atletica, intorno al campo. Appena Carlotta mi vede, mi scuote con veemenza.

 Non so cosa mi dice, sento delle braccia intorno a noi, ma non capisco molto. Ritrovarsi al centro di un'esultanza è come essere ubriachi. Ma più bello: ubriachi di felicità.

 Torniamo sul rettangolo di gioco e riprendiamo il nostro posto, ognuna al fianco di un'altra maglia azzurra. Prima che si possa riprendere, la zia fa uscire Federica, oggettivamente stanca, ed entra Eleonora, che si va a mettere davanti a Livia, sull'esterno a destra. Dove prima era la Spine.

 La Nuova Zelanda dà di nuovo il via alle azioni, e si riversano un’altra volta in attacco. Ma noi siamo schierate bene e, anche se iniziamo a sentire la fatica di una partita che abbiamo giocato a mille, non siamo disposte a mollare niente.
Ormai siamo già durante il recupero, non manca molto.

 Livia intercetta un filtrante della Harris, la passa a Marisa. Le chiamo la palla e lei me la mette precisa sulla corsa. Supero la Lewis e la Smith, che mi stavano marcando e scorgo Prisca con la coda dell'occhio. È sola o quasi davanti a Emily Jones.

 Il mio assist la raggiunge e lei fa un banalissimo pallonetto, che però mette fuori gioco il loro portiere, che non ci arriva. La Cox prova a fare qualcosa, ma non ne ha il tempo.

 Scoppio a ridere nel vedere la mia migliore amica che si porta la mano destra al petto, battendola sullo stemma. Alessia corre da lei, quasi travolgendola, ma ci pensano Giada ed Eleonora a buttarla sull'erba.

«PRISCAAAA»

«PA-RI-NO!»

Si rialzano tutte in piedi, con Federica, arrivata dalla panchina, che svuota una bottiglietta  d’acqua sulla testa di Giada.
Prisca mi si avvicina, mentre torniamo verso il centro del campo. Mi dà una pacca sulla spalla e indica l’arbitro con un cenno del capo. Ha il fischietto in bocca.

È finita.

«E menomale che neanche dovevi giocare!» mi prende in giro il numero dieci. «Un assist a me e uno a Carlotta!»

Sorrido, inebetita, guardando Elena esultare lontano da noi, sotto la tribuna dove ci sono alcuni dei parenti. Chissà se Prisca ci sta pensando, a quel provino di tanti anni fa. Chissà se anche lei sta pensando a tutta la strada che abbiamo fatto insieme per essere qui.

Sento qualche coro provenire da più angoli dello stadio, con le tifose organizzate che seguono la nazionale in tutte le partite, anche nelle trasferte all’estero.

Se è l’inizio di un sogno, non svegliateci.

   
 
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