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Autore: Longriffiths    30/05/2020    9 recensioni
L'Apocalisse era esistita, si era conclusa. Nel migliore dei modi, così come era scritto, così come doveva essere. Fu l'ultima goccia di morte e demolizione, da quel momento in poi niente avrebbe più scalfito o depennato la loro essenza celeste.
Adesso li attendeva finalmente come sarebbe sempre dovuto essere sin dalla Genesi, solo un'eternità di pace, un'euritmia di ali bianche e suoni d'arpa, nella perfetta sintonia che aleggiava tra tutte le creature divine.
Ma tutto ciò, voleva dire anche stare senza Crowley.
E quella era la prospettiva peggiore per lui. L'Inferno si era estinto, con tutti i suoi balordi ospiti demoniaci.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi sono lasciata ispirare da una cosuccia che trovate qui, quando questi due bambolotti fissi ormai nella mia testa l'hanno vista, mi hanno detto di scrivere questa cosa. Nel caso prendetevela con loro xD

AAA: Questa OS non ha niente di fluff, ma è comuque tanto sentimentale.

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-'Adam, ce la puoi fare!'-
Non aveva mai visto Satana prima di quel momento. Non in faccia, solo attraverso i racconti. 
Non aveva idea di quanto potesse essere cambiato, dell'aura distruttiva che avrebbe emanato, di quanto intensamente lui avrebbe avvertito il peso della sua presenza sulla pelle, e nelle ossa.
Non era intimorito, Aziraphale. Sapeva che il suo Signore avrebbe vegliato su di lui e lo avrebbe sconfitto sempre. Ma impreparato, quello sì, lo era eccome. 
Non ci aveva rimuginato abbastanza, quando aveva saputo che quel bambino era venuto tra gli umani. Si erano visti costretti a improvvisare la salvezza del mondo in meno di tre giorni, e adesso facevano i conti con quella orribile realtà.
Il ragazzo sembrava predisposto a ribellarsi al suo padre biologico, ma i segnali divini non erano che per una minima parte preludio di riuscita.
Solo per il modo in cui, tra le nuvole in cui solo loro tre si erano avventurati per discutere della manovra evasiva da attuare, potevano permettersi di conservare una punta di speranza. Ma quando erano tornati, e la terra si era aperta rivelando il mostro mangiatore di uomini che Crowley aveva anticipato, tutto sembrava essersi congelato intorno a loro.
Il cielo si stava tingendo di rosso, gli oceani stavano straripando sulle placche terrene inondando le città, le onde si trascinavano dietro agonizzanti le creature marine su di esse. Tutte le forme animali erano imbizzarrite e correvano a grosse mandrie dappertutto, anche fuori dai loro boschi, radendo al suolo qualunque cosa capitasse sotto le loro forti zampe. Staccionate, automobili, persone, bambini compresi. 

Conosceva Lucifero, la stella portatrice di luce. Ricordava bene i suoi dolcissimi tratti, le ali setose e leggiadre, i boccoli biondi come spighe di grano mature, le gote sempre arrossate in ogni momento delle giornate in Paradiso, un rossore causato probabilmente dalla piega che il suo sorriso inestinguibile dava alle guance, dato dalla lusinga che sentiva nell'essere l'Angelo Preferito di Dio, il suo diletto, il suo braccio destro. 
Aziraphale ricordava i suoi occhi cerulei, e la scintilla che gli brillava nelle iridi ogni qualvolta compiva un gesto degno di nota, amato e acclamato da tutti i giustizieri celesti, Arcangeli compresi. Lui compreso. Si erano voluti un grande bene, un tempo.
Ricordava il momento in cui tutto andò scemando, la sua luce iniziò a spegnersi tingendosi di altro tono, ricordava le sue sparizioni, la sua assenza dal loro universo soprannaturale del tutto immotivata. Il suo silenzio, i suoi sguardi invidiosi e accusatori, indisciplinati.
Ricordava bene il momento in cui lui stesso aveva ammesso di andare e tornare a piacimento dalla terra, da solo. Ricordava il momento in cui aveva giurato la vendetta che stava compiendo a loro discapito. Mai prima di allora quelle parole lo avevano fatto tribolare.
-'Dillo di nuovo, Adam, più forte!'-
-'Tu non sei mio padre!'-

Crowley incitava l'Anticristo a mettere la parola fine all'inizio della devastazione assoluta, e Satana in persona parve interdetto dalle gesta di suo figlio.
Ma non bastò. 
Un maledetto angelo che aveva convertito tutta la sua essenza nel diverbio più nero che il creato avesse mai visto, non poteva essere sconfitto da un rinnego. Non di nuovo, non avrebbe dato la soddisfazione a suo figlio come l'aveva data a suo padre, di sentirsi piccolo dinanzi a un rifiuto. E allora, si era scatenato. 
Aveva allungato il suo esorbitante braccio in avanti afferrando il ragazzo per il busto, in quella morsa robusta come le fauci di cento coccodrilli del Nilo.
-'Invece lo sono, tu mi appartieni e per questo, mi obbedirai volente o nolente.'-
Senza alcun preavviso e sotto gli occhi inorriditi di tutti i presenti, spalancò l'enorme mascella ingoiando suo figlio, e masticandone il corpo esile e fanciullesco senza mezze misure. Aveva così inglobato i suoi poteri di cui era pregna la sua anima anormale, ed i suoi occhi si erano accesi dello stesso vermiglio del cielo che ora, minacciava una tempesta più forte.
Gabriele e Belzebù si guardarono un'ultima volta dichiarandosi guerra. 
-'Che vinca il migliore.'-
-'Grazie, Arcangelo, buona Apocalisse a voi.'-

I due inviati sparirono, in un lampo violaceo ed una fiammata nera.
Satana unì i pugni chiusi e li batté sulla terra della base militare in cui si erano recati urlando di sadico piacere, e la vibrazione del terreno fu tale che tutto iniziò a tremare sotto i loro piedi costringendoli a cadere.
Poi, cadde anche tutto il resto.
Un potente terremoto iniziò a scuotere il mondo intero. Ogni montagna franò, ogni lago si asciugò, ogni costruzione artificiale crollava su se stessa, schiacciando la vegetazione, gli esseri umani. Nuvole di polvere si levarono da ogni dove, l'equilibrio era in subbuglio, e l'unico suono percepibile sin dalle viscere della terra, erano grida, di terrore e di battaglia.
Dal buco che aveva creato il demonio, milioni di demoni deturpati da piaghe carnali fuoriuscirono levando le loro ali peccaminose, le penne che le componevano ora erano dure e affilate come artigli. Ognuno di loro si portava asce, clave, arco e faretra colma di frecce del loro fuoco infernale, che avrebbe neutralizzato i nemici.
Salivano verso l'alto ghignando e brandendo le armi, e non si risparmiavano di attaccare qualsiasi creazione di Dio trovassero lungo la strada in cui si stavano avventurando, pronti a combattere.
Gli occhi di Crowley si spalancarono tanto, che i muscoli facciali divennero così tesi da lasciare cadere in terra le proprie lenti scure, infrangendo i vetri in mille pezzi ai suoi piedi. L'espressione sul volto di Aziraphale fu ciò che lo allertò di più. In un attimo gli fu addosso, spingendolo via da quella posizione in cui si era paralizzato mentre uno dei suoi compagni volava spedito verso di loro, lanciando una freccia. Crowley dischiuse le ali prendendosi il colpo, stendendosi sul suo migliore amico proteggendolo con il suo stesso corpo a fargli da scudo. Il demone li superò planando sui loro corpi, per poi dirigersi verso l'alto dove una pioggia fitta stava calando.
Aziraphale posò una mano sulla zona colpita stando attendo a non toccare la materia, e dal suo palmo trasparì una sostanza aeriforme che compresse la sua ferita, rimarginandola. 
Crowley lo afferrò portandolo ad alzarsi in piedi, irruento e in visibile ansia.
-'Vattene! Va' via di qui!'-
-'Credi sia tardi per andare su Alfa Centauri insieme?'-

I due si scambiarono un'occhiata eloquente, e allora il demone abbracciò l'angelo levandosi dal terreno, volando più lontano che poté, distante dai suoi simili.
-'Non ti permettere di aprire le ali!'-
-'Ma così sarai rallentato..'-
-'Che vuoi che mi importi? Ci sono troppe frecce a piede libero per ora, saresti troppo esposto! Aggrappati e non pensare a niente, ti porto via, angioletto.'-
-'Avrei dovuto ascoltarti quando ne avevo l'occasione.'-
-'Possiamo rimandare le scuse a più tardi?'-

Aziraphale si strinse al corpo del suo amato respirandone il profumo. Cercò di concentrarsi su di lui e su quell'intima e profonda vicinanza, sguazzando nella meravigliosa sensazione in mezzo a tanto disagio, di essere amato e protetto. Strizzò le palpebre affondando il viso nel suo petto, cercando di ignorare le richieste di aiuto degli uomini e le frasi rivoltanti dei demoni.
Crowley si era allontanato abbastanza, ed ora stava iniziando a risalire l'atmosfera cercando di uscire dalla gravità terrestre.
-'Sei pronto, angioletto mio?'-
-'Lo sono, mio caro.'-

Aziraphale abbandonò la presa del suo compagno lanciandosi come un tuffatore da un alto scoglio, e in pochi attimi fu attutito a mezz'aria dallo sbattere delle sue ali. Intrecciò le dita della mano con quelle del demone, e veloci come fulmini salirono in aria iniziando quella folle e privata fuga. 
-'Da quando le nuvole cascano giù?'-
-'Da.. mai, le nuvole non cascano!'-
-'Lo stanno facendo, angelo, proprio lì!'- 
-'Quelle.. non sono nuvole..'- 

Quella sfilza di batuffoli bianchi sulle loro teste, non era vapore corposo. Aziraphale arrestò bruscamente la sua corsa senza lasciare la mano di Crowley, tanto da lussargli il legamento del polso del corpo umano che gli era stato assegnato seimila anni addietro.
Un milione di angeli stavano raggiungendo la terra per combattere, armati di spade, lance, e ampolle colme di acqua benedetta.
Michele, il primo inviato assoluto di Dio in prima linea con Gabriele e tutti i loro soldati piombavano come bombe bianche, ed il tempo mutò.
All'improvviso, non era più giorno, e la pioggia era cessata. Se non fosse stato per il clima sottostante, sarebbe stata una meravigliosa notte stellata da godersi con tartine al cioccolato e un buon bicchiere di vino sul tetto della sua libreria, con il suo migliore amico.
Le tenebre discesero, tanto che fu quasi impossibile riconoscere un demone dal buio.
Satana si era unito ai suoi scagnozzi, rivelandosi in tutta la sua malvagia possanza. Sotto ordine di Michele, gli angeli riversarono l'acqua Santa tutti insieme, la loro riserva inesauribile, e come una cascata si rovesciò su tutto ciò che incontrava, Fu il turno di Aziraphale pararsi dinanzi al demone, utilizzare le ali e la sua schiena e le gambe come protezione, avvolgendolo. Lui di rimando si appallottolò come un gatto nero si acciambellava sullo stomaco del suo padrone, al sicuro e ben nascosto. Aziraphale oltre la sua testa, riusciva a vedere le gocce d'acqua sfregiare le carni dei demoni e scioglierli come neve al sole. La pioggia distruttiva volse al termine solo quando anche gli angeli ebbero raggiunto la loro altezza, e poterono combattere corpo a corpo a pari merito con i loro nemici. Michele, in nome e per ordine di Dio lottava contro Satana, esattamente come la prima volta che avevano rivoltato il cielo fino al suo esilio.
I due compagni si ritrovarono nello stesso pericolo, circondati da esseri che da un momento all'altro avrebbero potuto separarli. Schiena contro schiena giravano su se stessi cercando uno scorcio libero dove infilarsi, un sentiero da percorrere cercando di scansare i colpi e la battaglia, per andare a cominciare una vita nuova da soli, nella loro personale fazione, lasciandosi tutto alle spalle. Cercando una nuova terra da abitare, passando l'eternità ad osservare lo sviluppo di altri pianeti, di altri Universi. Senza obblighi, senza schiere, senza padroni.
I miracoli non facevano più effetto. Tutti i loro poteri sembravano essersi fermati, essendo loro contrari alla lotta e avendo rinnegato la stessa, non potevano usarli ne in senso offensivo né difensivo.
Potevano solo augurarsi di uscire indenni da quel caos.
Nessuno dei due lasciò la mano dell'altro, per moltissime ore in cui probabilente, avevano girato il globo in cerca di protezione.
Fu comunque troppo regolare, troppo quieto, e il demone cadde in tentazione esattamente come era condannato a fare da quando aveva lasciato il Paradiso, iniziando a sentire crescere il seme del dubbio.
Fu allora, che vennero scagliati l'uno lontano dall'altro, travolti da una informe massa di creature alate impegnate in uno scontro.
La folla li coprì dalla vista dell'altro, e i loro corpi sprofondarono nella mischia.

Si cercarono imperterriti per ore senza più paura di lasciare i nascondigli che trovavano. Non erano più inclini a soffermarsi sulla terra che intanto si deturpava, alle creature che stavano soffocando nelle nubi tossiche.
Cercarono la loro metà tra il panico e l'angoscia, con il rumore dell'acciaio della lama delle armi tagliare, ferire, abbattere, le ustioni, arti mutilati.
Anche dall'altra parte del mondo, tutti poterono vedere la battaglia finale. 
Non c'era storia, né assegnamento che tenesse.
Il bene vinceva il male, immutabilmente. 
La testa di Satana venne mozzata dalla spada di Michele, l'enorme corpo del drago cadde accelerato dal suo stesso peso, sino a rompere la terra e affondare al suo interno. Da quel punto, dopo pochi attimi in cui tutto si era fermato, lava incandescente iniziò a sgorgare zampillando come acqua da una fontana allegra, e anche l'aria iniziò a tremare. 
Lord Belzebù perse le sue ali, e così tutti i demoni.
Corpi alla rinfusa cadevano seguendo la traiettoria di quello che era stato il loro padrone. 
Crowley si sentì avvolgere da una stretta che lo trascinò a fondo, fino a che non avvertì una mano stretta intorno alla sua.

-'Crowley!'-
-'Aziraphale!'-
-'Ti tengo, tranquillo, non aver paura.'-

Crowley sorrise amaramente gettando un occhio verso la distruzione che incombeva sotto i loro corpi tenuti nel mezzo di tutto dallo sbattere di ali del biondo, tra il cielo infinitamente vasto ed eterno, ed un mare di obito colmo di acute urla agonizzanti, scosse che aprivano la terra ed ingoiavano ogni essere presente in essa, risucchiando quelle creature vinte dalla battaglia contro gli angeli. Riportò le iridi serpentesche sulla figura del suo non-nemico giurato, che lesse in quello sguardo qualcosa che non aveva mai scorto in lui prima, la pietà. Le fiamme stavano divampando dalla lava guidate dal vento della tempesta, e alcune lingue scoppiettanti come folate da un falò ardente arrivarono a toccare i piedi del demone, che ne avvertì per la prima volta in vita sua la cocente offesa. Mai una fiamma lo aveva arroventato. Per la seconda volta in cui stava precipitando giù, avvertì la sconsolante e fastidiosa presa della viltà, ma il tocco del suo angelo ed i sentimenti per lui, nel cercare di proteggerlo e strapparlo al suo fato, erano più potenti di quel dolore arrivato a bruciargli anche le caviglie e una buona parte dei polpacci.

Cercando di non fare apparire come una protesta il suo divincolarsi da quella ferrea presa intorno al suo polso, Crowley si aprì in un tenero sorriso, ed annuì placido. Il tempo stava giungendo alla fine, era arrivato il momento di salutarsi come non erano mai riusciti a concepire, o accettare. 
-'Lasciami andare, angelo.'-
-'No! Non accadrà niente di male, tu devi continuare a credere, io..'-
-'Va tutto bene, Azi, molla la presa.'-

-'Non ci penso nemmeno!'- Il fuoco stava iniziando a divenire corposo sulle sue carni, tanto che anche la creatura bianca seppe distinguerne tutte le varie tonalità, dall'azzurro al rosso acceso.
-'Aziraphale, adesso!'-
-'Non ti lascerò fare questa fine, non è giusto.. tu non puoi morire, tu sei una brava persona..'- 

La mano gli stava scivolando, ne avvertiva tutti i tratti distintivi sul suo palmo stretto intorno ad essa. 
Sentì inesorabilmente la presa perdere la sua efficacia prima sul dorso ed infine sulle falangi delle dita del demone, i quali capelli si erano ormai confusi con la danza del fuoco che ribolliva sulle sue spalle. 
-'E tu sei un piccolo bastardo. E sono così grato di averti avuto con me. Tienimi vivo, racconta che cosa abbiamo fatto insieme. Chiedi perdono a Dio da parte mia. Dille che non avevo intenzione di Cadere.'-
Anche i cieli si spalancarono, e la forza dell'ondata di quello squarcio simile alla voragine apertasi nel terreno beò Crowley di qualche ulteriore attimo di freschezza. In quella posizione, lui non poteva vedere i suoi compagni affondare nella terra nera, e Aziraphale non poteva vedere i suoi amici iniziare la ritirata verso l'eternità olimpica. Una forza ultraterrena stava aspirando l'angelo verso l'alto, mentre la gravità stava attirando il demone nella direzione opposta. Fu allora che le loro mani non avvertirono più il calore dell'altro, e mentre lui completava la sua ascesa nei cieli dove era meritevole di stare, poteva vedere Crowley bruciare fino all'osso e perdersi tra i rovi di fiamma come i resti di cenere dei ceppi in un camino, e la terra prima sgretolarsi in un frenetico tremore, e poi esplodere in un boato assordante con tutto ciò che ospitava. Lo spettacolo più raccapricciante della sua vita.
Erano periti tutti tra le loro stesse fiamme.





L'Apocalisse era esistita, si era conclusa. Nel migliore dei modi, così come era scritto, così come doveva essere. Fu l'ultima goccia di morte e demolizione, da quel momento in poi niente avrebbe più scalfito o depennato la loro essenza celeste. 
Adesso li attendeva finalmente come sarebbe sempre dovuto essere sin dalla Genesi, solo un'eternità di pace, un'euritmia di ali bianche e suoni d'arpa, nella perfetta sintonia che aleggiava tra tutte le creature divine. 
Ma tutto ciò, voleva dire anche stare senza Crowley.
E quella era la prospettiva peggiore per lui. L'Inferno si era estinto, con tutti i suoi balordi ospiti demoniaci.

Aveva pianto molto, a gambe incrociate guardando verso il basso nei giorni successivi, in cui ogni abitante di quel luogo sacro si era dato da fare per tornare ad una vita normale come lo era stata prima della Creazione degli uomini. Anche lui ne era stato pari, spendendo molto più tempo del dovuto a rimuginare su quella distesa vuota, dove pochi giorni addietro vi era una terra meravigliosa. Mancava a tutti, ma lui forse ne avvertiva un vuoto maggiore avendola vissuta come parte integrante di essa, osservandone da vicino ogni anno dal principio, l'evoluzione del genere e il cambiamento dell'ambiente. Guardando verso un mondo che non esisteva più, lo aveva rivisto solo nei suoi rammenti, attimi fugaci come tante immagini in un proiettore a intermittenza impazzito. Scene che non voleva più rivivere, perché comparate ad un unico comune denominatore che rendeva l'essere sopravvissuto all'estinzione di massa un supplizio insopportabile.
Crowley non c'era più.
Come il suo corpo. Come il suo respiro.
Gli mancava come a un pittore le tinte da stendere sulla tela bianca, candida come il colore che vedeva ovunque si girasse, che gli dava sempre alla mente che un po' di contrasto avrebbe reso tutto più meritevole di essere vissuto con goduria e allegria, esattamente come Crowley aveva sempre fatto con la sua vita, con lui e con i suoi abiti neutri e noiosi. Come aveva sempre fatto con le sue giornate piatte, grigie come le nuvole di Londra.
Gli aveva dato del fuoco da spegnere, del pepe da aggiungere ai cibi ordinari. Enigmi in cui arrovellarsi, libri in cui cercare risposte. Gli aveva dato un'altra visione della felicità. Gli aveva fatto conoscere il senso di amore come nessun altro mai, benché fosse nella sua natura per antonomasia, quella caratteristica.
Avevano lottato insieme, si erano alleati, ma tutto ormai era andato perduto, e dei vani sforzi restava solo uno sbiadito ricordo, che bruciava l'anima e consumava ogni traccia di felicità ancora impressa in quei tuffi nei momenti passati, quelli da cui non avrebbe mai voluto separarsi. Cosa potevano mai due esseri arrischiati all'esilio, disarmati se non dei buoni propositi, contro venti milioni di angeli bianchi e neri sul fronte di guerra, cruenti e spietati volti alla conquista del dominio universale sull'opposizione. Cosa potevano mai, contro le schiere potenti e infinite dei loro capi. Cosa potevano mai, contro questi ultimi.
Era stato bello negli ultimi undici anni in cui la loro vicinanza si era tramutata in qualcosa ch'era forse da sempre esistita ma che mai avevano potuto ammettere e manifestare lasciandola chiusa nelle loro coscienze, poter sperare che due membri che avrebbero dovuto odiarsi e screditarsi a vicenda, sarebbero potuti essere in grado di fermare la distruzione del mondo. Che forse qualora due individui di alternata natura riuscissero a conciliare i loro intenti, ci potesse essere l'inizio di un'era la cui conclusione poteva essere diversa.
Avevano osato troppo. 
Avevano osato riporre fiducia nelle loro doti, nel sentimento che era accresciuto tra loro e che non avevano mai reso reale. Un sentimento sbagliato, oltraggioso, proibito, più sporco delle azioni recondite compiute, ma tanto, tanto bello da sembrare l'unico sentiero sensato da percorrere. Futili tentativi di mascherare il bisogno di stare insieme per altri venti millenni o più, dietro la minaccia di non sentire più una bella canzone, di non assaggiare più una saporita pietanza. Avevano negato a loro stessi di voler combattere l'Armageddon per evitare di non rivedersi mai più. 

Soltanto un piccolo spicchio di luna apparso in quel tempo di devastazione risaltava nel blu della notte insieme a un manto di stelle che era la volta celeste e le sue infinite galassie, visibile nel perimetro che circondava quello che era il loro Paradiso ad oggi. 
Niente più Tour Eiffel, da quella veduta. Niente più piramidi di Giza, o la statua della Libertà.
Il candore della dimensione in cui era ormai bloccato era il luogo dal quale non sarebbero mai potuti uscire, a meno che il loro Creatore non avesse deciso di riformare uno spazio verde e vergine sul quale poter riposare ai raggi diretti di un sole che non esisteva più. 
Ogni singolo angelo, per quanto malridotto e in alcuni casi gravemente ferito dalle armi che le fazioni avevano costruito per combattersi in quegli anni di tregua dall'Armageddon, era contento.
Tutti avevano espressioni pacate, rilassate, come ridestatesi da un orribile sogno durato secoli, consci e sicuri di essere salvi, di essere ormai proiettati verso la mitezza della tranquillità, e ogni strappo sulle loro tuniche, ogni ustione alle loro corporature, ogni colpo incassato ne era valso la pena.
Erano tutti riappacificati con il destino. Niente più profezie, niente più libri, niente pericoli o lotte. 
Niente più esseri da osteggiare, da collidere.
Si erano preparati bene a far fronte a quella seconda guerra avvenuta in terra, conclusa esattamente come quella avvenuta nei cieli al momento della caduta dei loro nemici. 
Era sciocco da parte sua aggirarsi per quel luogo come se stesse percorrendo i sentieri spinosi del purgatorio, come un'anima in pena. Ma era anche inevitabile, perché quella condizione era la sola in grado di dargli modo di connettere con l'esterno, e fargli rendere conto che era lucido, pensante, superstite.
Ma era anche un'oppressione fatale alla sua stabilità emotiva e fisica, perché ogni singola parte della sua essenza sembrava implodere senza possibilità di trarre sostegno da alcuna fonte. A discapito della sua posizione, della sua ubicazione, tutto ciò che stava vivendo rappresentava una dannazione incessabile.

Spalancò le ali eburnee, e le tenne molli nell'atmosfera che lo avvolgeva, mentre avanzava un passo oltre la spianata su cui era costruito il loro personale Eden ultraterreno che nessuno avrebbe mai demolito, o rovinato. Si buttò di sotto, senza fluttuare come si era aspettato di fare. Le sue vesti salirono verso le cosce durante la caduta nel precipizio, senza più un corpo a dar colore all'immagine del suo spirito traslucido. Non era un crollo brutale o rovinoso, era l'attraversamento di un ambiente arioso quasi tangibile, una corsa verso l'ignoto acre e leggera, come quella di un palloncino che senza più la forza dell'elio, si adagiava morituro lentamente al suolo.
Ma lì non vi era un suolo da raggiungere.
Non c'era niente, intorno a sé.
Chiuse gli occhi e attese, in quel limbo interdimensionale, che la morte venisse a prenderlo. 
Anche se non poteva morire, ora che le fiamme eterne non erano più reperibili per ovviare ad una lunga, sofferta, atroce eternità senza l'amore della sua vita.

Era il momento di costituirsi, di dare vita alle ultime parole di Crowley. Di confessarsi, esternare tutto il male che l'attanagliava. 
Si presentò dopo una accurata riflessione con la sua coscienza ed un bagno di umiltà dall'unica persona in grado di poter esaudire ciò di cui necessitava. Sapeva dove lo avrebbe trovato, ma non esattamente come convincerlo. Disse a se stesso che era ormai inutile occultare ciò che concretamente voleva, come sapeva che avrebbe scatenato solo negazioni e reticenze, ma era ciò di cui aveva bisogno.
Quantomeno doveva tentare. 
Non poteva stare con un altro rimpianto, a ripensare tristemente un domani lontano a come sarebbero potute andare le cose se ci avesse provato.
Come il rimpianto che sentiva, nel non sapere dove si sarebbe trovato adesso e a fare che cosa, come mai avrebbe vissuto in quei millenni o secoli, se avesse mai detto a Crowley di amarlo. Non glielo aveva detto neanche al momento della sua conclusione. Da quel momento, avvertiva la sua stessa spada di fuoco arrostirgli le viscere, ed era un malessere troppo forte da custodire serenamente tra le piaghe dell'anima.
Chiese di parlargli privatamente, e dopo ore di attesa, finalmente ottenne quel colloquio.
La reazione fu esattamente quella prevista, ma la sua voglia di andare a fondo era maggiore dello sconforto.
Ci avrebbe riprovato ancora.
-'Vuoi che tutto ricominci da capo? Essere un nuovo Lucifero forse, condannarci tutti quanti? Non ti è bastata neanche questa guerra?'-
-'Non lo vorrei mai. Non vorrei mai che qualcuno provasse quello che sto provando io adesso. Non posso stare qui senza che lo sappia. Devi portarmi da Dio, deve sapere.'-
-'No, Aziraphale, è troppo pericoloso. Ci ho già parlato io di questo. Sei riuscito a tornare qui senza riportare danni, non essere sciocco.'-

-'Ho un enorme e fastidiosissimo senso di indegnità, Gabriele. Il Paradiso è Paradiso perché a tutti è data fiducia, e aiuto, a chi chiede. Te ne prego, fammi conferire con il capo. Devo liberarmi dalla mia colpa. Portami da lei.'- 
Un moto di insicurezza si avventò su Gabriele. Era incerto sul da farsi, non sapeva esattamente come muoversi, cosa fare.
Non aveva mai accettato, dal momento in cui aveva saputo, la fraternizzazione di Aziraphale con quell'essere, ma dovette far fede anche alla sapienza che in tutti quegli anni, quell'angelo non si fosse mai comportato male nei confronti del suo ruolo, del suo superiore. Furono parole dure le sue che gli tagliarono l'orgoglio, e si lasciò convincere.
Dopotutto, non avevano niente da perdere.
Senza dirlo ad anima viva condusse Aziraphale da Dio, alla sommità del suo cospetto.
Gli fece strada ai piani più alti, in una stanza quasi inaccessibile, dove una sfera di luce dai mille colori stanziava nel centro. l'Arcangelo si inchinò chiedendo permesso nella connessione mentale con il suo Signore, e dopo che gli fu concesso, indietreggiò lanciando un'occhiata di avvertimento al biondo, e chiudendosi la porta alle spalle lasciandolo solo con lui.
Un po' intimorito ma per niente incerto, l'angelo avanzò fino ad arrivare in un immaginario cerchio in cui si inginocchiò, e si sentì violato nel senso più positivo del termine. Sapeva che Dio lo stava leggendo, e allora, iniziò a sentirsi debole.

-'Non piangere, figlio mio.'-
-'Ho peccato, Padre. Ho messo in dubbio il tuo ineffabile piano, ho cercato di interferire, e ho affiancato un demone sulla terra, per tutto questo tempo come mi era stato chiesto, ma a modo mio. Lo avrei fatto anche senza la tua domanda a lungo stare alla sua presenza, non per controllarlo, non per contrastarlo, ma per stargli accanto. Per dare verbo al tuo più grande insegnamento, quello di amare, perché l'ho amato fin ora per un tempo incalcolabile, ed ora che lui non esiste più, non ho motivo per restare qui con te. Perché non ti servo più a niente. Non sono più un portatore di luce e di amore, serbo solo rancore e sofferenza. Solo tu puoi aiutarmi a cancellare tutto questo mio male.'-

Dinanzi al silenzio di Dio, l'angelo si prostrò ai suoi piedi completamente in terra, senza neanche più tentare di trattenere le lacrime. Quando un'anima tanto pia come la sua arrivava a chiedere volontariamente l'estinzione perenne, poteva essere arrivato il momento di iniziare a pensare che probabilmente, era stato tutto un grande sbaglio. Ma il loro Creatore era un essere buono e misericordioso, e non stava a loro emettere giudizio, e allora abbandonò la sua essenza d'albore, e scese sotto forma antropomorfa, talmente vicino al suo angelo che lui poté vederne i piedi nudi dalla chiara pelle pallida. Trovò il coraggio di guardarlo negli occhi, riscontrando un meraviglioso senso di benessere, in quello sguardo tanto profondo che soltanto il suo unico Dio sapeva dare a tutte le creature.
-'Se il tuo compassionevole giudizio può sapere di concedermi una richiesta dal cuore, allora ti chiedo di cessare la mia esistenza. Ti imploro, lasciami andare. Solo così posso trovare la mia pace. Non qui in un mondo vuoto dal demone che per mia colpa amo.'-
-'Sei sicuro che sia questa la tua via, Aziraphale, Principe ex Guardiano del Cancello orientale dell’Eden?'-
-'..Sì.'-

Un'affermazione udibile appena in un sussurro quasi gutturale prese vita nella vastità di quella stanza.
Quel che era un uomo e poi una donna, spirito e poi carne, essenza e poi frutto, raccolse tra le sue mani fonte di gratifica il volto dell'angelo biondo, e con la pacatezza ricca del più nobile e immortale sentimento che avesse mai conosciuto ogni singolo essere vivente, avvicinò il volto alla sua fronte posandovi le labbra a fior di pelle, fino a schiacciarle completamente su di lui.
Il petto del Re dei cieli accolse un alone argenteo proveniente da ogni parte dell'angelo inspirando fiotti di materia che emanava la sua anima, che si stava disgregando sotto i suoi occhi dal colore indefinibile, caritatevoli e inzuppati di dispiacere liquido.
Ma era felice, di poter donare la salvezza della psiche ad uno dei suoi amati soldati celestiali, sebbene non fosse quello il modo al quale aveva previsto di andare incontro dopo l'Apocalisse. La fine di una profezia che avrebbe solo dovuto donare loro un'eternità gaia e libera dal male, qualunque male. Anche quello di vivere, che si stava palesando tra le sue braccia strette intorno al corpo apparente scosso dai tremori di uno dei suoi angeli, uno di quelli più belli, più dolci, più lodevoli delle sue premure. Anche se quella manovra estrema voleva dire mandarlo altrove, laddove non avrebbe avuto più via di ritorno, non poté che accompagnarlo personalmente, e acconsentire alla sua scongiura. Anche se questo valeva a dire aiutarlo a preferire di scomparire, anziché dargli un nuovo motivo per sentirsi bene con se stesso, in quel luogo creato appositamente per lui e i suoi fratelli. Ma Dio avvertiva ogni sorta di sensazione nelle persone che si rivolgevano a lui, attraverso un incontro, una preghiera, e negli occhi azzurri come il cielo che tanto aveva amato per seimila anni, sentiva di stare compiendo l'atto più giusto. Niente lo avrebbe consolato, come l'idea di congiungersi al suo amore perduto.
Li aveva creati liberi di poter scegliere e provare indistintamente sentimenti ed emozioni, e se uno dei suoi angeli si struggeva in quel modo per una creatura malsana e deplorevole come un diavolo, questi non poteva che essere ancora degno di ogni singolo cristallo di sale che cadeva dalle ciglia di un individuo tanto casto e speciale come Aziraphale, incorrotto dalle tentazioni, retto, timorato, e servizievole della giustizia divina. 
E come un padre che malgrado ritenesse inopportune le scelte dei figli al di fuori dell'ottica che si era programmato per loro, ma saturo della più trasparente affezione che voleva ai loro cuori, alla fine, acconsentiva a vederli allontanarsi da lui se ciò significasse saperli appagati nell'animo, accompagnandoli doverosamente con una encomiabile benedizione. 

Una sola cosa però, nonostante tutto l'amaro della separazione imminente, ugualmente li accomunava. Entrambi erano sinceramente lieti, che Aziraphale stesse finendo così come era nato; liliale, puro come un giglio al sole di maggio.

Non furono necessarie parole alcune. 
Nessuna raccomandazione, così come nessuna riconoscenza verbale ad interrompere quel solenne momento, intimo e peculiare. I loro sguardi urlavano assordanti nel silenzio dell'addio.
Dio lasciò che l'angelo continuasse senza sosta a stringergli le mani, guardandolo dissolversi nell'aria.

Prese a scomporsi delle particelle che costituivano il suo essere partendo dal punto in cui era stato baciato, da cui una rassicurante sensazione di tepore si era irradiata poi in tutta la sua corposità che andava scemando nel soffio di un pago sospiro eufonico. Ogni singolo filamento delle piume delle sue ali immacolate stava collassando su se stesso espandendosi circolarmente intorno alle due figure inginocchiate, come se Dio avesse respirato il suo fiato su un enorme soffione in un giardino a primavera.

Il suo corpo perse nitidezza, la flebile essenza compatta stava del tutto sbiadendosi nelle braccia del Creatore, sino a diffondersi nell'ambiente circostante sotto forma di molteplici nuvolette di fumo candido, che andarono a disperdersi nell'aria portandosi dietro la scia, l'ombra del più bel sorriso che Aziraphale avesse mai fatto.
A Crowley furono i suoi ultimi pensieri.
A tutto ciò che insieme avevano trascorso nascosti agli occhi dell'intero Cosmo. 
Ai momenti belli, a quelli brutti, ai loro litigi e alle risate, le splendide risate di cui lui poteva bearsi scavando nelle proprie memorie mentre compiva quella discesa nel vuoto assoluto, sperando che qualcosa di più grande di lui con quel tocco letale e remissivo, potesse collocarlo infine nello stesso luogo in cui era stato portato il suo demone, riconoscendo la sua melodiosa voce forte nella sua mente come il suono di mille campane in festa, sinonimo di vittoria e speranza nella mente dell'angelo.

Dopo attimi di bagliore intenso, di Aziraphale non restò che una veste bianca priva di macchie di peccato, tra le mani giunte dell'unica persona che l'aveva amato più di Crowley seppur sotto una visuale differente.
Forse la scomparsa definitiva li avrebbe riuniti da un'altra parte, e allora, nel loro tramonto, sarebbero potuti stare insieme per sempre come non avevano mai potuto fare in vita. Perché il sonno eterno può essere l'opportunità migliore.
Dopotutto, la morte ha da sempre reso gli animi liberi da qualunque prigione corporale, e morale.

Adesso potevano stare dalla loro parte.

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Questa storia non ha nessun collegamento con la Long 
"What if Indigo turns into Dark Blue?", non è un suo spin-off, né un sequel dell'opera originale, è completamente una storia a sé in un AU alla conclusione del libro. 
Non scriverò  spin-off a riguardo, vorrei che voi come me possiate immaginare da soli se Aziraphale e Crowley si siano incontrati di nuovo, o se siano morti sul serio.
Grazie a tutti voi, che spendete un po' del vostro tempo per questa storia.
A presto!



https://www.youtube.com/watch?v=uvytsqahL9s
Una volta arrivati fin qui, concedetevi altri tre minuti per ascoltare questo per mantenere lo stato d'animo. Se non comprendete il significato, vi consiglio di leggere la traduzione, trovo che meriti molto in questo contesto.
   
 
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