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Autore: girasole1197    30/05/2020    4 recensioni
''Una volta da qualche parte ho letto che i piccoli momenti che hanno cambiato la tua vita finiscono per sommarsi e stratificarsi fino a formare una massa informe di intensità . Non ho mai trovato parole migliori per definire questa storia e sono certa neanche tu''
Come è iniziato tutto? Forse così:
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maggio 2020

Oggi mi hai chiamato 5 volte. Con insistenza. Mi sono allarmata dopo la terza telefonata ma ero di turno e non avevo modo di rispondere in nessuno modo. A pranzo ti ho richiamato fregandomene del fuso orario, le mani mi tremavano. Mi hai risposto al sesto squillo: li ho contati con le dita.
Mi sono data della patetica ma sono certa che se avessi potuto guardarmi lo avresti trovato divertente.
"John, John. Mi senti?"
"pronto? cazzo Vic, finalmente"
Eccola lì: la tua voce.
"ti ho svegliato. Mmm. Pazienza"
"assolutamente sì e lo sai benissimo. Avevo.. Avevo bisogno di parlarti prima."
Ho sospirato.
"ci stiamo parlando. Ti ho chiamato solo perché temevo fosse successo qualcosa"
Hai sospirato tu. Riuscivo perfettamente ad immaginarti nel letto di legno della tua casa in Provenza,le finestre  spalancate perché odi tenerle chiuse di notte e finisci inevitabilmente per svegliati con il mal di gola, il tabacco ppoggiato sul comodino accanto al quaderno dove scrivi. In pelle, rigorosamente nero.
Quando hai scoperto che ne ho uno assolutamente uguale sulla prima pagina ci hai scritto "gemelle" con quella calligrafia da serial killer che ti ritrovi.
"ho..ho parlato con Adam. Ha detto che ti sarebbe già dovuta arrivare la convocazione per il processo. Volevo dirti che non sei costretta ad accettare, questo è un cazzo di incubo in cui sei finita senza volerlo"
Eccolo lì :il fiume di parole che mi aspettavo sulla questione. I tuoi sensi di colpa, la mia angoscia, i ricordi aggrovigliarti per troppo tempo, tu che cerchi di convincermi a riparlarti scegliendo l'argomento sbagliato.
"Io ci sarò. A prescindere da tutto. È giusto che io ci sia John. Voglio che questa storia fisica una volta per tutte. Al resto non ci pensiamo più"
La parole mi vengono fuori rotte, taglienti come lame lungo gola.
"Io ci penso ancora. Non passa giorno senza i  ci pensi e so che non vuoi parlarne. Per me è un miracolo che tu mi abbia chiamato. So che giorni d'inferno stai vivendo ma mi manca la mia migliore amica. E.. Niente, lascia perdere"
Lo dici così, tutto d'un fiato. Non ti aspetti una risposta. Ti sento ridere tra te e te. E poi continui:
"Lo sai che ho scoperto che Lily sta leggendo Frammenti di un discorso amoroso? So che tu c'entri qualcosa"
"è un libro necessario per la formazione di una giovane donna"
"dove sei?" mi chiedi.
Un lampo: il ricordo di me a Piazza San Marco mentre scatto una polaroid prima della tua conferenza stampa. La agito e la chiudo nel taschino della mia camicia a quadri bianca e blu. Il tuo SMS "dove sei? Non faccio una conferenza stampa da troppo, ho bisogno di sapere che ci sei."
Ti avevo risposto "sarò sempre lì accanto a te. Ci vediamo in hotel. Sto respirando"
E di nuovo quel:"dove sei?"
"sono in mensa. Sto mangiando una terribile zuppa ai funghi"
"quando la finirai con questa storia che in America si mangia male?"
Sento una leggera interferenza, ero sicura che stessi tenendo il telefono tra l'orecchio e la spalla per rullarti una sigaretta.
"mai. Perché siete degli assassini della gastronomia."
Ti sento ridere poi il suono inconfondibile del fiammifero.
"e come stai?"
"sai che c'è una canzone italiana che dice: e come stai? Domanda inutile. Stai come me e ci scappa da ridere"
Canticchio Battisti al telefono con te e la mia vita diventa sempre più assurda. Sono costretta a tradurti la canzone e mi vergogno un po' per quello scatto di spontanea ironia.
"mi manchi Vic. Io... Io.. Cazzo. Le cose hanno meno colore senza di te. Non rivoglio indietro tutto, non rivoglio indietro niente se non, se non, quella.. Quella...comunicazione. Tra me e te. Lo sai? Sai di cosa parlo. Ho cercato persone vere per anni e l'idea di perderti per questa storia mi fa diventare matto. Ci ho già rimesso troppo, io.. "
Il cercapersone vibra e lo maledico perché non ci parliamo così da mesi e perché so che probabilmente non ritroverò subito il coraggio di chiamarti, di fare i conti con la distanza e il dolore.
" mi chiamano dal pronto soccorso. John? "
" ehi"
Il modo che hai pronunciare le parole quando sei sovrappensiero è un bisbiglio timido di un calore proibito.
"quando finirà tutto?"
"dovresti dirmelo tu"
"ascolto Heroes tutte le notti prima di infilarmi il camice e ricominciare"
"non sparire  di nuovo, cazzo"
"buonanotte Johnny. Leggi quel dannato copione senza fare storie. E se non ti piace pazienza, passiamo al prossimo"
"buon lavoro Vittoria"
Il modo che hai di pronunciare il mio nome con il tuo accento.
Ho messo giù, ho respirato profondamente fino a sentire i polmoni colmi di aria pulita e mi sono alzata dalla sedia pronta a combattere per un'altra giornata.

Maggio 2016

Sei del mattino, la sveglie suona e Dante rizza le orecchie. Io sono già sveglia da una buona mezz’ora e fisso il soffitto. Mi rendo conto di essere particolarmente agitata, ho passato la notta ad analizzare le possibilità per salvarti il dito. Ho letto una quantità imbarazzanti di articoli sull’innesto di pelle: un intervento che ho fatto e visto fare almeno un cinquantina di volte da quanto lavoro ad LA.” Impressionante la tendenza degli americani a perdere pezzi di corpo” penso mentre metto la prima e parto verso l’ospedale.
Arrivare  a lavoro  in anticipo era il mio segreto da specializzanda per seguire gli interventi migliori ed è sempre stata un’arma valida per tenere sotto controllo tutto anche da primario. Anche quella mattina sono arrivata presto, ho messo il camice in sala medici, passato il tesserino, attivato il cercapersone e bevuto un paio di caffè mentre guardavo fuori dalla finestra la grande città che si svegliava. La luce di maggio inondava i viali di Los Angeles, due specializzandi si baciano sulla panchina dopo aver finito il turno di notte. Forse hanno cinque o sei anni in meno di me, lei è bassina con i capelli afro e lui alto e magrissimo. Sembrano felici. Nel parcheggio un uomo e una donna litigano in auto, non riesco a sentire quello che dicono ma li vedo gesticolare animatamente, lei forse piange.  Perché nessuno ci avvisa quando l’amore finisce? Perché nessuno ci lascia un biglietto con scritto la data di scadenza della felicità iniziale?  
Qualcuno entra nella stanza e interrompe quei pensieri.
‘’Dottoressa,buongiorno. Mi sa dire a che ora iniziamo il giro visite?’’
Saluto Jude con un cenno del capo.
‘’tra una mezz’ora va bene?’’gli chiedo guardando l’orologio
‘’certamente, vado a preparare i pazienti’’
‘’Jude, com’è andata stanotte?’’
Lui mi guarda, sa a  cosa mi riferisco.
‘’ha dei dolori lancinanti e ho dovuto chiudere tutte le porte del reparto perché il suo telefono squillava continuamente’’
Gli faccio cenno di entrare e di chiudere la porta.
‘’qualcuno del suo staff è rimasto con lui?’’
‘’una donna , probabilmente è la sua manager. Dottoressa io..insomma io credo che qualcuno gli abbia tirato addosso qualcosa. ‘’
‘’ora dorme?’’
‘’ è  sveglio perché dalla sua stanza c’è già via vai’’
Mi alzo di scatto e mi dirigo verso la tua stanza. L’ho trovata nello stesso modo in cui l’avevo lasciata: stracolma di gente, come fosse un party privato su un attico di New York alle sette della sera.
Busso tre volte e poi entro senza aspettare risposta. Eri in piedi vicino alla finestra, la mano fasciata appoggiata al petto, una maglietta di quello che poi avrei scoperto essere la tua band. Parlavi animatamente con Jerry.
Hai spostato lo sguardo e mi hai vista.
‘’Oh dottoressa’’ mi dici avvicinandoti . Mi rendi conto che sei a piedi scalzi.
‘’buongiorno , le devo chiedere ancora di far uscire tutte queste persone da qui’’
Hai guardato in basso, imbarazzato e ti sei passato due dita sulle labbra.
‘’mi…mi hanno detto che ieri ero un po’ fuori di me tra la morfina e..il resto. Mi vorrei scusare’’mormori sedendoti sul letto
‘’non si preoccupi, dire che ci sono abituata è un eufemismo. Mi fa vedere?’’
Ti chiedo indicando la ferita.
Tu mi porgi il braccio e giri la testa dall’altro lato. Per la prima volta noto i tuoi tatuaggi sulle braccia.
‘’le da fastidio la visione del sangue?’’  Chiedo srotolando la benda attorno al tuo dito. C’era davvero troppo sangue.
‘’mi da fastidio tutta questa storia’’ bofonchi sommessamente
‘’posso immaginarlo. Il dolore  è abbastanza acuto. Ha mangiato e si è riposato?’’
Sospiri e mi guardi fisso negli occhi. Lo trovo un po’ sfrontato ma non abbasso lo sguardo.
‘’Lei non ha idea..di..di tutto’’
‘’sto provando a fare del mio meglio per renderle meno traumatica questa operazione. Oggi pomeriggio ho organizzato un consulto con il miglior chirurgo plastico che ci sia in zona. Decideremo insieme il piano…’’
‘’Ma che cazzo..’’
‘’scusi?’’ ti chiedo fingendo di non capire.
‘’ma lei è una macchina? Cosa..cosa è? Perché mi sta dicendo queste cose come se non si trattasse di me?’’
Non ti capivo all’epoca, non potevo capirti.
‘’è il mio dovere comunicarle cosa ha intenzione di fare’’
Sento dei passi dietro di me, una donna.
‘’dottoressa deve scusarlo, è molto stanco..lui’’
‘’c’è qualcuno in questa stanza che abbia una dannata idea di come io mi senta?’’ sbotti cambiando tono di voce. Ancora quello sguardo triste.
Respiro profondamente cercando di mantenere il controllo.
‘’la risposta è: probabilmente no. Così come probabilmente nessuno ha idea di come mi senta io a dover ricucire una dito che vale un miliardo di dollari. Però ora siamo qui’’ noto che mi stai ascoltando senza ribattere e continuo ‘’e so che questa storia è complessa per tutti, che lei mi odia perché ho la faccia da fottuta stronza insensibile ma mi deve credere quando le dico che è nel mio interesse farla uscire da qui il prima possibile’’
‘’posso andare a fumare una sigaretta?’’ mi chiedi con un tono di resa, come se fosse il tuo ultimo desiderio.
‘’l’unico balconcino in ospedale è quello nella sala medici’’ rispondo mettendo via i guanti
‘’questo posto è tipo un manicomio?’’ mi chiedi sarcastico
‘’non ha idea di quanta gente rischierebbe di buttarsi giù mr.Depp’’
‘’si fidi, inizio a capirlo’’
‘’può seguirmi se vuole, la accompagno’’
Tu scendi dal letto e prendi il tabacco dal cassetto nel comodino. Mi fai cenno di sì con la testa.
Sento Jerry muoversi dietro di me  e mi rendo conto che non ti sarebbe stato concesso fare un solo passo senza un bodyguard. ‘’Terribile’’ penso
‘’non ti preoccupare J, al massimo la dottoressa mi butta di sotto’’
Fingo di non sentire  e ti faccio strada nel corridoio. Un’infermiera ti squadra da capo a piedi e penso che deve essere strano sentirsi osservato così tutto il tempo. Tu le fai un sorriso e lei ridacchia mentre io spero con tutto il cuore che non ti chieda una foto perché sembri più simile ad un fantasma che all’attore a cui siamo abituati.
Entriamo nella stanza e stiamo in silenzio per un tempo che mi pare infinito. Cerco di distogliere lo sguardo guardando verso la finestra mentre ti rulli una sigaretta e mi rendo conto che per te è una specie di rito.  A separarci c’è un tavolo con le mie cose sparpagliate sopra. Mi rendo conto che non riesci a chiudere la sigaretta con una sola mano funzionante , ti guardo per qualche secondo. Stai facendo di tutto per non chiedermi una mano.
‘’dia a me’’ dico
‘’cosa? No! Non si preoccupi’’
‘’vogliamo stare qui tutta la mattina?’’
‘’chiamo qualcuno dei miei..’’
Non ti lascio finire e dico ‘’oh ma per favore! Mi dia quella sigaretta’’
Sorridi debolmente e me la passi. La chiudo, mi rendo conto che devo porgertela per farti leccare la cartina.
‘’faccia lei’’
‘’non leccherò la sua sigaretta’’
Ti avvicini e lo fai tu. Piano, segui il bordo lungo la colla della cartina con la lingua. Per una manciata di secondi trattengo il respiro e ti guardo.  Mi si secca la gola.
‘’può andare fuori, io ho il giro visite ’’ dico e mi allontano verso la porta dall’altra parte della stanza.
Fuori mi aspetta un’infermiera che mi avverte di una visita per il signor Depp, dico che non è l’orario di visita. Lei mi dice ‘’è la moglie’’.
   
 
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