Anime & Manga > Altro - anime/manga sportivi
Ricorda la storia  |      
Autore: Sion26    31/05/2020    1 recensioni
[Run with the Wind/Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru]
[Kakeru/Haiji]
L'ultimo anno di università porta con sé ricordi felici e malinconici, ma una nuova determinazione in Kakeru che lo portano a riflettere sul suo futuro, ma soprattutto della persona con cui vuole viverlo.
Dal testo:
Kakeru diventava un tutt’uno con il vento mentre correva. Non sentiva alcun suono, se non il battito del suo cuore che pompava frenetico per far arrivare ossigeno ai muscoli, e il fischio del vento che gli sussurrava nelle orecchie. Inspirava ed espirava a intervalli regolari, il sudore gli colava sulla base del collo, a imperlare la maglietta già sudata. Era inverno, ma non sentiva davvero il freddo e non percepiva neppure un filo di stanchezza mentre le sue gambe procedevano a un ritmo regolare. Tutto perdeva forma mentre lui correva, fluttuava nell’aria, perdendo persino il contatto con il terreno.
Ti piace correre?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti. 
Eccomi con una One Shot su un anime che personalmente ho adorato moltissimo. Mi è venuta questa idea casualmente guardando un video di Youtube su Kakeru e Haiji con la canzone "Enchanted" la versione degli Owl City. Come annunciato, contiene deli spoiler del finale, quindi se non avete ancora finito l'anime vi consiglio di finirlo prima di leggere xD spero che nonostante questo anime non abbia ancora un fandom, la mia one shot trovi comunque un pubblico. Grazie per chi leggerà e buona lettura. 

Sion.

THE DAY I MET YOU 

Kakeru diventava un tutt’uno con il vento mentre correva. Non sentiva alcun suono, se non il battito del suo cuore che pompava frenetico per far arrivare ossigeno ai muscoli, e il fischio del vento che gli sussurrava nelle orecchie. Inspirava ed espirava a intervalli regolari, il sudore gli colava sulla base del collo, a imperlare la maglietta già sudata. Era inverno, ma non sentiva davvero il freddo e non percepiva neppure un filo di stanchezza mentre le sue gambe procedevano a un ritmo regolare. Tutto perdeva forma mentre lui correva, fluttuava nell’aria, perdendo persino il contatto con il terreno.
Ti piace correre?
Quell'utopia si frantumò velocemente quando sentì una forza fare resistenza dall’altro capo del guinzaglio che teneva in mano. Kakeru si fermò e abbassò il capo verso Nira, che ansimava con la lingua di fuori e lo guardava caparbia e offesa.
Lo aveva fatto di nuovo. Si era completamente tagliato fuori dalla realtà, dimenticando dove stesse andando e con chi fosse.
“Stavo andando troppo veloce?” domandò Kakeru inchinandosi per accarezzarla. Nira, lo shiba-inu mascotte del dormitorio, abbaiò in risposta, la coda che roteava impazzita per la felicità delle coccole. Quando ripresero a camminare, il cane zoppicò seguendolo e Kakeru aspettò qualche minuto prima di tornare a correre.
“Non riesci più a tenere il ritmo, eh?”
Da qualche tempo a quella parte, Nira non riusciva più a tenere il passo di Kakeru quando andavano a correre assieme. Non sapeva se fosse dovuto al fatto che avesse appena avuto i cuccioli, e fosse già arrivata all’età di sette anni, o se era Kakeru che aveva iniziato ad andare molto più veloce del solito.
“Siamo quasi arrivati, tieni duro!” esclamò al cane riprendendo a correre a un ritmo più normale.
Da quando Haiji era andato via dal dormitorio, quasi tre anni fa, erano cambiate un sacco di cose: Kakeru era al suo ultimo anno di università, era diventato il capitano della squadra del club di atletica leggera e avevano partecipato alla Hakone Ekiden, una delle maratone universitarie più importanti del Giappone, per ben due volte, piazzandosi rispettivamente settimi e quarti. Continuavano a salire la classifica a un ritmo impressionante. Tra qualche settimana avrebbe corso per l’ultima volta quella maratona insieme al suo team e la vetta non sembrava più un traguardo così irraggiungibile.
Nira abbaiò nuovamente, tirando il guinzaglio verso il cancello di entrata della palazzina che avevano appena raggiunto. Come ogni volta che arrivavano a casa di Haiji.
“Tranquilla, ora entriamo.” Esclamò Kakeru suonando il campanello.
“Chi è?” la voce di Haiji uscì dall'interfono, accompagnata da una leggera musica e al solo udirla, Nira iniziò ad abbaiare, reclamando di essere scortata all’interno. Kakeru non ebbe motivo di rispondere, gli abbai di Nira avevano già comunicato il suo arrivo, infatti il cancello si aprì subito dopo e in poco tempo si ritrovò tirato mentre saliva le scale per il secondo piano, dove abitava Haiji.
“Ehi!”
Se prima Kira aveva mostrato sintomi di stanchezza, erano letteralmente scomparsi mentre tirava come una pazza per raggiungere Haiji, appena comparso sulla soglia della porta del suo appartamento.
Il cane si abbandonò alle coccole, agitando freneticamente la coda e buttandosi con la pancia all’aria per essere accarezzata. Eppure l’ultima volta che aveva visto Haiji non era stata che la settimana scorsa, quando lui era passato in dormitorio per salutare il coach e i gemelli, ma i cani non percepivano il tempo allo stesso modo degli esseri umani. Per Nira, rivedere Haiji, era speciale ogni volta. Delle volte, quando la mattina andava a portarle la colazione, la trovava seduta sotto la finestra della stanza che era appartenuta ad Haiji, in paziente attesa che lui uscisse per salutarla come faceva tutte le mattine. Chissà se si rendeva conto che non sarebbe mai più successo… Nonostante tutto, Nira rimaneva ancora ad aspettarlo. In un certo senso, Kakeru riusciva a capire cosa provasse.
“Ciao, piccola! Hai corso anche oggi? Sì?” La voce di Haiji lo risvegliò da quei pensieri e lo osservò abbassarsi con cautela per giocare con Nira, che gli leccò la faccia in risposta.
“Sì ma sta iniziando a perdere il ritmo.” Rispose Kakeru, anche lui accucciato vicino al cane per unirsi alle coccole.
“Oh…” esclamò Haiji accarezzandole il muso. “Era solo un cucciolo quando sono entrato in dormitorio, ma adesso inizia a invecchiare, eh? Continua a tenerla in allenamento.” Esclamò Haiji sorridendo, seguendo la stessa linea di pensiero di Kakeru, mentre si rimetteva in piedi. “Dovete essere affamati, entrate. Sono già arrivati tutti.”
Delle volte Kakeru si sentiva esattamente come Nira. Quando aveva incontrato Haiji per la prima volta era esattamente come cane randagio. Haiji gli aveva trovato una casa, uscendosene poi con quella assurda idea di correre la Hakone Ekiden con quel gruppo di atleti improvvisati. Lo aveva letteralmente raccolto per strada e gli aveva ridato qualcosa in cui credere, liberandolo dai demoni del suo passato. Gli doveva così tanto che non era mai riuscito a ringraziarlo davvero a dovere. Infondo, non era mai stato bravo a parole, soprattutto quando doveva esprimere i suoi sentimenti.
“Con permesso.” Lasciò libera Nira che corse all’interno senza troppe cerimonie e andò ad accomodarsi al suo solito posto vicino alla porta finestra. Si ricordava bene della casa di Haiji, eh?
“Kakeru! Finalmente sei arrivato!” esclamò Jota dandogli una fragorosa pacca sulle spalle. “Non avevo dubbi che saresti arrivato correndo.”
“Non ti fermi proprio mai, eh?” concluse Joji, dandogli una spallata di egual misura a quella del gemello, sull’altra spalla.
Non era sempre facile riuscire a incontrarsi tutti quanti, a causa degli impegni lavorativi di ognuno. I gemelli e Kakeru erano all’ultimo anno di università, assieme ad Hana che era un anno indietro di loro. Tutti gli altri lavoravano a tempo pieno e confrontare gli orari di dieci persone per trovare il periodo in cui tutti erano liberi stava diventando una sfida. Per fortuna quel giorno tutti quanti erano riusciti a prendersi quella serata libera e incontrarsi nell’appartamento di Haiji per festeggiare assieme il Natale.  
“Già…” rispose semplicemente Kakeru. La stanza non era molto grande, forse aveva le stesse dimensioni della cucina del dormitorio, quindi tutti stavano un po’ stretti, ma ci erano più che abituati. Anzi in un certo senso si sentiva tornato a quei tempi e questo risvegliava dentro di lui un sentimento nostalgico e malinconico.
“Come te la passi?” esclamò Nico-chan passandogli una lattina di birra. Shindo-san era già ubriaco e farneticava frasi senza senso, raccontando forse la sua ultima esperienza con una ragazza. Yuki e Musa parlavano dei rispettivi lavori. King stava discutendo con Ouji-san dell’ultimo quiz che aveva visto in tv, nel quale la domanda su un manga famoso aveva risvegliato l’interesse di Ouji, che era partito come un treno a parlare del protagonista.
“Ah questo sei proprio tu alla maratona!” era intervenuto Haiji ridendo.
“Non me lo ricordare.”
La voce di Haiji catturò l’attenzione di Kakeru, che lo trovò vicino alla cucina, mentre riempiva due ciotole di riso. Quando Nira abbaiò, reclamando la sua dose di cibo, Kakeru lo vide zoppicare verso di lei e chinarsi con la stessa cautela di poco prima.
Nonostante fossero passati tre anni e fosse stato nuovamente operato al ginocchio, come il dottore gli aveva già preannunciato, l’articolazione ormai era troppo compromessa per riacquistare la stessa mobilità di prima. L’operazione gli avrebbe restituito parte della mobilità, ma non sarebbe mai riuscito a correre o camminare senza l’aiuto di un supporto. Per Haiji andava bene così, sapeva quali sarebbero stati i rischi a cui sarebbe andato incontro correndo quei 23 km che avevano portato il club di atletica leggera della Kansei University a classificarsi decima tra i migliori del Giappone. Non aveva rimpianti.
“Kakeru?”
Haiji si era seduto vicino a lui e gli stava offrendo la ciotola di riso che gli aveva visto riempire qualche attimo prima.
“Scusa, stavo pensando ad altro.” Esclamò Kakeru, ringraziandolo mentre prendeva la ciotola tra le mani.
“Non preoccuparti. Mangia senza fare complimenti.” Esclamò Haiji sorridendo, sedendosi vicino a lui e incrociando le gambe, mentre si univa alla conversazione di Ouji e King e Kakeru rispondeva alla domanda lasciata in sospeso di Nico-chan.
 
 
“Grazie per essere venuto, Ouji. Ci sentiamo presto!” esclamò Haiji mentre salutava anche l’ultimo dei suoi ex-coinquilini. Erano già andati via tutti, dopo essersi rimpinzati di cibo e ubriacati.
“Verrò a portarti il manga di cui ti ho parlato.” Esclamò Ouji, salutò Kakeru, che si era attardato più degli altri, e uscì dall’appartamento.
“Ti sei dato ai manga?” chiese quest’ultimo mentre raccoglieva le ciotole e i piatti dal tavolo per riporli nel lavandino.
“Beh, ci sono dei momenti della giornata in cui mi annoio. Mi tengono la mente impegnata.”
Nira sbadigliò dal suo angolino e appoggiò la testa sulle zampe anteriori. Haiji stava portando le ultime cose in cucina, dove Kakeru aveva iniziato a lavare i piatti.
“Non ti sembra di essere tornati a quando abitavo ancora nel dormitorio?” ridacchiò. Kakeru lo imitò strofinando una ciotola.
“È la sensazione che ho avuto da tutta la sera.” Rispose, “ma adesso più di tutte.”
“Grazie per essere rimasto per aiutarmi a pulire.”
“Non c’è problema. Siediti, ci penso io a finire.”
Haiji fece come gli fu detto, anche perché sapeva per esperienza che era inutile trattare con Kakeru. Si sedette sul divano e prese a massaggiarsi il ginocchio, come faceva tutti i giorni dopo cena, Nira si alzò, trotterellando vicino a lui e abbaiando.
“Oh, tu devi uscire a fare la passeggiata, vero?” chiese Haiji mettendogli una mano sulla testa.
“Kakeru, vado a portare fuori Nira.” Esclamò Haiji alzandosi e prendendo il collare che Kakeru aveva abbandonato all’entrata.
“Cosa?” Il ragazzo si voltò verso la porta, mentre si stava ancora asciugando le mani e in poco tempo gli fu vicino. “Ti accompagno.” Esclamò mentre si stava già infilando le scarpe.
“Non c’è bisogno davvero. Lo sai che ti rallenterò e basta.”
“Non mi importa. Non ti lascio uscire da solo.” Sentenziò quest’ultimo e Haiji sorrise. Ancora una volta, sarebbe stato inutile trattare con lui. Era lusingato che si preoccupasse così per lui, anche se di certo una passeggiata nel quartiere non gli avrebbe recato alcun danno.
“D’accordo.” Si mise anche lui le scarpe, afferrò il bastone che usava per passeggiare e uscirono. 
“Kakeru, guarda!”
“Cosa?”
“Il cielo!” Haiji indicò davanti a lui e Kakeru alzò lo sguardo sorpreso. Il cielo era di un magnifico e insolito blu, coperto da una miriade di puntini luminosi.
“È così insolito vedere le stelle in questo periodo.” Commentò Haiji e Kakeru si voltò verso di lui sorridendo. “Non è bellissimo? Mi ricorda il campo di addestramento che abbiamo fatto tre anni fa.” Haiji sorrise, estasiato come un bambino e Kakeru non poté che imitarlo, mentre osservava il cielo. Poi si voltò a guardare l’amico, che aveva chiuso gli occhi e si godeva il vento fresco che gli faceva svolazzare i capelli mentre camminava.
Non c’erano più dubbi. Quello che provava era molto più complicato di quello che sarebbe riuscito a esprimere a parole. Veniva a trovare Haiji almeno una volta a settimana, nonostante non abitasse vicino al dormitorio, con la scusa di allenarsi. Si sentivano spesso anche per telefono e Haiji lo aiutava ancora se aveva problemi con la squadra o a pianificare i suoi allenamenti. L’unica cosa che era cambiata era che non vivevano più sotto allo stesso tetto, ma la loro relazione non era cambiata, anzi se possibile era diventata ancora più forte.
Sin dall’inizio tra loro c’era sempre stata più che una semplice amicizia. Haiji era la prima persona che aveva creduto in lui, che lo aveva riconosciuto e, senza neppure accorgersi, si era trovato a provare per lui una fiducia incontrastata. Se all’inizio aveva dubitato di tutte le volte che diceva che avrebbero corso la maratona, gradualmente si era spinto al punto in cui ormai non poteva più dubitare della sua parola.
Haiji gli aveva dato una vita nuova, gli aveva mostrato un futuro che non sembrava più irraggiungibile e Kakeru iniziava a pensare che quel futuro voleva viverlo al suo fianco. Non gli importava in che modo. Perciò era difficile esprimere a parole quello che provava per lui. Era un bisogno, quasi come respirare, mangiare o correre, che Haiji facesse parte della sua vita.
“Lo stai facendo di nuovo.” Esclamò Haiji e Kakeru abbassò lo sguardo colto nel segno.
“Che cosa?”
“Perderti nei tuoi pensieri.” Rispose Haiji ridacchiando. “A cosa stai pensando?”
“Niente di particolare.”
Tornò ad alzare lo sguardo verso il cielo e si mise a contemplarlo. All'improvviso sembrava si era fatto nuvoloso.
“Hai già pensato a cosa vuoi fare dopo la laurea?”
Quella domanda arrivò inaspettata e Kakeru si voltò verso di lui sorpreso. Nira tirò per fermarsi a fare pipì e entrambi si fermarono qualche secondo. “Siete tra i favoriti a vincere la maratona. È un risultato che non avrei neanche mai sognato di ottenere. Ma tu sei forte, Kakeru. Puoi farcela. La tua forma è notevolmente migliorata e sei molto più veloce di come lo eri tre anni fa. Hai battuto persino Fujioka.”
“Perché mi stai dicendo questo?”
“Perché sono curioso di sapere se hai pensato se vuoi fare di correre la tua professione.”
Kakeru rimase a bocca aperta di fronte a quella domanda.
“Hai capito che cosa vuol dire correre per te, no? C’è qualcos’altro che ti turba?”
Cosa vuol dire correre? Haiji gli aveva rivolto quella domanda un’infinità di volte, aveva sacrificato il suo ginocchio per trovare la risposta. Ma alla fine era stato Kakeru a trovarla.
La risposta era sempre stata davanti a lui. Era quando Haiji li riuniva per correre alla mattina presto, era dietro ai suoi insegnamenti, al suo sostegno, al suo dolore, alle sue gioie. La risposta era lui. Era questo che aveva capito mentre Haiji correva verso di lui quel freddo giorno di gennaio di quasi tre anni fa.
“Non ci ho ancora pensato davvero.” Esclamò semplicemente.
“Che cosa vorresti?” chiese di nuovo Haiji. La solita espressione serena, come se stessero parlando di cosa mangiare il giorno dopo. Era sempre stato così tranquillo e pacato che Kakeru si era domandato spesso se avesse davvero qualche preoccupazione al mondo. La verità era che Haiji ne aveva avute più di tutti loro messi assieme.
“Voglio correre. Vorrei farlo di nuovo con te.” L’ultima frase gli era uscita spontaneamente, non ci aveva neppure pensato. Nonostante sapesse che non era più possibile, dentro di lui era quello che aveva sempre provato. Correre gli faceva sentire una miriade di sensazioni, ma c’era qualcosa che mancava, che lo faceva sentire incompleto.
Non era più stato da solo da quando aveva corso con Haiji per la prima volta.
Questi gli sorrise, mettendogli una mano sulla spalla. “Beh, lo sai che questo non è più possibile. Oh, brava, Nira!” esclamò improvvisamente quando il cane si era messa in paziente attesa di ricevere il premio per aver fatto i suoi bisognini. Haiji prese un sacchettino dal guinzaglio e si chinò per raccoglierli. Li buttò al cestino più vicino e si voltò verso Kakeru.
“Hai dietro dei biscottini per Nira?”
“Haiji…”
“mmm?” il ragazzo rimase con la mano a mezz’aria e lo guardava confuso e preoccupato dalla sua espressione, “se non li hai non è un problema, può aspettare fino a casa, vero, piccola?”
“Sono estremamente felice di averti incontrato.” Esclamò Kakeru tutto d’un fiato. Non riusciva neppure a guardarlo negli occhi, ma quelle parole gli erano uscite spontaneamente, senza pensarci.
Haiji rimase a fissare Kakeru per quelli che erano sembrati secondi interminabili.
“Anche io sono felice.” Rispose infine. “Non agitarti troppo per quello che ti ho detto. Hai ancora tempo prima della laurea, puoi pensarci con calma.”
Kakeru annuì, stringendo i pugni frustrato. Aveva fatto la figura del cretino uscendosene con quella frase. Sospirò. Il vento si stava facendo più forte e stava portando con sé qualche gocciolina di pioggia, mischiata a neve.
“Sta nevicando!” disse Haiji alzando il naso verso il cielo.
“È da tanto che non nevica.” Costatò Kakeru rilassandosi. Nira iniziò ad agitarsi, infastidita dall’umidità, e iniziò a tirare dalla parte opposta a dove stavano andando. 
“Rientriamo, o ti prenderai un raffreddore. Puoi tenere tu Nira?” Esclamò passandogli il guinzaglio.
“Non puoi tornare a casa con questo tempo. Vuoi rimanere da me stanotte?” gli chiese Haiji, prima che Nira tirasse troppo forte e fosse costretto ad aumentare il passo per stargli dietro.
Kakeru guardò prima Nira e poi Haiji. Non era mai stato a dormire a casa sua, ma anche se non gli importava di correre con la neve, non aveva voglia di tornare a casa e Nira non avrebbe accettato la cosa di buon grado.
Annuì e poi Nira lo tirò talmente forte che rischiava di inciampare nei suoi stessi piedi se non aumentava il passo.
“Vai pure, ci vediamo a casa.” Lo rassicurò Haiji e Kakeru aumentò il passo.
“Pronta Nira?” chiese al cane, e un secondo dopo stava già correndo verso casa di Haiji.
 
Haiji stava preparando il futon da stendere accanto al letto mentre Kakeru era andato a farsi un bagno, assieme alle coperte e agli indumenti puliti da indossare per la notte.
Kakeru era stato strano per tutta la serata. Non che fosse una persona particolarmente socievole, ma mentre erano a tavola con gli altri, aveva notato che si era sforzato di ridere e sorridere. Capitava spesso che Kakeru si perdesse nei suoi pensieri o che non si sentisse all’altezza di stare in un gruppo, e ogni volta era motivo di preoccupazione per Haiji. Anche perché quell’atteggiamento era durato per tutta la serata, anche quando erano rimasti soli, segno che non era davvero cambiato nei tre anni che lo conosceva.
Kakeru si comportava in modo diverso quando non era in mezzo agli altri. Era più spontaneo e mostrava di più le sue emozioni. Per questo Haiji non si era stupito quando se ne era uscito con quella frase poco fa. Sapeva quanto fosse difficile per lui esprimere i suoi sentimenti, quindi gli era davvero grato per quel piccolo momento. Lo aveva preso alla sprovvista, però, e quindi non era riuscito a rispondergli come voleva, preferendo far cadere l’argomento. Per lui, averlo incontrato era molto di più di un semplice incontro felice. Kakeru lo aveva salvato e di questo gliene sarebbe stato grato per sempre. Ma come riuscire a esprimere quel sentimento a parole? Che cos’era davvero? Amore? Amicizia? Non poteva dargli un nome, perché andava al di là di quei semplici, ma allo stesso tempo, complicati concetti.
Al club le cose andavano molto meglio per Kakeru. Era diventato il capitano della squadra, aveva una luce negli occhi diversa quando parlavano della corsa, la stessa luce che gli aveva visto una miriade di volte e che sapeva non si sarebbe mai spenta. L’anno prima aveva fatto un tempo record alla maratona, avevano tutte le carte in regola per piazzarsi tra le prime posizioni.
Era per questo motivo che sperava davvero che avrebbe intrapreso la carriera di atleta. In quei tre anni, Haiji aveva allenato molti giovani ragazzi, aveva formato ottimi atleti, ma mai in nessuno di loro aveva visto quella stessa luce, quella scia luminosa che vedeva ai piedi di Kakeru quando correva. Quello che gli mancava più di tutto non era correre di per sé, era correre con lui. Il brivido di quando gli passava di fianco, la velocità, la forma armoniosa del suo corpo quando metteva un piede davanti all’altro, il vento che correva con lui. Nessun atleta eguagliava Kakeru in forza, velocità e armonia.
Kakeru era forte. Gli mancava la sua forza.
“Grazie per avermi ospitato, Haiji-san.” Gli arrivò una voce alle spalle e sorrise.
“Non preoccuparti.” Haiji si avvicinò a Nira, assicurandosi che dormisse tranquilla. Gli sarebbe mancata quando anche Kakeru avrebbe lasciato il dormitorio.
“Sai che il dormitorio verrà demolito dopo la fine dell’anno scolastico, no?” chiese Kakeru d’un tratto, come se gli avesse letto nel pensiero. Succedeva talmente spesso che non ci faceva neanche più caso.
“Sì.”
Il ragazzo si era avvicinato a Haiji sedendo vicino a lui sul futon che aveva appena steso per terra. “Il coach mi ha chiesto se voglio prendermi cura di Nira. Siamo riusciti a trovare una casa per tutti i cuccioli, ma lei non ha un posto dove andare. Mi ricorda me quando ci siamo conosciuti.” Esclamò allungando una mano per accarezzarla. “A dire il vero anche ora dovrò cercarmi un posto, ma non sono sicuro di poterla portare con me. Vorresti prendertene cura tu?”
Haiji lo guardò sorpreso. Non tanto per la richiesta, adorava Nira, certo che se ne sarebbe preso cura, ma più perché Kakeru aveva appena paragonato se stesso a un cane randagio. Una metafora che non gli aveva mai davvero sentito fare.
“Certo. Ne sarei felice.” Nira si mosse nel sonno per mettersi a pancia all’aria e i due ragazzi risero assieme.
“Andiamo a dormire, ora.” Esclamò Haiji. Kakeru lo aiutò ad alzarsi dal futon, poiché il ginocchio gli faceva sempre un po’ più male la sera, ed entrambi si misero sotto le coperte.
“Chiamami se hai bisogno di qualcosa.”
“Sì! Buona notte, Haiji-san.”
“Buona notte, Kakeru.”
E così Haiji si era ritrovato nel letto a rigirarsi senza riuscire a prendere sonno. Non erano insolite quelle notti passate con gli occhi sbarrati, ad aspettare che l'antidolorifico che prendeva quando non riusciva a dormire a causa del dolore facesse effetto. Quando ebbe constatato che prendere un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto meglio che continuare a cercare di dormire senza successo, si alzò. Cercando di non fare rumore, zoppicò fino alla veranda e aprì pieno la porta finestra. Si voltò verso Kakeru per paura di averlo svegliato, ma stava ancora dormendo tranquillo. Così uscì sul balcone e chiuse la porta. L’aria fresca gli fece subito bene, mischiato all’odore della neve che era appena caduta. Il rumore del vento contro gli alberi era rilassante, e tutto attorno a lui era bianco e imperlato di piccole goccioline d’acqua. Si riempì i polmoni e si appoggiò alla ringhiera massaggiandosi il ginocchio.
“Ti fa male?”
Haiji si voltò, notando che Kakeru era appena entrato in veranda.
“Scusa se ti ho svegliato.”
“Ero già sveglio.” Rispose avvicinandosi a lui.
Haiji si sedette sulla sedia lì vicino e si alzò la gamba del pantalone scoprendo il ginocchio e applicando i soliti massaggi che faceva sempre in quelle occasioni. Sul ginocchio campeggiava un’altra cicatrice, più fresca in direzione opposta a quella più vecchia.
“Alcune notti non riesco a dormire a causa del dolore.”
“Anche dopo tutti questi anni?”
“Dipende da molte cose a dire il vero. Per esempio, quando c’è molta umidità o quando c’è vento.” Che era esattamente la situazione attuale.
Kakeru non disse nulla. Sapeva di non doverlo fare, e Haiji si alzò nuovamente per rimettersi di fianco a lui. “Passerà presto.” Esclamò per tranquillizzarlo.
Kakeru annuì guardando un punto imprecisato sotto di lui. “Delle volte ripenso a quando ero in quel konbini, alle circostanze che mi hanno portato a rubare. So che è sbagliato dirlo, ma lo rifarei perché mi ha portato a incontrati.” Kakeru ruppe di nuovo il silenzio che si era creato tra loro con quella rivelazione e Haiji lo guardò ancora più sorpreso.
Che succedeva quella sera? Aveva forse bevuto troppo?
A un certo punto Kakeru iniziò a ridere, una risata che non faceva molto spesso.
“Dovresti vedere la tua faccia.” Esclamò infine, come spiegazione allo sguardo confuso di Haiji.
Haiji rise. “Beh dovresti darmene atto. Oggi sei parecchio loquace.”
E così lo aveva zittito, perché Kakeru aveva smesso di ridere e aveva distolto lo sguardo tutto rosso ritornando a guardare il punto imprecisato sotto di lui.
“Kakeru?”
“mmm?” il ragazzo alzò lo sguardo solo dopo che, passati svariati secondi, Haiji non aveva dato segno di voler continuare a parlare.
Questi, dal canto suo, strinse di più le mani sul bordo della ringhiera. Non sapeva perché, ma quel giorno le parole sembravano molto più difficili da pronunciare, ma dato che Kakeru aveva dato voce ai suoi sentimenti, gli sembrava ingiusto non farlo di rimando.
“Quel giorno, mentre uscivo dai bagni termali, ero davvero pronto a mollare tutto. Avevo mille dubbi che mi giravano in testa, non sapevo se le persone che avevo scelto si sarebbero rivelate all’altezza o se avrebbero accettato di buon grado la mia risoluzione, inoltre mi mancava ancora un membro e il tempo stava passando velocemente. Non ero sicuro di avere la forza di farcela. Quando mi sei sfrecciato davanti… ho capito una cosa. Non ho più pensato che quello che mi è successo abbia rovinato la mia vita, ma che anzi sia successo per permettermi di incontrarti. Quella sera ho visto i miei sogni sfrecciare davanti al mio naso e finalmente erano alla mia portata. Correvano veloci, ma mi sarebbe bastato allungare la mano per prenderli. Non credo di aver bisogno altro dalla vita in questo momento, anche se non posso più correre. Quindi… anche io sono estremamente felice di averti incontrato. Grazie.”
Haiji concluse il suo discorso con un sorriso. Ci aveva pensato per tutto il tempo che aveva provato ad addormentarsi, forse era anche per quel motivo che aveva faticato a prendere sonno e ora che lo aveva detto si sentiva molto più leggero. Kakeru, dal canto suo, aveva le lacrime agli occhi e lo stesso sguardo di quando lo aveva raggiunto alla fine di quella tanto agognata maratona. Vederlo lì, ad aspettarlo, agitando una mano verso di lui, era stato come vedere tutti quei sogni diventare realtà. Non c’era davvero nient’altro che chiedeva dalla vita, perché aveva già tutto quello di cui aveva bisogno.
Non gli importava cosa significasse. Quello che sentiva era bisogno di avere Kakeru nella sua vita, ogni giorno, vederlo realizzare il suo sogno, vederlo correre.
Kakeru distolse lo sguardo e si asciugò le lacrime. Stava riflettendo. Haiji avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere che cosa gli frullava per la testa.
 
Kakeru stava ancora cercando di capire come quelle parole lo facevano sentire. Sentiva una sensazione di calore espandersi dal cuore verso tutto il suo corpo. Si sentiva leggero come una piuma, come inconsistente, e non riusciva a capire come fosse possibile dato che gli capitava solo quando correva. Anche se i suoi piedi erano ben saldi per terra nella veranda di Haiji, si sentiva fluttuare assieme al vento. Una sensazione che non riusciva a spiegarsi.
“Non capisco… che cosa significa…”
“Non ce n’è bisogno.” Haiji si voltò per poggiare la schiena e i gomiti sulla ringhiera e guardare la porta finestra che dava sul suo appartamento, che Kakeru aveva lasciato aperta quando era uscito. “Non c’è bisogno di trovare un senso, o dargli un nome. È quello che è.” Disse sorridendo. “Questo forse ti renderà ancora più confuso, ma se ci pensi, non è davvero importante.”
Kakeru lo guardò sorpreso. Era davvero così.
Lui stesso si era domandato più volte cosa fosse, anche se in realtà lo aveva capito da un pezzo.
Sin da quando aveva guardato il volto di Haiji prendere il sash dalle sua mani  quel giorno aveva capito di essere innamorato. Joji gli aveva chiesto di chi, ma era molto più complicato di così.
Era innamorato della sensazione che provava quando correva e sentiva il proprio corpo vibrare assieme al vento.
Era innamorato della velocità, del mondo che passava veloce intorno a lui.
Era innamorato della corsa, del movimento che lo portava sempre più avanti, un passo dopo l’altro.
Era innamorato della persona che lo aveva spinto a correre di nuovo, che lo attirava verso un futuro ogni giorno sempre più luminoso.
Era innamorato delle parole che gli aveva appena detto e della sensazione che gli risvegliava nel cuore.
Era innamorato di Haiji.
Ma cosa significava essere innamorato, quello non riusciva ancora a capirlo. Ma aveva tutta la vita per riuscire a trovare una risposta anche a quella domanda. Una vita che non avrebbe sprecato per nulla al mondo, non dopo tutto quello che aveva sacrificato per costruirla.
Voltò lo guardo e annuì, determinato e deciso. Ora tutto aveva un senso, tutto era più chiaro nella sua testa. Strinse la mano attorno alla ringhiera e annuì.
“Ci ho pensato.” Esclamò d’un tratto e Haiji lo fissò confuso.
“A cosa?” domandò incuriosito.
“A cosa fare dopo che mi sarò laureato.”
“Non devi decidere adesso, hai ancora del tempo per pensarci.”
“Non mi serve tempo. Non riesco a vedermi fare nient’altro se non correre. Forse i miei genitori non ne saranno felici, ma è quello che voglio fare. L’ho capito quando ho corso per la prima volta con te. Ma ho una condizione.”
“Una condizione?” ripeté Haiji confuso.
“Non sarei mai diventato quello che sono oggi senza i tuoi insegnamenti. Inoltre, tu già mi conosci. Sai i miei punti deboli e le mie forze, conosci i miei trascorsi e sai come tirare fuori il meglio di me. Per questo motivo, voglio che sia tu ad allenarmi. Voglio correre di nuovo con te al mio fianco.”
Haiji sorrise, gli occhi lucidi illuminati dal lieve chiarore della luna. “Davvero?”
Kakeru annuì. “Forse non avrò soldi per pagarti subito, dovrò trovarmi un lavoro ma… non posso pensare a nessun altro se non tu. Quindi… se…”
Haiji lo fissò dapprima sorpreso e poi ridacchiò. “Affare fatto. Non mi importa dei soldi. Accetto il lavoro.”  Ridacchiò allungando la mano. 
Kakeru la osservò per un po’ di secondi prima di stringerla vigorosamente nella sua. “Affare fatto.” Ripeté.
 
“Non vedo l’ora!” esclamò Kakeru estasiato quando entrambi si erano rimessi di nuovo sotto le coperte.
Haiji non poté fare a meno di sorridere. Il ragazzo sembrava molto più sereno e rilassato, poteva azzardare a dire, felice.
E lo stesso era lui. La vita aveva ancora molto in serbo per lui, da quando aveva conosciuto Kakeru questo pensiero non lo aveva mai abbandonato.
E non lo avrebbe mai abbandonato. Di questo era più che sicuro.
“Non so tu, ma io non ho sonno.” Esclamò Kakeru guardandolo. “Sono troppo eccitato per dormire.”
“Allora che ne dici di mettere qualcosa sotto i denti? Fin tanto che siamo svegli.”
Kakeru annuì. “Vado a preparare qualcosa.” Concluse alzandosi dal futon. Haiji lo fissò sorridendo.
Quella sera Kakeru si era dimostrato molto più ardito del solito, ma non avrebbe mai immaginato che gli avrebbe chiesto di diventare il suo coach. In realtà, Haiji era geloso di vederlo nelle mani di qualsiasi altra persona che non fosse lui. Si sentiva l’unico in grado di portare Kakeru all’apice dei suoi successi. Forse era un po’ egoista, ma sotto sotto, Haiji era fatto così. Sorrise, mentre si alzava dal letto per raggiungerlo.

Ti piace correre, Kakeru?

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Altro - anime/manga sportivi / Vai alla pagina dell'autore: Sion26