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Autore: Star_Rover    01/06/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XIV. Luce tra le tenebre
 
Hugh non aveva fatto molti progressi con il prigioniero, le loro interazioni erano limitate a causa della lingua. Il giovane poteva comunicare con lui solamente con le poche parole tedesche che aveva imparato al fronte. Almeno era riuscito a trovare un’identità a quel soldato, il cui nome era Friedhelm.
L’inglese si avvicinò, il prigioniero si ritrasse rannicchiandosi contro la parete. Tremava per il freddo e per la paura, il suo sguardo esprimeva a pieno terrore e disperazione.
Quando riconobbe i lineamenti di Hugh parve rassicurarsi, ma l’espressione sul suo volto rimase affranta e preoccupata.
Nella penombra il soldato britannico scorse lividi violacei sul viso del tedesco, durante l’interrogatorio i suoi commilitoni non erano stati affatto clementi.
«Mi dispiace…non avrebbero dovuto farti del male»
Friedhelm rimase immobile, mantenendo lo sguardo fisso sul suo carceriere.
L’inglese si chinò per esaminare le ferite, il tedesco esitò, ma dopo le prime incertezze permise al soldato di sfiorare la sua pelle. Hugh prese dalla tasca il suo kit di soccorso e con calma e pazienza si occupò di medicare i tagli ancora aperti.
Friedhelm digrignò i denti con una smorfia di dolore, ma tentò in ogni modo di trattenere gemiti e lamenti. Non aveva intenzione di mostrarsi debole di fronte all’avversario.
Hugh poté comprendere il suo orgoglio e provò sincera ammirazione nei suoi confronti. Anche in una situazione così drammatica cercava con tutto se stesso di mantenere contegno e dignità.
Al termine di quella delicata operazione Hugh si rialzò, stava per allontanarsi, ma inaspettatamente il prigioniero lo trattenne afferrando la manica della sua divisa.
Il giovane rimase sorpreso da quel gesto, rimase così a fissare il tedesco con aria perplessa.
Friedhelm infilò una mano all’interno giacca, estrasse una fotografia e la mostrò al soldato britannico.
Hugh osservò l’immagine che ritraeva una giovane coppia felice e innamorata. Riconobbe Friedhelm che dolcemente stringeva a sé la moglie. La donna poggiava le mani sul ventre leggermente prominente.
A lato della fotografia era riportata una data: Natale 1916.
Hugh intuì le motivazioni che avevano spinto quel soldato a consegnarsi nelle mani del nemico. Si era arreso perché desiderava sopravvivere, per avere la possibilità di tornare da quel figlio che probabilmente non aveva mai stretto tra le braccia.
L’inglese riconsegnò la preziosa fotografia nelle mani del prigioniero. Friedhelm rimase ad osservare il ritratto con aria triste e malinconica.  
Hugh si commosse di fronte a quella scena, avrebbe desiderato comunicare con quell’uomo per tentare di confortarlo, ma era certo di non poter fare nulla per alleviare la sua solitudine.
In quel momento anche l’inglese si abbandonò alla propria apprensione, non aveva più avuto notizie del tenente Green e dei suoi compagni, ormai iniziava a temere il peggio.
Il giovane si riprese da quei cupi pensieri, recuperò il fucile e si rialzò dalla sua postazione. Il tedesco sussultò, Hugh era l’unico inglese con cui poteva sentirsi al sicuro.
Il soldato britannico tentò di rassicurarlo: «tornerò questa sera, ti porterò qualcosa da mangiare, d’accordo?»
Non era certo che il prigioniero avesse inteso le sue parole, ma il suo tono riuscì comunque a calmarlo.
 
Il soldato Dawber giunse puntuale per il suo turno di guardia.
«Ci sono notizie dalla prima linea?» chiese Hugh con apprensione.
L’altro esitò prima di rispondere: «l’attacco è stato respinto, purtroppo abbiamo subito molte perdite»
«Qualcuno dei nostri è tornato?»
«No, il tenente e i suoi uomini sono ancora bloccati al fronte»
«È terribile…»
«Già, almeno a breve avremo un problema in meno di cui occuparci»
Il suo compagno gli rivolse un’occhiata perplessa: «di che stai parlando?»
«Quel tedesco potrebbe essere una spia, probabilmente presto sarà giustiziato»
Hugh rabbrividì nel sentire quelle parole: «no, non possono condannarlo! Non hanno alcuna prova!»
Dawber scosse le spalle: «è un nemico, questo è sufficiente per non fidarci di lui»
Detto ciò il soldato si allontanò scomparendo nel rifugio.
Hugh avvertì un’intensa fitta al petto, i suoi occhi si inumidirono di lacrime. Era certo che Friedhelm fosse innocente, non poteva credere che avrebbero condannato quell’uomo senza una valida motivazione.
Il giovane si sentì responsabile per il suo destino, quel soldato riponeva fiducia in lui, non poteva tradirlo.  
Hugh fu colto dal panico, l’unico che avrebbe potuto aiutarlo era il tenente Green, ma in quel momento il suo superiore era disperso al fronte.
Non poteva perdere tempo, doveva agire in qualche modo nella speranza che non fosse già troppo tardi. 
 
***

Finn riaprì lentamente gli occhi, pian piano riconobbe la stanza vuota e oscura. Dal corridoio giungevano le grida disperate dei feriti mentre dall’esterno poteva avvertire il rombo dei motori, probabilmente si trattava autocarri e ambulanze. Quel trambusto era prova che ci fosse un gran movimento all’ospedale, dunque la battaglia non si era ancora conclusa.
Il ragazzo poggiò la testa al cuscino tentando di ricordare ciò che era accaduto. Nella sua mente comparvero soltanto immagini frammentate e confuse. L’ultima memoria certa era la presenza di Richard, sapeva che il suo superiore era rimasto a lungo al suo fianco. Pur essendo stremato e febbricitante aveva avvertito la stretta della sua mano e il dolce suono della sua voce.
L’ultima cosa che aveva visto prima di cadere in un sonno profondo e tormentato era stato il volto preoccupato del tenente.
Finn ricordava perfettamente le sue ultime parole: «tornerò presto, te lo prometto».
Il giovane si sollevò poggiando la schiena contro la sbarra di ferro, inevitabilmente si interrogò sulla sorte di Richard.
Il quel momento la porta si aprì, il dottore fu lieto di trovare il suo paziente con gli occhi aperti.
«Finalmente ti sei svegliato! Come ti senti?»
Finn si sforzò di parlare: «non molto bene…sono stanco e ho freddo»
Il medico l’aiutò a distendersi e sistemò al meglio le coperte, poi rispose con tono severo.
«Devi riposare, sei molto debole e hai bisogno di recuperare energie»
Il ragazzo fu scosso da un intenso brivido.
«Dottore, aspetti…»
L’uomo rimase accanto al letto del malato in attesa della sua richiesta.
«Da quanto tempo sono qui?»
«Una settimana»
Finn si allarmò: «allora la battaglia è iniziata…il mio plotone è in prima linea!»
«Al momento non dovresti preoccuparti di questo»
«Per favore, devo sapere che cosa è successo ai miei compagni» lo supplicò.
«Mi dispiace, ma dal fronte non giungono buone notizie»
Il ragazzo avvertì gli occhi lucidi: «che cosa sta succedendo?»
«L’attacco è stato respinto, non so altro»
Detto ciò il medico abbandonò la stanza lasciando il giovane nuovamente solo.
Finn poggiò la testa sul cuscino, le parole di Richard continuarono ad echeggiare nelle sua mente. Era sicuro che Green avrebbe fatto il possibile per rispettare la sua promessa, non aveva mai dubitato di ciò, ma in quella situazione non poteva evitare di preoccuparsi per il suo amato.
Per lui era sempre stato difficile affrontare la separazione dal tenente, ma in quell’occasione il dolore per la sua mancanza era ancora più intenso. Mentre egli era bloccato in quel letto d’ospedale il suo superiore si trovava sul campo di battaglia a combattere contro il nemico. Conosceva bene Richard, era certo che da buon ufficiale non avrebbe mai abbandonato i suoi uomini in difficoltà, anche a costo di rischiare la sua stessa vita.
Finn si rannicchiò in quel letto gelido stringendo le coperte. Cercò conforto nei ricordi, rivide il rifugio sotterraneo nel paese abbandonato dove lui e Richard erano rimasti durante la sua convalescenza. Quel luogo era diventato il loro prezioso e segreto nido d’amore. La guerra era lontana, e anche se per poco, potevano dimenticare ogni tormento. In una notte come quella, stretti l’uno all’altro, guardandosi negli occhi, avevano aperto i loro cuori, rivelando i loro veri sentimenti. Aveva avvertito il battito accelerato del suo cuore e il suo caldo respiro sulla pelle quando con un sussurro Richard gli aveva confessato il suo amore.
Finn avvertì una calda lacrima scendere sul viso, nemmeno la stanchezza e il dolore fisico poterono distrarlo dalle sue paure.
 
***
Il tenente Green trascorse la notte in una casamatta di cemento sopravvissuta ai bombardamenti. I suoi uomini erano stanchi e demoralizzati.
Richard rimase a lungo sveglio, ascoltando i tiri di artiglieria che crescevano in continuazione. I proiettili che cadevano nell’oscurità, in quel cupo paesaggio desolato destavano profonde sensazioni di solitudine e abbandono.
L’ufficiale si strinse nella giacca nel tentativo di scaldarsi, il freddo era talmente intenso da penetrare nelle ossa. Richard ripensò alle serate trascorse nel suo rifugio, quando ancora poteva stringere Finn tra le sue braccia. In quei momenti egli era l’unico in grado di rassicurarlo, donandogli conforto con il suo sincero affetto.
Per un istante davanti a sé rivide gli occhi azzurri e innocenti del suo attendente, ma quella visione scomparve rapidamente, riportando Richard alla dura realtà.
Il tenente rimase in compagnia della sua fiaschetta di whiskey, alternando quei malinconici ricordi a lunghi sorsi.
Alla fine la stanchezza prese il sopravvento e anch’egli cedette lasciando cadere le palpebre pesanti.
Il sonno fu agitato e tormentato, l’ufficiale si risvegliò all’improvviso a causa di un violento colpo.
Prontamente si affrettò a controllare la situazione, una scheggia aveva colpito la costruzione, fortunatamente senza apportare gravi danni.
Al ritorno il suo riposo fu turbato dai gemiti sofferenti di un ferito, il quale era stato abbandonato in quel rifugio dai suoi commilitoni della Manchester Division. Il poveretto soffriva come un dannato, ma nessuno poteva far nulla per aiutarlo.
All’alba Richard si risvegliò avvertendo un inquietante silenzio, il ferito era scomparso, al suo posto restavano ancora le coperte insanguinate.
Il tenente non si interrogò a lungo sull’accaduto, un’altra tomba anonima era stata scavata fuori dal rifugio.
 
Al mattino il tiro raggiunse una violenza preoccupante. Alcuni uomini di ritorno dalle postazioni più avanzate riferirono che molte trincee erano state evacuate, mentre il nemico progrediva rapidamente.
Il tenente Green rimase impassibile, ordinò ai suoi uomini di preparare la difesa, poi uscì allo scoperto per controllare il campo di battaglia.
Lo spettacolo che si ritrovò davanti fu un turbine di fuoco, nebbia e terra. Proiettili incandescenti cadevano pesantemente al suolo, scagliando grandi masse di terra e macerie in aria. Dalle zone colpite si innalzavano intense nubi scure, decine di incendi divampavano nella vallata.
Fucili e mitragliatrici crepitavano senza sosta, le vibrazioni si avvicinavano sempre di più, il nemico era ormai vicino.
Il tenente si affrettò a tornare alla casamatta, in quelle condizioni era meglio restare al riparo.
Poco dopo avvertì i primi colpi di fucile colpire l’area intorno alla casa, tra le fronde bruciate e le fosse vicine apparirono ombre furtive.
Il fuoco divenne sempre più intenso, il nemico era deciso e determinato a riconquistare quella postazione.
Richard radunò i pochi uomini rimasti, i quali ormai erano demoralizzati. Il tenente notò il loro sconforto, egli stesso era ugualmente avvilito, ma non poteva abbandonare i suoi compagni nel momento del bisogno. Così tentò di fare del suo meglio per ravvivare i loro animi e diffondere nuovamente fiducia nella loro missione.
Dovevano difendere quella postazione ad ogni costo, sperando nel miracoloso arrivo dei rinforzi.
Richard ordinò ai suoi uomini di prepararsi allo scontro, i soldati si appostarono alle feritoie e alle finestre.
L’artiglieria nemica si abbatté ancora una volta contro il blocco di cemento, frammenti di tegole caddero dal tetto. Il tenente Green fu scaraventato a terra da un violento colpo. Due soldati corsero prontamente in suo soccorso, ma con sollievo videro il loro superiore rialzarsi incolume dalle macerie.
La tempesta di fuoco si placò all’improvviso, i colpi tornarono a cadere dietro di loro, sulla strada e sulle trincee retrostanti. Ciò non fu affatto rassicurante, il tenente e i suoi uomini si ritrovarono completamente isolati e circondati dal nemico.
 
Richard attese nel silenzio, la sparatoria all’esterno era terminata, l’ultima linea di difesa era crollata. Il tenente notò una massa scura e compatta tra la nebbia. Il nemico continuò ad avanzare pericolosamente.
Prontamente gli inglesi aprirono il fuoco, i tedeschi si dispersero in fretta occupando le trincee e le fosse circostanti, accerchiando la casamatta.
Il tenente Green raggiunse la postazione della mitragliatrice. L’ufficiale si accanì al tiro con estrema dedizione, scaricando i nastri di proiettili.
«Signor tenente! Signor tenente!»
Il soldato alla sua destra fu costretto a spingerlo a terra e a scuoterlo per le spalle per risvegliarlo da quella sorta di allucinazione.
«Non possiamo restare qui! Il nemico ha circondato l’intera zona, sono troppo numerosi, non riusciremo mai a sconfiggerli!» urlò il suo compagno ormai in preda alla disperazione.
Richard tornò bruscamente alla realtà, la situazione era ormai disperata. L’esito di quello scontro sarebbe stato devastante, inevitabilmente sarebbe terminato in un massacro.
Il tenente tornò in sé, comprendendo il ruolo della sua autorità riprese il controllo della situazione.
Non aveva scelta, se voleva portare in salvo quegli uomini doveva ordinare la ritirata.
Il tenente riuscì ad individuare una possibile via di fuga attraverso un profondo fossato rimasto nascosto al nemico. Approfittando della fitta nebbia, del fumo e della confusione gli inglesi riuscirono evacuare la casamatta.
Richard fu l’ultimo a lasciare il rifugio, sostenendo un compagno ferito. Le sue condizioni erano piuttosto gravi, impaurito e sofferente il giovane continuò a lamentarsi. 
Il tenente non mollò la presa e a fatica lo condusse al riparo insieme agli altri.
L’ufficiale guidò i suoi uomini attraverso la palude, nelle trincee allagate l’acqua fangosa arrivava a livello della cinta, mentre i proiettili continuavano a volare sopra alle loro teste.
 
Miracolosamente i sopravvissuti raggiunsero una postazione britannica. I rinforzi erano riusciti ad avanzare durante la notte, occupando una solida linea di difesa.
Richard si gettò al riparo, prontamente il comandante di compagnia giunse in suo soccorso.
«Abbiamo saputo da alcuni feriti che lei e i suoi uomini eravate in difficoltà. Non abbiamo esitato a correre in vostro aiuto. Avevamo paura che fosse troppo tardi, ma per fortuna siete riusciti a trovarci in tempo»
Green fu commosso da quelle parole e non esitò a rivolgere al comandante la sua sincera gratitudine.
«Abbiamo bisogno di aiuto per rafforzare la linea di fuoco, possiamo contare sul vostro supporto?»
Egli annuì senza esitazione: «sì, certamente»
Il comandante strinse la sua mano: «bene, il fianco destro è tutto suo tenente»
Richard e i suoi uomini riacquistarono fiducia, con il sostegno dei loro commilitoni si sentirono nuovamente pronti ad affrontare la battaglia. I loro animi tornarono a bruciare di ardore ad entusiasmo.
Il tenente organizzò la linea di fuoco, questa volta era deciso a non lasciare alcuna possibilità ai tedeschi, non erano concessi errori.
L’ufficiale prese posizione in trincea, il nemico avanzava rapidamente, l’attacco era imminente.
 
Le prime ombre grigie si stagliarono contro la luce del mattino. In quel momento il cielo si oscurò, uno stormo di aeroplani sorvolò il campo di battaglia. Richard emise un sospiro di sollievo riconoscendo le coccarde dipinte.
I tedeschi furono costretti a correre al riparo, gruppi frammentati si sparsero sul campo di battaglia. I sodati, inizialmente colti dal panico, si gettarono nelle fosse in cerca di riparo dalle raffiche delle mitragliatrici.
Le linee britanniche supportarono l’attacco con colpi di fucile, una tempesta di proiettili si abbatté sulle truppe in avvicinamento.
Due velivoli furono brutalmente abbattuti, gli altri scaricarono un’ultima pioggia di pallottole per poi allontanarsi per proseguire con la loro missione di ricognizione.
Richard sbirciò oltre al fossato una fitta nebbia aleggiava sul campo di battaglia. Erano ben visibili i vapori di fumo biancastri provocati dall’esplosione degli shrapnels.
Il tenente avvertì l’eco degli spari, ben presto anch’egli fu coinvolto in un’intensa sparatoria.
All’improvviso l’artiglieria tedesca irruppe nella battaglia. Il primo proiettile di grosso calibro cadde vicino alla trincea, con un boato assordante sollevò una grossa massa di terra sradicando un vecchio albero bruciato.
Richard sussultò, la terra riprese a tremare, altri colpi caddero con estrema precisione lungo lo sbarramento.
Il tenente si rannicchiò contro il terreno, gli uomini si strinsero uno all’altro, cercando riparo e protezione.
Un muro di fuoco si innalzò davanti alla barricata, le fiamme danzavano al vento.
Zolle di terra, rami e masse di fango cadevano sugli elmetti dopo esser stati scaraventati in aria dall’imponente forza delle esplosioni.
Un fumo scuro e denso invase le trincee, Richard ansimò, faticava a respirare a causa di quei vapori asfissianti. In quelle condizioni, con i polmoni in fiamme e le lacrime agli occhi, arrancò verso un suo compagno. L’uomo giaceva inerme con il volto immerso nel fango.
Il tenente si bloccò, ormai non c’era più nulla da fare. Quel corpo non dava più segni di vita, grosse schegge erano conficcate nella carne, il sangue scuro e viscoso continuava a sgorgare dalle ferite aperte.
Richard distolse lo sguardo dal cadavere, mestamente riprese la sua posizione, puntò il fucile e tornò nel mezzo della battaglia.
 
Al tramonto la vallata fu avvolta da un mistico silenzio, tutto era calmo e immobile.
Il tenente e i suoi uomini si occuparono di scavare i rifugi per la notte, erano certi che quella quiete non sarebbe durata a lungo.
Richard affondò la pala nel fango, l’unico rumore proveniva dal ferro che batteva contro i sassi e l’argilla oppure dagli stivali dei soldati che sguazzavano nel fango.
L’ufficiale alzò lo sguardo, si fermò un istante per riprendere fiato, bevve un lungo sorso d’acqua e con una manica si asciugò il sudore sulla fronte. Intorno a lui gli uomini continuavano a scavare imperterriti, erano consapevoli che solamente le buche più profonde sarebbero state un riparo sicuro.
Il bombardamento iniziò a mezzanotte, rannicchiato nella sua buca Richard tentò di farsi forza, in quelle condizioni non poteva far altro che attendere la fine di quella tempesta di proiettili.
Il terreno tremava in continuazione, l’ufficiale fu sbalzato da un lato all’altro della fossa, un colpo più violento lo scaraventò contro il muro di terra. Richard vide solo un lampo di luce nell’oscurità, poi perse i sensi accasciandosi al suolo.
 
***

Hugh vagò tra le trincee deserte, come ogni sera aveva fatto visita al prigioniero, ma quella volta non aveva potuto fare molto per confortarlo. La consapevolezza della sua imminente condanna era un enorme peso sulla propria coscienza. Il soldato si guardò le spalle, era certo di aver sentito dei passi. Il giovane rabbrividì, quella situazione era sempre più pericolosa.
Era intenzionato a cambiare direzione quando all’improvviso si trovò di fronte al soldato Dawber, il quale lo squadrò con aria inquisitiva.
«Che diamine succede qui?»
Hugh sussultò: «io…non stavo facendo nulla di male»
Il suo compagno non credette a quelle parole: «non è la prima volta che ti vedo da queste parti. Hai qualcosa a che fare con il prigioniero, vero? Che cosa stai combinando?»
Il giovane esitò, ma l’atteggiamento insistente e minaccioso del suo commilitone lo spinse a parlare.
«Ho solo portato del cibo al tedesco»
«Per quale motivo? Sei forse impazzito?»
Egli scosse la testa: «tu non puoi capire, a te non importa mai niente di nessuno!»
«Probabilmente hai ragione, ma se fossi in te starei attento con questa storia»
Hugh gli rivolse un’occhiata interrogativa.
«Sto solo dicendo che sarebbe sconveniente farsi trovare in buoni rapporti con un prigioniero in attesa della sua condanna»
«Friedhelm è innocente» affermò il giovane con convinzione.
Il suo compagno scosse le spalle: «non penso che i nostri superiori saranno della tua stessa opinione. E se quel tedesco diverrà la spia a chi credi che spetterà il ruolo del traditore?»
Hugh avvertì un intenso brivido di terrore.
«No, tutto questo non ha alcun senso!» replicò stringendo i pugni per la rabbia.
«Credimi, devi lasciar perdere questa faccenda. La sorte di quel prigioniero non ti riguarda, e di certo non vale la pena rischiare la pelle per un tedesco!»
Dawber proferì quelle parole con tono cupo e severo, poi si allontanò scomparendo nel suo rifugio.
Rimasto solo Hugh rifletté sulla situazione, sapeva che il suo compagno non avrebbe rivelato a nessuno il suo segreto, ma non poteva più correre un simile rischio.
Forse Dawber aveva ragione, eppure una parte di sé non voleva arrendersi a quell’ingiustizia.
 
***

I soldati dell’Anzac occuparono le vecchie postazioni britanniche alle prime luci del mattino. La battaglia era durata tutta la notte, ma alla fine le forze alleate erano riuscite a respingere l’avanzata tedesca, costringendo il nemico alla ritirata.
I soccorritori trovarono subito un gran lavoro, i barellieri correvano da una parte all’altra delle trincee senza sosta.
«Ei, Charlie, vieni! Qui ce n’è un altro!»
L’infermiere si affrettò a raggiungere il suo compagno.
«Sei sicuro che sia ancora vivo?» chiese avvicinandosi alla fossa.
Il suo collega annuì: «sì, forza sbrigati! Si tratta di un ufficiale!»
Charlie l’aiutò a portare il corpo in superficie, l’uomo appariva privo di sensi.
I due soccorritori non persero tempo, trascinarono il tenente ferito su una barella e lo portarono al sicuro insieme agli altri sopravvissuti.
 
 
Richard poté lasciare presto l’ospedale da campo con una fasciatura alla tempia. Fortunatamente non si era procurato nulla di più di un profondo graffio.
Ad attenderlo sulla strada fangosa trovò il capitano Howard alla guida di una vecchia automobile corazzata.
«Signor tenente, sono davvero felice di rivederla!»
Green si fermò a fianco del veicolo: «anche io sono lieto di sapere che sta bene»
Il suo superiore gli rivolse un rassicurante sorriso.
Il tenente prese un profondo respiro: «che cosa accadrà adesso?»
«Dopo l’ultima battaglia l’intero reggimento si è meritato un po’ di riposo nelle retrovie»
«Torneremo presto a combattere?»
«Il fronte si è spostato a Cambrai, ma per il momento non abbiamo ricevuto nuovi ordini»
Green sembrò confuso da quelle notizie.
«Posso offrirle un passaggio fino ad Ypres» disse Howard notando la sua aria spaesata.
Il tenente rifletté qualche istante: «io…avrei bisogno di raggiungere l’ospedale di Frezenberg»
«Le devo almeno un favore per quello che ha fatto» rispose il capitano aprendo la portiera.
Richard prese posto all’interno della vettura.
«Si metta comodo tenente, con le strade ridotte in questo stato non arriveremo prima di questa sera»
 
***

Richard raggiunse l’ospedale di Frezenberg poco dopo il tramonto. Fu lieto di scoprire che il suo attendente non era più in pericolo di vita e che le sue condizioni lentamente stavano migliorando.
Il tenente vagò tra i feriti ammassati nei corridoi. Finalmente trovò il suo assistente disteso su un letto, era ancora debole e respirava a fatica.  
Green si avvicinò, solo in quel momento si accorse che in quello stato era praticamente irriconoscibile. Indossava la divisa logora e ricoperta di fango, il suo fisico deperito mostrava i segni le sofferenze dell’ultima battaglia.
«Richard…» biascicò Finn, ancora incerto se la figura davanti a sé fosse reale.
Egli prese la sua mano: «sì, sono qui. Sono tornato da te come avevo promesso»
La sua voce era tremante, mentre nel suo sguardo era evidente un’intensa commozione.
Il ragazzo rispose con le lacrime agli occhi: «temevo di averti perso»
Richard si chinò su di lui: «non avrei mai voluto abbandonarti»
Finn tentò di rassicurarlo: «non dovresti sentirti in colpa per quel che è accaduto»
Il tenente accennò un flebile sorriso, ma il giovane percepì il suo turbamento.
«Che cosa è successo al fronte?» domandò con tono preoccupato.
L’ufficiale abbassò lo sguardo: «è stato orribile, la battaglia si è tramutata in uno spietato massacro»
«Avrei dovuto essere laggiù con te per combattere al tuo fianco»
Richard scosse la testa: «no, nessuno avrebbe dovuto trovarsi in quell’inferno»
Finn guardò il suo compagno negli occhi: «mi dispiace per tutto quello che hai dovuto sopportare»
Il tenente accarezzò il suo volto: «non preoccuparti, adesso devi solo pensare a riprenderti»
Il ragazzo tornò a distendersi, Richard sistemò con cura il cuscino e le coperte.
«Sarai ancora qui al mio risveglio?»
Egli annuì: «tranquillo, non vado da nessuna parte senza di te»
Finn trovò conforto in quelle parole, la presenza del tenente riuscì a rassicurarlo, così pian piano richiuse gli occhi.
Richard rimase accanto al suo assistente, ammirando il suo viso dolcemente addormentato. Per la prima volta dopo tanto tempo avvertì una profonda sensazione di pace e serenità.




 
 
Frank Hurley, The morning after the first battle of Passchendaele (12 ottobre 1917)
  
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