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Autore: hello angel    01/06/2020    1 recensioni
Le sue dita si mossero delicatamente sui tasti del grande pianoforte. Le note di quella melodia che non aveva mai sentito rimbalzavano nel silenzio del salotto. L'unica luce proveniva dalla lampada alta posta vicino al pianoforte e dalla luna piena che illuminava quella notte di inizio luglio. Il suo chiarore pallido si era posato sulle sue dita snelle e delicate mentre erano impegnate a suonare. Mentre teneva la testa appoggiata alla mano, poco inclinata verso il basso, Chanyeol ammirava quel suo viso assorto nella musica. I suoi occhi brillavano leggermente mentre suonava quelle note ma non era merito della lampada, e nemmeno della luna. Brillavano di luce propria. "Manterresti una promessa se fossi io a chiedertelo?" chiese, all'improvviso.
"Certo." rispose Baekhyun, distogliendo per un attimo lo sguardo dai tasti senza smettere di suonare.
"Non fuggire mai da me." Glielo disse con una voce decisa e calma, gli occhi fissi su i suoi. Baekhyun lo guardò per qualche istante, con un velo di confusione nella sua espressione per poi sorridere in quel modo così unico e dolce a cui ormai si era abituato da tempo. "Te lo prometto." disse, a bassa voce.
[IN REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kai, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Di solito era una persona molto puntuale. Detestava arrivare in ritardo. Lo considerava una mancanza di rispetto e lui detestava essere irrispettoso. La nonna lo aveva cresciuto come una persona educata e ad ogni occasione doveva mettere in mostra i suoi insegnamenti. E poi, non è mica male sentire la gente complimentarsi con lui per la sua ottima educazione. Da piccolo gli piaceva molto essere elogiato dagli adulti, essere preso da esempio per gli altri bambini. Con tutta onestà, gli piaceva anche in età adulta ma essere troppo vanitosi non era sinonimo di buona educazione quindi era meglio tenerselo per sé.

Il giorno precedente aveva passato l'intera giornata a prepararsi per l'ennesima presentazione da esporre di fronte al professore di anatomia che sembrava amare questo genere di compiti più del dovuto. Ne dava uno diverso ogni due o tre settimane, alcuni da esporre in gruppo, altri singolarmente. Come se non avessero già abbastanza cose da studiare e memorizzare.

Quelle presentazioni erano un po' inutili, a dirla tutta. Non erano mica studenti di qualche facoltà artistica. Ma lui era il professore, ogni suo desiderio era un ordine per i suoi studenti. Anche se, più che ordine, era meglio definirlo un 'fastidio'. A notte inoltrata era ancora davanti al suo portatile e fare le ultime modifiche e lui e il letto si erano incrociati poco e niente.

Sotto gli occhi aveva delle occhiaie scure, causate dalla carenza di sonno degli ultimi giorni ma che era costretto a sopportare ancora per un po' visto l'avvicinarsi dell'esame finale prima della pausa estiva. Una delle sue paure più grandi erano le altezze ma avrebbe preferito scalare le vette più alte e fredde del pianeta se questo lo avesse aiutato a scappare da uno degli esami più temuti del semestre. Non era proprio un cuor di leone quando si trattava di affrontare gli esami.

Il conducente dell'autobus era stato molto gentile a fermarsi e lasciarlo salire, nonostante si trovasse già a più di venti metri lontano dalla fermata e nonostante fosse parecchio infastidito, a giudicare dalla fronte corrucciata e dal profondo sospiro che lasciò andare quando riprese la sua corsa. Si era scusato inchinandosi più volte ma l'autista non l'aveva degnato di uno sguardo. La giornata non era iniziata per niente bene.

Byun Baekhyun era un ragazzo come tanti altri. Era ordinario sia nell'aspetto che nel carattere. Non c'era nulla che lo differenziasse da altri giovani della sua età. Non era molto alto, forse nella media, la sua corporatura era minuta tranne per le spalle parecchio ampie che miglioravano nettamente le sue proporzioni fisiche. I suoi capelli erano scuri, proprio come i suoi occhi. Una delle sue poche particolarità era la presenza di diversi piccoli nei sul viso, in particolare quello sopra il labbro superiore. Ma pensandoci bene, chissà quante altre persone al mondo avevano un neo in quell'esatto punto. Sua nonna ne era un esempio. Ne aveva uno esattamente sopra le labbra, alla stessa altezza.

Anche il suo modo di vestire era ordinario. O forse era più corretto definirlo banale o, anche, scialbo. Preferiva vestirsi in modo comodo e semplice, seguire la moda non era qualcosa in cui era bravo. Non che gli interessasse molto essere al passo con i tempi. Qualunque cosa andava bene a patto che fosse comoda. E comunque, non aveva le possibilità economiche per permettersi di seguire la moda del momento. Tutto ciò che è bello, costa. Era una delle leggi non scritte di questo mondo e che negli ultimi anni aveva imparato a conoscere. La moda è stata inventata per le persone ricche e lui non era una persona ricca quindi la moda non era fatta per lui.

Però amava l'università, al contrario di molti suoi coetanei. Frequentarla era un privilegio per uno come lui che a stento poteva permettersi di pagare neanche metà della retta da solo. Era lì grazie a una borsa di studio offerta agli studenti più meritevoli. Per chissà quale miracolo, l'aveva ottenuta grazie agli ottimi voti ottenuti al liceo e al massimo dei voti all'esame di ammissione. Il suo nome era stato anche scritto nell'albo delle nuove matricole e gli era stato chiesto persino di tenere il discorso di inizio anno ma rifiutò, lasciando il posto al ragazzo arrivato secondo all'esame di ammissione.

Lui era un semplice studente proveniente da una scuola pubblica anonima di Seoul. Se si fosse saputo in giro che il primo delle nuove matricole era un poveraccio proveniente da un liceo di basso livello, la gente non avrebbe fatto altro che lanciargli occhiatacce per tutta la sua carriera universitaria, attirando attenzioni per niente desiderate. Voleva che la sua carriera universitaria fosse tranquilla.

Neanche adesso che era arrivato al terzo anno della facoltà di medicina nessuno si era reso conto che fosse lui quel famoso studente così brillante. Nonostante siano state tante le occasioni in cui per poco il suo nome stava per essere rivelato, a causa dei prof, era riuscito a tenere tutto nascosto. Due settimane prima ci era andato vicinissimo. Come se non avesse già altri problemi in testa. L'ultimo esame prima della pausa estiva era alle porte.

Il professore mi ucciderà se non mi trova in classe., pensò.

Ah, sì. Quell'uomo odiava i ritardatari. Detestava se qualcuno entrava alle sue lezioni poco dopo l'inizio o usciva prima della fine. Stava per giocarsi il voto, con molta probabilità. L'autobus si fermò alla fermata a pochi metri dall'università e Baekhyun schizzò fuori come un razzo, non curandosi delle lamentele della gente che aveva urtato nella fretta.

Non aveva nemmeno il tempo delle scuse, era ormai troppo lontano per fare in modo che le sentissero. Per una volta, poteva permettersi di essere maleducato, no? Poco prima di varcare il grande cancello principale, si ricordò di non aver comprato la colazione che non era riuscito a fare a casa. Il piano era di consumarla di nascosto durante le presentazioni dei suoi compagni, prima che iniziasse la lezione. Senza colazione, era impossibile concentrarsi per lui.

Corse con tutta la forza che aveva in corpo verso il piccolo supermarket a neanche 150 metri dall'università. Aveva esattamente 8 minuti di tempo per raggiungere l'aula della lezione prima del professore, secondo quello che il suo migliore amico Kyungsoo gli aveva scritto nel messaggio che gli aveva inviato non appena era arrivato di fronte all'università. Solo 8 minuti e avrebbe rischiato una bella ramanzina.

Le porte automatiche del supermarket si aprirono e si affrettò ad afferrare la prima bottiglia d'acqua e i primi due origini su cui aveva messo gli occhi, senza neanche curarsi del gusto, e li pagò alla cassa con delle monete che aveva trovato nella tasca dei suoi jeans chiari. Mentre si dirigeva verso l'uscita di corsa, finì addosso a uno dei clienti che arrivava dalla sinistra. Non aveva il tempo di fermarsi e scusarsi con il povero malcapitato. Lui e l'educazione dovevano prendere strade diverse, per oggi.

Ritornato all'università, si affrettò a superare l'ingresso e imboccare le scale per raggiungere l'aula 2 del primo piano. Quando aprì la porta dell'aula il professore non era ancora arrivato. Era salvo, per stavolta. Kyungsoo si trovava in uno dei posti in alto della classe e agitò la mano per attirare la sua attenzione, suggerendogli di sbrigarsi e prendere posto accanto lui. Appena prima di sedersi, il professore entrò in aula e salutò gli studenti. Era incredibile, ce l'aveva fatta davvero. Forse la giornata stava pian piano migliorando.





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Aveva bisogno di un caffè all'istante. Oltre ad essere parecchio stanco e assonnato, si era svegliato anche parecchio nervoso. D'altronde, era una novità? La sveglia stranamente non aveva suonato, chiedendosi se a causa della troppa stanchezza si fosse dimenticato a puntarla la notte precedente. Aveva dovuto lavarsi e vestirsi in fretta e furia. Le strade erano affollatissime, file interminabili di auto si estendevano su tutto il tratto che ogni mattina era abituato a percorrere per andare a lavoro. Era stato costretto a restare in coda per circa un'ora, tra il rumore assordante dei clacson che nemmeno la musica ad alto volume era riuscita a coprire. La giornata era iniziata nel peggiore dei modi ed erano solo le 9:00 del mattino.

Doveva essere in ufficio già dalle 8:00 ma l'urgente bisogno di caffeina lo trascinò al supermarket poco distante dalla compagnia. Aveva evitato di fermarsi a una delle caffetterie in zona per evitare di incontrare qualche collega non desiderato. Il caffè istantaneo aveva un sapore pessimo ma per stavolta andava più che bene. Aveva le spalle indolenzite a causa della brutta nottata che aveva passato. Incubi e strani pensieri non gli avevano permesso di farsi almeno un'ora di sonno di fila senza doversi alzare e calmarsi. In fondo, ci era abituato ma nell'ultimo periodo sembravano essere peggiorati.

Si stiracchiò e con una mano cercò di massaggiare la spalla destra, la più dolorante, quando, sollevando gli occhi, vide il suo riflesso sulla vetrata del supermarket. I capelli erano spettinati e al collo aveva una cravatta che non s'intonava per niente al suo completo. Nella fretta, aveva preso la prima che gli era capitata tra le mani. Si sciolse leggermente il nodo della cravatta per cercare di prendere aria.

Utilizzando la vetrata come specchio, si sistemò i capelli con le mani, cercando di domare ogni ciocca che il gel non era riuscito a fissare. Sorseggiò un po' del caffè che aveva appena comprato con smorfie di disgusto e sospirò. Poggiò la testa sul ripiano bianco per cercare di rilassarsi un attimo e organizzare per bene i pensieri. Cosa aveva da fare quel giorno? L'agenda elettronica del suo cellulare a cui aveva dato un'occhiata la sera precedente prima di cercare, invano, di prendere sonno si focalizzò nella sua mente:



10:00: meeting con il signor Li della Yuan Co. per l'apertura del nuovo centro commerciale a Busan;

14:30: meeting con il direttore del reparto acquisti per discutere del centro sportivo;

16:00: meeting...



Quante persone doveva incontrare quel giorno? Aveva perso il conto del numero di gente con cui aveva discusso di affari negli ultimi tre anni. Un numero infinito di facce diverse che dimenticava un attimo dopo averle viste. Ognuno di loro lo guardava non come una persona ma come un potenziale acquirente che, nel migliore dei casi, li avrebbe riempiti di soldi. Gli affari e i soldi erano la cosa principale, o forse l'unica, a cui pensavano. Sempre e solo di affari. Che vita triste, pensava. Ma, in fondo, non era così anche la sua vita? Un continuo susseguirsi di contratti, meeting, affari con ogni parte del mondo. Ogni singolo giorno. Probabilmente, l'unica cosa che lo rendeva diverso da quegli altri era il fatto che lui non aveva alcun interesse nell'arricchirsi e sfruttare gli altri nel farlo. L'avidità era l'ultimo dei suoi difetti. Anche se per quegli uomini, era più una qualità che un difetto.

Il suo attimo di riposo fu interrotto dallo squillo del suo cellulare che teneva nella tasca dei suoi pantaloni neri su misura. Lo fece squillare tre volte prima di sfilarlo dalla tasca e rispondere, tenendo ancora a testa poggiata sul ripiano. Si schiarì brevemente la gola. "Sì?"

Una voce femminile rispose dall'altra parte del cellulare. "Presidente, è richiesta la sua presenza a breve. Il General Manager la cerca da un'ora ed è furibondo. Non so più come tenerlo a bada." La voce della donna era piena di tensione.

Sospirò. "Capisco. Mi dia dieci minuti e sarò lì."

Rimise il cellulare in tasca e dovette raccogliere quel poco di forza di volontà che aveva per sollevare la testa e alzarsi dallo sgabello. Non aveva proprio voglia di lavorare quel giorno. C'era un modo per far passare velocemente il tempo e passare direttamente alla sera per ritornare a letto? Non che riuscisse a riposare comunque ma sopportare gli incubi e l'ennesima notte insonne era molto meglio che stare lì a sentir parlare per ore ed ore tutta quella gente. Si diede un'ultima controllata, specchiandosi sulla vetrata e si alzò solo dopo essersi assicurato che tutto fosse in ordine. Mentre si avviava verso l'uscita del supermarket, si scontrò con un cliente che si affrettava, come lui, ad uscire. Il cliente neanche si accorse di averlo urtato e con tutta fretta si avviò verso la strada, dalla parte opposta alla sua compagnia. Non riuscì a scrutarne il viso ma notò che era basso di statura, indossava un cappello e aveva uno zaino sulle spalle. Aveva l'aria di essere uno studente del liceo ma non indossava un'uniforme.

Deve essere una matricola dell'università qui vicino. pensò.

Salì sulla sua auto che aveva parcheggiato a qualche metro di distanza e si avviò verso il tanto temuto luogo di lavoro. Dopo aver parcheggiato nel parcheggio esterno, varcò l'ingresso della compagnia e si diresse verso l'ascensore per salire al 26° piano. Il corridoio pullulava di persone in completi e con le mani ricoperte da pratiche e documenti e ognuna di loro non mancò di inchinarsi per salutarlo non appena imboccò il corridoio dopo essere uscito dall'ascensore.

Lui non era una delle persone più importanti e rispettate della compagnia, lui era la persona più importante e rispettata. Essere vicino a Park Chanyeol significava avere ricchezza e potere ed non tutti avevano il privilegio di poter camminare al suo fianco o addirittura rivolgergli la parola. Gran parte del personale della compagnia quasi non conosceva il suo volto, talmente era difficile riuscire ad avvicinarsi a lui. Specialmente se si lavorava in un piano diverso dal suo ufficio. Di lui sapevano, oltre al nome, che fosse ricco, potente, giovane e molto bello. Non c'era una donna nubile in quella compagnia che non sognasse un appuntamento con lui. Non che le donne sposate fossero da meno.

I dipendenti del 26° piano del Korean Empire Group erano non solo tra i migliori dell'intera compagnia ma, forse, tra i migliori della nazione. Il KEG era una compagnia fondata dal nonno paterno di Chanyeol 60 anni prima della sua nascita. Non c'era nulla in quella nazione che non fosse sotto il controllo, o sotto i fondi monetari, di quell'enorme gruppo. Dirigeva dai centri commerciali agli ospedali, aveva potenziali connessioni con gran parte dei principali paesi dell'Asia. Tutti conoscevano il KEG e non c'era nessuno che non possedesse in casa almeno un singolo oggetto o elettrodomestico che non avesse il logo della compagnia stampato sopra. Il KEG esigeva solo il meglio e non ammetteva scansafatiche e personale incapace. Lavorare in quella compagnia era il massimo a cui milioni di giovani in tutta la nazione potevano aspirare: crescita professionale, stipendio decisamente molto alto rispetto alla media, qualità ed efficienza. Questo era il Korean Empire Group.

Il suo ufficio, oltre ad essere uno dei più grandi della struttura, era uno dei più lussuosi. L'ingresso aveva un'enorme porta nera che si poteva aprire dall'esterno solo tramite una card che solo lui possedeva. Nell'arredamento spiccavano principalmente tre colori: il nero, il bianco e il grigio scuro. Ogni singolo oggetto era sempre in perfetto ordine e pulito. Tutto ciò che era in quell'ufficio irradiava ricchezza ed eleganza e si adattavano perfettamente al tipo di persona che lui era. Poltrona in pelle nera, scrivania in legno d'ebano, computer e tecnologie di ultimissima generazione. Solo il meglio per il Presidente Park Chanyeol… ma lui non aveva richiesto tutto questo.

Fino a tre anni fa era un semplice ragazzo, un semplice studente universitario che stava riflettendo su quello che avrebbe potuto farne del suo futuro. Anche se, fin dal ragazzino, sapeva che il suo destino era già stato scritto, in qualche modo. Ma nonostante ciò, si divertiva a immaginare di fare qualcosa di diverso rispetto a quello per cui era stato educato ed istruito per tutta la vita. L'improvvisa morte di suo padre aveva non solo sconvolto tutta la compagnia ma aveva anche scritto la parola fine alla sua breve giovinezza spensierata, se così la si poteva definire. Ancora prima di tenere la laurea in mano, fu costretto a sedere su quella poltrona e a farsi carico del ruolo e delle responsabilità che un tempo erano appartenuti al suo defunto padre.

Chanyeol non voleva niente di tutto ciò ma il KEG era tra le compagnie più potenti del continente e non poteva permettere che venisse messa da parte in quel modo, dopo che i suoi predecessori avevano sudato e lavorato duramente per farla arrivare dov'era. D'altronde, sapeva che un giorno avrebbe preso posto in quella scrivania, lo sapeva da quando il padre lo aveva costretto a prendere lezioni private di economia aziendale già dagli anni delle medie, ma non pensava che sarebbe successo tutto così in fretta e senza alcun preavviso. Sperava che quel giorno sarebbe arrivato dopo i 35 anni, un po' come era successo al padre dopo la morte del nonno, sperando di avere il tempo di potersi godere per bene la sua gioventù, e invece si era ritrovato a quasi 24 anni al comando di una delle compagnie più potenti e influenti del mondo, con zero esperienza sul campo. Non era proprio quello che tutti i 24enni del mondo facevano ma in quanto unico erede era suo dovere prendersi carico delle responsabilità dell'attività di famiglia. Ma lui non lo voleva.

La sua scrivania era già piena di file di documenti da controllare che aveva lasciato il giorno prima e la giornata era appena cominciata. Si sedette e cercò di darsi forza. "Coraggio, Chanyeol. Come tutti i giorni." Il suo ufficio era molto silenzioso, a differenza degli altri della compagnia dove il chiacchiericcio dei dipendenti e il continuo squillare dei telefoni rendeva impossibile uscire a fine giornata senza un leggero mal di testa. Gli unici rumori che si riuscivano a sentire in quella grande stanza erano quelli dei fogli dei documenti che sfogliava tutti i giorni e il rumore della tastiera del suo portatile che veniva picchiettata dalle sue dita veloci. Quel silenzio rendeva più facile superare ogni giornata e sperava che quella sarebbe stata tranquilla e senza troppi intoppi. Ma le sue speranze crollarono quando la porta del suo ufficio si aprì di colpo e non gli fu difficile indovinare chi stesse per entrare ancora prima di alzare gli occhi.

"Ti sembra l'ora di arrivare?" chiese, con tono severo. "Il tuo ruolo non ti permette di fare sempre di testa tua e arrivare in ufficio quando ti fa più comodo."

"Buongiorno anche a te, zio." disse, senza distogliere lo sguardo dai fogli che teneva in mano. Sapeva benissimo che detestava non essere guardato negli occhi da lui quando alzava la voce.

Kim Jungsoo era definito 'il Demone' del KEG. Era un uomo di media statura, capelli neri ma brizzolati sulla zona delle tempie e di corporatura un po' robusta. Portava sempre un paio di occhiali neri rettangolari e non si presentava a lavoro se non indossava un completo perfettamente stirato e abbinato ad ogni accessorio. Se lo si guardava bene, non sembrava poi così spaventoso. Anzi, dall'aspetto poteva sembrare una persona calma e distinta, il suo piccolo pancione lo rendeva quasi di aspetto sbarazzino, ma dentro si nascondeva il diavolo in persona. Lui era il vero terrore della compagnia. Nessuno poteva permettersi di disobbedire ai suoi ordini e nessuno aveva il coraggio di farlo. Era intoccabile e non solo per il brutto carattere che si ritrovava; oltre ad essere il General Manager del KEG, era lo zio del presidente. Dopo Chanyeol, era la persona più temuta e rispettata.

L'uomo lo ignorò. Non era il tipo da stare dietro alle battutine di qualcuno che definiva un 'ragazzino viziato'. "Alle 10:00 c'è una riunione e voglio che tu sia presente, come da accordo. Se tutto va bene, riusciremo a concludere quell'affare del centro commerciale entro questo fine settimana."

"Stai tranquillo, non mancherò." disse, continuando a sfogliare i documenti, senza alzare lo sguardo.

"Alle 10:00. Puntuale. E non provare ad arrivare in ritardo come l'ultima volta." precisò. Si voltò per uscire dall'ufficio ma si fermò poco prima di oltrepassare l'uscita. "Ah, la tua segretaria… è un po' troppo impertinente. Cerca di addomesticarla per bene." concluse, poco prima di uscire.

Una volta libero dalle sue grinfie, Chanyeol gettò i documenti sulla scrivania e sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre si distendeva sullo schienale della poltrona. Sopportare Kim Jungsoo era tra le cose che gli riuscivano meglio ma ogni volta che la compagnia si avviava verso la realizzazione di un progetto o la firma di un nuovo contratto diventava più insopportabile del solito. Gran parte delle azioni della compagnia appartenevano a quell'uomo e più riusciva a portare avanti la compagnia, più si arricchiva. Oltre ad essere molto crudele, era una persona estremamente avida di denaro e potere.

Per quanto riguardava i suoi legami con quell'uomo, non aveva mai avuto un buon rapporto con lo zio fin da piccolo e l'intera compagnia ne era a conoscenza. Per Kim Jungsoo, Chanyeol era un ostacolo che lo allontanava dall'obiettivo a cui puntava da tutta la vita: essere a capo del KEG. Non era il solo ad aspirare a quella carica ma, rispetto agli altri, era molto più avvantaggiato grazie alla parentela tra lui e il vecchio presidente, anche se acquisita tramite il matrimonio con la zia di Chanyeol. Ma nessuna parentela acquisita poteva battere quella di sangue tra padre e figlio e Chanyeol restava il diretto erede della compagnia e, cascasse il mondo, non avrebbe mai permesso a quell'uomo di prenderne le redini.

Premette un tasto del telefono sulla scrivania e, pochi instanti dopo, la sua segretaria rispose. "Sì, Presidente?"

"Venga un attimo nel mio ufficio."

La donna entrò una manciata di secondi dopo. Il suo ufficio stava attaccato al suo. S'inchinò una volta entrata e attese che il suo superiore aprisse bocca. Chanyeol staccò gli occhi dai documenti per rivolgersi a lei. "Ho sentito che ha avuto dei problemi col General Manager per colpa mia. Mi dispiace di averla messa nei guai."

La donna non sembrò per niente stupita da quella gentilezza. Anzi, ne era più che abituata. Lavorava come segretaria del presidente da circa sette anni, ancora prima che Chanyeol prendesse posto su quella scrivania. Suo padre era stato il suo superiore ma, a differenza del figlio, lui non la trattò mai in modo differente da come faceva Kim Jungsoo. Ma da quando era arrivato Chanyeol tutto era cambiato. Ogni dipendente di quella compagnia si sentiva finalmente rispettato come meritava e ognuno di loro era consapevole che al di fuori di quella compagnia nessun altro datore di lavoro avrebbe riservato loro quel trattamento. Ognuno di loro si teneva stretto quell'impiego anche per quel motivo.

"Non si preoccupi, Presidente. Non è nulla di grave." rispose la donna, con un sorriso.

Chanyeol annuì e la congedò. "Può andare. E grazie per avermi coperto."

"Quando vuole, signore."

La segretaria s'inchinò per salutarlo prima di uscire dall'ufficio. Guardò l'orologio che aveva sul polso: 15 minuti alla riunione. Mise in ordine i documenti e si alzò per dirigersi verso la sala riunioni al 20° piano prima che a suo zio venisse la brillante idea di ritornare nel suo ufficio e trascinarlo con la forza. Ne sarebbe stato capace. Quell'uomo era estremamente fissato con la puntualità.

Dentro l'ascensore, Chanyeol cominciò a prendere dei grandi respiri, riempiendo d'aria i polmoni più che poteva. Servendosi degli ampi specchi dell'ascensore si diede una rapida sistemata, regolando il nodo della cravatta e dando un'ultima controllata alla sua giacca. Le riunioni erano una delle parti peggiori del suo lavoro, anche perché significava stare nella stessa stanza con Kim Jungsoo e quella era una delle cose che odiava di più al mondo ma anche questo faceva parte del suo ruolo. Un ruolo che lui non aveva richiesto.





Alla fine di ogni riunione, Chanyeol si sentiva quasi sempre stordito, come se avesse passato un'intera giornata in una stanza con della musica assordante messa a tutto volume, direttamente sparata contro le sue orecchie. Tutto quel parlare di azioni, progetti, contratti gli mandavano in corto circuito la testa e pensare che avrebbe fatto quello per il resto della sua vita gli mandava completamente in pappa il cervello. La riunione era durata più del previsto e, prima che se ne accorgesse, arrivò l'ora di pranzo ma non aveva fame. Si sentiva troppo stanco e avvertiva una strana nausea che gli provocava un lieve giramento di testa.

Tutto quello che gli serviva era prendere una boccata d'aria fresca così decise di trascorrere le due ore della pausa pranzo in un piccolo parco vicino la compagnia. Lo aveva notato solo un paio di settimane prima durante una delle giornate più caotiche della sua settimana lavorativa e non aveva ancora avuto la possibilità di fermarsi lì per una breve sosta. La prima cosa che aveva notato di quel piccolo spazio verde era la sensazione di tranquillità che trasmetteva. Adatto a rilassarsi e prendersi una meritata pausa.

Una volta varcato il cancello di ferro un po' arrugginito, percorse uno dei tanti piccoli sentieri che lo portarono verso una panchina che si trovava esattamente tra due grandi alberi rigogliosi. Avevano l'aria di essere due alberi di ciliegio. Chissà come sono essere belli durante la fioritura, pensò. Si sedette, gettandosi di tutto peso contro il legno ruvido della panchina e chiuse gli occhi. Le sue orecchie si riempirono dai rumori della natura che lo circondava: le foglie degli alberi mosse dal leggere vento che soffiava quel pomeriggio, il cinguettio degli uccelli tra i rami… per un attimo pensò di non essere più in città e si abbandonò a quelle dolci melodie. Il quel momento, sembravano essere l'unica cosa che potessero aiutarlo a rilassarsi.





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La presentazione era andata benissimo e la lezione successiva era stata interessante. Era felice di essersi svegliato in tempo e di non averla persa. Ma il suo stomaco già da un'ora aveva cominciato a brontolare per la fame. Aveva fatto colazione con due origini comprati al supermercato e non erano di certo in grado di sfamare il suo infinito appetito. Inoltre, a causa della fretta li aveva presi entrambi alle alghe e non era tra i suoi gusti preferiti. Li aveva mangiati solo per riempire lo stomaco.

Arrivata l'ora di pranzo, salutò i suoi amici e si diresse verso quello che definiva il suo posto preferito vicino l'università per consumare il pranzo che la nonna gli aveva preparato prima di uscire di casa per andare al lavoro. Il posto in questione era un piccolo parco che aveva l'abitudine di frequentare da circa tre anni. Ci andava spesso per pranzare quando il campus e la mensa erano troppo affollati o quando aveva semplicemente voglia di stare un po' da solo, lontano dai corridoi rumorosi dell'università dopo una lunga mattinata di lezioni.

Era il tipo di persona che amava la compagnia della gente, la gente giusta, ma ogni tanto anche lui preferiva stare da solo con se stesso. Ogni volta che si isolava dai suoi amici, quest'ultimi lo lasciavano andare senza troppe storie. Sapevano che aveva un posto in cui andava spesso ad isolarsi ma non aveva mai detto loro dove si trovasse. Aveva paura che il suo posto preferito diventasse patrimonio di altri. Non vedeva l'ora di gustarsi il suo pranzo. La nonna gli aveva preparato del riso, delle uova e delle verdure. Non era tanto ma a Baekhyun bastava poco per migliorare la sua giornata. Non era un tipo molto complicato; gli bastava avere quei piccoli piaceri della vita come un semplice cestino del pranzo per sentirsi allegro. Era una parte del suo carattere che lo aveva aiutato, fin da piccolo, a vivere la sua vita senza troppi problemi.

Quel piccolo parco era il suo rifugio segreto. All'inizio del primo anno, gli fu difficile ambientarsi per bene nell'ambiente universitario. Era uno stile di vita completamente diverso, la mole di studio era aumentata a livello esponenziale e trovava sempre meno tempo per se stesso, anche solo per dormire qualche minuto in più. Era stressato, giù di morale, non faceva progressi nello studio. Temeva che avrebbe perso il rinnovo della borsa di studio per l'anno successivo e che avrebbe dovuto mollare l'università. In quel periodo, non c'era niente che riuscisse a farlo sorridere davvero.

Un giorno, dopo essere uscito da una serie di lezioni col morale a terra, lo vide. Ci si poteva entrare superando un cancello di ferro che aveva l'aria di essere vecchio di qualche decennio con della vegetazione che era cresciuta attorno. Non c'era alcun cartello che ne indicasse il nome come gli altri parchi in città, dall'esterno sembrava piccolo. Lo era effettivamente ma aveva l'aria di essere un posto tranquillo. C'era un piccolo parco giochi con due altalene e uno scivolo, qualche panchina qua e là. Ogni tanto, un camion dei gelati si fermava lì dentro. Se ne innamorò a prima vista e da quel giorno ci andò sempre più spesso fino a quando non divenne un punto di riferimento per lui quando aveva bisogno di un po' di solitudine.

Entrò di fretta, dirigendosi verso la panchina in cui era solito sedersi. Era una delle più isolate, nella parte più interna. Di solito non ci si sedeva nessuno perché era distante dai giochi per i bambini e dai distributori automatici. Si trovava esattamente tra due grossi alberi di ciliegio. Le loro chiome rigogliose facevano ombra sulla panchina e la rendeva il posto perfetto per mangiare all'aperto anche durante le calde giornate estive. La distanza dal resto dei passanti e la fresca brezza che soffiava grazie alla vegetazione fecero di quel posto un piccolo angolo di paradiso in una città così caotica come Seoul.

Quello era il suo angolo di pace… suo fin quando un estraneo non si sedette proprio accanto a lui. L'improvvisa e non voluta presenza di quell'uomo lo infastidì non poco. Si girò alla sua destra e cominciò a dare un'occhiata all'intruso senza farsi notare: era molto alto a giudicare dalle lunghe gambe magre distese in avanti, aveva i capelli neri e dai suoi vestiti, un completo scuro formale, aveva l'aria di essere un impiegato d'ufficio o qualcosa del genere. Anche se i suoi abiti sembravano troppo costosi per appartenere a un semplice impiegato. Probabilmente veniva alla compagnia che si trovava vicino all'università. Quell'enorme palazzo moderno che si trovava dall'altro lato oltre il supermarket. Il suo aspetto era molto formale, da adulto. Ma, guardandolo meglio, non sembrava essere più grande di 25 anni.

L'intruso se ne stava in silenzio e con gli occhi chiusi, con la testa appena sollevata verso il cielo e respirava profondamente come se stesse cercando di incanalare tutta l'aria presente lì attorno. Era immobile, così immobile che Baekhyun quasi pensò che si fosse addormentato fin quando non sospirò e ciò lo fece sussultare dallo spavento. Sembrava davvero stanco e quasi lo intenerì vederlo in quelle condizioni. Poteva vedere delle piccole gocce di sudore scivolare lungo la sua fronte.

"Vuoi un po' del mio pranzo?" gli chiese. Il ragazzo sollevò la testa e si girò nella sua direzione. A giudicare dal suo sguardo confuso, non si era minimamente accorto della sua presenza. Aveva il viso un po' sciupato da delle leggere occhiaie e i capelli un po' spettinati. Sembrava aver perso parecchie ore di sonno. "Come hai detto?" chiese.

"Ti ho chiesto se vuoi un po' del mio pranzo." rispose Baekhyun. "Non è molto perché ne ho già mangiato un po' però possiamo dividere quello che resta."

L'espressione del ragazzo divenne ancora più confusa. Il ragazzo sbatté le palpebre per un paio di volte prima di parlare. "No… grazie." Poi, richiuse gli occhi, ritornando alla posizione precedente. Soffiava un leggero venticello decisamente molto apprezzato. Dopo mezzogiorno la temperatura si era alzata di molto. L'estate era ormai alle porte e stava iniziando quel periodo dell'anno in cui sarebbe stata una tortura indossare giacca e cravatta per andare al lavoro.

"Vuoi un po' d'acqua?" Di nuovo, Baekhyun si rivolse a lui. Il ragazzo si voltò nuovamente ma un velo di fastidio nello sguardo sostituì la confusione. "Eh?"

"Ho visto che stai sudando quindi ho pensato che magari avessi sete." spiegò. Gli porse la sua bottiglia d'acqua con lo stesso sorriso di prima. Il ragazzo sospirò, con palese fastidio. "Non ho sete, grazie."

Ritornò il silenzio e Baekhyun cominciò ad avvertire un leggero imbarazzo, mentre masticava il suo pranzo. Ogni tanto, gli occhi gli cadevano sul suo vicino di posto. C'era qualcosa in lui che lo incuriosiva, in qualche modo. Non riusciva a darsi una spiegazione però aveva un'estrema voglia di attaccare una conversazione con quel giovane. "Certo che fa caldo, eh? La mattina i jeans sono proprio da evitare. Ti si appiccicano alle gambe." disse. "Avrei dovuto mettere una tuta o qualcosa di simile. Domani me ne ricorderò."

Il ragazzo sembrava aver perso la pazienza ma almeno aveva ripreso a parlare. "Senti." disse, lasciando andare quella parola con sospiro. "Fa caldo, lo so, ma potresti sopportare in silenzio? Ti chiedo solo cinque minuti di silenzio."

"Ma..."

"Cinque. Minuti." ribatté il ragazzo con tono deciso, abbastanza da zittirlo. E rimase davvero in silenzio. Se c'era una cosa in cui Baekhyun aveva molta difficoltà era tenere a freno la lingua. Non lo faceva di proposito. Gli piaceva parlare, far sapere i suoi pensieri alla gente attorno a lui, intrattenere con i suoi discorsi e farsi intrattenere dai discorsi degli altri. Ma doveva imparare a trattenersi con gli estranei. Non tutti erano disposti a sopportare la sua parlantina.

Per alcuni istanti, il ragazzo sembrò godersi quel tanto desiderato silenzio. Il suo viso si era leggermente rilassato ma l'espressione corrucciata non scomparve del tutto. Aveva davvero l'aria di essere molto stanco e quasi si sentì in colpa a disturbare quella che probabilmente era la sua pausa pranzo, anche se non aveva nessun cestino con sé. Ma tutto quel silenzio stava iniziando a farlo soffocare così iniziò a fischiettare, intonando una melodia totalmente inventata sul momento. La reazione del giovane accanto a lui non tardò ad arrivare. "Ti avevo chiesto di stare in silenzio per cinque minuti."

"Ma sono in silenzio." esclamò Baekhyun.

"Stai fischiando."

"Fischiare non è parlare." ribatté e il ragazzo in completo si mise le mani tra i capelli e abbassò la testa. "Certo che sembri proprio stressato. È da quando ti sei seduto che hai quell'espressione corrucciata sul viso. Ti verranno le rughe." disse Baekhyun, mentre masticava metà di quel pezzo d'uovo sodo che aveva addentato. Stava forse testando la sua pazienza? Da un lato era curioso di vedere la sua reazione. Il giovane si allentò il nodo della cravatta e cercò di prendere un po' d'aria. La temperatura si faceva sempre più alta ogni minuto che passava. "Ti avevo detto di prendere un po' della mia acqua ma sei testardo." riprese Baekhyun.

"Potresti farti gli affari t-"

Con uno slancio, gli si gettò addosso con tutto il suo peso, scivolando contro la panchina. "C'è un insetto gigantesco laggiù!" urlò Baekhyun. Si aggrappò alla sua giacca, stringendo con una mano il tessuto scuro mentre con l'altra indicava verso il punto in cui si trovava l'insetto. Se ne stava leggermente rannicchiato contro di lui come un bambino che aveva paura di un cane che gli abbaiava contro. Il ragazzo seguì le indicazioni della sua mano e vide una piccola ape che se stava appollaiata su un fiore non molto distante dalla panchina su cui erano seduti. Il ragazzo lasciò andare un sospiro. "È solo una piccola ape."

"Piccola, dici? Quella cosa me la chiami 'piccola'?" chiese, nervoso. "Io non la vedo per niente piccola!"

"Sei grande e grosso abbastanza per non aver paura di un'ape." precisò il ragazzo.

"Ma io ho paura! Mi terrorizzano gli insetti! Una volta mia nonna è stata punta da un'ape sul braccio mentre lavorava in un giardino! Le aveva lasciato anche il pungiglione! Ha dovuto medicare il braccio per tre settimane e le faceva malissimo! Sarà piccola ma può essere molto pericolos-"

"Guarda." Il ragazzo lo interruppe e con un movimento della testa gli indicò di guardare verso il fiore. "Se n'è andata, hai visto? Non c'è più bisogno di aver paura."

Baekhyun sbatté le palpebre e lasciò andare la presa sulla giacca lentamente. "È vero." sussurrò. Ritornò a sedersi come prima e lasciò andare un sospiro di sollievo misto a imbarazzo. Che figura pessima che aveva appena fatto di fronte a uno sconosciuto ma almeno era al sicuro. La sua fobia per gli insetti non aveva proprio intenzione di lasciarlo andare neanche col passare degli anni. "Ahhh, che paura…"

Il ragazzo si diede una sistemata alla giacca con le mani e si raddrizzò sul posto, passandosi velocemente una mano tra i capelli tirati all'indietro. "Le api non attaccano se non si sentono minacciate. Probabilmente quell'ape aveva punto tua nonna perché l'aveva percepita come una minaccia. Tendono ad essere molto protettive nei confronti del loro territorio." gli spiegò. "Non c'è nulla di cui aver paura."

"Finalmente vedo un sorriso." esclamò Baekhyun. Il ragazzo si voltò nuovamente verso di lui con un'espressione stupita sul volto. Era leggermente visibile ma le sue guance si erano arrossate di poco. "Ti ho messo in imbarazzo?" gli chiese.

"Per niente." esclamò il ragazzo che si alzò. Iniziò a sistemarsi la giacca per bene, scuotendo della polvere invisibile. "Me ne vado." dichiarò con tono a aspro mentre si allontanava, dirigendosi verso la l'uscita. Prima che fosse troppo lontano Baekhyun lo salutò, agitando la mano. "Piacere di averti conosciuto, Mr. esperto di api."

Senza rispondere o voltarsi, il ragazzo continuò per la sua strada a passo spedito ma vide che le sue spalle si erano leggermente irrigidite. Baekhyun si era liberato del suo intruso e quella panchina era ritornata ad essere solo sua. Riprese a mangiare quello che restava del suo pranzo ma non poteva non pensare allo strano incontro che aveva fatto qualche minuto prima. Un po' si sentì in colpa per aver disturbato quella che probabilmente era la breve pausa di un impiegato piuttosto stressato e pieno di lavoro. Ma in particolare, stava rimuginando su quel piccolo sorriso che si era lasciato scappare. Breve ma abbastanza da illuminargli il viso e scacciare via quell'espressione seria e composta. Benché fosse durato pochissimi secondi, così poco da non lasciargli il tempo di ammirarlo per bene, quello fu uno dei sorrisi più belli che Baekhyun avesse mai visto.





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Quel luogo tranquillo non era poi così tranquillo come credeva. Chanyeol ripensò a quel ragazzino fastidioso mentre ritornava in ufficio per terminare quel poco di pausa che si era concesso, quando uscì dalla compagnia a sera inoltrata ma anche dopo essere tornato a casa. Il suo disperato momento di relax era stato rovinato da un piccolo impiccione che mangiava, sporcando come un bambino dell'asilo. Il giorno successivo aveva deciso di ritornare nello stesso posto, temendo di ritrovarlo di nuovo lì, pronto a disturbare il suo momento di relax con stupide chiacchiere come il giorno precedente ma, per suo grande sollievo, il ragazzino non c'era. Non lo trovò neanche nei tre giorni successivi; evidentemente era solo di passaggio e lui era stato il malcapitato che aveva dovuto sopportarlo quel pomeriggio.

Quel giorno era finito in riunione poco dopo essere entrato nella compagnia, quando ancora non si era nemmeno svegliato del tutto. Il modo perfetto per iniziare la giornata. Subito dopo, aveva avuto un'altra riunione con un cliente francese e per il pomeriggio aveva in programma di incontrarsi col Demone per discutere di alcuni affari fino a sera. Quella era di quelle particolari giornate che Chanyeol segnava con 'no' scritto a caratteri cubitali e con la penna rossa sulla sua agenda.

La pausa pranzo era vicina al termine e già sentiva quel senso di nausea e di soffocamento che lo avrebbe tormentato per le restanti ore di lavoro. Disteso sulla sua scrivania, nella sua testa si fecero strada i ricordi dei suoi primi mesi come presidente e di come ogni scusa fosse buona per sgattaiolare come un topo lungo i corridoi per evadere da quella prigione, dimenticandosi dei suoi impegni e di tutto il lavoro da fare. Erano bravate che si era concesso anni prima. La compagnia andava nel caos ogni volta che lui spariva all'improvviso senza alcun preavviso. Quella povera donna della sua segretaria finiva per girare per i corridoi col suo cellulare in mano nella speranza di contattarlo e suo zio sbraitava come un cane rabbioso, girando avanti e indietro e minacciando di fargliela pagare una volta averlo ritrovato.

Non aveva più l'età per certi giochetti e ne era perfettamente consapevole mentre si alzava dalla sua scrivania e usciva dall'ufficio, cercando di non destare sospetti e senza attirare l'attenzione. Attraversò il corridoio rimanendo in silenzio nella speranza che nessuno lo notasse ma non era affatto facile. Il 26° piano e l'ingresso al piano terra erano gli unici piani ad avere delle guardie che avevano il compito di controllare chi entrasse e chi uscisse durante il corso della giornata. Durante i suoi primi mesi lì, era stato suo zio a scegliere le guardie appostate vicino al suo ufficio. Avevano il compito di sorvegliare ogni suo movimento durante la giornata. Solo col passare del tempo Chanyeol prese il mano la situazione e le sostituì con uomini assunti personalmente da lui. Quegli uomini obbedivano solo ai suoi ordini e a quelli di nessun'altro. Non avevano il compito di sorvegliare nessuno, dovevano solo stare attenti che nessuno entrasse nel suo ufficio quando lui non c'era o senza autorizzazione, magari quando era impegnato in qualche riunione. Nei suoi cassetti e archivi c'erano documenti importanti e non poteva rischiare che qualcuno ci mettesse le mani o ne leggesse il contenuto.

I due uomini alla guardia, due enormi statue vestite in completo nero, si inchinarono per salutarlo non appena lo videro. Chanyeol rivolse loro un cenno prima di avvicinarsi all'ascensore. Ma la voce di uno dei due uomini lo fermò. "Signore." lo chiamò con voce pacata. "A breve avrà un incontro col General Manager." Persino loro erano informati per bene dei suoi impegni, specialmente quando riguardavano suo zio.

"Ho una cosa da fare. Tornerò in tempo." lo rassicurò.

"La prego, signore…" intervenne l'altro uomo. "Suo zio…"

"Shhh." lo zittì. "Se mi cerca, ditegli che sono andato a salutare un cliente."

Le guardie rimasero in silenzio pur mantenendo un'espressione preoccupata sul volto mentre guardavano le porte automatiche dell'ascensore chiudersi. Non potevano far altro che bersi quella stupida scusa. Raggiunse in fretta il piano terra e rapidamente uscì dall'ingresso principale della compagnia, dando un'occhiata alle sue spalle per assicurarsi che nessuno lo avesse notato, per quanto potesse essere difficile non notare proprio lui. Gli uomini di guardia al piano terra erano impegnati a chiacchierare tra di loro con un caffè in mano per notarlo. Per quanto fosse lieto di essere uscito così in fretta, quell'atteggiamento così superficiale delle guardie poteva essere pericoloso per la compagnia. E se fosse entrato qualcuno non proprio desiderato? Se ne sarebbe occupato più avanti.

Con passo svelto si diresse verso il supermarket accanto all'edificio ed entrò. Andò a comprarsi del succo di frutta in brick e si sedette in uno degli sgabelli del bancone attaccato alla vetrata che affacciava sulla strada e appoggiò la testa sul ripiano bianco. Lì era sicuro che non avrebbe incontrato nessun collega o sottoposto. Teneva gli occhi chiusi, il legno del bancone era fresco a contatto con la pelle della sua guancia. Il suo naso fu attirato da un intenso odore di ramen che proveniva dall'altro lato. Lo seguì, voltandosi alla sua destra, e vide una ciotola di ramen istantaneo davanti a lui tenuta stretta da un paio di mani con delle dita lunghe e snelle. Sollevò gli occhi per guardare a chi appartenessero e li sgranò non appena lo vide. L'altro fece lo stesso. "Oh! Sei l'esperto di api!" esclamò, attirando l'attenzione degli altri clienti occupati con le loro spese.

"Shhh!" lo zittì, chiudendogli la bocca con una mano. La ritirò qualche istante dopo, con un'espressione disgustata, non appena percepì qualcosa di liquido sul palmo della mano: il brodo che aveva ai lati della bocca. Di nuovo lui, il ragazzino del parco di qualche giorno prima. Quella volta indossava una tuta scura e un cappello con visiera al contrario. I capelli mossi e arruffati erano schiacciati sotto la pressione del cappello e il viso era decisamente più limpido rispetto all'ultima volta che lo aveva visto. Le occhiaie erano molto meno evidenti. Il ragazzo si mise in bocca una mangiata di ramen. "Scusa per la mano. Tieni, prendi un tovagliolo." disse, passandogli alcuni dei tovagliolini di carta che aveva accanto. Chanyeol ne afferrò un paio e si asciugò la mano sporca, senza dire una parola. "Non pensavo di rivederti."

"Neanche io."

"Sei in pausa pranzo anche tu?" chiese.

"La sto finendo." rispose.

"Quindi hai già pranzato. Cosa hai mangiato di buono?"

Ecco che ricominciava con le domande. Neanche la bocca occupata da tutta quella quantità di ramen riusciva a farlo stare zitto. Aveva combinato un disastro su quel bancone. Gocce del brodo erano sparse attorno alla ciotola che teneva in mano e c'era una manciata di tovagliolini sporchi appallottolati di fianco. Chanyeol sospirò. "Non sono affari tuoi."

Il ragazzo mise il broncio, corrucciando il viso e si mise in bocca un'altra mangiata di ramen caldo. "Sei antipatico." farfugliò, con la bocca piena.

Chanyeol sbatté le palpebre. "Come hai detto?"

"Mi hai sentito benissimo." rispose, girandosi verso di lui con le sopracciglia aggrottate. "Mi hai risposto male anche l'altra volta."

"Perché non fai altro che fare domande."

"Che c'è di male nel fare domande? Non ti interessa sapere le cose degli altri?"

"No, se sono persone che non conosco." gli rispose, sorseggiando il suo succo di frutta.

"Ma noi ci conosciamo!"

"E' la seconda volta che ci vediamo." specificò Chanyeol.

"Non basta per conoscersi?"

Era una causa persa in partenza e non aveva neanche la forza di controbattere. Era evaso dalla compagnia per trovare un attimo di relax e si era imbattuto nuovamente in lui come quella volta. Era come se ogni volta che si metteva alla ricerca di un po' di serenità, lui apparisse dal nulla per infastidirlo di proposito, quasi gli stesse facendo un dispetto. In effetti, guardandolo bene, aveva l'espressione di un furbetto. Un piccolo ometto astuto e sveglio che faceva i dispetti a chi gli capitava a tiro.

Chanyeol appoggiò nuovamente la testa contro il bancone. "Senti, tu…"

"Baekhyun!" esclamò. "Byun Baekhyun!"

"Byun Baekhyun." ripeté. "Sei uno studente dell'università qui vicino?"

"Sì!" rispose con entusiasmo. "Come hai fatto a indovinare?"

"Hai lo zaino un po' aperto. Si vedono i libri." spiegò.

"E tu lavori alla compagnia accanto, vero?" chiese. "Sei vestito come uno che lavora in ufficio. Lo indossavi anche l'altra volta."

"Sì, lavoro lì."

"E dimmi, è un bel lavoro? Ti trovi bene?"

Era un bel lavoro? Risposta semplice: no. Si trovava bene. Altra risposta semplice: assolutamente no. Ma si sentì obbligato a mentire o avrebbe fatto altre domande a cui non voleva rispondere. "Sì, più o meno."

"Quello che fai è difficile?"

"Abbastanza." rispose.

"Lo sapevo! Mi avevi dato l'aria di non essere un impiegato qualunque." disse. "Ne vedo spesso di gente che lavora lì passare di fronte al campus ma nessuno di loro ha quell'aria sofisticata come la tua. Lavori nei piani alti, vero? Devi essere l'assistente di qualcuno di importante. Magari il segretario del capo? Magari è per questo che ti vesti così bene!"

"Certo che ne fai di domande." lo interruppe Chanyeol. Non poteva fare a meno di notare l'entusiasmo che ci metteva in ogni parola che diceva. Non erano semplici domande per fare conversazione. Gli occhi gli brillavano come un bambino che faceva domande alla mamma riguardo alla sua storia preferita. Gli interessava davvero sapere quello che aveva da dire. Di quante persone poteva dire lo stesso? A quante persone interessava effettivamente ciò che aveva da dire? Quella sua innocente curiosità gli strappò un piccolo sorriso dalle labbra.

"Hai sorriso di nuovo." disse Baekhyun. "Come quella volta."

Si schiarì la gola, ricomponendosi, e si raddrizzò sul posto. Gettò la scatola vuota del succo nel cestino e si alzò dallo sgabello, sistemandosi la giacca. "Adesso devo andare. Si è fatto tardi." dichiarò. Si stava avviando verso l'uscita del supermarket quando la voce di Baekhyun lo fermò. "Posso sapere il tuo nome?"

Non era solito dire il suo nome a chiunque. Anzi, era meglio tenerlo nascosto il più possibile per tanti motivi. Innanzitutto, per questioni di sicurezza. La sua compagnia aveva diversi nemici e lui in primo luogo. Il suo lavoro poteva sembrare molto sedentario e tranquillo. Un semplice lavoro da ufficio, come molti lo definirebbero. Ma essere nella sua posizione nascondeva non pochi pericoli per la propria incolumità. Un altro motivo erano i media. Erano in pochi quelli che effettivamente conoscevano il suo viso e rifiutava di apparire in foto per proteggere la sua privacy. L'ultima cosa che voleva era avere i media alle calcagna, pronti a scavare nella sua vita privata per trovare qualche notizia succulenta da pubblicare in qualche articolo delle loro riviste di gossip da quattro soldi. Ma quel ragazzo sembrava così innocente e onesto. A che pericoli poteva mai andare incontro se glielo avesse rivelato? Era un semplice studente universitario con forse il difetto di essere un po' più curioso rispetto ai suoi coetanei.

"Park Chanyeol." gli rispose, infine.

"Piacere di conoscerti, Park Chanyeol." esclamò, porgendogli la mano. Chanyeol osservò quella mano per qualche istante, incuriosito dal quel gesto così comune ma che lui aveva fatto con così tanta spontaneità, prima di stringerla. Baekhyun gli sorrise con un'espressione luminosa sul viso. Quel sorriso che gli rimase in testa mentre ritornava, in silenzio, alla compagnia per affrontare il tanto sdegnato incontro con lo zio. Aveva avuto difficoltà a concentrarsi durante quella riunione privata. Suo zio aveva dovuto richiamarlo alla realtà più e più volte per riuscire ad avere la sua attenzione, giocando con la poca pazienza che aveva. Ma per quanto ci provasse a restare concentrato, gli ritornava in mente di continuo il sorriso di Baekhyun.

Qualcosa dentro di lui lo portò a chiedersi come potesse esistere qualcuno con un sorriso così innocente e tenero e che, senza alcuno sforzo, riuscisse a mostrarlo con così tanta naturalezza anche a un perfetto sconosciuto. Era abituato a sorrisi di cortesia, quasi tutti con un secondo fine. La gente non conservava i sorrisi più belli per le persone care? Chissà quante volte aveva sorriso ai suoi famigliari e amici in quel modo. Tutte persone molto fortunate, se avevano qualcuno che sorridesse a loro in una maniera così onesta. Un po' le invidiava. E invidiava anche lui, più di quanto riuscisse ad ammettere. Come ci si sentiva ad avere la capacità di sorridere con così tanta semplicità? Lui, ormai, quella capacità l'aveva persa da tempo.







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Note dell'autrice.



Salve. Questa non è la prima volta che pubblico questa storia.

Tempo fa ne avevo pubblicato qualche capitolo ma a causa di diversi problemi sono stata costretta a interrompere la storia e, ahimè, ad abbandonarla. Ma nel privato avevo continuato a scrivere e non c'è stato un giorno in cui non ho sperato di poter riprendere a pubblicarla. Riaprendo il mio account ho trovato una marea di messaggi che mi chiedevano di riprenderla e devo ammettere che questo mi ha riempito il cuore di gioia. Non pensavo ci fossero così tante persone che stavano seguendo questa storia e con loro ci tengo a scusarmi per averla abbandonata per diverso tempo senza dare alcuna notizia.

Ho deciso di ricominciare da capo perché ho apportato delle modifiche alla storia, così come ai vari capitoli. Volevo aggiungere nuove idee e nuove scene che avevo scritto solo più avanti e nei miei appunti e perciò ho deciso di ricominciare dal primo capitolo. La storia verrà pubblicata anche su Ao3. Purtroppo in passato qualcuno aveva pensato di pubblicarla senza il mio consenso su altri siti quindi per evitare che avvenga di nuovo ho deciso che sarò io stessa a farlo.

Mi sono dilungata fin troppo. Spero avrete del tempo per leggere anche i prossimi capitoli. Se avete suggerimenti, critiche o qualsiasi altra cosa, vi prego di scrivermi in qualunque momenti. E se vi va, lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Se siete arrivati a leggere fin qui, mi scuso per le troppe chiacchiere e vi ringrazio ancora.

   
 
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