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Autore: Ghostclimber    01/06/2020    7 recensioni
Rukawa ha un'indesiderata reazione fisica durante una delle solite risse con Sakuragi.
Forse, però, non tutto il male viene per nuocere.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mitsui dalla regia: -Ma non avevi detto che ti disintossicavi?

Cathy: /sniffa una striscia di Slam Dunk/ huh?

Niente, raga, col cavolo, chiedermi di disintossicarmi da Slam Dunk è come chiedermi il Nilo (citazione necessaria).

Spero che questa OS vi piaccia, poi se Dio vuole finalmente il mio ragazzo sta per tornare al lavoro e avrò la tranquillità necessaria per impelagarmi in un altro project più lungo.

Come sempre, grazie a tutti voi che avete gradito la OS di settimana scorsa e (Mitsui dalla regia: -Piantala di ripeterti) battete un colpo se gradite!

XOXO

 

 

 

 

 

SBAM!

Una pallonata colpì l'autoproclamatosi Genio del Basket, interrompendo sul più bello un ispirato proclama di autoaffermazione.

-BAKA KITSUNEEE!- tuonò Sakuragi, voltandosi verso l'impassibile, per quanto esasperato, compagno di squadra.

-Rieccoli di nuovo...- sospirò Ayako, mettendosi una mano in faccia. Ormai aveva rinunciato ad intervenire subito, aveva capito che prima bisognava farli stancare un po': quei due erano due forze della natura, soprattutto quando si menavano, ed era una missione impossibile cercare di dividerli quando non erano ancora stanchi e pesti.

Rukawa attese con ansia l'arrivo di Sakuragi, che stava avanzando verso di lui a passo di marcia. Aveva ormai rinunciato ad ogni tentativo di approccio convenzionale, e dopo una lunga lotta interiore si era visto costretto ad ammettere la sconfitta: quell'idiota non sarebbe mai stato suo.

Era troppo preso da Haruko, troppo impegnato ad odiarlo senza un reale motivo, troppo distratto da se stesso per accorgersi che a poca distanza da lui c'era un maledetto volpino che avrebbe dato via tutto ciò che possedeva per essere al centro della sua attenzione.

Tutto ciò che gli restava erano le loro risse.

Ricevette un pugno sulla mandibola, assecondando la corsa del braccio di Sakuragi per incassare senza riportare troppi danni, e rispose con un montante nello stomaco. Il rosso, che aveva previsto il colpo, lo ricevette sugli addominali tesi, che attutirono il dolore per lui, moltiplicandolo per Rukawa; il moro ignorò la fitta, ma non poté fingere di non aver apprezzato la dura consistenza dei suoi muscoli guizzanti.

Una spira di panico lo avvolse.

Sakuragi lo colpì con un pugno al fianco, che Rukawa non ebbe il tempo di parare; si accucciò su se stesso e gli diede uno strattone, che ebbe l'unico risultato di accendere ulteriormente la rabbia di Sakuragi, che urlò: -Cos'è, Rukawa, oggi hai le palle troppo mosce per batterti da uomo?- Rukawa spostò la mano che si era portato al fianco dolorante e gli rifilò un pugno al plesso solare.

Sakuragi si ripiegò su se stesso, esalando tutta l'aria che aveva nei polmoni, e Rukawa sbatté le palpebre nel lieve soffio che gli scompigliò la frangia.

-Bastardo!- sibilò Sakuragi tra i denti e, preso Rukawa per le spalle, lo spinse per farlo cadere a terra. Rukawa reagì d'istinto, si aggrappò alle sue spalle e lo trascinò con sé.

Il mondo si riempì di puntini neri alla violenta botta che il corpo di Sakuragi, spinto dalla gravità, diede alle parti basse di Rukawa cadendogli sopra.

-Nh...

-Maledetto, te la sei cercata!- Sakuragi si alzò facendo leva sulle braccia, e Rukawa non poté non notare come i loro bacini si strofinassero l'uno contro l'altro. Come al rallentatore, in un vortice di eccitazione sessuale mista ad orrore, vide il pugno di Sakuragi alzarsi e poi avvicinarsi al proprio viso; non avvertì il colpo, solo lo spostamento di prospettiva che l'improvviso voltarsi della sua testa gli provocava.

Rimase fermo, a tentare debolmente di levarselo di dosso facendo leva sulle sue spalle, mentre riusciva a registrare solo la massiccia consistenza del corpo di Sakuragi appoggiato, anzi pressato tra le sue cosce, che tremavano nel tentativo di impedirsi di cingerlo, la morbidezza del suo membro a riposo schiacciato contro il suo, che...

-Oh, no...

-Hanamichi, BASTA!- pigolò Haruko da qualche parte. Rukawa cercò di costringersi a pensare a lei per distrarsi, ma proprio in quel momento Sakuragi perse l'equilibrio dopo l'ennesimo pugno, e il suo possente torace aderì a quello di Rukawa, che gemette e si coprì il volto, sempre più rosso, con entrambe le mani.

Era la fine.

Sapeva, a livello razionale, che avrebbe dovuto reagire, spostare Sakuragi da dove si trovava prima che lui se ne accorgesse, ma in quel momento erano gli ormoni a farla da padrone, e Rukawa poteva solo cercare di costringere se stesso a non prenderlo per la testa e ficcargli la lingua in bocca.

Sentì il peso di Sakuragi che si scostava dal suo petto.

La spinta sul suo bacino si intensificò con una frizione, che sarebbe stata impercettibile se qualcosa, in quel punto, non fosse stato sull'attenti e pronto a ricevere ogni minimo stimolo.

-Rukawa, ti ho fatto male?- chiese Sakuragi, con una punta d'ansia nella voce.

-Rukawa, rispondimi!- le mani di Sakuragi si chiusero sui polsi di Rukawa, mentre il suo basso ventre veniva misericordiosamente liberato da quel contatto inebriante.

Rukawa si sentiva in caduta libera.

In caduta libera e destinato ad una morte atroce.

Oppose una strenua resistenza alla stretta delle mani di Sakuragi, che premevano per scoprirgli il viso: sapeva, per il calore delle proprie gote sotto le mani, di essere arrossito come un imbecille.

-Rukawa, cos'è, il naso?- chiese Sakuragi, -La mascella?- Rukawa supplicò gli dèi di farlo smettere. Perché, poi, era passato dal riempirlo di botte a preoccuparsi per lui?

Rukawa non ebbe il tempo di fermarsi a ragionare sulla questione, perché Sakuragi stava toccando vari punti del suo corpo, forse nella speranza di strappargli un gemito che gli indicasse dove gli faceva male.

-È la testa? Hai battuto la testa? O prima, quando ti ho dato un pugno sulla pan... ah.- il moto di stupore di Sakuragi, la cui indagine stava scendendo pian piano verso il basso, fece giustamente temere il peggio a Rukawa.

Quelle piccole, lievi carezze innocenti non avevano fatto che peggiorare la situazione nei suoi calzoncini, che purtroppo non erano fatti di una stoffa sufficientemente pesante da nascondere quel che c'era sotto.

Rukawa cominciò a piangere, cercando di trattenere i singhiozzi.

Quella era la proverbiale goccia che faceva traboccare il vaso. Rukawa si impose di trarre dei lunghi, profondi respiri e di non ascoltare la ridda di voci che lo circondarono.

-Lo porto in infermeria.- disse una voce cupa che Rukawa non riconobbe, e due mani dal tocco curiosamente piacevole lo sollevarono passandogli sotto le spalle.

-Non mi sembra proprio il caso! È colpa tua!- strillò la Akagi.

-Appunto, è colpa mia e adesso ci penso io, capito?- un urlo stridulo. Rukawa lasciò che il proprio corpo venisse sollevato da quelle braccia gentili, una dietro la sua schiena e una dietro le ginocchia; le sue gambe si piegarono, nascondendo misericordiose la sua erezione ancora svettante nonostante il terrore e l'umiliazione.

Passi pesanti accompagnarono il suo portatore fuori dalla palestra, fra i corridoi, un calcio aprì una porta e Rukawa si sentì depositare su un lettino scomodo.

Ancora non aveva avuto il coraggio di togliersi le mani dalla faccia.

 

Dopo un lasso di tempo interminabile, qualcosa solleticò il dorso delle mani di Rukawa, che ignorò il fastidio. Era fermamente intenzionato a rimanere in quella esatta posizione per ciò che rimaneva dei suoi giorni, a lasciarsi morire così piuttosto che essere costretto a incontrare di nuovo Sakuragi e leggere la rabbia, l'odio e il disgusto nei suoi occhi.

La sua mente, perfida, tratteggiò il volto di Sakuragi, come sarebbe stato nel rivederlo, e Rukawa si lasciò sfuggire un singhiozzo.

-Senti, adesso la pianti, ok?- sbottò una voce irata, e Rukawa scosse la testa per scacciarla. Non era possibile che Sakuragi fosse la persona che l'aveva accompagnato in infermeria, non era possibile che Sakuragi fosse lì con lui dopo quello che era successo. Non era possibile e basta.

-Levati quelle cazzo di mani dalla faccia, cazzo!- due mani circondarono di nuovo i polsi di Rukawa, e stavolta due pollici si insidiarono nel groviglio di nervi e tessuti morbidi poco sotto il palmo delle sue mani, costringendolo a mollare la presa.

Rukawa si ritrovò a fissare negli occhi Sakuragi, che aveva il respiro corto e uno sguardo attonito che lo rendeva ancora più bello, maledizione a lui.

-Se ti mollo i polsi, ti rimetterai le mani in faccia?- chiese Sakuragi, con voce tremante di rabbia. Rukawa scosse il capo in segno di diniego, e Sakuragi lo lasciò andare.

Rukawa rimase per un attimo con le braccia a mezz'aria, senza sapere dove metterle: di colpo gli sembravano due appendici ingombranti e inutili. Infine, si risolse ad appoggiarsele sul petto. Sakuragi si rilassò e si sedette di sbieco sul bordo del lettino; sospirò.

-Non sono incazzato con te, se è questo che ti preoccupa.- disse Sakuragi dopo un silenzio infinito. Rukawa non ribatté, si limitò a chiudere gli occhi.

-Sono solo... in una situazione difficile.- aggiunse, in un tono di voce quasi inudibile.

-Lo sa qualcuno?- chiese poi. Rukawa scosse il capo, e Sakuragi rimase in silenzio. Poi, un fruscio, e le sue braccia si insinuarono dietro le spalle di Rukawa per farlo voltare sul fianco, e le sue mani guidarono la testa di Rukawa sul proprio petto.

-Non posso lasciarti solo.- mormorò Sakuragi. Rukawa osò alzare lo sguardo verso il suo viso, e lo trovò che fissava il soffitto con aria pensierosa. Un braccio era dietro alla sua testa, l'altro circondava le spalle di Rukawa.

-Quando le ragazze mi scaricavano, i miei amici erano lì con me. Mi prendevano in giro, certo, ma solo per scherzarci sopra, per sdrammatizzare. Da solo sarei caduto in depressione. Forse mi sarei addirittura buttato sotto a un treno, dopo Haruko.- Sakuragi si lasciò sfuggire il sussulto di una risata, e il suo petto sobbalzò sotto la mano che Rukawa aveva osato poggiarci. -Che ironia, eh? Mi scaricano in cinquantuno e poi... tu...- lo sguardo di Sakuragi si abbassò e incontrò quello di Rukawa. I suoi occhi castani erano colmi di dolcezza.

-Se non mi sentissi così strano sarei lusingato, sai? E non fare quella faccia stupita, avanti! Guarda che gli occhi ce li ho anch'io, lo vedo bene che sei bello!- Rukawa serrò gli occhi, incapace di sopportare il riflesso delle emozioni confuse che si aggiravano nello sguardo di Sakuragi.

Ma qualcosa gli stava straziando l'anima, e chiudere gli occhi non sarebbe bastato a scacciare quel dolore. “Scaricato”, aveva detto Sakuragi.

Aveva parlato della necessità di ricevere conforto dopo essere stato scaricato.

Rukawa era stato scaricato.

-Dormi un po', adesso. Dopo magari ne parliamo.- tranquillizzato dal tono calmo della voce di Sakuragi, Rukawa si rilassò tra le sue braccia e cadde in un sonno esausto.

 

Quando si svegliò, l'infermeria era avvolta nella penombra, e il suo braccio era scivolato a circondare la vita di Sakuragi, che ancora gli cingeva le spalle.

-Oh, grazie al cielo ti sei svegliato, avevo paura a svegliarti io!- disse Sakuragi, sciogliendosi dalla stretta, -E cominciava a scapparmi davvero un sacco la pipì!- senza un'altra parola, scomparve nel bagno attiguo all'infermeria.

Rukawa si sistemò seduto, si stropicciò il viso e rimase immobile a pensare alla prossima mossa, registrando di sfuggita i rumori procurati da Sakuragi che orinava e poi si lavava le mani dietro a quella porta. Represse indignato un fremito di eccitazione all'idea che il suo pene fosse lì a poca distanza, fuori dai pantaloni.

Sakuragi rientrò, asciugandosi le mani in un pezzo di carta igienica che gettò in un cestino, poi si lasciò cadere pesantemente sulla seggiola di fianco al lettino, esattamente di fronte a Rukawa.

-Ok, Rukawa. Ho delle domande per te, e voglio che tu risponda. Va bene?

-Nh...

-Specifico: voglio che tu risponda in un linguaggio comprensibile a noi comuni mortali.

-Va bene.

-Prima domanda: come ti senti?- Rukawa sollevò il viso. Sakuragi aveva un'espressione impassibile e attendeva la sua risposta.

-Uno schifo.

-Poi ci lavoriamo. Seconda domanda: cos'è successo, prima?- Rukawa lo fissò stupito.

-In che senso? Non era abbastanza chiaro?

-Senti, Rukawa, non so tu ma io ultimamente ho un sacco di problemi con gli ormoni, mi si rizza in momenti a caso, anche in classe! È successo questo o c'è una causa scatenante?

-C'è una causa.

-E... sono io, la causa?- Rukawa chinò il capo e mormorò: -Sì.

-Ok... la prossima domanda è difficile. E se risponderai di no, dovrai darmi delle spiegazioni più lunghe dei tuoi soliti mugugni, va bene?

-Spara.- disse Rukawa, ormai rassegnato.

-È solo perché sono un maschio?

-No. È perché sei tu. Tu...- Rukawa sospirò, preparandosi al grande balzo, -Tu mi piaci.

-Non mi basta, Rukawa... ti piaccio perché mi trovi bello o...?- Sakuragi s'interruppe, incapace di formulare la domanda. Già gli sembrava al di là di ogni logica che qualcuno lo trovasse bello, pensare poi che qualcuno potesse innamorarsi di lui era davvero fuori discussione.

Rukawa scosse la testa: -No. Non solo. Io... non so cos'è. Ma è...- si portò una mano al petto, piano, per indicare che si trattava di un sentimento; non voleva dargli un nome, non dopo essere appena stato scaricato.

Sakuragi rimase in silenzio, gli occhi fissi sulla mano di Rukawa, in netto contrasto sul nero della sua canottiera; sembrava in preda ad un tormentoso conflitto interiore.

-Puoi andartene, se vuoi.- disse Rukawa, -Ce la faccio. Davvero.- Sakuragi scosse il capo, ma non disse nulla; Rukawa cominciò a sentirsi sulla soglia di un altro break down.

-Senti.- disse, -Lo so che non ho il diritto di chiederti nulla, ma o dici qualcosa o te ne vai.

-Non prometto nulla, Rukawa.

-Nh?

-Non prometto nulla, ma ho bisogno che tu mi permetta di fare una cosa.- gli occhi castani di Sakuragi si alzarono in quelli di Rukawa, ed erano carichi di una determinazione quasi agonistica. Spaventato, Rukawa chiese: -Cosa?- e Sakuragi sorrise appena. Persino nella disperazione, Rukawa non mollava quel poco di orgoglio che gli era rimasto; se avesse risposto subito di sì, probabilmente Sakuragi se ne sarebbe andato e basta. Invece disse: -Ho bisogno che tu mi permetta di baciarti. Ma non posso prometterti che succederà di nuovo o cose simili, sia chiaro.- Rukawa si soffermò a pensare.

Da un lato, l'opportunità per niente scontata di baciarlo, dall'altro la tormentosa possibilità che potesse non accadere mai più. Rukawa era combattuto: temeva che se avesse sfiorato una sola volta le labbra di Sakuragi con le proprie, non avrebbe mai più potuto farne a meno. Nella sua mente risuonò un verso dei Queen: “Meglio un anno d'amore che un'intera vita da solo”.

Annuì.

Sakuragi si alzò e si avvicinò, gli posò una mano sulla mandibola, sorrise imbarazzato e disse: -Non sono sicuro di sapere come si fa.

-Non sapevi neanche giocare a basket.

-Baka Kitsune...- soffiò Sakuragi sulle labbra di Rukawa, poi vi poggiò le proprie.

Rukawa si sentì perduto. Il tocco morbido e inesperto della bocca di Sakuragi, il suo sapore, il suo calore... lacrime amare e brucianti gli salirono agli occhi, mentre Sakuragi interrompeva con dolcezza il contatto.

-Non so perché...- sussurrò Sakuragi, la fronte poggiata contro quella di Rukawa, -Ho in mente una frase di Stephen King.- Rukawa si impedì di sussultare. A quel che ne sapeva, Stephen King era un autore di libri horror: il suo bacio era stato così tremendo?

-Ho sognato che ero nel buio, e c'eri anche tu. E poi ci incontravamo. Era una cosa così. Rukawa...

-Sì?- rispose lui in un fil di voce.

-Posso farlo di nuovo?- senza rispondere a parole, Rukawa si sporse in avanti e lo baciò. Raggiunse a metà strada la lingua di Sakuragi con la propria, poi il rosso si staccò bruscamente e si sedette di peso sulla sedia.

-Scusa, è che...- disse, poi rise, e quant'era bello con le labbra gonfie, e il viso arrossato, con la mano a scostare le ciocche ribelli di capelli color del fuoco che gli erano ricadute sulla fronte: -Ho le gambe molli. Io... Kami, quanto sono coglione!

-Nh?

-Credevo di odiarti, cazzo, lo credevo veramente.

-Tu non... non mi odi?

-A questo punto direi di no, non trovi?- Rukawa rimase in silenzio, e Sakuragi con lui. Il rosso, dimentico della determinazione di poco prima, sembrava del tutto svuotato e incapace di dire alcunché, roso dal dubbio. Aveva sempre dato per scontato di essere eterosessuale, gli avevano sempre insegnato che ai maschietti piacciono le femminucce, e ora arrivava quel maledetto di Rukawa a scardinare ogni sua convinzione.

Da un lato, aveva pensato che potesse essere la pietà a spingerlo: sapeva come ci si sentisse ad essere scaricati, ed era di certo quello che l'aveva spinto a rimanere con Rukawa in infermeria, sdraiato al suo fianco su quel lettino scomodo come un tappeto da fachiro. Ma il tocco riverente delle sue mani che l'avevano accarezzato lievi nel sonno, il profumo dei suoi capelli, la consistenza delle sue labbra... Sakuragi non aveva più pensato a cose come la solidarietà, l'amicizia; Sakuragi si era trovato a pensare che sarebbe stato bello svegliarsi così tutte le mattine. La sua mente aveva immaginato un Rukawa più adulto, appollaiato con la sua grazia felina su uno sgabello al tavolo della cucina, una tazza di caffè in una mano e una rivista di basket nell'altra , e poi un Rukawa alle soglie della mezza età, con le guance coperte dalla barba di un giorno e i muscoli ammorbiditi da un lieve strato di adipe.

-Rukawa, devi darmi un po' di tempo.- disse infine, -Sono un po' confuso. Insomma, fino a ieri credevo che mi piacessero le ragazze. Capiscimi.- e di nuovo, Rukawa si mostrò come il fiero, orgoglioso bocciolo di essere umano che era. Non diede una risposta sulla lunga scia del “tutto il tempo che vuoi”, “posso aspettarti anche tutta la vita”, bensì rispose solo: -Nh.- e annuì.

Sakuragi alzò gli occhi nei suoi e chiese: -Non mi capiterà mai più di vederti così vulnerabile come prima, non è vero?

-Me lo auguro.- rispose Rukawa, distogliendo gli occhi imbarazzato. Era chiaro che disprezzava se stesso per quella scenata involontaria.

-Me lo auguro anch'io.- replicò Sakuragi, con un tono di voce molto dolce. Rukawa trovò il coraggio di guardarlo e Sakuragi aggiunse: -Perché se hai davvero intenzione di stare con me, devi sapere che sono una gran testa di cazzo, e devi aver sotto un gran paio di palle per tenermi testa.

-Nh... come se non lo sapessi.

-KITSUNEEE!- protestò Sakuragi, indignato. Ma insomma, quel cretino prima faceva tutte quelle scene e sembrava non poter vivere senza di lui, e adesso gli dava della testa di cazzo! Gli si scagliò contro, atterrandolo sul lettino, e di colpo si rese conto che la sua natura aggressiva e impulsiva non avrebbe potuto tollerare una relazione convenzionale, con una ragazza timida e remissiva: un giorno o l'altro avrebbe sfasato, a vivere di false gentilezze e cortesie forzate.

Il lettino slittò di mezzo metro sotto la sua spinta, Rukawa lo prese per i polsi per parare il colpo e si rovesciò all'indietro. Sakuragi si insinuò tra le sue gambe, pressò il proprio corpo contro il suo per spingerlo a sdraiarsi sul lettino.

Le caviglie di Rukawa si intrecciarono l'una all'altra dietro la schiena di Sakuragi, intrappolandolo, e il bel volpino mormorò: -Ormai dovresti aver capito che fare così è pericoloso, Do'aho.

-Il pericolo me lo mangio a colazione.- rispose Sakuragi, e si chinò a baciarlo con foga. Il petto di Rukawa si alzava e si abbassava rapido, in movimenti sinuosi che seguivano il ritmo del suo respiro, e Sakuragi avvertì un cambio di consistenza nella sua carne fino a poco prima morbida. Rukawa emise un mugolio di protesta e imbarazzo e mosse il bacino come per scostarsi: gli sembrava esagerato osare fargli sentire quanto lo desiderasse, un po' per paura di essere respinto con disgusto, un po' per timore di mostrarsi vulnerabile.

-No...- sussurrò Sakuragi, staccandosi appena dalle sue labbra, -Fammelo sentire... fammelo sentire.- c'era curiosità nella sua voce, curiosità e desiderio. Rukawa mugolò quando Sakuragi cominciò a strusciare il bacino contro le sue parti intime, e gli gettò le braccia al collo quando si accorse di una rapida, inequivocabile reazione del rosso al contatto.

Si staccarono l'uno dall'altro, ansanti, e Sakuragi fece leva sulle braccia per liberarlo dal proprio peso. Lo guardò a lungo negli occhi, umidi di desiderio e ben lontani dallo sguardo indifferente che solitamente Rukawa mostrava.

-Sai...- disse, -Ho capito, anche se mi fa strano, quanto mi desideri. Se tu fossi una persona normale, a questo punto mi staresti supplicando di farti mio, di farti qualunque cosa... qualunque cosa, per tenermi legato a te.

-Non sono fatto così.

-Lo so. E questo mi piace. Sai, credo proprio...- Sakuragi si interruppe, dubbioso.

-Nh?- chiese Rukawa.

-Credo proprio che ci volevi tu a darmi una svegliata. Lo fai sempre, anche in partita. Mi sa che sei l'unico che può sopportarmi.- terminò Sakuragi, prima di ricominciare a baciarlo.

Quando finalmente lo lasciò libero, disse: -Continuo a non promettere niente. Dammi un paio di mesi. Un paio di mesi così. Due mesi, non un giorno di più.

-Due mesi.

 

-----

 

Rukawa guardò il calendario.

Lo riguardò.

I due mesi erano passati.

Lui e Sakuragi si erano girati intorno come due gatti sospettosi, uno in cerca di conferme, l'altro tentando costantemente di non illudersi troppo.

Non si erano mai visti nel weekend, solo a scuola, a pranzo e dopo gli allenamenti: a pranzo di solito Sakuragi e i suoi amici si univano a Rukawa per pranzare in terrazza, o nell'aula di chimica quando pioveva, e dopo gli allenamenti loro due soli si intrattenevano con baci e carezze.

Una volta sola, agli inizi, si erano lasciati trasportare e si erano masturbati a vicenda, poi più nulla, anche se Rukawa si era ritrovato spesso nelle condizioni di utilizzare le mutande di riserva che si portava sempre dietro, perché i loro contatti erano tutto fuorché innocenti, e più di una volta era miserabilmente venuto senza nemmeno togliersi i pantaloni.

Non sapeva se lo stesso valesse per Sakuragi: Rukawa non aveva chiesto e l'altro non si era mai confidato spontaneamente.

Rukawa ripose la propria speranza in un angolino nascosto, imponendosi di mantenere la calma tutto il giorno. Era domenica, e probabilmente non doveva aspettarsi una risposta prima dell'indomani, viste le abitudini dei due mesi passati.

Il campanello squillò alle undici meno un quarto.

-Kaede!- chiamò la voce di sua madre, -C'è il tuo amico Hanamichi!- Rukawa non trovò il fiato per rispondere, e sentì sua madre che diceva qualcosa sottovoce a Sakuragi. Udì la porta chiudersi, e i tipici rumori di qualcuno che si toglie le scarpe.

-Aspettami qui, vado a svegliarlo. Probabilmente dorme.- Rukawa colse al volo l'idea: si stese su un fianco e si finse nel mondo dei sogni. Sua madre aprì la porta e se la richiuse alle spalle.

-Lo so che sei sveglio.- disse dopo un po', -Adesso fai la persona civile, scendi e ascolti quello che ti deve dire Hanamichi.- Rukawa si alzò, sconfitto.

-E se non vi decidete a mettervi insieme, voi due, giuro che vi lego e vi sbatto nel ripostiglio delle scope finché non vi date una svegliata.- aggiunse la donna. Rukawa sgranò gli occhi.

-È inutile che fai il finto tonto. Quando parli, parli di lui, e chissà come mai ultimamente fai sempre tardi perché sei rimasto con lui ad allenarti. Qui gatta ci cova.- Rukawa boccheggiò.

-Te lo mando su.- fu il verdetto finale, accompagnato dallo sbattere della porta.

 

-Ciao.- sussurrò Sakuragi, entrando per la prima volta nella tana della volpe. Si guardò attorno, imbarazzato, con le mani infilate nelle tasche posteriori dei pantaloni, poi i suoi occhi si posarono su Rukawa, che riuscì a spremersi uno stentato: -Ciao.

-Forse non ci hai fatto caso, ma oggi...

-Oggi sono due mesi.- concluse per lui Rukawa. Si alzò per fronteggiarlo con tutta la dignità di cui era capace, cercando di ricacciare indietro la voce disfattista che gli parlava dai recessi più insicuri della mente. -Immagino che tu sia qui perché hai preso una decisione.

-Sì.

-Avanti.

-Io... in questi due mesi, non è che siamo sempre stati insieme. Ci siamo visti solo a scuola, niente più. I weekend ho continuato a passarli con gli amici, e mi sono reso conto che...- Sakuragi deglutì a vuoto: -Rukawa, io riesco a vivere benissimo senza di te. Il punto è che...

-Ok. Ok, ora vattene.

-Fammi finire, cazzo. Il punto è che non voglio.

-Non vuoi cosa?

-Non voglio vivere benissimo senza di te. Quando sono in giro a cazzeggiare ti penso comunque, quando sono a casa e vedo qualcosa che mi ricorda il basket ti penso, quando...- Sakuragi abbassò la voce, -Quando mi faccio le seghe ti penso.

-Potevo fartele io, lo sai?- sbottò Rukawa.

-E io potevo poi succhiartelo. E dopo avremmo fatto sesso. E io non ci avrei capito più un cazzo, e sarei rimasto con te solo perché volevo averti dentro di me. Volevi questo?

-No...

-Cosa vuoi, Rukawa? Tu, non io. Tu cosa vorresti, dopo questi due mesi? Mi hai lasciato tempo per decidere, ma nel frattempo tu potresti aver cambiato idea.- Rukawa ci pensò su, poi decise di buttare al vento ogni cautela: Sakuragi era andato fin lì in una giornata piovosa, per vederlo e parlargli, e ora gli stava persino chiedendo un'opinione.

La sua vocina disfattista taceva.

-Vorrei che tu mi amassi come ti amo io.- confessò.

-Mio signore, ogni tuo desiderio è un ordine.- rispose Sakuragi, e Rukawa lo fissò negli occhi. -Ti amo, Kaede. E se tra dieci anni non ci saremo ancora ammazzati di botte, sappi che vorrò un anello e una proposta di matrimonio.

-Tu corri troppo. Cominciamo con qualcosa di più semplice.- senza troppe cerimonie, Rukawa circondò il collo di Sakuragi con le braccia, gli si pesò contro e lo baciò teneramente, ormai in pace, la vocina disfattista sconfitta per sempre.

 
   
 
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