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Autore: Omegasr    02/06/2020    1 recensioni
Storia ambientata dopo il film del 2010 “Alice in Wonderland” e che ignora completamente gli avvenimenti di “Through the Looking Glass”.
Spero possa piacere.
Ps: Hattice! c:
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Liddell, Cappellaio Matto, Coniglio Bianco, Gatto del Cheshire, Quasi tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Cappellaio rimase immobile a fissare la piccola figura all’interno della teiera che teneva fra le mani molto più a lungo del necessario.

<< Cappellaio? >>, provò a chiamarlo Alice, ma niente.

<< Cappellaio! >>.

Si ridestò.

<< Grazie >>, mormorò.

Poi, senza dire una parola, si rimise al suo posto, a capotavola, e posò delicatamente la teiera davanti a sé.

Poggiò la testa sui palmi delle mani ed i gomiti sul tavolo e rimase a fissare la ragazza fare acrobazie per cercare di venir fuori dall’oggetto in ceramica.

<< Che fai, non mi aiuti? >>, chiese Alice, con il cappello storto sulla testa ed il vestito che sembrava non voler lasciare l’interno della teiera.

Il Cappellaio la guardava pensieroso.

Dopo l’iniziale sorpresa ed annessa commozione nel ritrovare la sua Alice, sembrava si fosse messo a riflettere sul da farsi, ed il suo entusiasmo era improvvisamente svanito.

<< Tu non sei realmente qui, non è così? >>.

Alice lo guardò perplessa.

<< Certo che sono realmente qui. Dove altro dovrei essere? >>.

<< Nel tuo mondo, nel mondo di sopra >>, disse triste.

<< Eppure sono qui! Come potrei essere in un posto nel quale non sono? >>, chiese.

Lui parve pensarci un po’ su.

<< Allora dev’essere un sogno. Sì, lo è senza dubbio >>.

La ragazza gli sorrise.

<< Oh, Cappellaio... pensavo avessimo superato il periodo nel quale pensiamo di appartenere l’uno ai sogni dell’altra >>.

Riuscì finalmente ad uscire dalla teiera e si mise di fronte all’amico, mani sui fianchi, a guardarlo dritto nei suoi immensi occhi verdi.

Lui li socchiuse, come a cercare di guardarla meglio.

<< Andiamo... sono Alice! La tua Alice! Dovresti riconoscermi ovunque, no? Saprai distinguere la falsa me di un sogno dalla vera me! >>.

Il Cappellaio le si avvicinò: il suo volto era grande quanto tutta la ragazza.

Le avvicinò un grande dito pallido ed affusolato alla spalla e le spostò una ciocca ribelle di capelli dietro la schiena.

Lei lo seguì in ogni movimento e non smise mai di sorridergli.

<< Tu sei... tu? >>, le chiese, ancora con sguardo sospettoso.

<< Sono io >>.

Si allontanò leggermente, non pareva affatto convinto.

<< E dimmi, allora, perché un corvo assomiglia a una scrivania? >>.

<< Come? >>.

<< Ti crederò se saprai darmi una risposta. Allora saprò che sei la mia Alice >>, continuò lui.

<< Ma Cappellaio... >>.

Il Cappellaio incrociò le braccia; era categorico.

<< Io... io non lo so... >>.

<< Qual è la tua risposta? >>, le chiese serio come mai l’aveva visto prima.

<< Non c’è una risposta! >>.

<< Vuoi dire che un corvo non assomiglia a una scrivania? >>.

Un’espressione sconcertata, quasi offesa, si dipinse sul volto di Alice.

<< Ma certo che gli somiglia! Come potrebbe non farlo? È solo che non c’è una risposta! È talmente ovvio che non ha bisogno di alcun motivo per somigliargli! >>.

Il Cappellaio le si avvicinò, con la stessa espressione seria.

Questa mutò nuovamente nel largo sorriso che le aveva donato nell’attimo in cui l’aveva vista.

<< Alice! Sei proprio tu! >>, esclamò, e così facendo la tirò a sé come per abbracciarla.

La minuscola ragazza rischiò di cadere numerose volte prima che Tarrant la bloccasse stretta al suo petto, senza darle la possibilità di protestare.

Poi, con un balzo che le fece girare la testa, la rimise sul tavolo e le osservò bene, ancora al settimo cielo.

<< Mi piacciono i tuoi vestiti! >>, esclamò.

<< Grazie mille! >>, Alice arrossì leggermente. Nessuno le aveva mai fatto un complimento per qualcosa che LEI aveva scelto di indossare.

<< Ma come mai sei di nuovo così... >>, fece dei gesti con le mani, cercando di trovare l’aggettivo più adatto a descriverla,

<< ...corta? >>.

<< Non ho vestiti più grandi altrettanto belli e volevo presentarmi al meglio per il mio ritorno! >>.

Il Cappellaio si alzò con un guizzo allegro, si tolse il cappello e lo posò sulla tavola, accanto alla ragazza.

Lei lo guardò incuriosita.

<< La carrozza, ricordi? >>.

<< Dove vuoi portarmi? >>.

<< Ma a casa mia, naturalmente! Qui non ho il materiale necessario per cucirti un vestito delle dimensioni giuste! >>.

Alice gli sorrise e si arrampicò sul cappello.

 

La casa del Cappellaio era poco distante dal Vecchio Mulino.

Per molto tempo Alice si era chiesta in che casa potesse vivere un tipo del genere, ma si era risposta che in un sogno le persone non hanno bisogno di avere una casa, e che quindi lui poteva anche vivere alla tavola apparecchiata.

Da quando aveva realizzato che niente di quel mondo faceva parte della sua immaginazione, ci aveva pensato diverse volte, senza riuscire a darsi una risposta.

Per questo, quando i due arrivarono di fronte alla dimora di Tarrant, Alice non poté che darsi della stupida.

“Ma certo, un cappello! Come ho fatto a non pensarci...”, pensò.

Un imponente capello a cilindro fatto di cemento colorato li accolse con il suo tepore, salvandoli dal fresco che la notte aveva portato con sé.

La casa del Cappellaio era tutta un ghirigoro: una grande scala a chiocciola occupava la parte centrale del salotto, ed ogni stanza, nessuna esclusa, era disposta a cerchio.

Il divano era disposto a formare un mezzo cerchio, con un tavolino a chiuderlo.

I mobili della cucina formavano una circonferenza quasi perfetta, se non fosse stato per l’entrata della stanza.

Persino le cianfrusaglie erano sparse qua e là a formare tante piccole spirali.

<< Che buffo >>, mormorò.

Lui, che ancora non riusciva a credere di avere Alice lì, nella sua casa, si tolse il cappello e lo posò sul divano circolare, permettendole di scendere.

<< Cosa posso offrirti? Del tè? Del caffè? Della cioccolata? Del latte? >>, faceva avanti e indietro per il salotto, << Una tisana? Qualcosa da mangiare, una fetta di torta? Dei biscotti? >>, prese a trafficare con la dispensa in cucina, << Oh no, dannato Leprotto, ha finito tutti i miei biscotti! >>.

<< Cappellaio! >>, esclamò lei.

Lui si arrestò dov’era.

<< Grazie! >>, esclamò, e ritrovò subito il sorriso.

<< Sono molto stanca >>, gli confessò Alice, 

<< Non è che potremmo rimandare a domani mattina la colazione? >>.

Il Cappellaio le fece cenno di risalire sul cappello, e così lei fece.

Salì le scale a chiocciola ed aprì la prima porta che si trovò davanti: un grande letto a due piazze si trovava al centro della stanza, circondato da alte librerie circolari piene zeppe di tomi impolverati e mensole di legno con sopra pezzi di stoffa, ditali, fili colorati e cappelli già belli e pronti.

<< Il suo letto, madame! >>, disse porgendo il cappello alla superficie morbida.

<< Oh no, non posso accettarlo! Tu dove dormirai? >>.

<< Di questo non devi curarti, mia cara >>.

<< Ma a me non serve! Sono talmente piccola che potrei dormire dentro il tuo cappello! >>.

Il Cappellaio parve apprezzare l’idea: rimase imbambolato a fissare il vuoto, con il sorriso che andava via via allargandosi sul volto.

Poi scosse leggermente la testa, come se volesse sgrullarsi di dosso il pensiero, e tornò alla realtà.

<< Magari un’altra volta! >>, esclamò, e guardò Alice in un modo che lasciava ben intendere quanto non si potesse mettere in discussione l’assegnazione dei posti letto.

La ragazza lo accettò suo malgrado e si sedette sul bordo del materasso, con le gambe a penzoloni.

Tarrant le si sedette accanto e prese a guardare un punto imprecisato della libreria che aveva di fronte.

<< Sono così contento che tu sia tornata, Alice >>.

Lei lo guardò e gli sorrise; lui parve rispondere a quel sorriso, benché non le stesse rivolgendo lo sguardo.

<< Te lo avevo promesso. Mi spiace solo non aver fatto abbastanza in fretta. Lo Stregatto mi ha detto che non hai più ballato la Deliranza! >>.

<< La Deliranza è per gli avvenimenti gioiosi! Di certo la ballerò, domani. Quando andremo dalla regina Bianca >>.

Alice gli rivolse uno sguardo interrogativo e lui, finalmente, la guardò.

<< Oh beh, certamente vorrà organizzare una festa per il tuo ritorno! Ci andrai con il vestito che ti cucirò! >>.

Senza lasciar spazio ad ulteriori discussioni, il Caplellaio si alzò e si diresse verso la porta.

<< Sempre che tu non abbia altri programmi, ovviamente... che non includano il rimanere qui... >>, disse timoroso.

Alice sfoderò il sorriso più sincero che fosse in grado di fare.

<< E chi altro potrebbe cucirmi un vestito folle come lo sarà il tuo? >>.

Il volto del Capoellaio si rasserenò.

<< Hai scelto la persona giusta! >>, disse, uscendo dalla porta e richiudendosela alle spalle.

Alice raggiunse l’enorme cuscino e ci poggiò la testa, già euforica per la giornata che l’attendeva.

<< Lo so >>, mormorò tra sé e sé, e si addormentò più in fretta e più serena di quanto non avesse mai fatto.

   
 
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