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Autore: Sabriel Schermann    02/06/2020    4 recensioni
Doveva trovare un riparo per poter dormire al sicuro, quella piccola creatura abbandonata dall'umanità: ormai sveglia, Sindy riuscì a tirarsi in piedi e proseguire verso la direzione che aveva intrapreso, senza accorgersi di essersi avvicinata troppo.
In quel momento, la fame e la debolezza parevano quasi scomparse: forse era stato il freddo a condurla fino alla casa, o forse la curiosità che l'aveva sempre contraddistinta.
Ma perché si era esposta così tanto agli uomini?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'La Casa di Cristallo'
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Now she’s here, from halfway around the world
'Cause Jesus hears the orphan
He is moving Heaven and Earth
All for one little girl...


[John Waller - Orphan]

 

 

 

 

 

 

Jan aveva aperto un pacchetto di cracker dopo la sua ultima lezione di pattinaggio: il giorno dopo sarebbe tornato nella sua casa di Amsterdam, quella che i genitori gli avevano lasciato in eredità e in cui si era trasferito insieme alla famiglia quando la moglie era rimasta incinta, quasi dieci anni prima.
Aveva riconosciuto quella strana bambina sporca e affamata, come faceva credere lo sguardo posatosi sul pacco di cibo aperto: era fuggita dall'orfanotrofio, l'unico della città, e tutto il personale la stava cercando disperatamente, in pena per lei.
Jan aveva visto i volantini lungo le strade e aveva udito le dicerie della gente, preoccupata per quella piccola sconosciuta, che ormai avrebbe dovuto essere già morta da un pezzo.
In effetti, dall'aspetto sembrava uscita dall'oltretomba: la neve che era caduta durante la notte doveva avere sciolto il sangue incastrato nei capelli; tutto di lei emanava un odore atroce e alla vista sarebbe stato impossibile trattenere un moto di disgusto.
«Ne vuoi uno?» riuscì soltanto a mormorare, porgendole il pacco con gentilezza. Quella creatura gli faceva una gran pena: avrebbe voluto offrirle un pasto caldo e un letto su cui riposare, ma sarebbe partito all'alba il giorno successivo e doveva ancora riscuotere il denaro che il proprietario della pista di pattinaggio gli doveva.
Jan si recava nella sua città natia tutti gli inverni, quando gli impegni lo permettevano: aveva così una buona scusa per tornare a levigare il ghiaccio della sua vecchia pista, giocare con qualche pargolo curioso e guadagnare qualcosa.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, ciò che davvero lo spingeva fino a Bloemendaal era la speranza di riconoscere il viso di suo fratello tra la gente; l'inverno passato si era addirittura spinto fino alla loro vecchia casa, illudendosi di trovare qualcuno che gli dicesse dove si trovava la sua famiglia perduta.
«Ne vuoi un altro?»
Quando la bambina si avvicinò per sgattaiolare via col bottino, Jan pensò che fosse una bella bambina in condizioni migliori: la pelle ambrata e la chioma corvina – colorata qua e là di qualche macchia vermiglia – gli ricordavano quelle ragazze indonesiane che di tanto in tanto notava, anni addietro, quando si dirigeva in bicicletta verso il centro della città.
Gli occhietti allungati e vispi della piccola si insinuarono nei suoi in una silenziosa richiesta di aiuto: quando le porse l'intero pacchetto, la vide azzannare il cibo con foga, infilando in bocca un pezzo dopo l'altro, ingoiando senza nemmeno masticare.
«Se mangi così velocemente ti verrà il mal di stomaco...»
Ma che cosa stava dicendo? Un'orfana che aveva vissuto nascosta chissà dove per mesi era appena giunta fin lì l'ultimo giorno dell'anno, e lui pensava al mal di stomaco?
Doveva aiutarla, doveva nutrirla e farla riposare. Non avrebbe potuto sopportare vederla andare via in quelle condizioni, senza averle offerto il minimo aiuto.
Jan dovette avvicinarsi per strapparle la plastica dalle mani per evitare che la ingerisse. La bambina, però, si rifugiò in fretta in un angolo della parete.
«Non ti voglio fare del male!» si affrettò a dire l'uomo, porgendo le mani avanti in segno di scuse. Se qualcuno fosse entrato nella sala in quel momento, avrebbe certamente pensato che stesse tentando di addomesticare un gattino o qualche altro animale selvatico.
«Sai dov'è la tua mamma?» si lasciò sfuggire, mordendosi la lingua subito dopo.
Idiota, è fuggita da un orfanotrofio!
Ma la piccola doveva essersi calmata un poco: «Che cos'è la mamma?»
Se avesse potuto, Jan sarebbe scoppiato in lacrime in quell'istante, maledicendosi per non averla aiutata prima; aveva parlato con una tale debolezza nella voce, una tale innocenza...
Anche sua figlia Anja doveva essere così in quel periodo.
Strinse in pugni e le palpebre: no, non avrebbe mai potuto tornare a casa lasciandola in quel posto di lupi e orfani!
Non l'avrebbe abbandonata né l'avrebbe portata indietro, lui era un uomo.
Aveva letto una cifra sul volantino, un numero con almeno due zeri, se lo ricordava bene. Ora che ci pensava, doveva esserci anche il nome, piuttosto breve e certamente straniero, ma proprio non lo rammentava con esattezza.
Il suo istinto da adulto gli diceva che quella bambina dovesse essere molto importante per il personale dell'orfanotrofio, se erano disposti a erogare una ricompensa per averla indietro.
«Come ti chiami?» azzardò, quasi certo di non ricevere risposta. Forse sarebbe fuggita per la paura, avrebbe potuto correre tra le panche e andare via senza che lui fosse in grado di fermarla, accovacciato sul pavimento com'era.
«Sin» la sentì sussurrare, «Dee».
«Sindy?»
Solamente qualche tempo dopo Jan avrebbe scoperto che la bambina non mentiva: Sin Dee erano rispettivamente il nome e il cognome registrati al comune di Bloemendaal, dove la piccola era nata il 13 giugno 1990.
Se aveva origini straniere, nel suo accento non ve n'era alcuna traccia.
Qualcuno doveva averla abbandonata dopo averne registrato la nascita, oppure erano stati i medici dell'ospedale a farsene carico. Forse era figlia di un ricco olandese e una ragazza indonesiana, di quelle trasportate in Olanda illegalmente attraverso il florido mercato degli esseri umani.
Fissando quegli occhi color giada, Jan promise a se stesso che, se glielo avesse permesso, si sarebbe preso cura di quella piccola creatura fino alla fine dei suoi giorni.
Avrebbe potuto aiutarla con le pratiche dell'adozione, avrebbe potuto pagare un istituto dove qualcuno potesse crescerla in modo adeguato.
Mai l'avrebbe riportata all'orfanotrofio, nemmeno per tutto quel denaro, dove qualcosa doveva averle dato una valida ragione per fuggire.
«Dobbiamo andare all'ospedale, Sin» disse in tono tranquillo ma risoluto, allungando una mano verso di lei, «hai bisogno di mangiare ed essere curata...»
Qualcosa luccicava sulle guance della bambina: erano lacrime piccole come lei, ma lui non poteva sapere quanta sofferenza trasportassero sulla loro scia. Non ci volle molto perché scoppiasse in un pianto liberatorio, accartocciandosi su di sé come a voler essere inghiottita dal pavimento.
Jan avrebbe voluto dirle che gli dispiaceva per ciò che la sorte le aveva riservato, ma non poteva mostrarsi debole davanti a qualcuno più fragile di lui.
Doveva mostrarsi forte come aveva dovuto imparare ad essere, doveva aiutarla come aveva aiutato suo fratello, quando ancora ne aveva uno.
La mano che aveva teso ora sfiorava quella piccola e sporca della bambina: la loro pelle si unì in un incontro fatale, le unghie si carezzarono e due anime si avvinghiarono l'una all'altra per la prima vera volta.
Nessuno dei due poteva immaginare che il legame appena sancito non sarebbe mai stato sciolto per davvero.
«Andiamo all'ospedale Sindy, andiamo...» mormorò Jan tra le lacrime, perché il suo cuore di uomo buono era troppo fragile per resistere alla vista di una creatura singhiozzante che chiedeva aiuto.
«Andiamo dalle fate» sussurrò, prima di prenderla in braccio e portarla via, verso una vita migliore.
Il giorno del suo trentacinquesimo compleanno, Jan si riscoprì il padre che non aveva potuto essere.

 


 

I want to scream into the ocean
Then sink back into the ocean
Feel the pain rise up to the skies
Awakening the thunder

 

 

 

Si era addormentata non appena il ginecologo terminò di visitarla: quella creatura non doveva vedere un letto come quello da un bel po' di tempo.
«La bambina è completamente sana» gli aveva detto il medico, «Ha solo bisogno di riprendere a mangiare regolarmente, ma domani potrebbe già essere dimessa».
Dormiva tranquilla la piccola Sindy, le dita strette nelle sue. Prima di abbandonarsi al sonno, gli aveva afferrato la mano con forza, forse per calmarsi dopo quella giornata piena di nuove esperienze.
Jan la osservò dormire per un po' prima di addormentarsi a sua volta: che cosa avrebbe dovuto fare? Che cosa le sarebbe successo se l'avesse lasciata in ospedale, tra le mani di quegli sconosciuti?
Non poteva più negarlo: il suo pianto gli aveva sciolto il cuore. Con sua immensa sorpresa, si era lasciata trasportare fino all'auto, dove l'uomo le aveva offerto un po' d'acqua e l'aveva portata fin lì, sulla via di casa.
Jan aveva deciso di tornare ad Amsterdam per sicurezza: sapeva che lì qualcuno avrebbe saputo prendersi cura di lei meglio che a Bloemendaal.
«Piccola Sin, sei il regalo più bello che potessi ricevere oggi...» sussurrò al corpicino addormentato, stringendo la manina che la piccola aveva ancora infilata nella sua.
Poi osservò l'orologio ancorato al polso, l'ultimo regalo di sua madre prima che morisse: mancavano solamente tre minuti al nuovo anno, ma Jan comprese in fretta che qualcosa non andava.
Quella bambina aveva sconvolto tutti i suoi piani: solitamente restava alla pista fino allo scoccare della mezzanotte, osservando i fuochi d'artificio illuminare le tenebre, ritrovandosi a esprimere ogni anno il desiderio di ritrovare la figlia che sua moglie aveva portato via con sé.
Ogni anno le sue richieste non trovavano risposta, eppure... eppure quella sera qualcosa era cambiato.
Un minuto separava la fine del giorno del suo compleanno dall'inizio del nuovo secolo: un silenzio irreale invadeva i reparti, persino i neonati parevano aver smesso di piangere per accogliere il Duemila con riverente silenzio.
Sì, c'era qualcosa di diverso nell'aria: l'inizio di una nuova vita, l'intreccio di due anime che avevano trovato ciò che cercavano l'una nell'altra, senza saperlo.
Era l'amore, quel sentimento che Jan credeva di aver perduto quasi del tutto; osservando quel corpicino così fragile, comprese all'improvviso di aver appena ricevuto un dono, piombato dal cielo come un fiocco di neve.
I botti assordanti cominciarono a tuonare fuori dalla finestra e l'assenza di tende gli permise di vederne i bagliori.
Ancora non lo sapeva, ma qualcosa dentro di lui si era riacceso: forse la vita gli aveva dato una seconda occasione.
Quella piccola creatura l'aveva inconsapevolmente salvato dal baratro e, accogliendo un nuovo secolo, Jan promise a se stesso di donarle delle grandi ali per poter volare ai confini del mondo.


   
 
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