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Autore: DanilaCobain    03/06/2020    0 recensioni
A pochi mesi dalla rottura con il fidanzato, Sveva torna in Italia per lavoro dopo aver vissuto a lungo a New York. Si aspetta di trovare un po' di tranquillità e riposo dalla vita frenetica newyorkese ma deve presto ricredersi. Suo fratello Enrico, calciatore professionista, è determinato a farle trascorrere un'estate indimenticabile tra festini, serate in barca, vacanze improvvisate insieme ai suoi compagni di calcio, compreso Kieran, l'uomo più arrogante che Sveva abbia mai conosciuto. Tra i due è odio a prima vista. Kieran non sopporta l'aria saccente di Sveva, Sveva detesta i modi di fare di Kieran. Enrico non ha nessuna intenzione di rinunciare al suo migliore amico né tantomeno ai suoi piani per la sorella. Di tempo insieme ne passeranno parecchio e chissà che dietro tutto quel disprezzo possa nascondersi qualcosa di più potente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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19


Kieran poggiò le labbra sulla spalla di Sveva, per poi aprire la bocca e mordicchiarla, imprimendo un segno sulla sua pelle rosea e morbida. Spostò la massa bionda di capelli dal collo e vi premette le labbra, lasciando una scia umida con la lingua mentre scendeva giù per la schiena e con la mano scostava le coperte per accarezzarle il fianco e intrufolarsi tra le gambe.
Il gemito che fuoriuscì dalle labbra di Sveva gli mandò una forte scossa di desiderio nelle vene, lei si mosse un poco permettendo alla sua mano di scivolare ancora più giù. Le dita la accarezzarono leggere nel punto più sensibile, la lingua percorse l’insenatura tra le natiche.
Sveva aprì gli occhi e sorrise a Kieran mentre la faceva girare e risaliva con la bocca verso i suoi seni. Durante la notte erano stati molto focosi e adesso lui voleva essere lento, assaporare ogni centimetro della sua pelle. Ma già sentirla agitarsi sotto di lui lo stava mandando fuori di senno. Smise di accarezzarla e infilò le dita in profondità, sentendola calda, scivolosa, già pronta per lui. Rubò il gemito che stava per uscire impadronendosi delle sue labbra. Lei si contorse un poco contro la sua mano, gli occhi socchiusi, portò le mani tra i capelli di Kieran per poi passare le dita sul volto, sugli occhi, sulle labbra di lui, giù lungo il collo. Kieran aumentò il ritmo, titillando con la lingua il capezzolo turgido, sentendola ormai sul punto di raggiungere il culmine.
Il suono del suo cellulare riempì la stanza. Kieran decise di ignorarlo, ma la consapevolezza di conoscere il mittente di quella telefonata lo fece fermare, piombando sulla sua eccitazione come una doccia gelata. Sveva gli bloccò la mano.
«No. Non ti fermare.»
«Mi dispiace, è importante.»
Scese dal letto, trovando il suo pantalone, insieme alla camicia e ai vestiti di Sveva, gettato sul pavimento. Frugò tra le tasche fino a trovare il cellulare che emise un ultimo suono e si zittì. Non si era sbagliato, era davvero il suo agente che lo chiamava. Lanciò un’occhiata a Sveva raggomitolata sotto alle coperte stropicciate che lo osservava con un broncio appena accennato sulle labbra. La voglia di infilarsi nel letto e sostituirlo con un sorriso di soddisfazione era tanta, ma schiacciò comunque il tasto di richiamata e uscì dalla camera.
Il freddo del pavimento servì a tenerlo bel saldo nei suoi propositi. Entrò in bagno e si guardò allo specchio mentre il suo agente rispondeva.
«Kieran, buongiorno, dove sei? A casa tua non c’è nessuno.»
«Ho dormito fuori. Dimmi.» Passò una mano tra le ciocche, sistemandole dietro le orecchie.
«Allora vedi di tornare a casa e renderti presentabile. Fra un’ora abbiamo un incontro con la società.»
«D’accordo.»
Strinse il telefono nella mano e chinò il capo, espirando forte. Aveva la sensazione che non ne sarebbe venuto fuori niente di buono, niente che rientrasse nei suoi reali desideri. Tornò in camera e raccolse i suoi vestiti. Sveva si era voltata di schiena e aveva chiuso di nuovo gli occhi. Le posò un bacio delicato sulla guancia. Le lunghe ciglia chiare tremolarono e poi si alzarono, scoprendo le bellissime iridi blu.
«Stai andando via?»
«Ho un appuntamento con il mio agente. Che ne dici se stasera andiamo a cena sul lago? Così poi potrò finire quello che ho iniziato poco fa.»
Gli angoli della sua bocca si sollevarono in un sorriso malizioso. «Mi piace questa idea.»
«Ottimo.» La baciò sulle labbra. «Ti mando la colazione a casa.»
E se ne andò, mentre si abbottonava la camicia, lasciando in quella stanza una buona parte della sua testa.
 
***
 
Era appena uscita dalla doccia quando il campanello di casa suonò e un cameriere comparve sulla soglia della sua porta. Aveva in mano un vassoio abbastanza grande da contenere la colazione per una settimana, notò. Lo posò sul tavolo della cucina mentre sul display del suo cellulare compariva il nome di Christian.
Si aspettava la sua telefonata dopo l’occhiata che le aveva scoccato quando aveva visto la macchina di Kieran fermarsi dietro alla sua, la sera precedente. A dire il vero si stava domandando perché non avesse ancora chiamato. Poggiò il dito sul vivavoce e la voce allegra del suo amico si propagò nell’ambiente.
«Ehilà, Sveva! Non è che per caso mi vuoi raccontare qualcosa?»
Lei sorrise mentre toglieva la carta argentata dal vassoio e scopriva ogni ben di dio. Kieran le aveva mandato una colazione all’americana, con tanto di pane tostato, bacon, uova, pancakes, frutta fresca e succo d’arancia.
«Nulla» rispose, «hai già fatto colazione?»
«Speravo di farla con te, così avresti potuto dirmi che ci faceva ieri sera Kieran Blom sotto casa tua.»
Il telefono mandò la notifica di una seconda chiamata, di Enrico. «Allora vieni da me, ti aspetto. Devo chiudere adesso, mi sta chiamando Enrico.»
«Arrivo tra dieci minuti.»
Sveva rispose al fratello. «Enrico, buongiorno.»
«Sveva sei a casa?»
«Sì, perché?»
«Ti va di venire a fare colazione con me e Valentina? Siamo dalle tue parti.»
Lanciò un’occhiata a tutto quel ben di dio che aveva sul tavolo. Le mancava fare una colazione all’americana completa e il pensiero di Kieran era stato carino. Lì ce n’era in abbondanza per tutti e poi aveva già dato appuntamento a Christian.
«Perché non salite da me? Ho già la colazione pronta» disse, e poi si fiondò a vestirsi quando il fratello rispose in maniera affermativa.
 
Christian prese una manciata di mirtilli e li infilò in bocca. «Quando hai preparato tutta questa roba?»
«Non l’ho preparata, me l’ha mandata Kieran.»
Tirò uno schiaffetto sulla mano dell’amico, già pronto ad afferrare qualche altra cosa. Lo aveva informato dell’arrivo del fratello e della sua ragazza e stavano aspettando loro per iniziare a mangiare. Dalla finestra della cucina arrivava un venticello caldo e carico del profumo dei fiori, che faceva svolazzare i tovaglioli sul tavolo. Sveva decise di chiuderla.
Christian sollevò le sopracciglia, osservandola mentre compiva l’operazione e sistemava il tavolo. «E che avete fatto ieri sera?»
«Niente, abbiamo parlato.» Cercò di assumere l’aria innocente. Con Christian non aveva mai avuto remore di nessun tipo, parlavano liberamente di tutto ma ancora non sapeva che significato attribuire a quello che stava vivendo e preferiva non sbilanciarsi troppo.
«Prima, durante o dopo avergli tolto i pantaloni?»
Sotto lo sguardo interrogativo di Sveva, indicò un punto ai piedi del divano, dove giaceva, come un serpente che se ne sta tranquillo al sole, la cinta nera di Kieran.
Sveva andò a raccoglierla e si mordicchiò il labbro inferiore, sorridendo al ricordo di quello che era successo sul divano.
«Prima» sospirò. «E, nel caso te lo stessi chiedendo, ha dormito qui.» Finì di arrotolare la cinta e la poggiò sull’appendiabiti.
«Ma tu non eri quella che “è un idiota, è un cafone, lo odio”?» fece lui, improvvisando un’imitazione della sua voce e scostando con la mano una ciocca di capelli immaginaria.
Gli puntò il dito contro, ridendo. «Non ho mai detto che lo odiavo.»
«Vieni qui.» Christian la circondò con le braccia e le diede un bacio sulla testa. «Sei felice?» Lei annuì, tenendo gli occhi chiusi e sentendo il battito regolare del cuore di Christian mentre lo stringeva. «È l’unica cosa che conta, adesso.»
 
Enrico suonò al campanello e Christian andò ad aprire. «Finalmente.»
«Ma tu sei sempre qua? Non ce l’hai una casa?» scherzò Enrico, entrando e salutando l’amico con una sonora pacca sulla spalla. «Sveva, ma si è trasferito qui?»
Lei salutò Valentina con due baci sulle guance. La ragazza stava benissimo, aveva un’aura luminosa intorno a sé e sprigionava felicità come una di quelle palle da bagno che sfrigolava serotonina al posto del sapone. Osservò il fratello, anche lui felice e rilassato e riuscì a percepire il vero significato del nome del suo locale. La sua Serotonyn era Valentina.
Sollevò le spalle in un gesto di scuse. «Avevo invitato prima lui.»
Si sedettero al tavolo, il buffet posizionato al centro.
«Cavolo, hai fatto tutta questa roba per Christian?» chiese Enrico, afferrando un toast.
Valentina si servì dei pancakes e Christian un po’ di tutto.
«Non l’ho preparato io.»
«Ah, mi sembrava strano, questa roba è squisita» si rivolse a Valentina, «devi sapere che mia sorella non sa cucinare.»
«Ma non è vero» provò ad obiettare lei.
«Mi dispiace ma devo dare ragione a tuo fratello» asserì Christian.
«Dove l’hai preso, il buffet? Al bar dietro l’angolo?»
Sveva cercò di ricordare il nome del bar che aveva visto sulla carta che avvolgeva il vassoio. Era quello all’angolo? O forse era quello sulla strada di fronte. «A dire il vero non lo so. Me lo ha mandato Kieran» disse infine, nascondendo il viso dietro al bicchiere di succo d’arancia per evitare lo sguardo del fratello.
«Ah, Kieran. Manca solo lui, in effetti. Dov’è?»
«Lo ha chiamato il suo agente e se ne è andato.»
«Era qui anche lui? Sveva ma che combini in questa casa?»
«Ci ha passato la notte» disse Christian in tono soave.
Sveva deglutì rumorosamente e rifilò un calcio alla gamba di Christian, e Valentina rimase con le posate a mezz’aria. Enrico ghignò.
«Non avete perso tempo.»
«Che c’è? Guarda che ce ne eravamo accorti tutti che tra te e lui stava nascendo qualcosa.» Christian si massaggiò lo stinco. «E poi siamo tra di noi, in famiglia.»
«Tu e Kieran? Wow, io non mi ero accorta di niente.» Valentina rivolse un sorriso caloroso a Sveva. «Mi fa tanto piacere, sai? Kieran è davvero una bella persona.»
«Sì, sì, bellissima» la interruppe Enrico «però noi siamo venuti perché volevamo dirti una cosa importante, Sveva, e visto che anche Christian è di famiglia, come ha appena sottolineato, vi comunichiamo che abbiamo deciso di tenerlo.»
«Che cosa?» chiese Christian stralunato; lui non era al corrente del bambino.
Sveva invece scattò in piedi e si gettò tra le braccia del fratello. «Oddio, è bellissimo!» esclamò, sentendo le lacrime calde bagnarle le guance.
E solo dopo che Christian fu messo al corrente poterono continuare quell’allegra e felice colazione in famiglia.
   
 
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