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Autore: Stella cadente    03/06/2020    4 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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49.
 



 
Brandelli di oscurità avviluppavano Hogwarts, ed Elias Black si sentiva trepidante. Avrebbe messo fine all’epoca in cui gli Antichi erano deboli e inattivi, come vulcani dormienti, esattamente come era stato previsto dall’accordo.
Nel giro di un’ora dal suo arrivo, il cortile era diventato deserto; c’erano solamente lui e Merman, che si guardavano negli occhi. Accanto al suo avversario, alcuni ragazzi di Serpeverde e uno di Tassorosso che sembravano pronti anche a morire; Merida e Rapunzel, in piedi vicino a lui, erano belle e potenti come divinità.
«Ci hai provato con tutte le tue forze» disse al Preside di Hogwarts, che lo fissava con i suoi occhi neri e carichi di rabbia. «Ma non avresti potuto sottrarti all’accordo. Lo sapevi già, del resto.»
«Non immaginavi di aver bisogno del Quinto elemento, a quanto mi risulta. Il piano aveva una lacuna molto importante» controbatté Merman.
Elias vide la perplessità sulle facce degli studenti schierati con lui, e dedusse che non sapessero nulla dell’accordo. «No, infatti. Come ben sai, adesso avevo un motivo differente. E l’Opera, per creare la pietra filosofale, menziona esplicitamente quattro elementi, anziché cinque. Ma lei era l’anello mancante, a quanto pareva necessario.»
«Non puoi prenderla, Elias. Avrà effetti devastanti. Lo sai.»
Silenzio.
«È lo stesso motivo per cui l’ultima volta è andata a finire male, e nel profondo ne sei consapevole. È troppo potente» aggiunse il suo avversario.
«Avrebbe altrettanti motivi per unirsi a me, no? E in fondo, sapevi che questo momento sarebbe arrivato.»
Merman, in preda alla rabbia, sbatté il bastone a forma di tridente a terra con una forza inaudita; pronunciò un incantesimo nella lingua dei Maridi, che risuonò spigolosa e stridente in tutto il cortile. Un’onda scura alta cinque metri si sollevò dal pavimento in pietra, che si ricoprì di uno strato azzurrino increspato, somigliante a una distesa d’acqua in movimento.
Elias seppe che il duello – quello che per secoli aveva aspettato – era finalmente cominciato. Era scontato, dopotutto: Merman, nonostante l’accordo, avrebbe provato fino all’ultimo a salvaguardare la scuola, anche se sapeva fin dall’inizio che tutto quello non avrebbe potuto essere cambiato. E non si sarebbe arreso facilmente.
«Che il buio si incontri con l’acqua, e che finisca quello che aveva iniziato» pronunciò Black, nella lingua degli Antichi. Un’altra onda nera come l’inchiostro, composta di una sostanza simile al fumo, si intrecciò con la prima fatta di acqua, mentre gli studenti guardavano la scena attoniti. Quell’unione generò un incantesimo potente, che sfrigolò e ruggì come fosse un animale; sembrava che le due controparti avessero preso vita, mentre l’acqua e la tenebra si sfidavano senza che vi fosse un vero vincitore.
«Non ti lascerò fare senza combattere» urlò Merman, nella lingua dei Maridi. Quella lingua che lui capiva benissimo, perché era la stessa che aveva usato l’ultima volta che si erano parlati, prima che il rivale sparisse nelle profondità marine. I ragazzi che stavano dalla sua parte, intanto, sguainarono le bacchette pronti ad intervenire, ma sulle loro facce era perfettamente visibile un senso di spaesamento che si sforzavano di reprimere. Nessuno di loro sapeva dell’accordo, era chiaro; Merman aveva nascosto tutto credendo di proteggerli, quando invece, se solo avessero saputo, sarebbero stati con ogni probabilità ancora più forti.
Black sorrise: era esattamente così che doveva andare. Lui lo aveva già previsto tempo prima. Sarebbero stati deboli e impreparati, in modo che lui potesse arrivare esattamente dove doveva arrivare. Perché doveva farlo; o il Mondo Magico sarebbe andato sempre peggio.
«Non sarà sufficiente» disse, «E tu lo sai.»
L’incantesimo, intanto, continuava a produrre rumori assordanti, come la terra che trema per poi aprirsi e inghiottire qualunque cosa. Fu allora che successe qualcosa di inaspettato: un’aura che lui conosceva – compatibile con quella del Quinto elemento, lo sentivo – si mosse.
Capì immediatamente chi fosse.
Un ragazzo alto, robusto e con dei lunghi capelli ricci corse verso di lui, gridando un incantesimo di trasformazione; e subito il suo corpo muscoloso si tramutò in quello di una maestosa aquila, che si librò in cielo gettando un grido. Un’aquila enorme, evidentemente frutto di una magia.
Rimase senza parole: era lui il bersaglio. Quello che avrebbe dovuto colpire, per ottenere la pietra. Lo sentiva, nel profondo della sua anima.
«Ora» bisbigliò a Merida, che capì immediatamente quello che avrebbe dovuto fare. La afferrò per il braccio, ascoltando la sua mente: non si lasciava andare facilmente alla sua vera natura. Non lo aveva mai fatto, in realtà, anche se aveva sempre saputo che non era come le altre. «Adesso è il momento.»
La ragazza – forse ancora troppo debole per capire l’importanza di quella questione, o forse solamente troppo emotiva – aveva gli occhi azzurrissimi gonfi di lacrime. Black riusciva a percepire tutte le sue sensazioni: avvertiva il peso di essere invischiata in un disegno più grande di lei, e il peso di essere la Fenice – la forza creatrice, l’ultimo stadio del processo alchemico.
«Fallo, o si ritorcerà contro di te» la incitò, notando che esitava. «Sai benissimo che non è solo una questione di interessi personali. O non sarei giunto fino a qui. Magie come queste non si possono spezzare» concluse, con tono urgente. La sua volontà non doveva vacillare, o sarebbe andato tutto perduto. «Concentrati» aggiunse, distendendo la voce.
«Devolvat in potentia ignis» pronunciò Merida, tendendo le mani verso l’alto. L’esplosione di energia che liberò con quell’incantesimo fu tale che sprigionò una fiamma alta quando le onde di acqua e oscurità, facendo indietreggiare i presenti. Poi si librò ancora più alto, fino a raggiungere l’aquila; ferito, il ragazzo riprese la sua forma originale, crollando a terra con uno schianto.
Le ustioni si estendevano dal petto al collo, facendolo urlare di dolore.
«Non succederà quello che desideri, se sfrutti in questo modo queste ragazze!» tuonò Merman, con la sua voce profonda. «Loro potrebbero respingerti!»
Sapeva a cosa si riferiva; ma non aveva intenzione di ascoltarlo. Gli Antichi gli sarebbero stati grati, per quanto stava facendo; in fin dei conti, stava provando con tutte le sue forze a riportarli indietro, riparando così ai profondi errori del passato.
«Tu non sei mai stato uno di loro!» scoppiò allora, e la sua voce fu una lama che tagliava il rumore e lo faceva in mille pezzi. «Non puoi saperlo! Nessuno sa veramente» concluse.
Sapeva di avere ragione. Tutti gli studi che i maghi, nel corso del tempo, avevano effettuato sugli Antichi, erano stati approssimativi e vaghi. Perché loro non si facevano vedere. Solo in situazioni di emergenza – come era stata la caccia alle streghe di quattrocento anni prima. Poi scomparivano, restando invisibili pur essendo presenti.
«E in ogni caso, c’è solo un passo in più da fare» disse, piatto. «Non mi tirerò indietro proprio adesso.»
Silenzio; una tempesta di fuoco, tenebra e acqua insieme roteava intorno a loro. L’insolita combinazione di quei tre elementi dava vita ad una luce elettrica tinta di blu, che si accendeva e si spegneva come una lampada al neon. La luce lampeggiava sui volti dei presenti, ricreando degli intermittenti rivoli bluastri sulla loro pelle.
Black pronunciò l’incantesimo concentrando le sue forze mentali sul ragazzo con i capelli ricci, ancora ferito a terra. Lui era il sacrificio mancante; lui era quello più vicino alla quinta iniziata. Riusciva quasi a sentire la sua aura alchemica che pulsava, che si dibatteva come a voler convulsamente attirare la sua attenzione.
«Te umbra circumligo
Il ragazzo levitò in aria, mentre le ultime forze lo lasciavano andare per sempre. Black vedeva Merman che cercava di direzionare il tornado verso di lui per interrompere il contatto visivo... ma era troppo tardi.
La testa riccioluta dello studente ricadde improvvisamente, e il corpo ormai senza vita crollò di nuovo a terra. Black vide, con la coda dell’occhio, gli altri due Serpeverde che provavano a scagliarsi addosso a lui; Merman li fermò subito con un incantesimo bloccante, consapevole che a quel punto non ci sarebbe seriamente stato più nulla da fare.
La ragazza – minuta, ma furiosa – gli urlò contro delle maledizioni senza perdono, fuori di sé; vedendo che non avevano effetto, scoppiò in un singhiozzo disperato, pronunciando il nome di quello che doveva essere il suo amico – Maui – come fosse una litania.
Il ragazzo al suo fianco la tratteneva, più controllato, ma i suoi occhi verdi erano sbarrati e il corpo magro tremava dallo shock.
«Ora» sussurrò Black a Merida, che osservava la scena inerme, il volto più simile ad una maschera.
La Grifondoro si portò la mano vicino alla bocca, tenendo il palmo verso l’alto; soffiò, e un’altra fiamma, di un rosso più intenso, scaturì dalla sua bocca dolcemente, danzando nell’aria piena di polvere del cortile.
Sotto gli occhi dei sopravvissuti all’attacco – sotto gli occhi di Merman – l’incantesimo danzò, annullando quello precedente; il tornado svanì come risucchiato nel nulla, e la fiamma si compattò in una grossa sfera infuocata. Tutti guardavano intimoriti.
All’interno della sfera, qualcosa urlava e sgomitava. Era il Potere... lui lo sentiva.
Lo avvertì più bruciante che mai quando, dalla sfera, una pietra si sollevò, scortata dalle fiamme, e brillò di una luce rossa. Era color cremisi, un rosso carminio che sembrava abbagliare.
La pietra filosofale.
Si diresse verso Merida, che la afferrò.
Fu allora che avvertì la possibilità formicolare in tutto il corpo, e si sentì più concreto, più sensato.
La mano di Merida si intrecciò prima con quella di Lily e poi con la sua.
Svanirono, perché a quel punto l’aura alchemica della quinta iniziata sembrava battere come un cuore, e lo stava chiamando verso il suo destino a gran voce.
 
 
*
 
 
Sapeva che si sarebbe trovato lì; nella Camera dei Segreti di Hogwarts, la cosa più vicina che ci fosse, in quella scuola, alle profondità della terra. Da dove venivano loro.
La pietra brillò, nella sua mano, e sfrigolò quando la tenne stretta, pronto a pronunciare la formula che li avrebbe portati indietro.
C’erano tutte: Melicent, Elsa, Lily Merida. E anche Vaiana – questo era il suo nome, lo percepì chiaramente nella sua testa – che lo guardava impaurita e determinata allo stesso tempo. Il campo di magia che c’era nell’aria, adesso, era elettrico e pesante, come una cappa di fumo che li avvolgeva tutti: Elias poteva quasi vederlo che scorreva nelle loro vene, mentre si prendevano per mano, un circolo oscuro e potente, così necessario da avvertirne il bisogno quasi a livello fisico.
Vaiana teneva gli occhi scuri sbarrati: si vedeva che non avrebbe voluto arrivare a tanto. Elsa, invece, lo guardava incoraggiante: sapeva che poteva fidarsi di lui. Notare quanto somigliasse a lei era quasi doloroso; lei aveva sempre celato molto meglio la sua fragilità, eppure Elias l’aveva sempre vista molto chiaramente.
Elsa Arendelle e Iris Hale erano senza dubbio due ragazze che avevano in comune l’essere segnate dalla vita; l’una per un motivo, l’altra per un altro. Era curioso e strabiliante al tempo stesso che fossero così uguali, anche se distanti nel tempo. Lui sapeva il perché – lo aveva sempre saputo, osservando nei secoli – ma non si era sentito comunque di rivelarglielo. Ogni cosa a suo tempo, le aveva detto. Non le era bastato, si vedeva chiaramente, ma aveva annuito lo stesso, perché si fidava.
La connessione che sentiva era la stessa. La stessa oscura, magnetica connessione che li teneva avviluppati l’uno all’altra irrimediabilmente.
«Io vi invoco di nuovo, regolatori del Mondo Magico» iniziò Black, con voce solenne. «Possiate risorgere di nuovo, con la forza della Pietra Filosofale.»
Lanciò la pietra in aria, e quella fluttuò, splendendo di particolari bagliori rossi. Un secondo dopo, bruciò come fosse un pezzo di carta, e per poco non si sentì altro che il silenzio. Venne interrotto soltanto dal lieve fruscio che invase le orecchie dei presenti, e dal materializzarsi di fumo nero davanti ai loro occhi.
A poco a poco, tutti gli Antichi presero forma; Elias vide Morgane, con i suoi capelli bianchi e gli occhi rosso sangue; Esther, piccola e spigolosa; Caminh, con i suoi tratti asiatici e la sagoma esile come un giunco; Taariq, la pelle scura e le corna che spuntavano decise dalla chioma castana; Ayax, i tatuaggi sul volto e su tutto il corpo; e infine Dragomir, con la sua postura dritta e minacciosa.
«Ha funzionato» sussurrò Elias, più a sé stesso che a loro.
«Il Quinto elemento è stato trovato, quindi» esordì Esther, facendo riecheggiare la sua voce argentina nella Camera. «Hai svolto tutto correttamente, stavolta, fratello.»
Nel suo tono regnava la freddezza; lo guardava con i suoi sfavillanti occhi gialli, come a voler sottolineare che la sua rabbia era ancora viva e pulsante. «E non hai lasciato che si uccidessero tra loro, privandoci anche di quel poco che potevamo fare» aggiunse infatti, astiosa.
Elsa gli lanciò uno sguardo preoccupato, e Black capì che il momento era giunto. Doveva sapere; quello era il momento opportuno. Che dicessero tutto; lui non si sarebbe opposto.
Morgane, infatti, non perse tempo.
«Sorprendentemente, l’uroboro non ha ucciso nessuno» disse, con la sua voce tagliente, guardando Elsa con occhi assenti. La Serpeverde indietreggiò, non più tanto sicura come prima.
«Che significa?» chiese la ragazza, deglutendo leggermente.
«Significa che, durante il Primo Rituale, le forze dei componenti non sono state contenute» fece Dragomir, fissando Elsa come se la volesse uccidere. «Tu» disse quella parola come se stesse pronunciando una condanna. «Tu hai perso il controllo, e hai ucciso il Quinto elemento, esattamente come noi avevamo previsto quando l’abbiamo saputo. Ma era troppo tardi, ormai» concluse, astioso.
Elias guardò la Serpeverde come se, facendolo, potesse darle più forza. Sul suo volto di alabastro era dipinta la confusione, ma riusciva a capire bene che un lato di lei voleva sapere.
«Ditemi di Iris Hale» pronunciò infatti, la voce fredda che tagliò l’aria, decisa.
Caminh si scambiò uno sguardo con Taariq, che poi si decise a prendere parola:
«Quando il Mondo Magico è nato, siamo stati messi in una posizione di osservatori di ogni Scuola di Magia» cominciò. Elias notò subito che parlava inglese, invece che la loro lingua. «Io per Uagadou, in Africa; Esther per Ilvermorny, in America del Nord; Morgane a Beauxbatons, in Francia; Dragomir a Durmstrang, in Romania; Ayax a Castelobruxo, in America del Sud; Caminh a Mahoutokoro, in Giappone.»
Fece una pausa per permetterle di assimilare quelle nozioni, poi proseguì.
«Nel diciassettesimo secolo cominciarono consistenti problemi. Non abbiamo mai visto un’epoca più ostile al Mondo Magico di quella; la convivenza con i babbani era diventata difficile, poiché guerre e pestilenze avevano fatto sì che, in alcune parti del mondo, si scatenassero vere e proprie caccie alle streghe. Non fu il caso dell’Africa, naturalmente; lì, così come in Oriente, c’è sempre stato un grande rispetto per la magia. Ma in Europa... le cose andarono diversamente.»
Si voltò verso Black, che si limitò a guardarla; temeva per la reazione di Elsa, che poteva essere terribile.
«Elias era stato messo come osservatore di Hogwarts. Tra il 1647 e il 1649, la caccia in Scozia si intensificò: si poneva il problema di ammettere o meno i nati babbani alla Scuola di Magia, così come stabilito dai Fondatori.»
Dragomir aveva assottigliato ancora di più le labbra, e ora il suo volto appariva quello di una statua; Elias ricordava bene che, insieme a Morgane, era sempre stato il più ostile al Rituale.
«Così il Preside dell’epoca si rivolse a noi» si inserì Ayax, «chiedendo che Elias potesse sostituirlo. Fu allora che cominciò tutto.»
«Ci nascose ogni singolo dettaglio di quello che stava facendo, fino a che non fu troppo tardi» la voce dall’accento slavo di Dragomir interruppe il racconto, intrisa di rabbia repressa. «Il Rituale era già iniziato.»
«Elias, più semplicemente» riprese parola Ayax, con voce calma, «voleva cominciare una crociata contro coloro che non appartenevano al nostro Mondo. Dotare quattro streghe del Potere degli Elementi e renderle cacciatrici di babbani. E ci riuscì.»
Il volto di Elsa si indurì, e gli sembrò di percepire quello che avrebbe detto da lì a poco.
Non si smentì, infatti.
«Le sue erano buone intenzioni, allora» disse. «Voleva proteggere i maghi e le streghe dai babbani che li perseguitavano.»
«Andava contro la legge» la voce di Morgane sembrò una freccia scagliata contro Elsa. «La nostra legge.»
«A noi non è permesso intervenire a tal punto nel Mondo Magico» spiegò Caminh, fissando la ragazza con la curiosità dipinta nei suoi occhi a mandorla. «Abbiamo anche noi una Legge; potevamo eliminare chi avrebbe mosso un’accusa e fatto condannare un mago o una strega, certo. Ma dovevamo agire in segretezza, stando attenti a non lasciare tracce della nostra magia. O avremmo rivelato il Mondo Magico. I babbani erano così vicini a scoprirlo, allora...» si interruppe, e il viso da bambola assunse un’espressione persa. «Se si trattava di fermare un processo pubblico, o un’esecuzione...»
«Diventava proibito agire» finì Esther, terminando la frase per lei. «Se avessimo trasgredito, adesso, il Mondo Magico sarebbe molto meno popoloso» concluse, con voce severa. «Decidemmo che qualche perdita sarebbe stata accettabile. Ma qualcuno non era d’accordo.» I suoi occhi gialli brillarono di risentimento.
«Non passò molto tempo prima che Elias capisse che il Rituale stava avendo degli effetti nefasti. Soprattutto quella ragazza, Iris Hale» riprese Morgane, «Abbatté totalmente il confine tra Mondo Magico e mondo dei babbani. Talmente crudele, spietata e potente da essere troppo visibile» la sua voce fredda si tinse di disprezzo. «Persino con i suoi simili. Per quanto riguarda i babbani, nella città di Aberdeen – quella in cui agì più di tutte le altre – si diceva che il demonio era sceso sulla terra.
«Aveva un’abilità assai insolita e letale» aggiunse Dragomir, l’espressione impassibile. «Il ghiaccio.»
Gli occhi azzurri di Elsa si allargarono dallo stupore. Elias vide che qualcosa si era spezzato, dentro di lei.
«Non succede da allora che ci sia qualcuno con quelle abilità» continuò Dragomir. «Gli Hale erano una famiglia molto potente. Solo i Peveril – famiglia molto oscura e prestigiosa – potevano tenere loro testa. I Peveril avevano una padronanza eccezionale delle Arti Oscure, ma gli Hale avevano poteri che nessun altro aveva. La telepatia, la telecinesi... abilità utili nel Mondo Magico, ma con un potenziale terribile.»
Pausa.
«Fu quello il motivo che spinse Elias a scegliere le due eredi di queste famiglie. In seguito, si servì di una nata babbana – l’anello di congiunzione – e di una ragazza che, tramite un esperimento alchemico andato male del padre, aveva ottenuto dei poteri inerenti al fuoco. Una ragazza in continua lotta con sé stessa. Era quello di cui aveva bisogno.»
«I problemi iniziarono quando si accorse che la potenza assoluta – simmetrica, così come l’Alchimia stabiliva – sarebbe stata raggiunta solo con un Quinto elemento. Elemento che trovò nella figlia di un professore di Hogwarts» disse Caminh, con un’inflessione triste.
«Il Preside Merman» sussurrò Elsa.
«Esatto» Caminh parlò con lo stesso volume di voce, come se stesse pronunciando un segreto inconfessabile. «Erano per metà Maridi, lui e sua figlia. Questo significa che erano dei mutaforma; si potevano nascondere nelle profondità del Lago Nero, all’occorrenza, e da lì raggiungere il mare e nuotare per chilometri. Ma potevano assumere sembianze umane, pur conservando i propri poteri.»
«Che genere di poteri?» chiese la Serpeverde, la voce ormai un filo sottile.
Stavolta fu di nuovo Ayax a prendere parola. «L’Alchimia scorre nel loro sangue, e hanno il controllo assoluto sull’Acqua, il loro elemento. Per questo motivo una quinta iniziata può incrementare il potere alchemico. Ed Elias lo sapeva bene.»
«Ma Iris Hale uccise la quinta iniziata, spezzando così il Legame» la voce di Morgane si abbatté nuovamente su Elsa, che iniziò a tremare. Elias non poteva vederla così. «Quando ha saputo che sarebbero morte tutte – perché noi, Elias incluso, avevamo deciso che lo avrebbero fatto, visti i danni procurati alla Comunità Magica – non resse. Qualcosa si spezzò, dentro di lei. La follia abitava quella ragazza come una forza oscura» disse, gli occhi persi in immagini lontane.
«Non è stato direttamente Black ad uccidere la figlia di Merman» disse Vaiana, inserendosi nella conversazione. «È stata Iris Hale. L’uroboro.»
«Esatto. E successivamente, tutte le famiglie di coloro che avevano preso parte al Rituale cambiarono il proprio cognome. Gli Hale, per esempio, cambiarono il loro nome in Arendelle» disse Dragomir, mettendo così fine a quelle rivelazioni.
«Ciò significa» concluse Taariq. «Che coloro che hanno preso parte al Rituale corrente sono le eredi delle Originarie. E che, per il bene della Comunità Magica, dovremmo ucciderle tutte.»
Un silenzio mortale cadde nella Camera dei Segreti. Elias non voleva guardare più Elsa; gli avrebbe fatto troppo male avere l’immagine dei suoi occhi blu che lo guardavano pieni di dolore.
«A meno che» disse poi Dragomir, con un bagliore di astuzia negli occhi viola. «Lei» e indicò Melicent, che lo fissava impassibile, «Non venga con noi a sostituire Elias, visto che è l’erede dei Peveril, depositari diretti del potere degli Antichi.»
Quello era troppo.
«Fratelli» iniziò, il volto duro come una maschera di pietra. «Non accetto da parte vostra questo trattamento. Sappiamo benissimo le conseguenze che si sono ripercosse sul Mondo Magico, nel corso dei secoli, per ciò che ho fatto; ma ho provveduto a restituirvi i vostri poteri. Ciò significa che ho compreso il mio sbaglio; mi atterrò alla nostra Legge, e non tenterò più di violarla» disse, sforzandosi di mantenere un tono controllato.
«Oh» Morgane simulò meraviglia. «Non eri tu a tenere alle vite magiche più di ogni altra cosa? Mi stupisce, da parte tua, una così palese inclinazione al sacrificio di queste ragazze. Così facile, così priva di ogni resistenza. Credevo che tenessi a loro.»
Qualcosa ribollì, dentro Elias. Morgane non aveva nessun diritto di premere quel tasto così dolente; di menzionare ciò che si era creato secoli prima, senza che lui lo prevedesse.
Si voltò verso Elsa; aveva le lacrime agli occhi. Sembrava che stesse sprofondando nella sofferenza più nera che avesse mai provato. Le altre stavano mostrando segni di paura, ma lei no; in lei, era evidente solo il dolore della delusione.
 
«Hai delle capacità notevoli.»
«Smettila di dirlo.»
 
Così fragile e bellissima allo stesso tempo. Così potente senza neanche saperlo.
Sarebbe stato un tale spreco; non avrebbe mai potuto convivere con quel dolore.
Non di nuovo.
«Accetto» e gli sembrò di sentire il nodo nella gola di Elsa allentarsi. «Rinuncio al mio posto tra gli Antichi per cederlo a Melicent.»
Ayax, Morgane, Taariq, Esther, Dragomir e Caminh lo guardarono consapevoli, come se si fossero aspettati quella decisione. Un filo dorato circondò Melicent, scintillando come i suoi occhi gialli; sibilò per qualche secondo, sussurrando parole antiche, suggellando per sempre quello scambio ufficiale, mentre la ragazza levitava librandosi ad una leggera distanza da terra.
Quando il filo la abbandonò, tornò delicatamente sul pavimento in pietra, e si recò verso Morgane, che le tendeva le braccia spalancate. Un gesto di accoglienza. «Benvenuta tra noi» disse infatti. Melicent era solenne, regale. Sembrò essere perfetta, in mezzo a loro; era sempre stato un rischio concreto, quello, e lui lo sapeva. Ma non avrebbe mai immaginato la rabbia che lo avrebbe investito. La sentiva bruciare come fuoco, corroderlo come il veleno.
Era la rabbia di tanti sforzi buttati al vento. La rabbia di aver fatto qualcosa per i suoi fratelli, invano, perché tutto ciò che avevano fatto era stato sostituirlo.
Non si fidavano di lui, era evidente. Non l’avrebbero fatto mai più, con ogni probabilità.
Capì che la conversazione era conclusa; doveva andarsene – ne aveva bisogno.
Si rivolse alle ragazze. «Non parlerete mai più di quanto è successo quest’anno. Le vostre strade, dopo la scuola, si divideranno; non dovranno più incontrarsi» disse, deciso.
Gettò un ultimo sguardo carico di rancore agli Antichi; poi, prima che anche loro potessero farlo, si smaterializzò, sparendo in una nuvola di fumo nero.
Non si era accorto che, per tutto quel tempo, una ragazza con le trecce aveva ascoltato, nascosta dietro ad una colonna.
 
 

 
 
 
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Eccoci al capitolo conclusivo. O meglio, conclusivo della vicenda nel suo insieme – adesso manca giusto l'epilogo, per capirsi. Traumatico, eh?
L’intento doveva essere proprio quello; è stato il capitolo più difficile da scrivere, credo, perché dovevo fare in modo di dare informazioni senza che queste apparissero disordinate e buttate lì a caso. Spero solo di esserci riuscita.
Allora, tirando le somme: Pitch Black – o meglio, Elias Black – ha avviato una crociata contro i babbani durante la caccia alle streghe, poiché non tollerava più che tutto quel sangue magico venisse versato. Questo ce lo fa vedere sotto un’altra prospettiva rispetto a quella che ci è stata presentata finora, e lo fa quasi sembrare più un antieroe che un villain vero e proprio; che ne pensate di questa sua ambiguità?
Sappiamo inoltre che ha creato, per questo scopo, un circolo magico composto da ragazze potenti, ma che ad un certo punto c’è stato bisogno di una quinta ragazza, che poi Iris ha ucciso. Il motivo non ci è dato saperlo, e ancora una volta, la figura di Iris Hale rimane avvolta nel mistero.
Nel complesso, quello che ho voluto fare è stato rendere un’atmosfera “epica”, solenne e molto dark, fornendo risposta a tante domande e sollevandone, al contempo, delle altre.
Spero vi sia piaciuto <3
Al prossimo capitolo,
Sara
 





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Elsa gli lanciò uno sguardo preoccupato, e Black capì che il momento era giunto. Doveva sapere; quello era il momento opportuno. Che dicessero tutto; lui non si sarebbe opposto.
  
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