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Autore: Joy    04/06/2020    3 recensioni
La prima volta che lo vedo non è altro che una sagoma infagottata e lacera, rannicchiata sotto la tettoia di un vicolo ingombro di spazzatura.
Teen!Dean-Kid!Sam
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ambientata prima della serie. What if e lievemente ooc.

John pov

Teen!Dean-Kid!Sam

 

 

Missing family

 

La prima volta che lo vedo non è altro che una sagoma infagottata e lacera, rannicchiata sotto la tettoia di un vicolo ingombro di spazzatura. Provo pena per lui, non riesco a farne a meno.

Sono le cinque del mattino e l'aria odora di erba bagnata e caffè.

Torno da una caccia semplice, fin troppo per i miei standard, una di quelle che ti lasciano la sensazione di aver tralasciato qualcosa, come un indizio sfuggito, che inevitabilmente diventerà lampante in un momento poco opportuno.

Ho lasciato la macchina parcheggiata sulla via, poco distante da dove mi trovo ora, la strada è completamente deserta; gli unici movimenti provengono dall'interno della caffetteria, dove un chiacchiericcio sommesso fa da sottofondo al ronzio della macchina per il caffè.

Esito un istante, indeciso se soffermarmi qualche ora in più in quella cittadina, solo per esser certi che tutto sia tranquillo, solo per mettere a tacere il mio sesto senso, che dalla morte di Mary sembra voler scovare complotti anche dove non ci sono.

Ma sono quasi sicuro che Bobby mi sta aspettando sveglio e se parto subito potrò fare la colazione con Sam e accompagnarlo a scuola, e non c'è niente che lui desideri di più.

Così, con il suo sorriso a riscaldarmi i pensieri, mi volto verso la strada principale, sbatto energicamente gli scarponi sul selciato e lo vedo.

Un movimento furtivo nel vicolo buio all'angolo della caffetteria.

Porto rapido la mano al coltello e mi avvicino lentamente, sono persino sollevato di constatare che il mio istinto di cacciatore non è completamente andato, ma quello che mi trovo davanti, in questa mattina opaca di nebbia, è soltanto un ragazzo, poco più di un bambino a dire il vero, con le braccia avvolte su se stesso, le guance sporche e lo sguardo duro.

“Stai bene ragazzo?” gli chiedo.

Lui mi fissa per un istante in silenzio, poi il suo sguardo scende sul pugnale ancora stretto nella mia mano.

“Non voglio farti male.” lo rassicuro.

Lui sorride improvvisamente, poi mi spinge addosso un bidone pieno spazzatura e scappa via, veloce come uno scoiattolo.

Mi rassetto alla meglio e ho il buon senso di rinfoderare il pugnale prima che arrivi il cameriere della caffetteria attirato dal frastuono.

Imbocco la via principale per raggiungere la mia auto, con la certezza che Mary, dall'alto del paradiso spero, stia sonoramente ridendo di me.

Non mi arrendo però, percorro più volte in macchina le strade di quella piccola cittadina, finché non lo trovo.

Un ragazzino poco più grande di mio figlio appiattito contro il muro di pietra di un vecchio edificio e dall'altro lato, un'auto della polizia che pattuglia la strada a passo d'uomo.

Accosto senza spegnere il motore e abbassando il finestrino gli faccio cenno di salire.

Quello esita, si guarda intorno incerto e poi torna a guardare me.

“Sali, ragazzo.” insisto.

Non lo biasimo in realtà, come può fidarsi di uno sconosciuto armato, dall'aspetto sudicio e trasandato che si aggira per la città da prima del sorgere del sole.

Si guarda intorno ancora una volta esitando, poi incrocia i miei occhi: ha il solito sguardo duro di prima, ma questa volta riesco a scorgere nei suoi occhi anche la stanchezza e la paura. È pur sempre un ragazzino.

Getto lo sguardo alla macchina della polizia che si sta avvicinando, faccio al ragazzo un cenno d'assenso con la testa e finalmente lui si muove.

Corre verso di me, spalanca la portiera posteriore, si lancia dentro e la richiude con lo stesso impeto; io riparto all'istante, per mettere più distanza possibile tra noi e ciò da cui sta scappando.

Dopo diversi minuti di strada spedita, mi concedo di cercarlo nello specchietto retrovisore e incrocio il suo sguardo indagatore.

Non si fida. Ha una posa rigida e scattante, quasi fosse pronto a saltare fuori dall'auto al primo sospetto di pericolo.

“Voglio solo aiutarti.” tento, sperando di suonare rassicurante. “Hai una famiglia? Posso riportarti a cas-”

“Non ho nessuno.” taglia corto lui. Si appoggia contro il vetro del finestrino e guarda fuori con occhi assenti.

“Da chi fuggivi?” ,

“Dagli assistenti sociali.” mi risponde secco.

“A tre ore da qui, c'è un luogo sicuro,” riprendo “potrai riposarti e magari potremmo trovare una soluzione...”

Il ragazzo mi guarda brevemente, solleva le spalle come se non gli importasse e torna a guardare fuori dal finestrino. Sembra un po' più tranquillo, però.

 

***

 

Quando, tre ore più tardi, fermo il motore dell'auto davanti a casa di Bobby, il ragazzo spalanca gli occhi e si guarda intorno di nuovo agitato,

“Siamo arrivati.” esordisco con tono tranquillo “Bobby ti piacerà, ci sa fare con i ragazzi.”

Lui mi lancia un'occhiata guardinga, ma si affretta a seguirmi fuori dall'auto.

Bobby, che fiuta i guai prima ancora che imbocchino il suo vialetto, mi sta aspettando sulla soglia con il fucile in braccio.

“Che diavol-” borbotta, non appena vede il ragazzo.

Sollevo le spalle con noncuranza. “L'ho trovato in un vicolo.”

Bobby mi guarda come se fossi impazzito e forse lo sono davvero, poi abbassa il fucile e scuote la testa rassegnato.

“Entrate” dice “sarete affamati.”

Il ragazzo mi segue lentamente ed è talmente spaventato, che se ne avesse le forze, scapperebbe a gambe levate, ma Bobby gli posa una mano incoraggiante sulla spalla.

“Dopo una bella colazione ti sentirai meglio.”gli assicura.

La cucina è riscaldata da una stufa a legna e odora di casa; la tazza e il piatto di Sam sono ancora sul tavolo, ma lui, come conferma Bobby in risposta alla mia muta domanda, è già a scuola.

Mi siedo e sento arrivare la stanchezza.

Porto lo sguardo sul ragazzo che ho raccolto dalla strada: sta divorando il piatto che Bobby gli ha messo davanti come se non vedesse cibo da giorni.

“Piano, figliolo” lo ammonisce Bobby “ricordati che devi anche respirare.”

Quello tossisce appena, ma non smette di mangiare.

Gli riempio il bicchiere di succo d'arancia e lui se lo scola in un istante, io glielo riempio di nuovo.

Quando finalmente alza lo sguardo, il suo piatto è completamente vuoto.

“Bene.” esordisce Bobby. “Ne vuoi ancora?”

Gli occhi del ragazzo si spostano da me a lui prima di annuire.

“Non sei di molte parole.” commenta, riempiendogli di nuovo il piatto. “Un nome ce l'hai?”

“Dean.” risponde questa volta.

“Bé, Dean” riprende “non importa se sei un tipo taciturno, qui non riusciresti a parlare comunque; quando Sam è in casa non si riesce ad avere silenzio sufficiente a mettere in fila tre parole."

Mi sfugge un sorriso; Bobby ha ragione, come sempre.

 

***

Quando Sam torna a casa, sono da poco passate le 14:00.

“Ho preso l'autobus.” chiarisce in risposta al mio sguardo interrogativo. “Non ho lezioni nel pomeriggio.”

A undici anni, Sam ha un volto da bambino, occhi curiosi ed energia da vendere.

Allaccia lo zaino allo schienale di una sedia e mi abbraccia brevemente.

“Sono contento che tu sia tornato, papà.” sussurra. “Oggi a lezione di scienze abbiamo fatto un esperim-” s'interrompe per guardarsi intorno. “Dov'è Bobby?” chiede “ Devo dirgli che c'è una buca scavata sotto la recinzione sul retro e potrebbe essere stata una volpe, magari potrem-”

“Sam.” lo interrompo bonariamente.

Lui mi guarda interrogativo e potrei giurare che sta per investirmi con un'altra ondata di mezze frasi.

“Sam.” ritento, alzando entrambe le mani per fermare le sue proteste. “Abbiamo un ospite.” E la mia lingua s'inceppa su quella parola, perché questa è una di quelle frasi che non avrei mai creduto di pronunciare di nuovo. Sam spalanca gli occhi e la bocca, lui questa frase non l'ha mai sentita pronunciare in tutta la sua vita.

Indico la cucina con un cenno della mano e lui ci si dirige incerto; non saprei dire se è più curioso o più stranito.

Si ferma sulla soglia. Da lì l'unica cosa che si vede è Bobby seduto vicino al tavolo e una sagoma avvolta in una coperta, sul piccolo divano nell'angolo.

Sam si avvicina ancora e nonostante sia di spalle, riesco a riconoscere l'istante esatto in cui si rende conto che sotto quella coperta c'è un ragazzino come lui.

“Cosa gli è successo?” chiede, la voce gli trema appena.

Bobby allarga le braccia. “A occhio e croce direi che ne ha passate molte.”

Mi porto di fianco a Sam per osservare ciò che si vede del viso del ragazzo, tra il colletto sollevato della camicia e l'orlo della coperta. Mentre dorme sembra proprio un bambino, ha gli occhi cerchiati, il viso pallido e le labbra screpolate; mugugna qualcosa nel sonno e la sua fronte s'increspa.

“È ferito?” chiede Sam.

“Apparentemente, no.” rispondo.

“Perché non può dormire nel letto che c'è nella mia stanza?”

“Non ha voluto, Sam.” gli spiego. “Si è rannicchiato sul divano dopo la colazione, ed è crollato.”

Si lamenta di nuovo, agitandosi appena in quel bozzolo che si è creato, gli poso una mano sulla fronte e lui spalanca gli occhi.

Neanche un istante ed è già balzato sul divano guardandosi intorno terrorizzato.

Sam che d'istinto è arretrato di un passo, torna ad avvicinarsi e questa volta è decisamente più curioso che spaventato.

“Va tutto bene. Non devi aver paura di noi. Noi siamo i buoni.” se ne esce con tono solenne.

Non riesco a trattenere un mezzo sorriso e Dean se ne accorge, le rughe sulla sua fronte scompaiono e la tensione delle sue spalle si allenta.

“Ti fa male da qualche parte?” s'informa Sam, afferrando il lembo della coperta che ancora lo copre per metà. “Bobby può guarire ogni cosa, una volta sono caduto lungo il fossato che attrav-, oh ma non importa. Dovresti farti una doccia, ti sentirai meglio, posso darti dei miei vestiti, forse ti staranno piccoli. Quest'anno sono cresciuto di sette centimetri, tu quanti anni hai?”

Con mia grande sorpresa Dean sorride, ed è un sorriso sincero di quelli che illuminano gli occhi.

“Quindici.” risponde.

“Bene.” riprende Sam, afferrandogli la mano e aiutandoli a mettersi in piedi. “Vieni, ti accompagno in bagno.”

Dean lo segue docilmente, ma prima di varcare la soglia mi rivolge uno sguardo interrogativo.

“Vai, figliolo.” lo rassicuro semplicemente. “Sam ti aiuterà.”

Spariscono insieme nella curva delle scale, Sam continua a sciorinare frasi una dietro l'altra, poi si ferma un istante.

“A proposito, come ti chiami?” distinguo chiaramente.

Non sento la risposta di Dean, ma la voce di Sam trasuda allegria da ogni parola.

“Rimarrai con noi, vero?” lo sento dire, mentre apre la porta del bagno.

Il resto delle sue parole mi giunge come un brusio di voci confuse, mischiate al cigolio di vecchi rubinetti, al rumore secco delle ante che sbattono e allo scrosciare dell'acqua.

Un insieme di suoni che non sentivo da molto tempo, incrocio lo sguardo di Bobby e lui annuisce, un sottofondo che sa di casa e di famiglia.

E di nuovo, è il mio sesto senso a dirmi che proprio in questo momento, ovunque lei sia, Mary mi sta guardando con le mani sui fianchi e un sorriso saputo stampato sulle labbra.

 

Fine.

  
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