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Autore: Ai_1978    04/06/2020    1 recensioni
Dal testo:
La donna lo osservò incuriosita: «Sei cristiano, soldato?»
Lui la fissò, quasi con disprezzo: «Sì, credo nell'Unico e Vero Dio: Nostro Signore Gesù Cristo.»
«Amen.» ironizzò lei con un ghigno, cercando di ignorare la velata offesa alla sua Dea.
Il soldato aggiunse, quasi con aria di sfida: «E ho un nome, donna. Io sono Pádraig ap Breandán.»
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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CAPITOLO III
 

Pádraig era un uomo risoluto, od ostinato ed ottuso, come lo aveva definito Olwen. Una volta scoperta l’origine della donna che l’aveva curato e guarito la ringraziò con una certa freddezza chiedendo alla stessa di congedarsi e che gli fossero mandati un cerusico e un prete.
La donna, con una smorfia acconsentì senza protestare: se quello stolto tracotante voleva morire per mano di un incompetente che curava qualsiasi cosa con i salassi e di un predicatore cristiano che pensava che ogni avvenimento funesto fosse una punizione divina per chissà quale peccato commesso, che lo facesse pure. Non era affar suo.
O meglio: non lo era più. Olwen sapeva benissimo che ormai il soldato era fuori pericolo. Nemmeno le opinabili pratiche pseudo-mediche del cerusico avrebbero più potuto rappresentare un rischio.
La donna era uscita da pochi minuti quando il prete, Padre Conn, entrò nella stanza di Pádraig. Era alto e molto magro con gli zigomi sporgenti e le guance incavate. Indossava una tonaca scura un po’ sbiadita e una croce di legno al collo. Aveva un volto arcigno, perennemente atteggiato in una smorfia di disgusto. La pelle era chiara, i capelli radi di un castano spento e sopracciglia folte e grigiastre che nascondevano due occhi fortemente miopi. Proprio per questo motivo il religioso strizzava spesso lo sguardo assumendo un’espressione che gli sciocchi scambiavano per intelligenza quando in realtà era dovuta unicamente alla cecità.
Padre Conn era il prete che seguiva l’esercito: molti soldati, infatti, avevano sposato la nuova religione, il cristianesimo, e Lord Cerdic aveva ritenuto opportuno, per non creare inutili malcontenti nelle truppe, affiancare ai tradizionali druidi che accompagnavano le sue milizie anche degli esponenti della Fede del Nazareno.
Così, prima di ogni battaglia, mentre i druidi, come d’abitudine, eseguivano riti propiziatori e scaramantici urinando, sputando e mostrando i genitali alle armate nemiche, Conn si aggirava silenzioso e austero spargendo acqua che egli stesso definiva “benedetta” e salmodiando in quel poco di latino stentato che la sua scarsa cultura e intelligenza gli avevano concesso di apprendere.
«Laudetur Jesus Christus, nunc et semper» esordì il religioso scrutando il soldato.
Egli, con una smorfia di dolore, si tirò più ritto nel letto e prontamente rispose: «Semper laudetur».
Esauriti i convenevoli, il prete si sentì in dovere di informarsi sulle condizioni di salute del convalescente: aveva relativamente pochi seguaci nelle fila britanniche e la prematura dipartita di uno di essi avrebbe rappresentato una perdita e uno smacco indelebile per la potenza tanto messa in discussione dell’Unico e Vero Dio. Molto pragmaticamente Conn si interessava più all’immagine pubblica di una religione che stava prendendo piede velocemente, che alla salute del proprio fedele. Una divinità efficiente e potente non permette che i propri seguaci cadano in battaglia, soprattutto per mano di un pagano sassone.
«Sto un po’ meglio, Padre. Ma credo di aver bisogno di confessarmi» ammise Pádraig con mestizia.
Il sacerdote era confuso: «Confessarti, sodato? E perché mai? Sei stato privo di coscienza nelle ultime due settimane e per quanto riguarda i tuoi eventuali comportamenti in battaglia sappi che l’Onnipotente perdona chi combatte in Suo nome».
«No, non è per quello. La causa di tutto è la donna che mi ha curato durante i giorni di agonia…» nella voce dell’uomo era percepibile un tono sdegnato: «Non so se tu abbia avuto occasione di vederla, Padre: era una pagana. Una prostituta vestita di rosso che mi ha curato usando chissà quale stregoneria insegnatale dal Maligno! Mi sento sporco, impuro!»
Il prete sgranò gli occhi, incredulo e la sua voce assunse un tono stridulo: «La Meretrice di Babilonia! Vade retro!». Così dicendo si fece istintivamente il segno della croce seguito pedissequamente dal soldato irlandese.
Padre Conn riassunse contegno e, volendo capirne di più, comandò all’uomo di slacciarsi la camicia per poter esaminare la sua ferita. Pádraig obbedì e aprì il tessuto del proprio indumento mentre il religioso si chinava vicino al suo petto per vederci meglio, strizzando lo sguardo come di consueto.
La ferita si presentava in ottime condizioni: stava indubbiamente guarendo, non aveva segni apparenti di infezione e la carne, sebbene arrossata, si stava rimarginando. Non vi era alcuna traccia di essudato o di cattivo odore, anzi: la lacerazione emanava il profumo gradevole e penetrante degli unguenti medicamentosi utilizzati da Olwen. Ovviamente tutto ciò al soldato non poteva dirlo: sarebbe stato come ammettere che le pratiche pagane erano più potenti della Divina Provvidenza. Inconcepibile.
Assunse quindi un’espressione esageratamente atterrita e urlò: «Il Demonio! Sento la presenza del Demonio! Tu devi immediatamente confessarti ed essere benedetto, figlio mio, se vuoi tornare nella grazia di Nostro Signore. In caso contrario morirai e brucerai eternamente nella Geenna, dove le fiamme dell’Inferno divoreranno la tua anima tra le più atroci sofferenze. Per sempre.»
La metà delle parole pronunciate dal prete sarebbero bastate per convincere un credente meno fervente di Pádraig. Infatti l’uomo, pallido di terrore, implorò aggrappandosi alla manica della veste del sacerdote: «Aiutami, Padre! Cosa devo fare?».
Conn, con fare imperioso, ordinò: «In ginocchio!»
Il soldato era molto debole e dolorante, non si alzava dal letto da più di quindici giorni e solo nelle ultime ore, da quando aveva ripreso conoscenza, aveva ricominciato a mangiare un po’ di cibo, per lo più brodo nel quale intingeva piccoli bocconi di pane nero. Mettersi in ginocchio era uno sforzo al di là delle sue possibilità. Anche il prete lo sapeva, ma pur di mantenere la propria autorità spirituale, fu intransigente.
L’irlandese, serrando i denti, con impegno sovraumano e guidato dalla propria incrollabile Fede, si spostò sul bordo del letto e buttò le gambe di lato. Puntellandosi sul braccio dal lato “buono” (il destro), cercò di issarsi in piedi.
Il capogiro fu istantaneo poiché le gambe erano troppo deboli per reggerlo, e l’uomo cadde subitaneamente in ginocchio al cospetto di Padre Conn. Costui, si avvicinò al malcapitato e pose una mano sul suo capo chino.
Pádraig sentiva dolori lancinanti in tutto il corpo ma non si mosse.
Il religioso pronunciò qualche parola in latino tentennante per poi proseguire nella propria lingua natia, a lui sicuramente più congeniale: «Perdona, o Padre, quest’uomo per essersi lasciato sedurre dalle tentazioni lascive del Demonio che si è presentato a lui come la Donna Scarlatta, la Grande Meretrice. Riportalo sulla retta via, Dio Onnipotente, e parlami! Dimmi cosa mi comandi per salvare quest’uomo e io lo farò!»
Dettò ciò Conn buttò la testa all’indietro e cominciò a rantolare come in preda ad una possessione mistica. Il soldato era spaventato e non osava alzare lo sguardo. Sentiva solo i cupi suoni gutturali emessi dal religioso e la pressione della sua mano sopra il capo.
Dopo qualche secondo il prete, con voce più normale, proclamò: «L’Onnipotente si è rivelato a me e mi ha parlato! Egli, nella Sua immensa gloria, ha deciso di perdonarti, ma dovrai espiare tutti i tuoi peccati…»
«S-sì» balbettò Pádraig con un filo di voce.
Fu di nuovo la volta del sacerdote: «Dovrai pregare ogni giorno, all’alba, per due ore in assoluto silenzio, astenerti dalle pratiche carnali di ogni tipo per almeno due lune e nutrirti solo di acqua e un piccolo pezzo di pane per quindici giorni. Solo in questo modo tornerai ad essere degno del Regno dei Cieli»
Il soldato si rincuorò: almeno esisteva una via di uscita. Timidamente sollevò lo sguardo e fissò Conn: «Farò tutto ciò che mi ordini, Padre»
«Non sono io ad ordinartelo» lo corresse furbescamente il religioso «ma Nostro Signore. Fai come ti ha detto e sarai salvo»
L’irlandese annuì sommessamente.
«Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen» proclamò solennemente il prelato.
«Amen» ripeté il fedele con devozione. Poi tentò di rialzarsi, ma vacillò.
Con uno slancio inusuale di umanità, Conn lo sorresse e lo aiutò a riposizionarsi nel letto. Poi lo ammonì di nuovo: «Mi raccomando, figlio: preghiera, astinenza e digiuno»
«Sarà fatto, Padre» confermò Pádraig.
Il prete, compiaciuto, si congedò e si voltò, ma giunto sulla soglia della stanza ebbe un ripensamento: «Un’ultima cosa…»
«Dimmi, Padre» lo esortò il soldato
Conn assunse un’espressione quasi ferina: «La donna, la strega pagana. Se il mio istinto non mi inganna tornerà per controllare il suo operato e per concludere la sua malvagia azione di seduzione della tua anima. Se questo dovesse accadere, tu fingi di assecondarla. Dobbiamo incastrarla e sbugiardarla per quella lurida meretrice figlia del Demonio che è. Riferiscimi ogni suo movimento e ogni sua singola parola» le labbra dell’uomo si contrassero in un sorrisetto malvagio «Lo farai per me e per il Nostro Dio Padre, Pádraig?»
«Certo, Padre. Lo farò per te e per Nostro Signore»
«Molto bene, figlio. Molto bene» e così dicendo il sacerdote si allontanò dalla stanza, lasciando l’irlandese immerso nei propri pensieri.
 
*******
 
Olwen, nella stanza che divideva con le altre schiave concubine, stava rammendando una tunica logora della servitù vicino alla finestra, approfittando della luce del sole che era ancora alto nel cielo.
Improvvisamente una strana sensazione la invase, come un brivido freddo che le percorreva le membra.
Pericolo!
Il suo istinto le impose di sollevare lo sguardo dal proprio lavoro e guardarsi intorno. Le altre cortigiane chiacchieravano e ridacchiavano tra loro mentre lavoravano: chi cuciva, chi filava, chi ricamava. I loro figli più piccoli, nati in modo illegittimo dai lord che usufruivano dei “servizi” delle sue compagne, giocavano ai piedi delle madri. Ogni tanto qualcuno di loro piangeva perché non trovava un giocattolo o per una piccola lite con uno degli altri bimbi e, prontamente, una delle donne accorreva a consolarlo.
Tutto sembrava tranquillo e monotono come al solito.
Olwen fece spallucce e cercò di scacciare la brutta sensazione che provava.
Dopotutto, se davvero ci fosse stato un qualsivoglia pericolo all’orizzonte, ora come ora poteva farci ben poco: tanto valeva rassegnarsi e aspettare il naturale susseguirsi degli eventi.
   
 
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