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Autore: Danny Fan    04/06/2020    0 recensioni
[Il Giro del Mondo in 80 giorni]
[Il Giro del Mondo in 80 giorni]Una pazza scommessa, un viaggio intorno al mondo, un incontro voluto dal destino. Una storia d'amore senza tempo, fra i rintocchi dell'orologio e il tè dell'India coloniale.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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San Francisco, 2 dicembre 1872
 
Il General Grant attraccò alle sette del mattino.
Aouda fu molto stupita delle banchine galleggianti sulle quali dovettero stazionare nello scendere dal piroscafo, e in un moto di incertezza si sorresse al braccio di Phileas Fogg, convinta che la superficie fosse mobile come un tappo di sughero. La convinzione le venne dal fatto che Passepartout, sbarcato davanti a loro con un salto, avesse quasi sfondato la superficie col suo peso.
Aouda ridacchiò all’espressione di indulgente disappunto che si dipinse sul volto dell’inglese all’ennesima esuberanza del suo servo francese. Notò anche che, man mano che le settimane passavano, il gentleman sembrava manifestare un po’ di più quelle reazioni riguardo Passepartout, come se in fondo le roccambolesche trovate del domestico lo divertissero profondamente. Aouda era sicura che, proprio durante quel viaggio e davanti ai suoi occhi, i due uomini stessero sviluppando una vera amicizia, purtroppo frenata e mascherata dai rispettivi status sociali.
Fogg raggiunse la banchina vera e propria del porto senza lasciarle andare il braccio, quindi, voltandosi, le fece cenno di aggrapparsi a lui per compiere il piccolo balzo necessario a guadagnare il suolo americano.
Spontaneamente, Aouda gli sorrise apertamente, con tutta la gratitudine e l’entusiasmo che provava, e si accorse che ancora una volta, i loro occhi rimasero incollati gli uni agli altri per un attimo lunghissimo. Il gentleman stava sorridendole a sua volta, e Aouda non riusciva a distogliere lo sguardo.
Li interruppe un vetturino che, con marcato accento, offrì i suoi servigi, i quali vennero accettati, così che qualche minuto più tardi, partirono verso l’International Hotel.
Dall’interno della carrozza, Aouda osservò le enormi strade di San Francisco che si intersecavano come il motivo tartan del suo vecchio abito occidentale. Seduto accanto a lei, Phileas Fogg sembrava essere immerso nei suoi pensieri, e Aouda non tentò di decifrarlo. Non poteva credere di essere così lontana dall’India, ormai. L’America le sembrò il paese dei giganti, tanto tutto era grande e occupava con libertà i vasti spazi a disposizione.
Giunti all’hotel, Aouda vide Passepartout saltare giù dalla cassetta del veicolo e prendere il bagaglio, aiutato dal vetturino. Anche il francese sembrava sbalordito dal paesaggio e soprattutto dall’ampio locale situato al pianterreno dell’albergo, nel quale era possibile prendere da mangiare gratuitamente pagando solamente la bevanda.
Con imbarazzo, Aouda cercò di nascondere il morso della fame che le diede il vedere tutte quelle leccornie, sebbene il suo appetito fosse tale da farle desiderare un vero e proprio pasto.
Il signor Fogg le porse il braccio, << Volete passare in camera oppure ci accomodiamo direttamente al ristorante? >>.
A quell’ultima parola, gli occhi le si ingrandirono, << Se a voi sta bene, signor Fogg, mangerei immediatamente >>.
Egli annuì, e la accompagnò nel locale dell’hotel, un luogo talmente elegante e tirato a lucido, che ad Aouda parve di essere già arrivata in Inghilterra.
Mangiarono a sazietà, poi il gentleman la accompagnò in camera.
<< Passepartout resterà qui a vostra disposizione >>, le spiegò, << Mentre io vado al consolato per vistare il mio passaporto >>.
Aouda annuì e attese rinfrescandosi, riposando e cambiandosi d’abito, senza aver davvero bisogno dei servigi del francese. Questi le si presentò quando fu pronta, e Aouda lo vide trafficare con un vero e proprio arsenale di rivoltelle e cartucce di colpi.
<< Cosa fate? >>, gli domandò, divertita.
<< Ho sentito dire >>, le spiegò sorridente il giovane, << che in questo paese girano tribù selvagge armate di tutto punto che assaltano i treni e compiono furti e assassinii in questo modo. Così ho deciso di prepararmi al peggio >>.
Aouda cercò di non ridere, per non offendere il bravo e onesto servitore. Però scelse di essere comunque sincera con lui, << Non mi pare che ci sia la necessità di essere così previdenti >>.
<< Buffo! >>, rise il domestico, << Lo ha detto anche il signor Fogg. Però mi ha permesso comunque di acquistare le armi. Meno male! Mi sento più sicuro così >>.
Aouda gli posò con affetto una mano sulla spalla.
Pochi minuti dopo, Phileas Fogg tornò, in compagnia del signor Fix, col quale avevano svolto il turbolento viaggio sulla goletta Tankader, e che con loro si era imbarcato sul General Grant.
Il gentiluomo dagli occhietti vispi manteneva la sua abitudine di aggrottare con frequenza le sopracciglia, in un atteggiamento che sembrava di continuo sospetto. La salutò con galanteria. Aouda però era più concentrata nel notare la strana e seria espressione di Passepartout nel riconoscere chi aveva abbordato nuovamente il signor Fogg. In verità, per lei era solo una semplice coincidenza l’averlo di nuovo con loro, e tutto sommato la compagnia del signor Fix era piacevole e gradita, ma fra quel signore e Passepartout stava succedendo senza dubbio qualcosa fin dalla sera che il servo era scomparso a Hong Kong. Cosa, Aouda non avrebbe saputo dirlo.
<< Ho incontrato il signor Fix qui fuori >>, spiegò Phileas Fogg, avvicinandosi a lei assieme al signore, << E questi mi ha proposto di fare una passeggiata per la città. Volete essere dei nostri, signora Aouda? >>.
Aouda sorrise, << Sarebbe magnifico >>.
Fogg le indirizzò un cenno del capo, prima di consigliarle, << Indossate un soprabito. Fuori è un po’ freddo >>.
Passepartout accorse con la sua cappa, e in pochi istanti lei, Phileas e il signor Fix furono per le strade di San Francisco. Aouda e il signor Fogg camminavano sottobraccio, come al solito, mentre Fix procedeva accanto a loro con naturalezza. Aouda si sentì felice e, solo per il lasso di quella passeggiata fino al centro, si concesse di sognare di essere al braccio del suo salvatore non per galanteria, ma per amore.
Arrivarono infine ad una larga strada chiamata Montgomery Street, e dovettero arrestarsi, vista la gran folla che vi trovarono. Aouda aveva visto raramente un tale assembramento, se non in India. Quelli però erano tutti americani, e gridavano, si spintonavano, sventolavano bandiere, alcuni brandivano pistole con le quali sparavano in aria. Era confusa. Non capiva cosa stesse succedendo, e guardò il signor Fogg con occhi più che perplessi.
Egli le rimandò un’occhiata impenetrabile, segno che fosse nella sua medesima situazione di ignoranza. << È un meeting >>, comprese Fix, dopo aver sentito grida di incitamento da una parte e dall’altra di quelle che sembravano due fazioni contrapposte.
<< Forse, signore, faremmo meglio a non mescolarci con questa folla. Rischieremmo soltanto di prenderci delle botte >>.
Phileas Fogg annuì, e mentre si spostavano dall’altra parte della strada, disse, << Giusto. E i pugni, anche se politici, sono sempre pugni >>.
Aouda vide Fix sghignazzare, e si rammaricò di non avere i mezzi per capire quell’ironia, probabilmente troppo britannica per lei.
Il signor Fogg la condusse verso una serie di gradini che li innalzarono dalla fiumana, fino ad una terrazza dalla quale si dominava tutta Montgomery Street. Si fermarono tutti e tre ad osservare da quella posizione relativamente sicura, ma d’un tratto la folla parve agitarsi maggiormente. Le grida aumentavano, le bandiere si alzavano, scomparivano alla vista e poi ricomparivano a brandelli. Aouda notò che il mare di gente stava pian piano giungendo fino a loro, in un movimento oscillatorio e imprevedibile.
<< È proprio un meeting >>, ribadì il signor Fix, << E la questione che l’ha provocato deve essere palpitante. Non mi stupirei che si trattasse ancora dell’affare dell’Alabama, quantunque sia già risolta >>.
<< Può darsi >>, disse Fogg, con poco interesse.
<< Certo è che due campioni si fronteggiano: l’onorevole Kamerfield e l’onorevole Mandiboy >>, continuò Fix, al contrario tutto interessato.
Aouda lo vide sporgersi verso un altro gentiluomo per domandare spiegazioni, ma venne interrotto dal clamore improvviso che si levò.
Sconcertata, Aouda vide il mare di folla farsi feroce; iniziarono a volare oggetti, le bandiere venivano issate come armi, la gente iniziò a scambiarsi violenti pugni. Il traffico si bloccò. Gli omnibus che trasportavano altre persone si bloccarono nel mezzo della larga via, e in pochi istanti fu il caos.
La folla impazzita iniziò ad invadere i primi gradini che portavano alla terrazza.
<< Credo che sarebbe prudente andarcene >>, opinò Fix, un poco impensierito, << Se al centro di tutto questo ci fosse l’Inghilterra, e se venissimo riconosciuti, ci troveremmo gravemente compromessi nella battaglia >>.
Il signor Fogg lo guardò come se dubitasse fortemente che il loro paese fosse implicato in quella faccenda, e iniziò a ribattere, << Un cittadino inglese... >>. Venne però interrotto da un brusco movimento alle loro spalle.
Aouda si volse a sua volta, un poco nervosa, e vide che un grosso gruppo piuttosto agguerrito correva dalla terrazza verso le scale, per gettarsi contro gli avversari politici. E loro erano nel mezzo delle due fazioni!
In pochissimi istanti furono travolti. Aouda si abbassò istintivamente, e poco dopo si accorse che Phileas si era chinato su di lei, schermandola dall’alto e da un lato con la propria persona, come potè.
<< Diamine >>, sentì borbottare al signor Fix, prima che anch’egli si chinasse e la fiancheggiasse sul lato scoperto.
Agitata, Aouda sentì i colpi che andavano a segno sui due galanti gentleman, assieme a quello di abiti strappati. Udì il signor Fix gemere, poi si sentì a sua volta spintonare, qualcuno le afferrò le gonne, e lei perse quasi l’equilibrio, sorreggendosi al suo accompagnatore con un gemito di paura. Un attimo dopo, vide uno spiraglio; il signor Fogg si era sollevato e lei rimase di stucco quando cercò di sferrare un pugno a chiunque la stesse toccando. Un omaccione dai capelli rossicci, che sembrava il capo della banda, fu afferrato per il bavero. Aouda rimase a bocca aperta quando Phileas Fogg gli ringhiò, con marcato accento dovuto alla rabbia, << Chiedo scusa! >>.
Anche Fix rimase stupito nel vedere l’uomo che veniva spostato di peso dall’inglese, il quale, seppur alto e ben piazzato, di norma non lasciava intravedere una tale forza fisica.
<< C’è una signora qui! >>.
<< Peggio per lei! >>, rispose il rosso.
<< Yenkee! >>.
Aouda si coprì la bocca con la mano. Si credette preda di uno stranissimo sogno, perchè se così non fosse, aveva appena sentito il signor Fogg insultare un altro signore.
Si sollevò, quel tanto che bastava da vedere il gentleman che fissava con puro disprezzo il suo antagonista. Rimase senza fiato. Non aveva mai visto quel volto esprimere così chiaramente un’emozione, prima di quel momento.
<< Inglese! >>, sputò quasi l’americano, afferrato subito dai suoi e trascinato via di qualche passo.
<< Ci rivedremo! >>, gli intimò il signor Fogg.
<< Quando vorrete >>.
<< Il vostro nome? >>.
Il mare di folla trascinò l’americano lontano di svariati metri, ma questi si voltò per gridare con strafottenza, << Colonnello Stamp Proctor >>.
Dopodichè, in un ultimo turbinio che le fece fare un giro su se stessa, la folla passò oltre. Il signor Fix venne rovesciato a terra, ma si sbrigò a rialzarsi, tutto stracciato e con un evidente bernoccolo sul capo.
Si spostarono in uno spiazzo ora sgombro, mentre il clamore si allontanava e gli omnibus riprendevano strada.
Aouda barcollava. Da un lato era scombussolata dalla disavventura, ma si scoprì molto più frastornata dall’essersi trovata così d’improvviso faccia a faccia con un lato di Phileas Fogg che in quei mesi non aveva mai nemmeno intravisto.
È come un leone, pensò, affascinata. Calmo, indifferente, ma quando lo si stuzzica è capace di sbranare chiunque. E non solo a parole.
Aouda lo guardò. L’espressione era tornata impassibile, anche se un poco austera. La sua giacca era strappata lungo la cucitura di una manica, e pendeva tutta arrotolata sull’altro braccio. Anche la camicia bianca era tutta sdrucita sul lato scoperto, così come una gamba dei pantaloni, che si era sfrangiata.
Aouda si riprese e fece due passi per fronteggiarlo, desolata, << Signor Fogg, state bene? >>. Preoccupata, cercò subito di rimetterlo in sesto, ma smise subito, colma di imbarazzo.
<< Voi? >>.
Aouda divenne ancora più rossa quando l’indice di lui le sfiorò il mento, fuggevole, con l’intenzione di farle sollevare il viso per guardarla negli occhi.
Aouda abbassò di nuovo il capo sul suo abito, che per fortuna era intatto, << Sì, io sì... >>.
Imbarazzato dal suo stesso gesto, il gentleman si concentrò subito sul signor Fix, come se niente fosse.
<< Grazie >>.
<< Prego >>, rispose questi.
Aouda aveva udito bene, dunque. Il signor Fix si era preso un pugno in testa frapponendosi fra Proctor e Fogg nella concitazione del momento.
Il signor Fix propose allora di andare da un mercante d’abiti per rendere di nuovo dignitoso il loro abbigliamento. Quando ebbero finito, Aouda si levò dal salottino del negozio nel quale li stava attendendo, e assieme tornarono all’albergo. Là trovarono Passepartout pronto, sempre armato fino ai denti e intento a studiare il caricamento di tutte le sue revolver.
Ad Aouda non sfuggì il rinnovato sguardo torvo che indirizzò al signor Fix, anche se fu più concentrata nel raccontargli tutto quanto era successo in città. Dopo il racconto, sul volto inbronciato del servitore si dipinse finalmente un sorriso. Aouda era stranita. Non sapeva più che pensare riguardo i due uomini. Le era sempre parso che Passepartout andasse d’amore e d’accordo con tutti, e soprattutto col signor Fix. Non ebbe modo di rifletterci ancora, perchè lo stomaco le si contrasse dalla fame, e avevano poche ore prima di dover riprendere il viaggio.
 
 
 
<< Passepartout, aiutate per favore la signora Aouda coi suoi bagagli >>, disse Phileas al servo, poco prima di scendere per il pranzo, << Baderò io stesso ai miei >>.
Il francese, dapprima leggermente stranito, si affrettò ad annuire e ad accompagnare Aouda nelle stanze di lei.
Phileas aveva bisogno di un momento per calmarsi.
Fortunatamente, grazie alla sua naturale impenetrabilità, nessuno riusciva a vedere quanto ancora fosse furibondo. E più ripensava a quel dannato Proctor, più la rabbia ribolliva.
Mise la borsa da viaggio sul letto e iniziò a riempirla con una foga che di norma non gli apparteneva affatto. Quel maledetto aveva osato toccare Aouda. Mai nella sua vita aveva visto un tale bieco individuo afferrarsi alle sottane di una signora rispettabile. Se non ci fosse stato lui e Fix, il disgraziato l’avrebbe travolta, le avrebbe strappato i vestiti e messo quelle sudicie mani su di lei... Una delle sue sciarpe finì dentro la borsa con una sferzata. No, non poteva tollerare un tale affronto. Doveva ritrovare quel porco e fargliela pagare cara.
Lo uccido. Lo uccido.
Phileas si sforzò di riprendere il controllo. Inspirò, espirò e distese le dita che aveva serrato a pugno.
Non provava una rabbia simile da... nemmeno ricordava quando. Ma che cosa gli stava succedendo?!
Non ragiono, comprese. Quando si tratta di Aouda smetto di ragionare.
Fermo in mezzo alla lussuosa camera, si morse appena il labbro inferiore.
Perchè non passa? Questa dannata infatuazione è più radicata delle altre... Non può essere successo. Non posso essermi davvero innamorato di lei.
Lo stomaco gli sprofondò in basso e, ancora per la prima volta dopo anni e anni, provò paura. Il sentimento fu talmente vivo e angosciante da sconvolgerlo.
Non serve avere paura, si disse. Sai già come andrà a finire. Non esiste una paura del rifiuto, perchè lei non ti pensa in quel senso. Ciò che provi è già rifiutato, perciò è inutile temere. È inutile anche sperare.
Puoi solo arrabbiarti con quel maledetto yenkee.
Annuì fra sè e prese la sua decisione. Non poteva fermarsi là in quel momento, aveva una scommessa da vincere. Però poteva tornare là in seguito e cercarlo.
 
 
 
Dopo il pranzo, alcune carrozze li scortarono alla stazione assieme ai loro bagagli.
Aouda sorrise al suo salvatore quando egli le tenne il braccio per aiutarla a salire sullo strano treno.
Si trattava di un convoglio coperto solo su di un lato, mentre una sorta di passerella correva sull’altro. Aouda immaginò che, durante il viaggio, ci si potesse affacciare fuori per vedere il panorama, e la cosa la riempì di curiosità. Si volse verso Fogg per comunicargli quell’entusiasmo, ma notò che egli si era fermato assieme al signor Fix e gli stava dicendo, << Quel colonnello Proctor, non lo avete rivisto? >>.
<< No >>, rispose Fix.
Phileas Fogg annuì fra sè, guardando la piattaforma della stazione gremita, << Tornerò in America per ritrovarlo >>, e allo sguardo stranito dell’altro aggiunse, << Non sarebbe decoroso per un cittadino inglese lasciarsi trattare a quel modo >>.
Aouda vide Fix sorridere nervosamente, e si accorse che anche il suo entusiasmo era scemato, sostituito dalla preoccupazione.
Che intenzioni aveva il gentleman? Sfidare quell’americano solo per onore?
Quando il signor Fogg fece per voltarsi e raggiungerla, Aouda finse di non aver udito e si lasciò accompagnare dentro lo scompartimento.
Un impiegato passò loro accanto, e il signor Fogg lo fermò prima che sfilasse via, << Ci sono stati disordini oggi a San Francisco? >>.
<< Era un comizio, signore >>, minimizzò l’uomo.
<< Tuttavia mi è sembrato di notare una certa agitazione nelle strade >>.
L’impiegato fece spallucce, << Si è trattato semplicemente di un comizio organizzato per un’elezione >>.
Fogg annuì, << Quella di un generale d’armata, probabilmente >>, indagò.
L’impiegato però scosse con forza il capo, << No, signore, quella di un giudice di pace >>.
Aouda strabuzzò gli occhi, e riprese il braccio del compagno con sconcerto. Non osava immaginare a quali disordini potesse essere soggetta quella grande città durante delle elezioni veramente importanti!
Lo sguardo colpito che si scambiarono brevemente lei e Phileas Fogg non appena ebbero voltato le spalle all’uomo fu però sufficiente a farle scordare sia Proctor che la brutta avventura di quella mattina.
Alcune volte, fra di loro, non era necessaria alcuna parola.
  
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