Mycroft camminava nel suo
studio a Pall Mall, il cellulare nella mano sembrava pesargli come un
sasso.
Valutava tutti gli sviluppi possibili mentre leggeva il messaggio di
testo che
aveva ricevuto da suo fratello. Gli chiedeva di passare a Baker Street
per
trascorre del tempo con la piccola Rosie. Quel pomeriggio non erano
riusciti a
trovare una baby sitter, sapeva di essere un ripiego, ma la cosa non lo
aveva
urtato, anzi, in un certo senso lo aveva fatto sentire...necessario.
Che John e Sherlock gli
dessero fiducia dopo quello che era successo a Sherrinford, spegneva
dentro di
lui la tensione degli ultimi mesi.
Allontanò il
cellulare e camminò fino alla finestra con le
mani sprofondate nelle tasche. Guardò il giardino
abbandonato.
La sua casa era decisamente
vecchia, si sentì improvvisamente solo. Pensò che
sistemando il piccolo prato
avrebbe potuto mettere un'altalena per Rosie, o uno scivolo. E tentare
di
riallacciare un rapporto stabile con suo fratello e John.
Era rimasto sorpreso dalla
richiesta, era praticamente l'ultima persona al mondo che avrebbe
potuto
accudire Rosie. Un umano strillante che toccava ogni cosa, che avrebbe
messo in
pericolo il suo vestito perfetto.
La
piccola avrebbe portato alla bocca qualsiasi cosa girasse per quella
casa, dove
regnava un disordine totale. Roteò gli occhi fissando il
cielo a cui si
appellò. Sherlock, si disse, aveva perso la ragione.
Fece un ultimo tentativo, si
lisciò la guancia con la mano e con l’altra prese
il cellulare, gli inviò un
messaggio chiedendogli di portare Rosie dalla loro madre. La risposta
fu un
secco: "No, ti aspetto fratello. Muoviti."
Non ebbe la possibilità
di
replicare e si avviò annientato a Baker Street, sperando di
sopravvivere.
Nello stesso momento suo
fratello discuteva con John della decisione di affidargli Rosie.
"Sherlock è l'idea
più pericolosa che il tuo cervello potesse
partorire. Lasciare Rosie a Mycroft! Ma se quando viene a trovarla
mantiene
delle considerevoli distanze di sicurezza! Per quanto Rosie lo cerchi,
per non
so quale motivo."
John si stava
preparando per uscire, ma non riusciva ad allacciare la cravatta. Dopo
due
tentativi Sherlock lo avvicinò e lo aiutò
scuotendo la testa.
"Proprio per questo
John, i bambini hanno una sensibilità innata che li fanno
individuare le
persone leali e affidabili. Vedrai funzionerà. Mycroft ha
fatto spesso da baby
sitter a me e a Eurus. Credimi era attentissimo."
Le sue parole decise
calmarono Watson.
Il giovane Holmes sembrava
divertito dalle sue apprensioni, ma era assolutamente certo che Mycroft
sarebbe
stato perfetto. Chi se non lui era costantemente protettivo. E poi
voleva farlo
sentire in famiglia, ultimamente si erano frequentati poco. Non era
contento di
vederlo vivere in solitudine, tormentato dalle colpe per quello che
aveva provocato
la sorella.
John brontolò in
silenzio, finì di prepararsi e diede uno sguardo
alla stanza della figlia, strinse le labbra inquieto.
Mycroft arrivò poco
dopo. Salì le scale con passo pesante,
l'ombrello stretto in mano, la faccia tirata. Perfino il suo
abbigliamento
impeccabile sembrava trascurato, la cravatta leggermente storta.
Si guardò in giro e vide
Sherlock seduto sulla poltrona che
faticava a trattenersi dal ridere. Sapeva di essere ridicolo, ma era in
panico
totale e il minore lo sapeva.
Non era in grado di rapportarsi con
le persone, figuriamoci con
una bambina piccola come la nipote. Che lo era diventata a tutti gli
effetti,
visto che Sherlock e John dopo tanti tentennamenti, erano una coppia
stabile.
"Avanti Myc, Rosie
non ha ucciso ancora nessuno." Rise sonoramente, mentre il maggiore
degli
Holmes brontolò, sperando di superare il pomeriggio senza
provocare danni.
La stanza era ingombra come
spesso accadeva, ma ora si erano aggiunti anche i giocattoli della
piccola.
John lo sentì alle sue
spalle, si voltò e sollevò appena un
sopracciglio scuotendo la testa.
"Bene fratello, sul tavolo della
cucina c'è un foglio con
tutte le istruzioni. Rosie adesso dorme, poi si sveglierà e
penserai tu a
sfamarla. Tranquillo è già tutto pronto."
Lo guardava cercando di essere
serio. Si alzò e raggiunse John,
indossò il Belfast nero, pronto a uscire.
Watson raggiunse il cognato e dopo
averlo fissato intensamente lo
apostrofò secco.
“È solo una
bambina Mycroft,
non scappare al primo problema che si presenta. Hai un'intelligenza
oltre la
media, sfruttala. E ricorda che ti inseguirei in capo al mondo. Andiamo
Sherlock! Buona fortuna."
Si voltò, sorrise al
riccioluto. Era stato convincente, perché Mycroft respirava
appena. Uscirono
consapevoli di avere visto il vecchio Holmes sulla graticola.
Risero chiudendo la porta di
casa. Ma la riaprirono subito dopo, complici, cercando di essere seri.
“Scusa fratello, ma ci
siamo dimenticati di avvisarti che quando
si sveglia a Rosie piace che gli si cambi il pannolino.”
Mycroft sbiancò.
Balbettò. “Ma non lo so fare…. Per Dio
sono
passati anni…… Appena mi ricordo di come cambiavo
Eurus.”
Il giovane lo guardò
sorridendo, fu gentile a quel ricordo. “Quindi lo sai fare!
Tu non scordi
nulla.”
“Ma...
Sherlock…. Non mi farai
questo! Io non so se sono in grado di...…”
Annaspò con la mano per aria.
“Lo sei, lo faccio pure
io! Arrivederci
fratellone.” Si voltò e
scivolò fuori dalla stanza prendendo sottobraccio John.
“Tranquillo andrà bene,
Rosie si salverà. Lo sai quanto è
attento.” Rise insieme a John e lo spinse via
con gentilezza.