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Autore: mphe13    05/06/2020    1 recensioni
Un’anima, quella dell’uomo, raggrinzita, essiccata, come una pianta priva di linfa; morta, quasi quanto la sua: l’essere, mortale o immortale, che lei avesse mai trovato più simile a lei.
Fu per un senso di profonda curiosità che rinunciò a prendersela, quell’anima.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elsa, Hans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sangue.

L’odore, il sapore del sangue. Il sapore dei sogni, della speranza, della spensieratezza.

Il sapore della giovinezza.

Emozioni sconosciute, brutalmente strappatele via al momento della Nascita – al momento della morte –, si riversavano potenti dentro di lei come un fiume in piena a ogni singola goccia di quel meraviglioso, denso liquido scarlatto che le pizzicava la lingua e la gola. Una fugace sensazione di vita, estranea a lei come la luce del giorno. Non le conosceva.

Non le era stato concesso di sceglierle.

Era questo che avrebbe voluto spiegare a tutti quei giovani che cadevano come topi nella sua morsa, a tutte quelle innocenti anime che lottavano, si dibattevano per sfuggire a qualcosa che non capivano: come può finire così? Perché ora? Perché io?

Ma d’altronde, come spiegarlo? Come descrivere a una fanciulla nata e cresciuta sotto il caldo abbraccio del sole la sensazione di alzarsi ogni notte accolti dal freddo volto della luna? Come dipingere, agli occhi languidi di un ragazzo che sa di stare per morire, l’immagine stessa della morte? Come fargli capire proprio questo, che non c’era scelta, né per lui né per lei?

Avrebbe voluto spiegarlo, ma non poteva.

“Sono terribilmente spiacente”, si limitava allora a dire.

Ma non esprimeva neanche la metà di ciò che pensava, e non era del tutto sicura che fosse vero.

Poco male. Solo alcuni istanti, e una nuova anima avrebbe capito.
 


Sangue giovane: il più prelibato, il più ricco di illusioni, che allettavano il suo cuore non pulsante, ma capace ancora di provare qualcosa: stupore.

E stupore fu quello che provò quando l’odore di sangue giovane, per la prima volta da secoli, non le trasmise che pena.

La persona a cui apparteneva dimostrava poco più di vent’anni: a un osservatore esterno sarebbe parso un uomo come un altro, le spalle cariche di leggeri sogni puerili; ma lei, che vantava la possibilità di poter leggere – assaggiare – chiaramente la sua anima, la scoprì a brandelli.

I tormenti che si agitavano nel suo cuore avrebbero fatto gelare e impallidire persino la luna.

Un’anima, quella dell’uomo, raggrinzita, essiccata, come una pianta priva di linfa; morta, quasi quanto la sua: l’essere, mortale o immortale, che lei avesse mai trovato più simile a lei.

Fu per un senso di profonda curiosità che rinunciò a prendersela, quell’anima. Cominciò a seguirla furtiva, quando poteva – dal tramonto all’alba, scoprì che l’uomo preferiva la notte per dare sfogo ai suoi pensieri.

E scoprì anche il nome dell’uomo.

Hans.

Buffo, si ritrovò a pensare in seguito, il fatto che non lo pronunciò mai.
 


Un’anima priva di linfa, priva di amore.

Ciò che distingueva il giovane uomo da tutti gli altri era proprio quella mancanza.

Se in tutti i suoi lunghi anni di esperienza aveva imparato qualcosa sugli esseri umani, era che non potevano fare a meno dell’amore.
Curiosamente, molti dei loro sogni – lei lo sapeva, era lei ad appropriarsene -  dipendevano da esso: è una fonte di gioia, per loro, vitale. Un po’ come il sangue lo era per lei.

Ma quell’uomo era diverso. In lui non c’era traccia di quel sentimento che avrebbe dovuto colmarlo, bello, ricco e giovane com’era. Non c’era, e lui non sembrava intenzionato a riempire quel vuoto.

I suoi giorni passavano lenti – come solo per gli umani possono -, il suo cuore ne scandiva lo scadere incessante con ogni battito, ma lei aveva il sospetto che lo facesse per abitudine, per inerzia; non perché avesse un reale scopo per andare avanti.

O forse uno sì: il maniacale desiderio di perfezione. Era come se ogni fibra del suo corpo e della sua mente fosse tesa a raggiungere l’irraggiungibile. Ma quel limite intrinseco della natura umana non sembrava costituire un problema per lui.

Lo guardava esercitarsi con la spada, come si confaceva a un uomo suo pari, ma spingendosi a un punto che a nessun altro mortale sarebbe stato possibile: vedeva i suoi muscoli guizzare e flettersi, le sue membra gridare per la stanchezza e il dolore, ma lui non si fermava. Lui non era, non voleva essere confinato nella magra, stantia definizione di essere umano.

Era giunta a questa conclusione una notte in cui lo vide chino su libri grigi per la polvere, vecchi e dimenticati, che nessuno avrebbe consultato se non per estrema necessità e che sarebbero stati richiusi con un sospiro di sollievo. Non da lui. Lui passava ore e ore su quelle pagine, sondandole alla ricerca di quella conoscenza che non avrebbe potuto trovare altrove: le sagge parole degli antichi, di coloro che erano venuti prima di lui e avevano conosciuto un mondo diverso; forse sperava di arrivare a comprendere il proprio attraverso una lente distorta. Quella che aveva, quella precisa ed esatta che era la sua vita, evidentemente lo confondeva.

Folle, disperato nella sua ricerca della perfezione fisica e mentale: e solo, terribilmente, immancabilmente solo.
 


La sua era una famiglia numerosa: dodici fratelli e un’invidiabile quantità di nipoti.

Giovinezza.

Sogni.

Sete.

Sangue.

Eppure decise di risparmiare anche loro. Le servivano per comprendere il mistero di quell’uomo inumano. Quale altra ragione d’essere, per loro, altrimenti? A cosa potevano giovare al corso del mondo? Erano stati creati per quello, per essere il tramite tra lei e il perenne oggetto dei suoi pensieri.

Ma non fu facile. Più osservava, meno capiva.

Era stata abituata sin dalla Nascita a selezionare con cura le sue vittime, a pedinarle per un po’ e a riconoscerne le abitudini, per poi colpirle sfruttando tutte quelle utilissime informazioni. E ne aveva viste tante, di famiglie umane, ma nessuna come quella dei Westergaard.

In nessuna aveva mai avvertito una tale freddezza – lei, che non sentiva niente, ma quel freddo le entrava nelle vene e la gelava dall’interno, facendola – quasi – rabbrividire. L’indifferenza che si leggeva sui volti di quegli uomini impegnati a scrutarsi l’un l’altro, sembrava che annullasse totalmente il calore generato dalla presenza dei bambini immersi nei loro giochi: soltanto alcuni, più grandi, parevano avvertire l’aria tesa che imbruttiva i volti dei loro padri, e rimanevano congelati sul posto.

Non c’era amore in quella famiglia. Non c’era perfezione. Forse per questo l’uomo la cercava altrove.
 


Li sorprese a litigare, una notte. Da una finestra che dava su una camera illuminata dalla tremolante fiamma di una candela, l’uomo e quello che riconobbe come il maggiore dei suoi fratelli erano impegnati in un’aspra discussione: la faccia dell’uomo contratta dalla rabbia, la bocca del fratello che sputava parole velenose con una smorfia.

Lei non poteva sentire cosa si stavano dicendo, ma riusciva a immaginarlo.

Perfezione. Perfezione. Perfezione.

Non esiste.

Perfezione.

Non puoi trovarla qui.

Perfezione.

Vattene.

E l’uomo se ne andò.

Lasciò la casa e la sua famiglia, senza portare nulla con sé: solo un cuore gonfio di odio e una silenziosa compagna.
 


Ma non si arrese nella sua ricerca. Viaggiò in lungo e in largo, in posti dove la mano dell’uomo non aveva lasciato contaminazione; comprò una casa su una scogliera a picco sul mare, il rifugio ideale per il suo animo teso all’isolamento, e lì visse per molti mesi, continuando, miserabile, a inseguire quell’ideale che lo chiamava, lo attirava e appena prima di essere trovato svaniva come fumo tra le sue dita. Appariva sempre più sgomento, sempre meno determinato, come se l’idea che quella perfezione a cui aveva dedicato, sacrificato la propria vita in realtà non esisteva, neanche per lui – come se quell’idea si facesse più insistente, un dubbio che lo divorava dall’interno come le termiti anche con il legno più duro, lasciandolo senza fiato. Sospeso, tra l’incertezza e la risolutezza dei pazzi, che lo consumarono fino a lasciare solo un guscio vuoto di ciò che una volta era stato quasi perfetto.

E lei lo osservava ancora mentre si abbandonava a quella amata e odiata perdizione.
 


La notizia della sua morte fece il giro del paese dove viveva.

Era un tale peccato, si ripeteva di bocca in bocca: un uomo così giovane, stroncato nel fiore dell’età da un male sconosciuto.

Quella era la voce più accreditata; eppure non mancavano quelli che giuravano di sapere come fossero andate davvero le cose.

Dei pescatori avevano trovato il corpo dell’uomo abbandonato su uno scoglio sferzato dal vento e dal mare. Era l’alba, ed era già morto. Il cranio frantumato e due piccoli punti sul suo collo non potevano che significare una cosa: era l’ennesima vittima di quel mostro che infestava i loro incubi.

Fu sepolto in un cimitero fuori dal paese; la sua famiglia aveva richiesto che la sua tomba non fosse collocata nella loro cappella.

Un prete celebrò una breve funzione, a cui accorsero pochi invitati. Nessuno di loro piangeva. Solo le loro labbra si muovevano, formando le parole che non osavano pronunciare ad alta voce:

È stato il vampiro.
 


Ma lei conosceva la verità. L’aveva vista.

Lo aveva visto buttarsi giù dalla scogliera nel cuore della notte, gli occhi spiritati di chi ha preso una decisione folle e tuttavia è ostinato perseguire il suo obiettivo; aveva visto il suo corpo abbattersi violentemente sugli scogli più in basso e dire così addio al mondo.

Lei era scesa al suo fianco: lo aveva osservato per l’ultima volta, i bei capelli ramati sporchi di sangue, le vesti strappate e bagnate dall’acqua che fremeva per trascinarlo con sé.

Si diceva che fosse stata lei a ucciderlo in un modo così brutale: ma non era vero. Lei voleva soltanto comprendere.

Comprendere il suo sogno, il perché della sua ossessione. Comprendere lui.

E aveva bevuto quel poco di sangue che gli era rimasto in corpo.

Sangue vergine e puro, non corrotto dal sale e dalla roccia.

Sangue che sapeva di conoscenza.

Sangue giovane.












Angolo dell'autrice 
Mentre mi aggiravo nei meandri del mio computer, ho trovato questa vecchia one-shot risalente al 2018. Rileggendola ho pensato che valesse la pena pubblicarla... non credo di aver mai scritto qualcosa di cui vada più fiera XD. Fatemi sapere che ne pensate, grazie per aver letto!  
   
 
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