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Autore: Bethesda    06/06/2020    0 recensioni
Raccolta di fanfiction di diversa lunghezza su Hal/Dave per la ATONEMENT CHALLENGE (#atonementchallenge) di Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Otacon, Solid Snake/Old Snake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt di BloodyWolf Efp: A si ritrova con una spalla lussata, immerso nel niente assoluto, fino a quando raggiunge un ranch dove B lo ospita e lo rimette in sesto.

Per la ATONEMENT CHALLENGE (#atonementchallenge) di Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart

 

Scelte sbagliate

 

Non avrebbe dovuto trovarsi lì.

Sarebbe dovuto rimanere a Londra con Natasha, mollare la ricerca e dedicarsi all’insegnamento, e invece si trovava nel mezzo dell’Alaska, nel bel mezzo dell’inverno, come bagagli solo uno zaino, un computer e scarpe per niente adatte al clima, alla ricerca della casa di un uomo che aveva visto poche ore in vita sua e che non sapeva neanche del suo arrivo.

Lo avrebbe scacciato?

Gli avrebbe sbattuto la porta in faccia?

Otacon non ne aveva la benché minima idea ma in quel preciso istante aveva ben altro a cui pensare.

Per esempio il fatto che fosse caduto di nuovo, scivolando su una lastra di ghiaccio lungo l’unica strada carrabile presente – la poteva davvero definire tale? -, i vestiti bagnati, gli occhiali storti sul naso e un lancinante dolore alla spalla destra.

Hal provò ad alzarsi, imprecando, una forte voglia di piangere addosso, ma tutto ciò che gli uscì fu un gemito di dolore.

Non riusciva a far forza sul braccio dolorante.

Non riusciva a sollevarlo.

I suoi pochi averi si erano sparsi nella neve fresca durante la caduta e tutto ciò che gli rimaneva era un pesante senso di scoramento.

Forse fu la stanchezza, forse il fatto che si stesse rendendo conto di quanto pessima fosse stata la sua idea, forse il fatto che non avesse la benché minima idea di dove si trovasse, ma non riuscì a trattenersi e grosse lacrime cominciarono a scendere, accompagnate da singhiozzi silenziosi.
Si sarebbe lasciato morire lì, nel mezzo di quella terra inospitale, e forse qualcuno lo avrebbe trovato al disgelo.
Sì, come piano gli pareva congeniale.

«Otacon?»

Hal riaprì gli occhi e si stupì nel trovare sopra di sé un volto noto, sebbene dallo sguardo confuso e stupito.
Un paio di occhi azzurri lo fissavano pieni di domande e lo scienziato si rese conto di essere arrivato.

«Ciao Snake», singhiozzò con un sorriso.


 

All’interno della baita, Hal si stupì di un sacco di cose.
Anzitutto del fatto di essere riuscito ad arrivare in quel posto sperduto senza morire – circa.
Secondariamente, che Snake non avesse fatto ancora troppe domande sul perché lo scienziato si trovasse lì.
Terzo, del numero di cani da slitta che l’altro possedeva.
Solo in casa, Hal ne contò almeno otto, tutti splendidi, gioiosi ed estremamente incuriositi dall’ospite che si ritrovavano sul divano, in quell’istante mezzo nudo, con indosso solo un paio di pantaloni della tuta – di Snake, i suoi abiti erano ad asciugare di fronte al fuoco- e nulla più, poiché il soldato stava studiando la sua spalla, e per farlo gli aveva intimato di non rivestirsi.
Non che potesse fare diversamente.
In quel momento Hal neanche riusciva a sollevare l’arto, figuriamoci indossare qualcosa.
Snake stesso aveva dovuto aiutarlo nello spogliarsi, cosa che gli aveva provocato non poco imbarazzo, ma al soldato sembrava non importare.

«È lussata», stabilì il padrone di casa, la barba sfatta e l’aspetto rilassato, così diverso rispetto a come lo aveva visto la prima volta a Shadow Moses sei mesi prima.
Snake era in ginocchio sul divano logoro, esattamente accanto a lui, il braccio dell’altro fra le mani di modo che potesse tenerlo sollevato, a formare un angolo di novanta gradi con il gomito.

Hal imprecò e si morse le labbra.

«Cristo, dovrò farla controllare da qualcuno. Non ho più neanche l’assicurazione sanitaria, e quanto è distante l’ospe—», cominciò a parlare a vanvera Otacon, sino a che un lampo di dolore non gli attraversò tutto il corpo, mozzandogli il fiato.

Con un movimento rapido, preciso, Snake aveva tirato verso di sé il suo omero e la sensazione era stata come se qualcuno avesse tentato di strappargli l’arto. Poi, immediatamente dopo, vi erano stati un’altra serie di rapidi movimenti, seguiti da schiocchi e rumori poco confortanti, soffocati tuttavia dal grido di Hal, che non riuscì a trattenersi, troppo sorpreso dal dolore inaspettato.

 

«Fatto», replicò secco il soldato, il braccio dell’altro sempre fra le mani.

«C-cosa?», mugolò fra le lacrime Hal, ruotando la testa per cercare di capire se avesse ancora una spalla o meno.

«Te l’ho ridotta. Ora non ti serve altro che riposo, ghiaccio e antidolorifici».

«Oh», ribatté l’altro dopo qualche istante, ricomponendosi, scacciando una lacrima che era sfuggita dalle sue ciglia con il braccio che in quell’istante non stava bruciando per il dolore.

«Ne ho sistemate a decine quando ero nei Berretti Verdi. Non è facile avere un dottore a portata di mano quando sei nel mezzo di una missione».

«Grazie», riprese incredulo Hal.

Snake scosse la testa come a dire “non preoccuparti” e allungò una mano verso il tavolino posto di fronte a loro, mettendosi in piedi per accendere la sigaretta che aveva appena recuperato.

«Non pensarci. Ma ora Otacon, dimmi», si interruppe per prendere una boccata, soffiando fuori il fumo qualche istante dopo, abbassando lo sguardo verso l’ospite inatteso. «Che cazzo ci fai qui?»

   
 
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