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Autore: Il cactus infelice    07/06/2020    6 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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DETRITI E SANGUE


Zeudi voleva arrabbiarsi. Voleva piangere. Voleva strapparsi i capelli. Ma sentiva di non poter fare alcuna di quelle cose. Sentiva che se lo avesse fatto avrebbe perso anche quel poco di credibilità che aveva.

La Suora Madre in orfanotrofio le diceva che era un atteggiamento da bambine capricciose, sbattere i pugni e i piedi per terra quando non si ottiene ciò che si vuole, e Dio punisce le bambine capricciose. Nella vita bisogna soffrire e incassare la testa se si vuole essere benedetti con la Vita Eterna. Solo quello importava.

A Zeudi non importava della vita eterna o di Dio. A Zeudi importava solo di riprendersi in mano la sua identità, di risorgere dalle ceneri nelle quali l’hanno cacciata quegli usurpatori che credevano che le loro idee fossero meglio delle sue, della sua famiglia.

Ma come avrebbe fatto se non riusciva nemmeno a gestire quei pochi uomini che erano sotto il suo tetto? Lei li aveva riportati in vita eppure non le mostravano alcun tipo di gratitudine ma solo disobbedienza.

Distruggere così un monumento della comunità magica, con delle Pozioni facilmente riconoscibili. Aveva detto loro di portare pazienza perché non erano pronti, non erano preparati ed erano troppo pochi. Ma no, volevano lasciare un segnale. Ma quale segnale esattamente? Se si facevano scoprire sarebbe stata la fine…

O forse hai paura? La voce di sua madre le apparì prepotente nella testa. No, non era paura, era cautela.

Solo i vigliacchi sono cauti. Solo i vigliacchi non si espongono. Tu non sei una vigliacca.

No, ma cos’era? Non aveva un’identità, non riconosciuta almeno. Le erano solo rimasti un nome e cognome ma a cosa servivano se nessuno li conosceva? Se nessuno li legava a lei.

Non era mai stata a Hogwarts, non poteva sapere se sarebbe stata una degna Serpeverde. Dentro di sé si ripeteva di sì, ma importava davvero l’appartenenza a una casa in una scuola? 

Non temere, mia cara. Presto verrà il nostro momento. Renderai tuo padre orgoglioso.


“E se fossero stati i Snake Brothers?” 

Adam scosse il capo.

Gli Auror si erano radunati nella grande sala delle assemblee per decidere il da farsi dopo aver scoperto, da Harry, che il Ponte era stato fatto esplodere appositamente. Una decina di Pozioni esplosive erano state trovate sotto ogni angolo della struttura. Per fortuna non si era trattato di Pozioni incendiarie altrimenti avrebbero dovuto vedersela anche con un incendio oltre che un crollo.

Gli esperti di identificazione erano all’opera per trovare delle impronte digitali o delle tracce magiche riconducibili a qualcuno, ma se i colpevoli avevano fatto bene il lavoro non avrebbero trovato nulla.

Harry era seduto sulla poltrona a capotavola, la testa buttata all’indietro e gli occhi chiusi. Aveva le braccia posate mollemente sui braccioli e sembrava stesse dormendo, ma Lily, che lo stava guardando con la coda dell’occhio, poteva dire chiaramente che non era così. Aveva la stessa ruga sulla fronte che compariva a James quando era teso e preoccupato.

“Non ho sentito di alcun piano per sabotare il Ponte”, disse Adam. “E poi, non mi sembra nel loro stile. Non li frequento da tanto, ma posso dire che colpire così quel Ponte, dove passano delle persone a caso, non è qualcosa che farebbero. I loro attacchi sono molto subdoli e mirati, colpiscono piccoli gruppi di persone specifiche. Ma tra un’ora mi incontro con loro e posso chiedere”.

“Fai attenzione, Adam. Non far sospettare che sei una spia”.

“Ma certo capo”.

La voce di Harry, forte e improvvisa, quasi spaventò gli altri Auror. Harry guardò Adam con uno sguardo che sembrava voler dire qualcosa: sapeva che le sue parole erano superflue, ma in quel momento aveva bisogno di dire qualcosa. Aveva bisogno di un appiglio. 

“Harry”, chiamò piano Hermione, un po’  timorosa. L’Auror spostò il capo su di lei e si alzò con calma.

Ora toccava la parte peggiore: andare davanti alla stampa a dire quello che era successo. E che loro non avevano alcuna idea di chi fosse stato.



Adam piegò le labbra in un sorriso esitante, sorseggiando la sua birra.

Alfred, di fronte a lui, gli fece un segno di salute con la propria birra prima di portarsela alle labbra, un sorriso pieno di confidenza e soddisfazione.

Adam mise giù la birra con un colpo secco, fissando le linee del tavolo di legno prima di riportare gli occhi sull’altro uomo. Sentiva la tensione risalirgli lungo tutta la spina dorsale e cercò di darsi una calmata. Non aveva alcun motivo di essere teso, non per quanto concerneva Alfred. Doveva essere una giornata tranquilla, il suo contatto lo stava per portare nel covo di questo gruppo segreto di idolatori della purezza del sangue.

“E tu… Tu ne sai qualcosa del Ponte?” chiese.

Alfred Hachett lo scrutò per qualche istante con quegli occhi celesti che sarebbero potuti anche essere piacevoli e confortanti se non si fossero trovati sulla faccia di quell’uomo inquietante e che Adam sapeva essere pericoloso.

Sentì una goccia di sudore scivolargli lungo la schiena dall’attaccatura del collo.

L’altro scoppiò a ridere all’improvviso come se Adam avesse appena fatto una battuta geniale, una risata fragorosa e apparentemente genuina.

“Oh Christian, Christian”. 

Smise di ridere così come aveva iniziato, di colpo, e fissò di nuovo il volto di Adam, il fantasma di un sorriso che ancora aleggiava sulle sue labbra.

Adam inarcò le sopracciglia perplesso.

“Mio caro ragazzo. Spero di non deluderti. Non sono un uomo così intraprendente. Mi mancano le risorse. Sai, questo progetto che stiamo portando avanti… I Snakes Brothers… sono ancora un’idea, un seme appena interrato. Ma presto rafforzeremo le nostre squadre”. Alfred svuotò il suo boccale di birra e si passò la lingua sui baffi.

“Avremmo potuto pensarci noi però”, disse il terzo uomo seduto al tavolo, un certo Homer, di cui Adam si era quasi dimenticato la presenza. Stava perlopiù in silenzio e quando parlava non diceva mai nulla di davvero utile o interessante. E nemmeno intelligente. Adam in pochi giorni aveva capito che era solo un cagnolino in quella gerarchia, seguiva Alfred come se ne fosse ossessionato, sempre pronto a cercare di fare bella figura. Alfred lo trattava con così tanto paternalismo che ad Adam quasi dispiaceva per lui.

“E perché mai?” scattò Alfred con velato rimprovero. “Noi non attacchiamo così a caso. E non ci esponiamo così tanto. Lo sai bene, Homer, come sono i nostri attacchi. Mirati e semplici. Forse per ora sono ancora poco notabili, ma devi avere pazienza, caro mio. Arriverà il nostro momento”.

Homer abbassò lo sguardo come se fosse stato colpito. Adam, o meglio, Christian lasciò andare il proprio boccale e alzò gli occhi su Alfred.

“Forza, andiamo! Abbiamo una festa che ci aspetta”.

Alfred si alzò e, in silenzio e con ordine, tutti e tre gli uomini uscirono dal locale.



Verso sera, dopo la festa, Adam si ritrovò nell’appartamento dove avevano preso dimora Lily, James e Sirius, per discutere degli ultimi aggiornamenti riguardo la questione Snakes’ Brothers. A dire il vero, la festa stava ancora proseguendo bene, ma Adam aveva optato per una scusa e aveva abbandonato prima; erano tutti abbastanza alticci e quindi nessuno aveva fatto troppe domande. Oltretutto, continuavano a passargli bicchieri di vino e se beveva troppo rischiava di far saltare la copertura.
Mai bere in servizio era una regola fondamentale. Inoltre, non ne poteva più di stare lì ad ascoltare tutti quegli uomini parlare di quanto fosse importante preservare la purezza del sangue, di quanto i Babbani fossero inferiori ai Maghi solo perché non possedevano la Magia - come se fosse colpa loro - e di quanto il loro sangue sporcasse quello prezioso dei maghi, rischiando di diluirlo e indebolirlo, portando così la Comunità Magica all’estinzione. Era una teoria del complotto che girava molto, troppo.
Era stanco di sentirli ridere sguaiatamente per delle battute orribili sui Babbani e i Magonò e dover fingere di essere divertito.
Quello che doveva fare l’aveva comunque fatto: conoscere il capo di tutta quell’organizzazione, Lawrence Cobra, e infiltrarsi ancora di più. Gli avevano addirittura detto che poteva venire alla loro prossima “operazione rastrellamento” e, anche se non gli avevano specificato cosa fosse, Adam aveva un qualche sospetto. 

Non lo stupiva nemmeno che la maggior parte fossero quasi tutti uomini, e le uniche donne che c’erano erano le mogli o le fidanzate a cui veniva rivolta la parola solo per chiedere che andassero a prendere da bere o da mangiare, o per essere complimentate per l’aspetto fisico.
Insomma, dopo il Ponte distrutto, non si poteva certo dire che la sua giornata si fosse conclusa nel migliore dei modi.
“Quindi questi tizi sono tutti Purosangue?” chiese Lily. 

Adam scosse il capo. “Non penso proprio. Non li ho conosciuti bene tutti quanti, con alcuni ho solo parlato un po’ ma escluderei che provengano tutti da famiglie esclusivamente Purosangue. E’ sempre più difficile trovare famiglie che abbiano mantenuto la purezza”, rispose Adam, facendo il segno delle virgolette con le dita sull’ultima parola. “Almeno, da dopo l’ultima Battaglia contro Voldemort e da quando il Mondo Magico si è aperto un po’ di più nei confronti di quello Babbano. La gente non ha più quei pregiudizi e i matrimoni misti sono diventati normali e non più un’eccezione. Ma c’è anche da dire un’altra cosa”. 

Sia James che Lily che Sirius portarono gli occhi sul volto di Adam, in attesa di sapere cosa dovesse rivelare. 

“Da quando sono aumentati i matrimoni misti, sono aumentati anche i Magonò. Ogni anno, si calcola che c’è un dieci per cento in più di famiglie magiche da cui nascono figli Magonò. Ovviamente, non sto dicendo che le due cose sono collegate, non c’è alcuna prova di questo, ma i Snakes’ Brothers sì, ci credono, e per loro è abbastanza per creare organizzazioni come quella e non volersi mischiare coi Babbani. Alcuni di loro non parlano nemmeno più con le proprie famiglie perché hanno scelto di rinunciare alla purezza. Alfred, il mio contatto, ha entrambi i figli, due gemelli, che sono Magonò. Mai andati ad Hogwarts o in qualche altra scuola magica, mai stretto una bacchetta. Eppure sia lui che sua moglie sono entrambi maghi, ma entrambi provengono da famiglie miste. 
L’ho scoperto per caso, lui ovviamente non lo dice in giro. Credo sia dovuta a questo la sua rabbia nei confronti dei babbani e dei Nati Babbani”.
“Ma questo che importa?” scattò James, il cui disgusto per tutto quel discorso si leggeva chiaramente in faccia. “Voglio dire, che importa se tuo figlio è un Magonò? Non dovrebbe valere di meno per questo”. 

Adam sospirò e appoggiò entrambe le mani sul tavolo. “Certo, ma per loro importa. Non avere poteri magici è considerato un disonore”. 

“Vedo che le cose non sono cambiate poi così molto dai nostri tempi”, fece Sirius con voce neutra che però celava una certa irritazione.
“E’ difficile sradicare del tutto alcuni pregiudizi. Nessuno di loro ha combattuto nella Seconda guerra magica. Non direttamente almeno. Alcuni erano troppo giovani e altri non erano presenti. O facevano parte di quelli che non volevano essere coinvolti. Insomma, è una questione complessa e che non ha a che fare necessariamente con Voldemort”.
“E sei sicuro che non c’entrino nulla con la distruzione del Ponte?”
“Sì, di questo sono sicuro. E non hanno nemmeno idea di chi sia stato. Gli credo, non avrebbero motivo di distruggere così un Ponte”. 

Gli altri tre si guardarono tra di loro e reagirono con un sospiro che fu quasi comico a vedersi. 

“Va bene, chiamo Tonks per aggiornarla”, disse Sirius segnalando in questo modo che la discussione era finita. 



Quando Teddy aprì la porta di casa della nonna, non gli era mai sembrata così pesante. Persino abbassare la maniglia gli costava sforzo. Solo una volta sedutosi in macchina aveva realizzato di non essersi riposato per circa dodici ore o forse di più, aveva totalmente perso la cognizione del tempo.
Teddy si trascinò nel piccolo corridoio d’ingresso e appese la giacca all’appendiabiti dietro la porta pensando già al letto che lo aspettava. Era stata una giornata lunga e difficile; erano riusciti a salvare diverse vittime del crollo del Ponte, ma nonostante quello ancora non riusciva a smettere di pensare al ragazzo che era morto nella sua sala operatoria, troppo giovane per morire in quel modo così assurdo e ingiusto. Si chiamava Jeremy. Una complicazione dovuta a un’infrazione sviluppatasi per la costola che gli aveva perforato il polmone. 

Teddy sapeva già che per la mente che aveva lui, non si sarebbe riuscito a dimenticare tanto facilmente il suo nome. Proprio per quello aveva deciso di tornare a casa quella sera anziché tornare nel suo appartamento, il bisogno di essere circondato dalla famiglia.  

“Teddy?” 

Teddy sobbalzò. Non si era aspettato di trovare nessuno sveglio.
“Papà?” chiamò esitando, riconoscendo la voce.
Dalla soglia riusciva a vedere solo una piccola luce. Non appena si avvicinò, vide suo padre seduto sul divano con il portatile sulle ginocchia. “Pensavo foste tutti a letto”.
“Volevo finire dei lavori per Hermione”.
“Oh”.
“Come è andata?”
Anziché rispondere, Teddy crollò sul divano con un tonfo e fece cadere la testa sullo schienale del divano, sentendola più pesante di un sacco di patate. Poi chiuse gli occhi con un sospiro chiassoso.
A Remus bastò come risposta. Il licantropo chiuse il computer e lo posò da un lato. Poi si girò verso Teddy.
“Vieni qua”.
Teddy aprì gli occhi per guardarlo di sottecchi con un sopracciglio alzato.
“Vieni qua”, ripeté Remus indicandogli il proprio grembo e sistemandosi sul divano.
Teddy si abbassò e posò la testa sulle gambe del padre che prese subito a massaggiargli la testa, seguendo la linea del naso fino al cuoio capelluto.
Ted mugugnò di piacere. “Come sta la mamma?” chiese con voce impastata, gli occhi chiusi. 

“Bene. Sta dormendo”.
“Ottimo”.
“Elijah ha fatto un ottimo lavoro”.
“Sì, è bravo”.
“Anche tu sei bravo”. 

Teddy piegò le labbra in un piccolo sorriso a quella frase. Poi si lasciarono immergere dal completo silenzio della casa, il figlio che pian piano si rilassava sotto il tocco leggero delle dita del padre.

“Sono orgoglioso di te, Teddy”, disse Remus piano, ma Teddy si era già addormentato. 


***


Sono contenta di questo capitolo, una volta tanto :) mi rendo conto che potrebbe sembrare un po’ spezzettato, ma c’era bisogno di tirare un po’ le somme di quelle che sono le conseguenze del crollo del Ponte.

Bene, fatemi sapere che ne pensate. 


Un bacio e buona domenica a tutti,

C. 


   
 
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